Recensione Glory Days 2

La guerra è bella, anche se fa male

Recensione Glory Days 2
Articolo a cura di
Disponibile per
  • DS
  • Il mostro di frankenstein del retrogaming

    Non sarebbe la prima volta che cominciamo una recensione per Nintendo DS considerando come questa console sia ormai diventata sede principale di remake di vecchie glorie arcade, riproposte, spesso in versione riveduta e corretta, forti di un gamplay mai troppo scontato e comunque sempre adatto alle caratteristiche di una console portatile.
    Glory Days 2, parto della francese Odenis Studios, e seguito diretto di un piccolo capolavoro per Gameboy Advance, si propone di andare oltre a questo assioma. Non soltanto riprende il gameplay dei videogiochi anni ’80, arricchendoli, ma tenta l’impresa di miscelare due degli shoot’em up più famosi dei tempi andati, aggiungendo al tempo stesso un’inusuale spessore strategico.
    I giochi ispiratori sono nientemeno che Choplifter e Wings of Fury (con tutte le variazioni del caso, vedi Time Pilot ed altri), titoli in cui il giocatore era chiamato a pilotare aerei ed elicotteri su di uno scenario bidimensionale nel tentativo di annichilire le forze avversarie o di salvare sventurati prigionieri. Una formula collaudata a cui è stata data nuova linfa, e spessore strategico grazie al touch screen della console Nintendo.
    Sarà in grado, questo novello mostro di Frankenstein videoludico, di conquistare i palati dei giocatori moderni o, come il suo predecessore sarà condannato all’oblio della dimenticanza?

    Coraggiosi eserciti di Pixel

    Strano a dirsi, il gioco non si concentra, soltanto, sulle gesta del giocatore, impegnato a pilotare aerei ed elicotteri estrapolati da vari periodi storici, bensì sullo sforzo bellico dei due eserciti rivali. Mentre lo schermo superiore è delegato ad una visuale zoommata sulle evoluzioni di chi gioca (ed è quindi da considerarsi il principale), quello inferiore mostra le zone salienti della battaglia tra fanteria e mezzi corazzati, quasi un suggerimento al pilota virtuale su dove la sua presenza è maggiormente richiesta.
    Il teatro bellico è rappresentato come un orizzonte lineare, ai cui estremi sono situati i quartieri generali (e le piste d’atterraggio) dei due schieramenti. Nel mezzo, tanti piccoli bunker da conquistare e difendere, al costo di sacrificabili vite umane. Non è un caso che questo scenario sia stilizzato, in maniera simbolica ma al contempo funzionale da una riga bianca (il campo di battaglia) su cui sono posizionate numerose bandierine (bunker e quartier generali), che si colora progressivamente di rosso o di blu, a seconda di quale, tra i due eserciti stia compiendo i maggiori progressi. Perché, come accennato poc’anzi, il terreno è densamente popolato di soldati semplici, carriarmati ed unità antiaeree, intente, in maniera del tutto autonoma dalla volontà del giocatore ad avanzare ciecamente verso lo schieramento avversario.
    Scopo di questo “tiro alla fune” virtuale che vede come protagonisti piccoli Lemmings armati di tutto punto è quello di conquistare tutti i vari bunker, fino alla caserma principale dell’avversario, ovviamente coadiuvato dall’apporto fondamentale del giocatore.
    Come nella guerra reale, l’apporto dell’aviazione è determinante, e sta quindi all’abilità del giocatore bombardare al momento giusto installazioni nemiche o impegnarsi in accaniti dogfight con i colleghi dello schieramento opposto, oppure ancora trarre in salvo ignari civili. A complicare la vita del giocatore, ci pensa la gestione, in tempo reale del proprio esercito. La conquista di avamposti genera un costante afflusso di fondi, così come anche salvare la vita ai numerosi civili sparsi per i campi di battaglia. In qualsiasi momento è possibile richiamare un menu a tendina (sia tramite stylus che con la pressione dei tasti dorsali) attraverso cui schierare in campo una qualsiasi delle quattro tipologie di mezzi e truppe. Queste partiranno dalla propria base, dirigendosi indomiti all’estremo opposto del livello di gioco. Va da sé che non solo è essenziale garantire un flusso continuo di rifornimenti al fronte, ma anche selezionare la giusta tipologia di mezzi è elemento fondamentale per garantirsi la vittoria.
    Acquistare costosi carriarmati garantisce superiorità sui fanti, ma non permette di conquistare basi. Schierare orde di soldatini nel tentativo di assicurarsi denaro condanna spesso le truppe al massacro. Inviare mezzi contraerei fornisce adeguata copertura al giocatore ma si rivela una tattica incocludente su larga scala. In definitiva non esiste mai un giusto mix di uomini e mezzi, piuttosto ciascuna situazione deve essere affrontata con l’adeguata cautela strategica.
    E così il giocatore si trova a fare i conti con un gioco arcade estremamente frenetico e coinvolgente e, al contempo, a fare i conti con un bilancio costantemente in rosso, ed un esercito da formare col giusto bilanciamento. Il fatto che sia l’intervento del giocatore a determinare la vittoria (sia con bombardamenti mirati che con decisioni strategiche vincenti), ma siano poi alla fine i piccoli coraggiosi soldati di pixel a vincere la battaglia e infine la guerra, contribuisce ad aumentare lo spessore di un titolo che, evidentemente, non si basa soltanto sulla concitazione del suo gameplay per conquistare il giocatore.
    Passato un primo, disorientato, approccio al gioco, infatti, si riesce ad essere padroni completi della situazione discernendo con facilità le moltecipli situazioni sul campo. Il fatto poi che il titolo proponga alternativamente mezzi diversi per manovrabilità ed impiego (si scopre presto che un elicottero e ben diverso da un caccia) non fa che aumentare la varietà del gioco.

    La meraviglia delle due dimensioni

    Il primo impatto con GD 2 può essere estremamente deludente. Soltanto i retrogamers più incalliti, od i nostalgici, possono gioire di sprite volutamente grezzi e pixelosi. Ben presto ci si rende conto però che l’effetto è assolutamente voluto, un chiaro omaggio ai titoli che già abbiamo citato in apertura di articolo. I fondali, di contro, sono quanto di meglio si potesse immaginare da un titolo bidimensionale. Dotati di numerosi livelli di parallasse (in pratica lo sfondo è disegnato a più livelli che scorrono a velocità diverse, dando l’illusione di profondità), gli scenari trascinano il giocatore da ambientazioni cittadini a scontri in giungle e deserti, arricchite da convincenti effetti atmosferici. Sarà così possibile discernere il lens flare del sole affricano o sopportare la pioggia scrosciante dei monsoni tropicali.
    Maiuscolo il sonoro. Non è un caso che, una volta inserita la cartuccia il gioco suggerisca l’utilizzo delle cuffie: la colonna sonora è infatti un magistrale esempio di varietà, con brani carichi di pathos e di un crescendo epico degno di produzioni ben più dispendiose.
    GD 2 fa un’ottimo utilizzo delle capacità tattili della console su cui è programmato. Per quanto infatti tutti i controlli possano essere trasmessi con la canonica combinazione di croce e pulsanti, la necessità di gestire al meglio fondi e produzione delle truppe, fa ben presto “ripiegare” sul touch screen. Anche con lo stilus, il controllo dei mezzi è totale: è sufficiente toccare la direzione e l’angolazione desiderata per ottenere cabrate degne del barone rosso, mentre risulta estremamente più intuitivo e rapido gestire i menù (ricordiamo, in tempo reale) deputati alla creazione di nuove truppe.
    Purtroppo, il gioco è dotato di uno story mode estremamente breve, quasi una sorta di tutorial che accompagna la vita dei piloti di vari conflitti più o meno storici, in modo da mettere di fronte il giocatore a tutte le (tante) situazioni di gioco. Fortunamente dove finisce la campagna inizia un’apposita modalità che permette di costruirsi da zero un livello, determinando scenari, veivoli, abilità della cpu e fondi disponibili. Ma soprattutto, un’apposita modalità multiplayer, sfortunatamente solo locale, in cui ben otto piloti virtuali possono mettere alla prova la propria abilità. Purtroppo oltre alla mancanza del gioco online, la necessità di possedere una copia del gioco per ciascun partecipante va a minare l’effettiva fruizione di questa modalità, ma, a patto di avere amici appassionati del gioco, il multiplayer riesce a rivelarsi il vero asso nella manica degli sviluppatori d’oltralpe.

    Glory Days 2 Glory Days 2Versione Analizzata Nintendo DSGlory Days 2 è un gioco che rischia di passare direttamente nell’oblio videoludico, senza nemmeno essere preso in considerazione dalla comunità videoludica. Del resto, il gioco è stato distribuito ufficialmente da novembre, ma vederne una copia nei negozi è davvero una rarità. Che questa piccola produzione (quasi) indipendente venga offuscata da titoli ben più blasonati e pubblicizzati è al contempo inevitabile e doloroso. Perché Glory Days 2 ha tutte le carte in regola per appassionare sia i casual gamers che i giocatori più smaliziati con il suo strano mix di azione e di strategia. I suoi ritmi sono concitati, ma al contempo impongono pianificazione strategica e riflessione. Il fatto poi che, completata una missione, il giocatore si senta parte di un raffinato meccanismo bellico, decisivo, ma non essenziale alla vittoria è dimostrazione lampante della bontà del lavoro svolto da Odenis studio. In fin dei conti, per raggiungere il punteggio pieno sarebbe bastata una campagna più elaborata e duratura e opzioni multiplayer più democratiche ed aperte all’online. Se siete affascinati dall’idea di combattere e gestire in tempo reale conflitti bellici su larga scala, date una possibilità a Glory Days 2: saprà ripagarvi con una meccanica di gioco unica ed appagante. Se poi riusciste a convincere all’acquisto anche un’amico, rischiereste addirittura di perdervi nella meraviglia dei piccoli coraggiosi soldati di pixel.

    7.5

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