Guardians of the Galaxy: Don't Stop Believin, recensione dell'ultimo episodio

Si chiude con Don't Stop Believin' la serie sui Guardiani della Galassia firmata dal prolifico team Telltale Games.

Guardians of the Galaxy: Don't Stop Believin, recensione dell'ultimo episodio
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  • Si chiude con Don't Stop Believin' l'epopea videoludica dei Guardiani della Galassia come reinterpretati dai ragazzi di Telltale Games. Nello strabordante curriculum del team californiano, questa serie dedicata agli eroi Marvel rappresenta un lavoro "in tono minore", caratterizzato da troppe oscillazioni qualitative, nonché dall'incapacità di trovare una propria "dimensione" tra il pathos e la leggerezza, l'emotività e la scanzonatezza, il citazionismo e l'originalità. Gli ultimi due episodi, tuttavia, pur al netto di qualche inciampo narrativo, avevano raddrizzato in parte la rotta della saga, lasciandoci quindi ben sperare per un atto conclusivo che potesse rendere piena giustizia alla licenza "cosmica" di cui si fregia. In un certo qual modo, Don't Stop Believin' è esattamente quello che ci aspettavamo: un valido capitolo finale, capace di annodare degnamente le fila del racconto, portando alle estreme conseguenze - nelle due ore necessarie per completarlo - tutti i pregi ed i difetti delle precedenti puntate. Un gradevole (e momentaneo) commiato ai nostri sgangherati Guardiani: in fondo, senza di loro, la Galassia ci sembrerebbe così silenziosa.

    L'ultima missione?

    L'incipit di Don't Stop Believin', in tutta onestà, ci ha fatto temere il peggio: annullando in pochi minuti le conseguenze del colpo di scena più coraggioso e destabilizzante dello scorso episodio, la trama rimette in ordine, con un pizzico di fretta, tutti gli stravolgimenti passati. Inizialmente ci siamo sentiti un po' "traditi", come se il trasporto emotivo provato con Who Needs You fosse solo uno specchietto per le allodole: eppure, a ben pensarci, difficilmente il team avrebbe potuto proseguire sui binari tracciati dalla penultima puntata. Era necessario, infatti, ricondurre tutto su un piano meno frammentato e più organico, in modo tale da costringere i Guardiani a riunirsi nuovamente prima della battaglia finale. Questo capitolo, quindi, si prodiga per riallacciare le relazioni, le rivalità e le diatribe lasciate in sospeso. Lo fa con garbo ed ironia, ma forse in modo un po' troppo accelerato, e con alcune soluzioni narrative abbastanza deboli sia nel concept che nella realizzazione. Anche lo spazio dedicato agli immancabili flashback qui lascia un tantino a desiderare per carenza di inventiva e personalità. Il siparietto dedicato a Groot, ad esempio, ricalca in modo un po' becero (mascherandolo per citazionismo) una delle gag più celebri del primo lungometraggio sui Guardiani della Galassia. Ma poi, all'improvviso, superati i convenevoli di routine, quando tutti i membri dell'equipaggio si radunano sull'astronave Milano, Don't Stop Believin' ritrova lo stesso slancio a metà tra l'epica ridanciana e quella più drammatica intravista, a sprazzi irregolari, in More than a Feeling e Who Needs You.

    Nei dialoghi con la truppa lo spirito del gioco torna a riemergere, provando a condensare, nel tempo che gli resta prima del duello definitivo, tutte le trame lasciate in sospeso: ecco che viene esaltato lo spirito guerriero di Drax, nonché il suo legame con l'adorata figlia perduta; in egual modo si tenta di enfatizzare il rapporto con Gamora e i suoi sentimenti nei riguardi di Quill; e non mancano ovviamente all'appello neppure Mantis, Groot e Rocket, ognuno pronto ad accantonare i propri rispettivi dilemmi morali per un fine superiore: salvare la Galassia dalla minaccia di Hala, oramai un tutt'uno con la Forgia dell'Infinito.

    Nel mezzo svetta ancora una volta Star-Lord, la cui personalità è quasi interamente alla mercé del giocatore: in questo episodio, Peter è "costretto" ad assumere il ruolo di guida che non è riuscito ad interpretare nelle passate puntate. All'utente quindi spetta decidere che tipologia di capitano impersonare, seguendo gli stessi schemi comportamentali che abbiamo imparato a conoscere: ironico, sentimentale, combattivo o sbruffone. Il temperamento di Quill, così come delineato durante lo sviluppo della serie, trova pieno compimento nel discorso di incoraggiamento che precede la missione suicida, ossia il momento in cui decideremo interamente che tipo di personaggio vogliamo diventare. È un climax piacevole, sufficientemente denso da trasmetterci una buona scarica di vigore per sconfiggere Hala una volta per tutte. Eppure, nel bel mezzo dell'escalation, Don't Stop Believin' arranca di nuovo, proprio durante lo scontro con la regina dei Kree: la sequenza di combattimento corale - coreografata sulla base di una soundtrack sempre efficace - è poco spettacolare ed avvincente, diretta inoltre con fare piuttosto manieristico. L'assenza di vera partecipazione è dovuta soprattutto al fatto che Hala non è un villain particolarmente elaborato: nei primi quattro capitoli è d'altronde sempre rimasta sullo sfondo, all'ombra dei protagonisti.
    Il suo movente indubbiamente affascinante non viene, insomma, mai valorizzato a dovere e la difficoltà nel provare empatia con la sua sorte, la sua rabbia ed il suo dolore sminuisce inevitabilmente il coinvolgimento del giocatore durante le gli ultimi istanti della battaglia. E proprio mentre ci eravamo ormai rassegnati ad un finale anticlimatico, l'episodio risorge dalle sue ceneri, e ci regala uno dei momenti più psicologici, intimi e commoventi dell'intera serie. Giunti a questo punto, appare chiaro che Don't Stop Believin' è un continuo andirivieni di cadute rocambolesche e risalite ardite, un concentrato di fanservice in continua oscillazione tra la superficialità e intensità.

    È lo stesso percorso qualitativo che, puntata dopo puntata, ha seguito anche questo tie-in di Telltale Games: paradossalmente, pertanto, il quinto capitolo si inserisce nel flusso ludo-narrativo con grande coerenza stilistica. Sorprende, infine, apprendere come - grazie alla puntuale infografica che accompagna i titoli di coda - le variabili delle nostre risultano in verità molto più diversificate rispetto a quelle che l'andamento (in apparenza un po' troppo rigido) della sceneggiatura lasciava intendere.
    E chissà che i fan più sfegatati dei Guardiani di casa Marvel non decidano di rigiocare dal principio l'intera avventura per comprendere fino a che punto le loro decisioni possano stravolgere gli equilibri della Galassia. Sarebbe, del resto, un buon modo per ingannare il tempo in attesa di una seconda stagione, le cui porte sono state volutamente spalancate da un furbo cliffhanger conclusivo.

    Guardians of the Galaxy Telltale Series Guardians of the Galaxy Telltale SeriesVersione Analizzata PlayStation 4Siamo giunti al termine di Don’t Stop Believin’ con un po’ di rammarico, causato dalla piena consapevolezza che Telltale Games, con un simile materiale tra le mani, avrebbe potuto dare di più. Lo si evince in ogni singolo episodio, ed in particolar modo in quest’ultimo: nell’arco di tutta la prima stagione non sono mancati, infatti, momenti ad alto tasso di divertimento ed empatia, che hanno saputo riportare a galla, con un ritmo incostante, il talento ed il guizzo autoriale del team americano. Ma tutto è ci è parso molto diluito, schematico e, a tratti, persino ingiustificatamente frettoloso. Come già accennato, Don’t Stop Believin’ rappresenta la perfetta sintesi dell’opera al completo: un atto finale spassoso e toccante al contempo, che recupera con coerenza i toni e lo stile delle puntate che lo hanno preceduto: peccato soltanto che la battaglia contro Hala pecchi del giusto pathos e che l’umorismo non riesca a mescolarsi in modo sempre omogeneo con il dramma. È presumibile che questa visione un po’ “acerba” dei Guardiani possa raggiungere piena maturazione nel sequel delle loro avventure intergalattiche: l’importante, forse, è “non smettere mai di crederci”.

    6.8

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