Gylt: Recensione della prima esclusiva per Google Stadia

Gylt è un'avventura horror per Google Stadia sviluppata da Tequila Works, team spagnolo già autore dell'apprezzato RiME.

Gylt
Recensione: Google Stadia
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • PS5
  • Stadia
  • Xbox Series X
  • Gylt è la prima esclusiva integrale di Google Stadia, e sulle sue spalle pesa quindi una grande responsabilità. In una line-up di lancio composta interamente da titoli già disponibili sul mercato, l'avventura crepuscolare di Tequila Works dovrebbe svolgere il ruolo di elemento caratterizzante della libreria, testimoniando al contempo la volontà del colosso di Mountain View di investire su opere di qualità, sviluppati da team già affermati e con un buon pedigree. La scelta di Tequila Works, in questo senso, è sempre sembrata strategicamente perfetta: sebbene lo sviluppatore madrileno abbia all'attivo pochi prodotti, i suoi titoli sono entrati senza fatica nel cuore dei giocatori. Sia Deadlight che RiME sono ricordati dal pubblico con grande affetto, e Gylt sembrava avere le carte in regola, a livello stilistico e tematico, per bissare il successo dell'ultima onirica avventura assemblata dal team.

    Purtroppo ci tocca ammettere che queste aspettative sono state in larga parte disattese: Gylt è un gioco meno ispirato del previsto, con una trama superficiale e scontata, e meccaniche poco incisive, che diventano triviali e ripetitive dopo poche ore. L'atmosfera generale ed alcune trovate di gameplay riescono a tenerlo in piedi, ma il titolo rappresenta sfortunatamente il primo passo falso della software house spagnola.

    Indipendentemente dalle sue qualità, in ogni caso, Gylt ha un'altra funzione molto importante per Stadia. Visto che non si può giocare altrove, la produzione disinnesca in un lampo quella mentalità che in questi primi mesi di vita dell'ecosistema di Google porterà quasi sempre a confrontare i giochi che funzionano in streaming con quelli che girano su hardware tradizionali. Gylt si può giocare solo così, grazie alla "magia" del cloud, ed esiste in questa forma ancora più fluida e "impalpabile" del software scaricato in versione digitale. È un prodotto a suo modo evanescente eppure estremamente concreto, nella misura in cui lo si gioca pochi istanti dopo l'acquisto e ovunque si abbia a disposizione una buona linea internet. Gylt "non esiste" eppure è capace di raggiungerci in un lampo ed in qualsiasi luogo, su qualsiasi schermo. È una sensazione molto particolare, che potremmo definire come una nuova libertà digitale, ed è proprio quella che Google vuole farci provare con il suo Stadia.

    La storia di Sally

    Gylt ci mette nei panni di Sally, una giovane ragazza che sta disperatamente cercando la cugina scomparsa da diversi mesi. Infastidita dai bulli della scuola mentre appende i manifesti con il volto di Emily, la protagonista fugge verso la cadente stazione della teleferica, un luogo tetro e carico di foschi presagi. Proprio la funicolare condurrà Sally in una versione distorta e perversa della cittadina di Bethelwood, in cui Emily sembra essersi rifugiata per qualche motivo.

    La trama di Gylt procederà, da questo momento in avanti, in maniera molto tradizionale, declinando senza troppa convinzione proprio il tema del bullismo e del supporto reciproco. Sebbene in qualche caso gli ambienti asfissianti della scuola in cui si svolge l'avventura riescano a far sentire il peso della discriminazione e dell'oppressione sociale, il racconto fallisce nel suo intento principale, quello di sensibilizzare il giocatore su un tema così delicato.
    Un colpo di scena prevedibile e scontato (ovvero quello che anche il silenzio e l'omertà possono essere una forma di vessazione) non riesce a sostenere la sceneggiatura, che traballa fino in fondo e crolla fragorosamente a causa del suo ermetismo persino eccessivo. I documenti nascosti nelle ambientazioni, tra le altre cose, raccontano la storia parallela di questo doppione maledetto della città di Bethelwood, ma lo fanno con poca inventiva per poter sperare di salvare la situazione.

    Poco efficace anche la scelta di affidarsi a scene d'intermezzo disegnate a mano, in uno stile che rimane tra l'altro molto lontano da quello delle sequenze in-game. Visto che di tanto in tanto in Gylt si presentano cut-scene realizzate con la grafica di gioco, alternandosi per oscuri motivi alle tavole statiche, l'idea che ci siamo fatti è che questa scelta sia stata presa non tanto per ragioni creative, quanto per accorciare i tempi di sviluppo e completare il prodotto in tempo per il lancio di Stadia.

    Sul fronte del gameplay Gylt si presenta come un'avventura con qualche elemento stealth, concentrata in larga parte sulla risoluzione di semplici enigmi ambientali e sugli scontri con le creature che popolano il campus scolastico di Bethelwood.

    La dimensione in cui si trova Sally è cupa e oscura, e la protagonista viene fin da subito avvolta da un fitto strato di tenebre, rischiarato dal fascio di luce incerto che proviene dalla sua torcia. I primi momenti di gioco impongono all'utente di procedere silenziosamente, senza farsi vedere, evitando il contatto diretto con i mostri feroci e aggressivi che pattugliano le stanze del college. In questi frangenti si fa strada nel giocatore una sensazione di ansia opprimente, veicolata anche dalle atmosfere distorte e burtoniane, che restano sempre a cavallo tra la malinconia e l'orrore.

    Purtroppo questo tipo di emozioni, decisamente coerenti con l'ambientazione, perdono di intensità ed efficacia nel momento in cui la protagonista potenzia la sua torcia, trasformandola in un'arma in grado di danneggiare gli avversari. In un lampo Gylt diventa un'avventura ben più movimentata e sfortunatamente meno tesa, in cui distruggere i nemici orientando un fascio di luce contro i loro punti deboli. Una leggerissima componente survival dovrebbe idealmente stimolare cautela nell'uso di quest'arma "luminosa", ma la verità è che le batterie per ricaricarla si trovano in grande quantità, ed è possibile di fatto ripulire tutti gli ambienti, trasformando il campus di Bethelwood in un'area completamente vuota.

    L'avanzamento nell'avventura rimane a tratti interessante per merito di qualche boss fight e, soprattutto, degli enigmi ambientali, che risultano ben congegnati e scandiscono in maniera efficace la progressione.

    Nella prima parte dell'esperienza quasi tutti i puzzle sono legati all'utilizzo della torcia, ma successivamente la protagonista entra in possesso di un estintore con cui può spegnere l'animosità delle creature più focose e congelare ingranaggi meccanici e pozze d'acqua. Si tratta di un'aggiunta che permette di diversificare le cose quanto basta per arrivare senza troppa stanchezza alla fine, che si raggiunge comunque in appena cinque ore. Gylt può tenervi occupati per qualche ora in più solo nel caso in cui vogliate trovare tutti i collezionabili e i segreti nascosti nel campus: un'operazione stimolante solo a tratti, visto che la maggior parte degli oggetti viene segnalata sulla mappa quando ci si avvicina alla loro posizione. Il ritrovamento di lettere misteriose e documenti diventa quindi molto meccanico, così come il backtracking ad esso collegato. La ricompensa è rappresentata però da un finale alternativo che chiude la vicenda con toni meno amari rispetto alle altre due conclusioni disponibili.

    Arrivati alla fine dell'avventura, in ogni caso, ci si renderà conto che Gylt avrà lasciato davvero poco nel nostro cuore: non l'amarezza esistenziale di Daylight, e neppure quella grande commozione con cui invece ci aveva salutato RiME. Gylt è un gioco fin troppo regolare, spento, senza un messaggio forte né trovate particolarmente convincenti sul fronte ludico. Neppure lo stile riesce davvero a "bucare lo schermo", risultando estremamente derivativo: il team ha mescolato alcune caratteristiche dell'immaginario burtoniano con delle aree che sembrano uscite dal ben più riuscito Little Nightmares, senza avere la forza di tratteggiare un immaginario in qualche modo più memorabile.

    Il design dei boss funziona e convince, quello delle creature che infestano le sale del college è invece molto più generico. Fra l'altro proprio in questo ambito manca quel minimo di varietà che una produzione di questo calibro dovrebbe garantire: le tipologie di nemici che ci troviamo ad affrontare nelle situazioni regolari sono soltanto due, e ovviamente questo ha un effetto molto spiacevole sulla (latitante) ricchezza delle fasi più movimentate.

    Sul fronte tecnico Gylt sfoggia un rendering 3D di buon livello, non fosse per la sporadica presenza di elementi in bassa risoluzione. La quantità di dettagli è buona, le animazioni stilizzate ma efficaci, ed è soprattutto piacevole il modo in cui il titolo riesce a giocare con luci ed ombre, creando un'atmosfera destabilizzante e angosciosa.

    Gylt GyltVersione Analizzata Google StadiaGylt è il gioco più inconsistente fra quelli finora sviluppati dal team spagnolo Tequila Works. L'opera cerca di far coesistere le atmosfere macabre e distorte dell'estetica burtoniana con un messaggio etico legato al bullismo, ma entrambi questi aspetti sono gestiti malamente e con poca efficacia. Da una parte abbiamo un immaginario cupo e opprimente, ma senza nessun elemento distintivo che possa renderlo memorabile, dall'altra una storia banale e prevedibile, raccontata con strumenti poco affilati e senza una chiusa forte e decisa. Ludicamente parlando, Gylt aderisce in maniera molto fedele ai canoni del genere di appartenenza, senza inventarsi niente. Il titolo avrebbe potuto far meglio se avesse puntato più convintamente sullo stealth, che invece viene messo da parte dopo la prima ora di gioco. Ne esce fuori un'esperienza sempre regolare, se non per qualche enigma ben concepito e un buon numero di segreti da scoprire. Gylt non è un prodotto completamente da buttare, ma per dare carattere alla sua piattaforma Stadia ha bisogno di ben altre esclusive.

    6

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