Halo Infinite: Recensione della campagna, il grande ritorno di Master Chief

Dopo circa 15 ore di gioco siamo giunti ai titoli di coda di una campagna memorabile, ma non sempre ben amalgamata con la componente Open World.

Halo Infinite: Recensione della campagna
Recensione: Multi
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  • Di fronte a Master Chief si apre, sconfinata, la superficie interna dello Zeta Halo. L'anello spaziale nasconde un segreto, una tecnologia misteriosa che può cambiare le sorti del cosmo, ed è per questo che le schiere gorgoglianti degli Esiliati lo hanno attaccato. Le forze terrestri sono decimate, in schiavitù, e le antenne radio trasmettono - gracchianti - i precetti di guerra e dominazione riconducibili alla dottrina di Atriox. È questa la situazione in cui il protagonista di Halo Infinite si trova all'inizio della campagna, dopo il brusco risveglio da una stasi che lo ha mantenuto in vita, alla deriva in uno spazio gelido e intasato di detriti.

    Il momento in cui, superate le missioni introduttive, la nuova produzione di 343 Industries rivela finalmente la sua natura Open World è anche quello in cui i giocatori si trovano ammutoliti, investiti da un sottile senso di meraviglia e di curiosità. È vero che l'impatto grafico non è quello sperato, e che la nuova esclusiva Microsoft ha i connotati di un prodotto palesemente cross-gen, ma allo stesso tempo non è possibile nascondere l'emozione per quello che rappresenta a suo modo un cambiamento epocale.

    Una nuova stagione per la saga

    Con Infinite, 343 Industries inaugura una nuova stagione per la saga, avviando i lavori di ammodernamento di questo classico degli sparatutto in prima persona. L'obiettivo è proprio quello di trovare un punto d'incontro fra tradizione e modernità: da una parte un gameplay intramontabile, un ritmo di gioco che affonda le sue radici nell'eredità storica della saga; dall'altra una struttura meno inquadrata, più aperta.

    Che strizzi l'occhio non soltanto a chi vuole stazionare nell'orbita di Halo anche dopo i titoli di coda, ma che si apra alla possibilità di ricevere nuove iniezioni di contenuti, così da trasformare una serie dalla scansione classica in un progetto decennale, più vicino alle logiche dei Game as a Service. Quella che state per leggere, in ogni caso, è l'analisi della sola campagna in singolo: per un giudizio sulla componente multigiocatore, vi invitiamo a leggere la nostra recensione del multiplayer di Halo Infinite.

    Il racconto di Halo Infinite

    La volontà di proporsi come una sorta di "proemio" di quella che sarà la nuova epoca di Halo è chiara anche se analizziamo il racconto di Infinite. In questo caso, ovviamente, non possono mancare connessioni molto più forti al passato del brand, anche perché dopo Halo 5 e Halo Wars 2 (ve lo ricordate? Ecco la nostra recensione di Halo Wars 2) c'erano ancora delle linee narrative da chiudere, così da tagliare i ponti con il passato in maniera - se non definitiva - un po' più netta e decisa.

    Un consiglio che diamo a chi si sta approcciando ad Infinite senza conoscere i vecchi capitoli della saga, è quello di informarsi preventivamente non solo su Atriox e gli esiliati (lo strategico di Creative Assembly potrebbe essere utile allo scopo), ma anche sulle origini di Master Chief, sul suo rapporto con Cortana, e sulle fumose macchinazioni dell'IA che ha sempre accompagnato lo Spartan 117 (se volete un'infarinatura generale, vi suggeriamo di leggere il nostro speciale riassunto di tutta la storia di Halo). Halo Infinite cerca, soprattutto nelle fasi iniziali, di reintrodurre a grandi linee i concetti di base e i personaggi principali (compresa la Dottoressa Halsey), ma senza una conoscenza almeno basilare di protagonisti e tematiche il racconto potrebbe risultare solo parzialmente comprensibile. Per fortuna l'introduzione di nuovi personaggi, come il pilota del Pelican che all'inizio dell'avventura salva Master Chief e l'Intelligenza Artificiale che dovrebbe sostituire Cortana, permette anche ai neofiti di seguire alcune fasi della vicenda. Resta inteso che nell'ottica di 343 Industries la storia di questo capitolo è votata a congedare i vecchi tempi, a spiegare definitivamente le scelte di Cortana, e infine ad inaugurare una nuova stagione, accennando (ma senza svelare troppo) quali minacce potrebbero esserci nel futuro di Chief e dell'UNSC.

    Alla stessa maniera, non vogliamo rovinarvi la sorpresa entrando troppo nel dettaglio: ci limitiamo a dire che fin dalle prime battute del racconto si capisce che in qualche modo nella narrazione troveranno spazio anche i Precursori, ma vi anticipiamo che non dovrete aspettarvi troppe divagazioni rispetto al nucleo tematico principale di Infinite, che si prefigge di raccontare la rivalsa di Chief sulle forze degli esiliati. La trama, in ultima analisi, risulta efficace, con un paio di momenti dal forte impatto emotivo, che faranno scorrere un brivido lungo la schiena degli appassionati storici. La sceneggiatura non ha abbandonato del tutto dei momenti più riflessivi, se non persino amareggiati, in cui John sembra ragionare sul suo ruolo e sul tradimento di cui si sente vittima.

    Questa sfumatura se vogliamo più drammatica resta però sullo sfondo: nella maggior parte delle situazioni i dialoghi sono più spesso leggeri, a tratti persino spassosi, alla ricerca di quello spirito da buddy movie fantascientifico che si respirava nella trilogia originale di Halo. Da questo punto di vista la personalità di Arma, la nuova IA, risulta molto indovinata. Arrivati alla fine dell'avventura si ha l'idea comunque che qualche elemento della narrazione non sia stato spiegato proprio fino in fondo: alcuni eventi-chiave avrebbero potuto essere raccontati con un pizzico di fretta in meno. Eppure nulla cancella la soddisfazione di poter finalmente guardare al futuro con fiducia, portandosi dietro ricordi preziosi, ma inaugurando un nuovo ciclo che si focalizzi su eventi, nemici e rapporti completamente inediti.

    Un gameplay stimolante e avvincente

    La chiave di volta di Halo Infinite, l'elemento che sostiene l'esperienza in ogni momento e non conosce oscillazioni qualitative, è senza ombra di dubbio il suo gameplay: preciso, stimolante e avvincente. Il ritmo è serrato ma non ipercinetico, le armi sono ben caratterizzate, il senso di sfida è costante.

    Le sensazioni che si provano ingaggiando i drappelli degli esiliati non sono certo viscerali e materiali come quelle di Doom, "carnali" e sanguigne come in Wolfenstein o RAGE; ma neppure impalpabili e schizofreniche come succede nei COD. Halo è la digitalizzazione di una battaglia intensa, uno scontro concitato in cui vince chi sa padroneggiare ogni arma, interiorizzandone il ritmo e la funzione, e sfruttare l'ambiente per ottenere un vantaggio tattico su avversari in costante sovrannumero. Proprio l'alternanza di bocche da fuoco è uno degli elementi fondamentali di Infinite. Di tanto in tanto si incappa in scorte di munizioni che permettono di rimpinguare i caricatori delle armi che stringiamo fra le mani, ma la verità è che spesso e volentieri i proiettili scarseggiano. Una Pistola ad Aghi esaurisce le sue cariche dopo un tris di uccisioni, i Fucili d'Assalto della UNSC durano appena di più: e così Chief si trova a raccogliere armi sempre nuove dal campo di battaglia, dalle rastrelliere nemiche, esplorando tutte le possibilità garantite da un arsenale vasto e ottimamente diversificato.

    È questa costante alternanza di fucili, di granate, di armi bianche (fra Lame e Martelli) che rende Halo Infinte così speciale. Un gunplay estremamente vario sfocia in un gameplay mutevole, trascinante, che trasmette in maniera impeccabile la sensazione di vestire i panni di un supersoldato letale e specializzato nel conflitto armato. Halo è uno shooter clinico, in cui la cosiddetta "iron sight" (l'utilizzo del mirino) rimane spesso uno strumento secondario, e la risorsa migliore del giocatore è invece la mobilità, la reattività e lo spirito di adattamento. In questo contesto il rampino si inserisce ottimamente, sottolineando ulteriormente le sensazioni inebrianti del gameplay.

    Il rapido gancio in dotazione a Master Chief serve ora per allontanarsi dalle situazioni pericolose, ora per acchiappare al volo un'arma lasciata cadere dalla nostra ultima vittima. Durante le fasi di esplorazione permette di coprire più rapidamente lunghi tragitti, ma anche di dedicarsi ad un po' di "platforming" improvvisato, magari alla ricerca di qualche teschio. Il rampino è piacevole da utilizzare e utile a tal punto che adombra tutti gli altri gadget. Ci sono pochissime situazioni in cui vi troverete a selezionare Sensori di Minaccia, Coperture Portatili e Propulsori.

    Forse solo questi ultimi, potenziati al massimo, possono in qualche maniera tornare utili negli scontri più duri, per allontanarsi dagli avversari più coriacei attivando al contempo una mimetizzazione. Gran parte dei punti accumulati grazie ai Nuclei Spartan verranno comunque investiti per aumentare la resistenza degli scudi e migliorare le qualità del summenzionato Rampino, tanto che il sistema di progressione tratteggiato da 343 Industries finirà per essere tutto sommato secondario nell'economia di gioco.

    Del resto la lieve connotazione ruolistica che permette appunto di potenziare i gadget non ha mai voluto togliere spazio a quello che più conta, ovvero il gameplay da sparatutto classico.

    Tra linearità e open world

    Come accennavamo nella parte iniziale della review, la campagna di Halo Infinite è composta da una serie di incarichi principali un po' più lineari nella struttura, che si alternano a fasi ambientate nell'Open World. Sono proprio le prime che brillano maggiormente: quando il level design si fa più regolato e il team scandisce alla perfezione i tempi dell'avanzamento Infinite esplode senza freni, in tutta la sua appagante estasi bellica. Fra spietate boss fight e battaglie concitate e incalzanti, ci sono lunghe sequenze che non esitiamo a definire esaltanti. Esplorando ora le Fondamenta dello Zeta Halo, ora le strutture che si ergono sulla sua superficie, ora i pinnacoli misteriosi che svettano verso il cielo, ci troviamo rapiti e avvinti, di fronte a situazioni che entrano di diritto tra i momenti migliori di tutta la saga.

    A tal proposito, il consiglio è quello di selezionare la difficoltà Eroica, per una sfida più impegnativa e a tratti persino impietosa. Per questo capitolo 343 Industries ha lavorato comunque anche alla difficoltà Normale, bilanciandola in modo che non risulti mai insipida o poco coinvolgente. Anzi, se non avete molta dimestichezza con il brand o se vi lasciate innervosire dalle batoste reiterate, forse è proprio quest'ultima l'opzione che fa per voi. In entrambi i casi ad attendervi troverete un'intelligenza artificiale tra le migliori in circolazione. Gli Esiliati non lasciano respiro al giocatore, sono feroci e incalzanti; a parte qualche caso in cui i comportamenti dei nemici sono giustamente leggibili (ci sono dei Brute pervasi dalla furia cieca dello scontro, che caricano Chief a testa bassa sbuffando come bestie impazzite), Elite e Jackal si rivelano infidi e insidiosi, sfruttando l'ambiente circostante con efficacia e quasi lavorando in sinergia con i propri compagni d'armi. È piacevole inoltre che ogni specie di quella società militare che un tempo rispondeva al nome di Covenant ha un suo ruolo, una serie di azioni e reazioni ben diversificate.

    Menzione d'onore per i piccoli e sgraziati Grunt: se in alcuni capitoli il loro comportamento si era purtroppo standardizzato, in Infinite tornano ad essere una turba rumorosa di pedine sacrificabili. I Grunt scappano in preda al panico quando perdono il proprio comandante, si lanciano in azioni suicide stringendo in mano due granate al plasma innescate, urlano e schiamazzano: possono sembrare piccoli dettagli, ma danno ad Halo quel carattere unico che rende l'universo di Chief così vivo, animato e palpitante.

    Tornando però alla struttura della campagna, bisogna ammettere che i momenti meno esaltanti non mancano. Si tratta proprio delle fasi collocate nell'Open World, che mettono in mostra troppe falle concettuali per non lasciare un po' interdetti. Nonostante non abbia l'estensione di un free roaming moderno, ma anzi risulti tutto sommato contenuto rispetto agli asfissianti esponenti della categoria che si sono visti sul mercato negli ultimi anni, è lampante che Halo Infinite strizzi un occhio a quello che potremmo definire "modello Ubisoft".

    Le missioni del mondo aperto

    Nell'area di gioco troviamo una serie di basi, che una volta ripulite sbloccano sulla mappa delle icone legate a varie attività. Purtroppo molti di questi incarichi secondari tendono ad essere meccanici e ripetitivi. In ognuno dei settori della mappa ci sono operazioni speciali più elaborate delle altre, che riescono a tenere alta l'attenzione del giocatore e risultano piacevolmente complesse; ma la maggior parte delle missioni opzionali è più esplicitamente riempitiva, e il sistema di progressione che permette di richiamare nuovi armi e veicoli presso gli avamposti non è uno stimolo sufficiente a scandagliare ogni centimetro dello Zeta Halo.

    Il fatto che una volta finita la campagna non si senta in maniera davvero concreta l'urgenza di completare ogni attività lasciata indietro dimostra che la componente free roaming poteva essere studiata in maniera un po' più attenta.

    È chiaro che chi vuole conoscere ogni segreto dello Zeta Halo, ascoltando gli audiolog che raccontano i piani e la disfatta dell'UNSC, oppure quelli in cui sono incise le macchinazioni degli Esiliati, potrà comunque attardarsi sulla superficie dell'anello, o magari avviare un'altra partita aumentando la difficoltà e utilizzando i modificatori rappresentati dai teschi. Sono proprio questi ultimi i collectible che aggiungono un po' di consistenza all'esperienza di gioco, mentre tutti gli altri hanno un ruolo tutto sommato secondario: persino i Nuclei Spartan che permettono di migliorare l'equipaggiamento, come dicevamo, hanno un valore determinante soltanto nelle prime ore di gioco, quando servono per potenziare i gadget più utili. L'introduzione della co-op avrebbe sicuramente giovato ad Halo Infinite, incentivando gruppi di amici a disperdere una volta per tutte l'occupazione degli Esiliati, ma il problema principale resta: la mappa è troppo vuota e spesso gli spostamenti risultano poco stimolanti, e gli incarichi tendono ad essere parecchio ripetitivi.

    C'è però una sezione della campagna in cui Infinite dimostra quello che si può fare lavorando su densità e ritmo anche nell'Open World: un momento in cui, confinato in un'area non troppo estesa, Chief deve risolvere una situazione apparentemente drastica. In questa sezione, fra boss fight collocate direttamente nel mondo aperto e una presenza nemica più incalzante del solito, tutti i tentennamenti della produzione svaniscono, e l'esperienza free roaming si trova a fare da naturale connessione fra due missioni principali altrettanto travolgenti.

    Questa è la strada che speriamo Halo possa imboccare in futuro. In altri frangenti, purtroppo, c'è invece la sensazione opposta, ovvero quella che la liberazione degli avamposti venga utilizzata a sproposito, giusto per distanziare una missione principale dalla successiva. Anche utilizzando queste soluzioni non proprio ottimali la campagna di Infinite arriva a durare una quindicina di ore, fermo restando che chi decide di correre e di sacrificare completamente le attività opzionali potrà arrivare ai titoli di coda in meno tempo. Il consiglio è ovviamente quello di evitare questo approccio, cercando invece di assecondare le scelte creative del team.

    In qualche caso ci saranno inciampi a livello di ritmo e intensità, ma non mancheranno anche fasi estremamente più soddisfacenti, in cui level design, gameplay e atmosfere troveranno un momento di accordo capace di entusiasmarvi. In fondo non bisogna dimenticare che se un passo è stato fatto in direzione del modello "quantitativo", Halo Infinite non ha certo le dimensioni soverchianti di un Far Cry (per farvi capire meglio il paragone vi rimandiamo alla recensione di Far Cry 6, ultimo episodio della serie Ubisoft): non è mai dispersivo, esagerato, soffocante, e allo stesso tempo può contare su missioni principali davvero memorabili.

    Una grafica cross-gen

    In un momento storico in cui il passaggio alla Next-Gen è estremamente chiacchierato, e i nuovi hardware si sono trasformati per molti in un inarrivabile oggetto del desiderio, le aspettative sul comparto tecnico di tante produzioni si sono fatte decisamente elevate. A "rincarare" la dose ci pensa la stessa Microsoft, che da poco meno di un mese ha pubblicato l'incredibile Forza Horizon 5 (se non l'avete già fatto, recuperatevi la nostra recensione di Forza Horizon 5), dimostrando come il salto generazionale possa far bene, a livello tecnico, anche ai titoli cross-gen.

    Ovviamente le situazioni sono molto diverse: Playground Games si è trovato a lavorare su un motore già rodato, mentre 343 Industries ha per le mani una tecnologica completamente nuova; un engine che verrà ottimizzato e migliorato nel corso degli anni. Ciò detto, è inutile tergiversare: Halo Infinite non raggiunge il livello delle migliori produzioni cross-generazionali viste in questi mesi, sia in casa Microsoft che altrove. Alla stessa maniera esagera chi dice che il colpo d'occhio generale sia brutto o inefficace. Il rendering è di buon livello, soprattutto negli interni, in cui le atmosfere sci-fi risaltano con incisività; all'esterno si nota invece una modellazione poligonale a tratti scarna e dalle geometrie semplificate. Il problema principale di Infinite riguarda il Level of Detail: mentre Chief si muove a piedi compaiono, a breve distanza dalla sua posizione, ombre, dettagli poligonali sulle rocce e sugli alberi, texture in risoluzione migliore.

    Ne soffre la piacevolezza visiva e la pulizia generale dell'esperienza, e a conti fatti non si capisce perché il team non sia riuscito ad ottimizzare meglio la build, anche di fronte ad un modo piuttosto vuoto e ad una serie di asset generalmente uniformi. Proprio la mancanza di varietà è un altro punto a sfavore di Infinite: sullo Zeta Halo è presente un solo bioma, che si ripete quasi senza variazioni per tutta la durata dell'avventura. Anche in questo caso le cose vanno meglio quando si esplorano gli interni, più diversificati e caratterizzati.

    È stata perfezionata l'illuminazione generale, la qualità delle texture e degli shader, ma è innegabile che manchi quella meraviglia visiva che avrebbe accentuato ancora di più le sensazioni della campagna. La contropartita di un colpo d'occhio estremamente trattenuto è una fluidità per larghi tratti incrollabile, indispensabile per un gameplay così dinamico e trascinante.

    Menzione d'onore per la colonna sonora, forse non sempre in stato di grazia come fu, grazie anche all'apporto di Martin O'Donnell, per i capitoli classici, ma sempre potente ed evocativa, capace ora di esaltare la tensione dello scontro, ora invece di focalizzarsi sull'epicità di un assalto disperato. Non mancano momenti meravigliosi in cui un accordo più dolce irrompe all'improvviso nell'impasto musicale, a sottolineare, come una delicata nostalgia, un momento di sintonia fra Master Chief - un uomo forgiato dalla guerra e ad essa destinato - con l'insondabile ma ubiqua bellezza del cosmo.

    Halo Infinite Halo InfiniteVersione Analizzata Xbox Series XDopo aver portato a termine la missione di Chief ed aver esplorato con attenzione le aree dello Zeta Halo possiamo dire che Infinite rappresenta il primo passo di un percorso che si compirà pienamente nei prossimi anni. Ancora persistono alcuni aspetti non del tutto convincenti, legati proprio alla componente open world: un senso di vuoto concretamente avvertibile nel corso degli spostamenti, alcune attività non particolarmente ispirate (che per fortuna si alternano ad altri incarichi secondari ben più piacevoli e movimentati), e infine qualche momento in cui la progressione della campagna viene intenzionalmente diluita, utilizzando delle side quest negli spazi aperti per allungare un po' la durata della storia. A fronte di questi inciampi - creativi o produttivi che siano - il motivo per cui il team di sviluppo ha deciso di puntare su una struttura più aperta è chiaro: la sensazione di libertà garantita dall'Open World, proprio nei momenti in cui si assaltano gli avamposti più grandi e popolati, è estremamente stimolante, e perfettamente complementare all'esperienza più “sorvegliata” delle missioni principali (che restano - sia chiaro - la componente più galvanizzante e riuscita della campagna). In quelle fasi in cui le attività e i nemici si condensano in un'area non particolarmente dispersiva della mappa, inoltre, buona parte delle sensazioni più amare sparisce del tutto, e il potenziale di Infinite si concretizza pienamente. Se tutte queste doti verranno messe a frutto in futuro siamo sicuri che 343 Industries scriverà una pagina importante della storia degli FPS single player (alla stessa maniera di come l'ha già scritta per il multiplayer). Al momento la campagna Infinite indica una direzione, un punto d'approdo: è una partenza solidissima anche se a tratti imperfetta, che tuttavia non mancherà di lasciare estasiati i veterani della saga e i curiosi che ad Halo si avvicineranno solo grazie a questo capitolo.

    8.5

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