Happy Game Recensione: un mondo di fobie

A dispetto del nome, Happy Game non è un gioco allegro e fa leva sulle paura del giocatore proponendo un trip allucinatorio di rara violenza sensoriale.

Happy Game Recensione: un mondo di fobie
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Disponibile per
  • Pc
  • Switch
  • Dormire non è solo una necessità psico-fisica. Spesso è anche escapismo, un modo per allontanarsi da preoccupazioni e pressioni, una pausa dal mondo in una dimensione sicura, la più intima che esista. Ma se il sonno si trasforma in una trappola non esistono vie di fuga. La mente costretta a vivere l'incubo, infestata da proiezioni disturbanti partorite dall'angoscia, creature di pura paura capaci di prendere le forme di oggetti innocui, familiari, che ci inseguono mostrando denti appuntiti e sanguinanti. Peluche dai sorrisi sciolti in ghigni agghiaccianti che ci fissano con orbite vuote, dalle quali escono mani pronte a strangolarci. Happy Game di Amanita Design è questo, un incubo febbrile e allucinato, due ore psichedeliche nella mente di un bimbo che nel sonno rielabora la sua quotidianità con diverse sfumature di orrore, che vanno dallo strambo (strambissimo) al raccapricciante, in un'esperienza che sa essere tanto inquietante quanto strepitosa.

    Happy Game non è un gioco allegro

    Sono gli stessi sviluppatori cechi a dichiararlo nella schermata iniziale, poco dopo le avvertenze di rito sull'abbondante presenza di luci intermittenti e immagini disturbanti che l'opera propone senza soluzione di continuità o censura, in un trip allucinatorio di rara violenza sensoriale. La struttura ludica già usata per raccontare le gag non-sense del bellissimo Chuchel è stata rielaborata per creare un punta-e-clicca "a situazioni", che divide gli incubi in piccoli enigmi (quasi mini-giochi) non interconnessi, senza inventario o esplorazione ma ricchi di interazioni sfiziosissime da scoprire e decifrare, sempre diverse e bizzarre.

    Mai troppo cerebrali da guastare l'atmosfera, sempre estremamente fisici e tattili da far ribrezzo, con la necessità di toccare, strappare, infilzare o far scoppiare in un "pop" sanguinolento creature e aberrazioni che germoglieranno dal subconscio del bambino. Un immaginario folle che si distorce partendo da suggestioni ben riconoscibili; giocattoli, cartoni animati, ricordi di gite, piccoli traumi infantili che trovano conforto solo in tre oggetti-talismano, da recuperare per arrivare sani e salvi al mattino, madidi di sudore ghiacciato. Sul piano audio-visivo non esiste nessun elemento rassicurante, che possa diventare anche per un secondo un'ancora psicologica al flusso di disturbi che si sta subendo. Gli straordinari artisti di Amanita sono riusciti a decostruire e corrompere tutto quello che si può trovare nella cameretta di un bambino, infondendogli quell'aura diabolica e malata che solo i giocattoli rovinati sanno emanare. Ricordate gli esperimenti sulle bambole di Sid nel primo Toy Story? Questione di forme sempre meno riconoscibili, espressioni disumane, animazioni disarticolate e ambienti opprimenti.

    Un lavoro anti-estetico basato sulla rappresentazione delle fobie, pescate dal mazzo delle più comuni e angoscianti, che riesce a mettere il giocatore in una posizione di disagio costante, ulteriormente tormentato dalla colonna sonora dei soliti, fenomenali DVA: distorta, stonata, confusa, tra synth e carillon. Lo stesso gameplay obbliga a forme di sadismo brutali, dove dare in pasto carote giganti (che felici intonano canzoncine infantili) a coniglietti contorti in smorfie folli, facendoli ingrassare istantaneamente al punto da non riuscire a muoversi, per poi essere divorati da un mostro gigante, tra strilli e fiotti di sangue mentre il bimbo trova il tempo di scappare verso il prossimo livello.

    Giusto per citare un esempio, sicuramente non il più macabro. Noi siamo parte dell'incubo, al comando delle leve che ne azionano i rugginosi meccanismi, sempre più curiosi e morbosi di vedere quanto può diventare marcia una fantasia. Un orrore grottesco, a tratti comico in modo deviato, nerissimo, che arriva a strappare qualche risata isterica senza bisogno di espedienti o "jump scare" dozzinali, capace di usare il linguaggio dei sogni come alfabeto, per dare forma a una narrazione muta dall'impatto devastante, totalmente privata del concetto di "spavento".

    Una profonda e viscerale elaborazione dell'inquietudine attraverso un simbolismo esoterico che trabocca da ogni schermata, dove ogni azione non è mai casuale ma rituale, sottolineata da colori che hanno sempre un che di "sbagliato" sotto ipnotiche luci stroboscopiche, ritmate su un sound design perturbante. Se opere non videoludiche come Happy Tree Friends erano già riuscite a mescolare con successo pulp e infanzia, Happy Game raggiunge vette di coinvolgimento psicologico possibili solo grazie all'interattività, immersi nella possibilità di manipolare il sogno e spingerci sempre più a fondo nel suo significato. Un bombardamento di sollecitazioni emotive e sensoriali che dimostra per l'ennesima volta quanto Amanita Design sia uno dei team più preziosi e talentuosi dell'intero panorama, capaci come pochissimi altri di manipolare il videogioco per plasmare concentrati ludonarrativi da esposizione.

    Happy Game Happy GameVersione Analizzata PCDopo robot innamorati, eroi arborei, mostriciattoli affamati di ciliegie e mondi sotterranei scoperti nelle intercapedini del proprio appartamento, Amanita Design decide di sondare gli incubi di un bambino attraverso un punta-e-clicca allucinato e allucinante. Happy Game poggia le fondamenta su un puzzle design solido, intrigante e stimolante per poi lasciare spazio agli artisti, liberi di disturbare, rielaborando forme, oggetti e creature rassicuranti, solari, nella loro versione deviata, deforme e repulsiva. Un mondo di fobie che dovrebbe respingere ma che invece attrae, inducendo una morbosità magnetica, legata alla curiosità di vedere fin dove gli sviluppatori si sono spinti. Due ore acidissime, sanguinose ed emotivamente potenti, cariche di simbolismi e significati, che possibilmente andrebbero sperimentate in una sola, angosciante sessione. Buonanotte e sogni d'oro.

    9

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