Hellblade Recensione: la follia di Senua arriva su Nintendo Switch

Ora l'ambiziosa opera di Ninja Theory può raccontarsi anche al pubblico Nintendo, merito di una conversione quasi impossibile.

Hellblade Recensione: la follia di Senua arriva su Nintendo Switch
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  • È inevitabile: ogni volta che un medium tenta nuovi sentieri per esprimersi è destinato a spiazzare il suo pubblico, frammentandone l'opinione a seconda di svariati fattori quali aspettative, preconcetti e sensibilità. Da Shenmue a The Last Guardian, anche il videogioco non fa eccezione e nel 2017 qualcosa si è smosso con Hellblade: Senua's Sacrifice. Fra i nomi maggiormente discussi in un anno indimenticabile per densità e qualità delle uscite, il drammatico racconto di Ninja Theory (ora acquisiti da Microsoft sotto l'ala degli Xbox Game Studios) ha saputo calamitare fin da subito l'attenzione dei giocatori più ricettivi. Dapprima a causa del singolare processo produttivo adottato dallo studio britannico, per poi rimanere saldamente al centro del dibattito fino ad oggi, in virtù di una tematica delicata - l'infermità mentale e le sue conseguenze - che, pur non essendo inedita in ambito videoludico, forse non era mai stata rappresentata in modo così complesso, onesto e dominante come avviene durante l'epopea di Senua.

    Il cerchio di Hellblade si chiude con la pubblicazione su Switch - solo in formato digitale - grazie all'impegno del team di QLOC (già autori di Dark Souls Remastered), responsabili di un port tecnicamente impegnativo e purtroppo non esente da difetti, ma che i possessori della console Nintendo dovrebbero comunque considerare. Adesso ogni giocatore ha la possibilità di conoscere quello che è senza dubbio uno dei titoli più coraggiosi della generazione, pioniere di un modo di intendere il legame tra processo creativo e produttivo che ci auguriamo possa diventare un esempio per riflettere e indagare sulle potenzialità del mezzo.

    Con gli occhi di Senua

    Hellblade: Senua's Sacrifice è stata una scommessa e una sfida per Ninja Theory, perché di fatto si tratta di un indie prodotto con le risorse di un tripla A e posizionato sul mercato al prezzo budget di 29.99 €. Solo la libertà creativa conseguita a tale scelta ha permesso a Tameem Antoniades e colleghi di vincere la sfida, ossia riuscire a raccontare con dignitoso rispetto un argomento tabù come la psicosi, per giunta attraverso un medium relativamente giovane come il videogioco.

    Non accennandolo appena tramite i soliti stereotipi monodimensionali, bensì elevandolo a colonna portante dell'intera esperienza. Consapevole di quest'obiettivo, Hellblade rigetta con decisione il classico schema del viaggio dell'eroe a cui la narrativa d'intrattenimento ci ha abituati.

    Al tempo dei vichinghi, Senua è una giovane della tribù dei Pitti segnata dal trauma per la morte dell'amato Dillion, brutalmente sacrificato agli dèi durante un'invasione dei Nordici. Da quel momento il ricordo dell'amore perduto diventa salvifico rifugio da una vita senza senso, il solo scopo della sua esistenza, tanto da spingerla a varcare le soglie del regno dei morti norreno - l'Helheim - nella speranza di resuscitarne l'anima riportandolo in mezzo ai vivi, come nel mito di Orfeo e Euridice. Un cammino tortuoso, disseminato dall'inizio alla fine da desolazione e autoinganni, durante il quale la protagonista soccomberà più e più volte alla sofferenza senza tuttavia mai smarrire del tutto una cieca determinazione. E noi assieme a lei.

    Appare paradossale che lo squilibrio psichico di Senua venga descritto con tale lucidità scientifica (letteralmente, visto il coinvolgimento diretto di pazienti e professionisti nell'ambito), sfruttando a tutto tondo la grammatica del linguaggio videoludico.

    Dal reale al virtualeAnche su Switch è stato incluso l'interessante documentario "Hellblade Senua's Psychosis", breve making of che racconta come è nata l'opera di Ninja Theory, illustrando varie sessioni di motion capture e sottolineando l'importanza della collaborazione con affetti da psicosi e studiosi dell'Università di Cambridge per poter trasporre nel contesto videoludico e in maniera verosimile i sintomi della malattia mentale.

    Se la magistrale interpretazione in motion capture di Melina Juergens contribuisce a rendere tangibile il dramma della guerriera dagli occhi azzurri, l'intuizione più brillante è quella di chiederci non tanto di immedesimarsi in lei, quanto piuttosto di assisterla come compagni di viaggio nel suo percorso di catarsi.Tutto ciò che vediamo in Hellblade corrisponde infatti alla realtà filtrata secondo la logica della mente devastata di Senua, che riesce ad attribuire significati unici ai colori e ai suoni nel mondo. A questo si deve una direzione artistica dominata da allucinanti distorsioni video, ma soprattutto un comparto audio che riveste un aspetto cruciale: la nostra prospettiva è quella di una delle tante voci, dette Furie, che affollano la sua testa - ora aiutandola sussurrando cosa fare, ora aggredendola con parole taglienti e sconfortanti. Durante le scene di intermezzo poi la regia indugia su Senua in preda ai suoi deliri con sguardo viscerale, quasi clinico - ed è questo il risultato più brillante - sempre attenta a non indurre mai compassione verso la sua difficile condizione, ricercando l'empatia solo attraverso spiragli in cui ognuno possa rivedere qualcosa del proprio vissuto.

    Il gioco della mente

    Così come Spec Ops: The Line decostruisce lo shooter bellico per evidenziare gli effetti del disturbo da stress post-traumatico, allo stesso modo Hellblade spezza i paradigmi degli action/adventure.

    Anzitutto sacrificando il concetto di divertimento legato a sfida e progressione in favore della coerenza narrativa e rinunciando quindi a interfacce grafiche esplicite per non ostacolare l'immersione. I momenti strettamente ludici di Hellblade, consistenti in fasi esplorative con puzzle e combattimenti all'arma bianca, sono indispensabili a spezzare il ritmo della narrazione, permettendo di rilasciare la tensione accumulata in precedenza. Succede quindi sia di dover trovare un'associazione di forma tra simboli runici ed elementi ambientali (sempre in riferimento alla percezione creativa dei pazienti) per sbloccare il percorso, sia di scrutare con attenzione oltre archi che mutano il paesaggio o per inquadrare giochi prospettici in grado di rigenerare scale distrutte. È in questi casi che l'intreccio tra gameplay e racconto si allenta: i luoghi sono talvolta fin troppo vasti e dispersivi, mentre la ripetitività meccanica di alcuni enigmi finisce per far sentire il suo peso nelle fasi più avanzate.

    Gli scontri con le inquietanti proiezioni dei Norreni sono furiosi nella loro cruda fisicità, sottolineando tutta la disperazione evocata dalla forza d'animo di Senua. Hellblade non è DmC Devil May Cry, né vuole esserlo: lo scheletro del combat system è semplice e praticamente privo di innesti sul lungo termine, rimanendo però funzionale ed efficace (con guizzi notevoli durante le boss fight), con l'aumento del numero dei nemici che sopperisce alla loro mancanza di varietà.
    Il suggerimento dell'imminente attacco alle spalle da parte delle voci è inoltre un'altra brillante dimostrazione di versatilità.

    Vi è infine tutta una serie di altre meccaniche "esclusive" di particolari situazioni, attorno a cui è cucito un eccellente lavoro di sound design: fasi al buio totale in cui andare alla cieca, tendendo l'orecchio per capire come procedere oppure sfruttando la vibrazione del controller. Sebbene il contesto preveda molte variazioni sul tema, appare evidente una certa mancanza di uniformità nel modo in cui vengono distribuite le varie sfide, difetto in parte mitigato dal breve tempo - circa nove ore - necessario per vedere il finale.

    Switch's Sacrifice

    Dal punto di vista tecnico era difficile pretendere di più da una conversione di un titolo che gira su Unreal Engine 4. Portare Hellblade su Switch ha richiesto diversi compromessi e qualche "sacrificio": la risoluzione in modalità TV si mantiene sui 720p, scendendo parecchio oltre la soglia in modalità portatile (accompagnata da un pesante effetto aliasing), mentre l'azione scorre a 30 fps in entrambe le configurazioni, risultando però la versione meno fluida di tutte.

    Rispetto alle controparti, si nota anche un'illuminazione differente e un netto distacco tra gioco e cutscene (sono FMV pre-caricati), mentre di tanto in tanto si ravvisa qualche bug grafico e sonoro. Apprezzabile inoltre sfruttare il giroscopio dei Joy-Con per orientare la visuale. Pur essendo tutt'altro che insufficiente (il colpo d'occhio è comunque vicino a PS4) l'edizione Switch si configura insomma come la versione dalle performance peggiori tra quelle in circolazione, senza contare che Hellblade non ci è parso molto adatto al gioco in mobilità.

    Hellblade Senua's Sacrifice Hellblade Senua's SacrificeVersione Analizzata Nintendo SwitchHellblade: Senua's Sacrifice arriva finalmente su Switch (e solo su eShop, almeno per ora) con un port che sacrifica qualcosa dal punto di vista tecnico pur di far vivere il viaggio introspettivo della fragile guerriera celtica anche ai possessori dell'ibrida Nintendo. Ovunque la si sperimenti, la scommessa vinta di Ninja Theory è un'opera imperfetta, se ci limitiamo a considerare la qualità delle parti, ma emotivamente intensa, ambiziosa e unica. Una visione creativa senza compromessi che porta con sé un importante valore di sensibilizzazione culturale verso una tematica difficile quale l'infermità mentale, trattata con un linguaggio che è una grande conquista per la maturazione del medium videoludico. Anche su un livello personale, la determinazione di Senua dovrebbe ricordarci più spesso che “anche nell'oscurità, la bellezza del mondo è sempre lì...”.

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