Recensione Hyperdimension Neptunia Re Birth 1

Filistella propone un remake in grado di correggere, almeno in parte, i problemi dell'originale

Recensione Hyperdimension Neptunia Re Birth 1
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  • PSVita
  • Le origini della console war si perdono nella notte dei tempi. Pare, ma non esistono fonti ufficiali, che i primi screzi risalgano alla metà degli anni Ottanta. In quel periodo, in numerose scuole, la ricreazione viene funestata da accesi dibattiti e tumulti. Il fenomeno si estende poi ai bar di quartiere e infine ai salotti di casa. Con l’avvento di Internet la diatriba trova terreno fertile nei forum delle riviste specializzate: si registra nel tempo una diminuzione della mortalità, dal momento che i regolamenti di conti si spostano dalle strade ai più sicuri lidi digitali.
    Hyperdimension Neptunia è un RPG che parla proprio di console war, ma lo fa con piglio leggero, tematizzandola con ironia all’interno dell’universo di gioco. Dopo Producing Perfection, lo spin-off gestional-voyeuristico pubblicato alcuni mesi fa in Europa, la serie Idea Factory ritorna su PS Vita nel bel mezzo di agosto. Ritorna, in tutti i sensi, visto che Re;Birth 1 è un remake del primissimo episodio della serie, originariamente distribuito su PlayStation 3 nel 2010. Un primo capitolo che, a dire il vero, non convinse particolarmente la critica. Su queste pagine si beccò un severo 3, per la cronaca. La situazione è andata poi migliorando con i titoli successivi, che hanno apportato sostanziali modifiche in particolare al sistema di combattimento. Con Re;Birth 1, affidato ai ragazzi di Filistella, si è fatto tesoro di quanto fatto in questi anni per dar vita a un remake sostanzialmente migliorato da diversi punti di vista, eppur fedele allo spirito dell’originale.

    GIOCHIAMO ALLA CONSOLE WAR

    Hyperdimension Neptunia parte da una premessa strampalata: nel mondo di Gamindustri quattro CPU si danno battaglia per la supremazia. Ogni CPU altro non è che una dea, che governa dall’alto una delle quattro regioni: Planeptune, Lastation, Lowee e Leanbox. È evidente che le ultime tre regioni sono un neanche tanto velato riferimento a PlayStation, Wii e Xbox. Tutto il gioco, in realtà, è una meta-esperienza che cita costantemente l’universo videoludico, prendendone in giro regole e abitudini. Una corsa alla citazione che non risparmia nemmeno i nemici: nei dungeon vi capiterà di imbattervi negli alieni di Space Invaders, nei fantasmini di Pac-Man, nei tubi di Super Mario e persino in agguerrite PlayStation 4. Questo remake parte dalla stessa premessa narrativa dell’originale: Neptune, una delle quattro dee, viene scaraventata su Planeptune in seguito a una battaglia con le altre tre. Con un colpo di scena incredibile, qualcosa che nei giochi di ruolo non si è mai visto, la nostra beniamina si ritrova priva di memoria. In compagnia di Compa, che l’ha soccorsa, inizia l’avventura di questa dea in incognito. Re;Birth 1 si prende qualche libertà dal punto di vista della sceneggiatura rispetto all’originale, e la narrazione subisce alcune modifiche pur non cambiando nella sostanza la storia dell’originale. A essere invece intaccato a fondo è il sistema di combattimento, fulcro di qualsiasi RPG, ma non solo.

    COME SI FA UN REMAKE

    Diciamo subito che Re;Birth 1 è un ottimo esempio di come dovrebbe essere concepito un remake. Gli sforzi degli sviluppatori si sono infatti concentrati non tanto sul comparto tecnico, quanto sulle meccaniche di gioco, con l’obiettivo di rendere l’esperienza più fluida e accattivante rispetto all’originale. La serie di Hyperdimension Neptunia, è giusto precisarlo, mescola gioco di ruolo e visual novel (e donnine ammiccanti), con un gusto decisamente giapponese. Per cui preparatevi a lunghi dialoghi, a fondali statici e sprite in 2D tra un dungeon e l’altro. Anche la mappa di gioco è in 2D, e il giocatore può spostarsi da una città all’altra tramite un puntatore, e quindi accedere a negozi ed eventi tramite un comodo menu. Nei dungeon, invece, i mondi tornano a essere tridimensionali e poligonali, i personaggi in cel-shading e l’esplorazione quella classica da RPG. Come gli altri titoli e spin-off della serie, Re;Birth 1 non nasconde una certa predilezione per le situazioni ambigue, per un’ironia a base di seni e rapporti pseudo-lesbo. Nulla di nuovo, insomma. Quantomeno non si può che apprezzare il meta-umorismo, questa continua rottura della quarta parete, con i personaggi che in alcuni casi si rivolgono al giocatore o svelano le regole del gioco nei loro dialoghi.
    Parlavamo di nuove meccaniche. Il problema del primo episodio stava in larga parte nel vetusto sistema di combattimento a turni con incontri casuali. Re;Birth 1 cambia direzione prendendo spunto dai successivi episodi della serie. Ora i nemici non solo sono visibili sullo schermo, ma i combattimenti sono stati ripensati in chiave action pur non rinunciando ai turni. In poche parole, ogni personaggio del party durante il proprio turno può muoversi sullo schermo e attaccare sfruttando sistemi di combo e azioni assegnate ai singoli tasti. Gli attacchi ne guadagnano in dinamismo e strategia, perché alcuni colpi prediligono la potenza, mentre altri sono necessari per indebolire la difesa nemica. Neptune, in quanto dea, può anche trasformarsi all’occorrenza, abbandonando le più deboli sembianze umane. Il giocatore può creare a proprio piacimento le catene di combo; grazie al Lily Rank può inoltre “accoppiare” due personaggi, tutto a beneficio di alcune statistiche. Ogni personaggio ha a disposizione un’area di attacco, rappresentata da un quadrato o da un rettangolo, e questo significa che in base ai movimenti e alla posizione può attaccare anche più nemici contemporaneamente. Il sistema di combattimento di Re;Birth 1 funziona e rende il grinding (talvolta necessario) decisamente meno noioso. Pur non trattandosi di un gioco difficile, Re;Birth 1 presenta in alcuni momenti dei picchi di difficoltà inaspettati, che costringono a mettere da parte per un po’ la trama principale per dedicarsi al potenziamento dei personaggi. Nulla di grave e irreparabile, sia chiaro, ma può risultare frustrante passare da nemici relativamente semplici a tre sconti di fila con boss di una certa caratura senza alcuna possibilità di salvare o acquistare oggetti di supporto.

    QUALE PIANO MI CONSIGLI?

    L’altra sostanziale novità di Re;Birth 1 è per certi versi legata ai combattimenti. Gli oggetti guadagnati durante gli scontri, o recuperati nei dungeon, possono essere investiti per modificare alcuni aspetti del gioco stesso. Che significa? Grazie al Remake System introdotto in questo capitolo, durante l’avventura vi verranno forniti alcuni progetti - chiamati Plan nel gioco - con cui potrete aggiustare il livello o la quantità di nemici in specifici dungeon, sbloccare nuovi dungeon, creare oggetti, modificare il loot di un’area e così via. Alcuni Plan, in particolare quelli che modificano le statistiche dei dungeon, possono essere attivati e disattivati a piacimento, a seconda delle esigenze. Il Remake System è una trovata indubbiamente interessante, che arricchisce l’esperienza di gioco e invita a ritornare in aree già visitate.
    Non vogliamo comunque insinuare che Re;Birth 1 sia un gioco perfetto. Si sono fatti passi da gigante rispetto all’originale, ma permangono alcuni limiti, in parte connaturati con la natura “ibrida” del titolo. La componente da visual novel può infatti risultare pesante, con dialoghi sin troppo prolissi in più di un’occasione. I dungeon sono inoltre spesso anonimi, e anche dal punto di vista tecnico il lavoro svolto in queste fasi 3D è appena sufficiente. A compensare la povertà dei dungeon ci pensano gli ottimi sprite 2D e i fondali statici di buona fattura. Non si può nemmeno chiudere un occhio sulla linearità dell’avventura, che si alterna tra siparietti, dungeon, altri siparietto, nuovo dungeon sbloccato. Viene meno insomma quel senso di mondo ramificato che in un RPG contribuisce a rendere più ricca e profonda l’esplorazione. Re;Birth 1, in ogni caso, oscura in tutto e per tutto l’originale. Forse è quello che il primo Hyperdimension Neptunia avrebbe dovuto essere all’epoca della pubblicazione e non è mai stato. Per questo, a nostro avviso, merita una seconda possibilità.

    Hyperdimension Neptunia Re Birth 1 Hyperdimension Neptunia Re Birth 1Versione Analizzata PlayStation VitaRe;Birth 1 non sistema del tutto i problemi dell’originale, e non è ancora un RPG perfetto e adatto a tutti, ma è un ottimo esempio di come un remake dovrebbe essere realizzato. Il sistema di combattimento è stato completamente rivisto rispetto al primo Hyperdimension Neptunia del 2010, e ora risulta più accattivante e dinamico. La narrazione ha subito alcune modifiche che non hanno però intaccato l’ironia e la trama così com’erano state concepite in origine. A tutto ciò gli sviluppatori hanno aggiunto un Remake System che consente al giocatore di modificare all’occorrenza parametri relativi a dungeon e nemici, elemento che incide positivamente sul fattore rigiocabilità e introduce un’inedita dimensione di personalizzazione alla struttura di gioco. Bisogna comunque continuare a chiudere un occhio sull’atmosfera fastidiosamente ammiccante, sui lunghi dialoghi tipici delle visual novel, sulla linearità marcata della progressione, che alterna stacchetti e dungeon, eliminando di fatto una componente importante di qualsiasi RPG: l’esplorazione di un mondo vivo e pulsante. Tuttavia, ed è giusto riconoscerlo, i passi avanti compiuti con questo remake sono evidenti. I tempi delle stroncature, in altre parole, sono ormai lontani.

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