Iconoclasts Recensione: un nuovo Metroidvania in pixel art

Iconosclasts è un piccolo metroidvania caratterizzato da una solida progressione e da un comparto narrativo davvero ben realizzato.

Iconoclasts Recensione: un nuovo Metroidvania in pixel art
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Disponibile per
  • PSVita
  • Pc
  • PS4
  • Sette lunghi anni. Tanto c'è voluto allo svedese Joakim Sandberg, alias Konjak, per dare luce alla sua nuova creazione: Iconoclasts. Sandberg, detto in poche parole, è uno che i videogiochi li sa fare, e la pixel-art è il suo mestiere: lo aveva già dimostrato coi due capitoli di Noitu Love su 3DS, passando poi per quel di Steam (a dimostrazione che non proprio tutti gli sviluppatori indipendenti decidono, ad un certo punto, di aprire un crowdfunding su Kickstarter). Stavolta il buon Konjak ci propone un puzzle game bidimensionale in stile metroidvania e forte di una solidissima componente narrativa. Ve lo diciamo sin da subito: la dolcezza di Iconoclasts potrebbe anche farvi innamorare. A qualche condizione, però.

    Peccato!

    La nostra protagonista, una biondina diciassettenne con la coda di cavallo a forma di calamita, è una ragazza di poche, pochissime parole. Soltanto quando le verrà chiesto il suo nome, apparirà una nuvoletta con all'interno un pettirosso: Robin ("pettirosso" appunto), è così che si chiama. A parlare, in Iconoclasts, sarà soprattutto la moltitudine di personaggi secondari, i quali racconteranno una storia profonda ed originale, il tutto sotto una Luna che si sta sgretolando e lentamente staccando dalla sua orbita.

    La Terra non è di certo messa meglio del suo satellite, dilaniata com'è da continui terremoti e prossima alla fine. «Sarà per colpa dei peccati?» si chiede una donna seduta al bar dell'Insediamento 17, il luogo d'origine di Robin. Il peccato è a tutti gli effetti uno dei temi principali della lore di Iconoclasts, in un mondo dominato da una bizzarra religione d'ispirazione cyberpunk e da una chiesa nata per far sì che i pagani non ne corrompano le sacre Scritture: la One Concern. Quest'ultima è più una sorta di Inquisizione 2.0 che un'associazione votata alla filantropia, e punisce severamente chi infrange i dettami della Madre, la dea che abita la Città Uno. Il culto per Madre non è fine a se stesso. Pur avendo poteri straordinari, è più una medium, l'unica in grado di comunicare con "Him", Lui, l'essere supremo che ha donato all'umanità la principale fonte d'energia che permette a tutto (persino alla struttura stessa delle case) di funzionare: l'ivory. Ma la Terra si sta impoverendo velocemente, l'ivory è sempre più costoso e la One Concern sempre più severa coi propri fedeli. Per questo è nata la Chemico Contra, resistenza di tecno-partigiani decisa ad aiutare i più poveri sperimentando nuovi materiali e carburanti alternativi, bandita e costretta ad operare clandestinamente. Robin, figlia di un meccanico della One Concern da poco scomparso, ha deciso di esercitare lo stesso mestiere del padre, ma clandestinamente. Tiene così nascosta la sua chiave inglese (uno degli strumenti principali del gioco) nello scantinato di casa, e tenta di aiutare ogni volta che può i cittadini dell'Insediamento 17. Un giorno, però, Robin viene scoperta da due temibili inquisitori, White e Black, che la portano in un centro di detenzione.
    Questa non è altro che una piccolissima parte della storia raccontata da Iconoclasts. Se il solo leggerla vi ha annoiato a morte, desistete sin da subito dall'acquistarlo. Se, viceversa, vi ha incuriosito, tenetevi pronti: le sorprese e le scene di alta qualità narrativa non mancheranno di emozionarvi. Sotto questo punto di vista Iconoclasts è un titolo sorprendentemente ricco di contrasti, che non si prende sul serio ma che, al contempo, è serissimo. Da un lato l'impatto grafico "pixelloso" e coloratissimo è supportato da un senso dell'humor bambinesco, talvolta addirittura un po' ingenuo (come quando ritroviamo un cartello con su scritto «Campo della Resistenza, non ditelo a nessuno!»).

    D'altra parte, però, v'è una storia dai toni cupi e che, specie nel finale, vi porterà a ripensarla e a riflettere. Ad armonizzare questi contrari ci pensa la colonna sonora, originale e sempre adatta alla situazione e alle ambientazioni. Il titolo, però, non è localizzato in italiano, e la grande quantità di dialoghi a schermo è soltanto in inglese, nemmeno tanto accessibile. Con una lore così dettagliata ed intelligente, in cui purtroppo la possibilità di compiere delle scelte è soltanto apparente, la mancata traduzione nella nostra lingua è un "vero peccato"!

    Una chiave inglese per domarli tutti

    Gli strumenti di Robin per combattere il male sono la sua inseparabile chiave inglese e la stun-gun. Nient'altro. Nel corso dell'avventura otterrete dei power-ups, in totale sei, tre per ciascuna delle due armi. Sembra poca roba ma non lo è, perché la scelte di game design di Sandberg sono mirate a farvi compiere il maggior numero di azioni col minor numero di oggetti. E così, ad esempio, con la sola chiave inglese potremo abbattere nemici, aprire porte, riparare macchine rotte, raggiungere punti rialzati, scivolare lungo i binari e caricare Robin di energia elettrica. Il tutto all'interno una formula da puzzle game molto variegata, che vi costringerà spesso ad usare il cervello per andare avanti, restando qua e là anche bloccati, perché mentre in alcune aree il giocatore è a dir poco "accompagnato per mano", in altre il bisogno di qualche indicazione in più si fa sentire.
    Veniamo al decantato stile metroidvania. È vero: il level design delle varie macro aree è un intricato labirinto che necessita di molto backtracking e del superamento di ostacoli tramite diversi upgrade delle vostre armi. Una volta ottenuta una certa abilità, dovremo ricordare: «dov'è che ho già visto una roba del genere? Ma è stato un'ora fa!». E così via ad abbattere nemici respawnati e a sbagliare la strada del ritorno. Quello che differisce nella sostanza da un classico metroidvania è, però, il feeling generale. Innanzitutto il combattimento è una parte marginale del gameplay, e vi capiterà molto raramente di morire a causa dei piccoli mob sparsi nelle mappe.
    I livelli poi, non restano uguali a se stessi, ma cambiano a seconda degli eventi. Inoltre non vi capiterà mai di fare uso dell'abilità di uno strumento per superare un'area e per poi dimenticarvene, anzi, dovrete utilizzare i talenti iniziali anche nell'end-game. Infine, saranno presenti diverse sezioni stealth in cui Robin non avrà a disposizione nessun'arma, oppure altre in cui interpreteremo alcuni dei coprotagonisti, dotati di spada o fucile.

    I personaggi e le ambientazioni, in generale, non sono ispiratissimi, mentre i boss, d'altra parte, proprio come in Noitu Love sono il vero pezzo forte: divertentissimi e diversissimi tra loro, purtroppo un po' banali nei pattern e quindi semplici da sconfiggere. In generale la difficoltà di Iconoclasts sta più nel capire come avanzare che nel combattere i nemici, e vedrete la schermata di morte poche volte durante il corso delle 10-11 ore necessarie a completare il gioco.
    Un piccolo consiglio ai maniaci del completismo: il new game plus vi permetterà di esplorare a fondo ogni segreto di gioco mantenendo tutte le abilità secondarie craftate nel gioco grazie ai materiali sparsi nei forzieri nascosti, non necessarie però a terminare l'avventura. Un eufemismo per "quasi totalmente inutili".

    Iconoclasts IconoclastsVersione Analizzata PlayStation 4Iconoclasts è un metroidvania che vuole essere iconoclasta: pur mantenendo un level design labirintico che necessita di molto backtracking, cerca a suo modo di portare nel genere un briciolo di varietà. Nell’oceano di puzzle games di Steam potrebbe non essere la perla più rara, ma nel parco titoli di PS4 fa sicuramente la sua bella figura. La storia narrata è eccezionale: in un mondo di gioco cupo e allo stesso tempo dolcissimo, viaggerete fino alla Luna emozionandovi più di una volta, soprattutto nel finale. “Iu dont spik inglisc”? Male! Il gioco non è localizzato in italiano, pur essendo ricchissimo di dialoghi da leggere, ed il solo gameplay non rende del tutto onore ad un’opera davvero ben fatta.

    8.2

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