Impostor Factory Recensione: lacrime e sorrisi dall'autore di To The Moon

Il nuovo capitolo della saga iniziata con To The Moon e proseguita con Finding Paradise è finalmente arrivato su PC: sarà un nuovo capolavoro?

Impostor Factory Recensione: lacrime e sorrisi dall'autore di To The Moon
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  • Per alcuni, il tempo è un luogo. Un posto dove tutto si cristallizza in un attimo che sembra eterno, mentre i sorrisi si espandono a dismisura, i sogni galoppano a briglie sciolte, e l'armonia diventa l'unica musica della vita. O quantomeno, la sola che vale la pena ascoltare. Il tempo, per alcuni, è un luogo in cui essere felici, a prescindere da quel che è stato o che sarà. Basterebbe fermarsi lì un momento, e tutto andrebbe bene. Anche se il mondo finisse domani. Per la piccola Lynri, quel posto è un campo di lavanda, preferibilmente sormontato da un cielo puntellato di stelle.

    C'è sempre una suonante nota di poesia, nelle opere di Kan Gao, quel gentile indagatore dell'inconscio che, prima con To The Moon e poi con Finding Paradise (a questo link potete trovare la nostra recensione di Finding Paradise), ha fortemente messo a dura prova la nostra emotività. Impostor Factory, il nuovo atto della saga iniziata con l'intramontabile avventura di Johnny e River, è prevedibilmente un'altra altalena di sorrisi, lacrime e riflessioni: un'esperienza narrativa meno trainante rispetto a quella dei suoi illustri predecessori, ma non per questo di minore intensità. Allo scopo di carpire pienamente ciò che Kan Gao vuole raccontarci questa volta, occorre tuttavia accettare sin da subito il suo gioco di inganni, che si protrarrà fino alla fine. Impostor Factory segue d'altronde un sentiero differente da quello imboccato in To The Moon e Finding Paradise: anche se cambia il modo in cui ci arriva - divertendosi a scardinare di continuo le convinzioni del giocatore - la meta ultima del viaggio resta comunque il nostro cuore.

    Thriller, commedia, dramma, romance...

    Quincy Reynald si trova dinanzi al fatiscente ingresso di una vecchia ma lussuosissima villa. Non sa nemmeno lui come ci è finito lì, né perché ha accettato di partecipare a una festa piena zeppa di gente che neppure conosce. All'interno della dimora fa la conoscenza sia dello strambo personale (e di un robot "cuociriso"), sia dei due proprietari, il dottor Haynes e la dottoressa Yu, sia ancora di Lynri, una ragazza alquanto stranita ed enigmatica, che sembra nascondere qualche segretuccio.

    Poco importa, in fin dei conti. Magari sono solo suggestioni, impressioni fallaci. E invece no...La sanità mentale di Quincy verrà infatti messa a dura prova nel momento in cui i due padroni di casa vengono trovati morti assassinati, in maniera anche abbastanza brutale. Tra i vari invitati al party, chissà perché Quincy è il primo sospettato. È l'inizio di un incubo? Non proprio...

    Impostor Factory non è ciò che sembra. Non lo è mai, anche quando i nodi paiono venire finalmente al pettine. È un inganno agrodolce, quello perpetrato da Kan Gao, ben ponderato ai fini del messaggio conclusivo che intende trasmettere. Volendo spingerci un po' oltre, senza però anticipare eccessivamente i risvolti narrativi, potremmo dire che è la figura di Lynri il perno attorno a cui ruota gran parte della storia.

    Ma sarà davvero così? Con Quincy potremmo muoverci nei ricordi della fanciulla, a ritroso - come di consueto - tra i segmenti di una vita fatta di assuefacente normalità e bramosia di emergere, di paure paralizzanti e tentativi di lasciare un segno lungo il cammino intrapreso. Così che la memoria di una persona possa perdurare oltre il suo addio, un po' come accade per le stelle, la cui luce ci raggiunge molto tempo dopo essersi spenta. La penna di Kan Gao è di innegabile talento, e continua a non affievolirsi: ci sono pochi autori nel panorama videoludico attuale capace di descrivere, con un'eleganza priva di pietismo, le sfumature quotidiane dell'animo. In Impostor Factory il suo marchio è evidente ed indelebile. In ogni istante in cui il dramma pare prendere il sopravvento, ecco che l'ironia, dolce e mai fuori luogo, fa capolino per alleggerire i toni, in un gioco di citazionismi, tenerezza e dolore che si esaurisce nell'arco di circa quattro ore. L'equilibrio non è lo stesso di To The Moon (con due click potete leggere la nostra recensione di To The Moon), né di Finding Paradise: i temi che Kan Gao affronta sono più numerosi, e abbracciano un ventaglio di spunti, alcuni più approfonditi di altri.

    Il corpo centrale del racconto, più esteso e omogeneo, è di certo quello maggiormente in linea con la poetica dell'autore, ed è anche il più efficace in senso tradizionale. Poi, nell'ultimo atto, la ricerca costante del colpo di scena ingarbuglia la trama, e affida alle rivelazioni conclusive quell'effetto dirompente che, nelle opere precedenti, era generato principalmente dalla commozione.

    Una storia stratificata

    Il terzo segmento di Impostor Factory scardina insomma le regole del "gioco" proposto da Kan Gao. La storia si fa più convulsa, pur restando del tutto comprensibile, e a tratti la stratificazione tematica diviene un po' cervellotica, limitando la magia che sgorgava dalle opere passate. Il coinvolgimento si mantiene sempre su livelli altissimi, conseguenza di una sceneggiatura sopraffina (sottotitolata in italiano sin dal lancio), eppure l'incanto tende a incrinarsi in alcuni frangenti.

    È sufficiente però un dialogo, una sottile battuta, o la resa in pixel art di alcuni momenti della vita di Lynri per ricordarci che ci troviamo in un'esperienza di Kan Gao. Di quelle, insomma, piene di grazia. E anche se abbiamo un po' sentito la mancanza degli amatissimi Eva Rosaline e Neil Watts, il cast di protagonisti e comprimari ha saputo dimostrarsi nuovamente capace di calcare alla perfezione questo palcoscenico virtuale: Quincy, in particolare, è un personaggio che - a suo modo - trova un'ottima collocazione caratteriale all'interno della "lore" della saga. Scoprire il motivo di questa nostra affermazione, ne siamo convinti, si rivelerà un vero piacere. Mentre la trama aggiunge una notevole ramificazione all'ordito narrativo, l'impianto ludico compie un piccolo passo indietro. La serie nata con To The Moon non ha ovviamente mai spiccato per interattività, ma la struttura di Impostor Factory è ancora più legata alla dimensione "spettatoriale". Scompaiono infatti i pur semplicissimi puzzle da risolvere visti in To The Moon e Finding Paradise, e i link mnemonici, da ottenere esplorando le ambientazioni, parlando con le personificazioni dei ricordi di Lynri o interagendo con gli elementi dello scenario, hanno un ruolo meno rilevante in confronto al passato.

    Muoversi tra le stanze insanguinate di un maniero, tra dolorose memorie o in mezzo a rasserenanti sprazzi di felicità non avrebbe avuto il medesimo trasporto senza il magnifico accompagnamento sonoro che, come da tradizione, innalza esponenzialmente il valore dei lavori di Kan Gao.

    Non c'è - a malincuore - un pezzo conclusivo intonato dall'angelica voce di Laura Shigihara (non dimenticate di riascoltare, di tanto in tanto, Everything's Alright e Wish My Life Away), ciononostante la soundtrack resta fuori scala. Si percepisce poi addirittura un pizzico di "citazionismo musicale" in alcuni punti dell'avventura (e per una buona ragione...): un suono che dalle orecchie arriva dritto all'anima.

    Impostor Factory Impostor FactoryVersione Analizzata PCImpostor Factory stuzzica e inganna, coinvolge e stranisce. Non ha la destabilizzante potenza di To The Moon, né l’equilibrio celebrale di Finding Paradise, ma va bene così. Ci racconta delle innumerevoli stratificazioni emotive della realtà, e lo fa scegliendo la via dell’assurdo. Una stramberia che presto muta volto e cambia più volte registro, in maniere francamente inattese. I sorrisi e le lacrime continuano dunque a danzare in simbiosi, muovendosi a tempo con uno spartito musicale che sa parlare la lingua dei sentimenti. Benché Impostor Factory possa (quantomeno in linea teorica...) essere vissuto anche in autonomia, vi consigliamo caldamente di immergervi nei ricordi di Lynri dopo aver sperimentato To The Moon e Finding Paradise. Solo così il viaggio di Quincy potrà esprimersi al meglio. Sarà tempo ben speso e vi sentirete pienamente soddisfatti. Forse addirittura felici. Anche se il mondo finisse domani.

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