Recensione Jotun

Affascinante action-adventure con grafica interamente disegnata a mano, che alterna tese boss fight alla Shadow of the Colossus a fasi esplorative fra le terre del purgatorio norreno.

Recensione Jotun
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Disponibile per
  • Wii U
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • È difficile rimanere indifferenti fermandosi ad ammirare le immagini di Jotun, prima fatica digitale dello studio montrealese Thunder Lotus Games che, dai primi vagiti su Kickstarter, è ormai in procinto di ottenere piena cittadinanza su Steam. L'operazione punta infatti con fierezza a una decisa identità artistica, la cui riuscita, per la verità, ci era già stata suggerita testandone alcune versioni preliminari. Il fulcro del progetto sta nel proporre al pubblico un immaginario, quello dei racconti e miti scandinavi, che il videogioco tende di solito a non trattare, preferendogli il cugino di ramo ellenico, tradizionalmente più sfruttato anche da altri media. Un folklore in attesa di approfondimento porta in grembo un fascino già di per sé considerevole, ed è qui reso ancor più penetrante grazie a una veste grafica disegnata a mano e animata frame-by-frame, che richiama con forza alla mente certi film d'animazione d'autore. Il nostro viaggio comincia da qui, da un misto di sincera curiosità e stupore fanciullesco verso un prodotto che pare davvero unico nel suo genere, quello degli action-adventure ortogonali. Chiaramente, bisogna poi passare alla prova del pad, dove l'estetica fine a se stessa, purtroppo, non basta. E non c'è supplica agli dei che tenga.

    Pdor, figlio di Kmer

    Quando Thora, impegnata a traversare i Mari del Nord a bordo del suo drakkar, viene affondata all'improvviso dal fuoco nemico, nulla le resta da fare se non abbandonarsi a una morte gelida e impietosa. La giovane vichinga, come tutti i suoi compagni spirati senza mostrare onore sul campo di battaglia, si risveglia all'ingresso del Ginnungagap, limbo ultraterreno sottostante le terre lucenti del Valhalla. Incapace di accettare il suo doloroso destino, Thora fa infine un patto con Odino: potrà ascendere al paradiso solo se riuscirà a impressionare gli dei, nella fattispecie sconfiggendo gli jötunn, mastodontiche divinità elementali avverse al pantheon fin dall'alba dei tempi. L'incipit di Jotun è abbastanza parco d'informazioni, che tuttavia non tardano ad emergere con l'avanzare dell'avventura. I meriti della narrazione si manifestano in sostanza lungo due direzioni, distinte ma al contempo parallele. La prima riguarda la backstory della protagonista, che il suo stesso voice over -in lingua scandinava sottotitolata, anche in italiano- svela per gradi al giocatore a mo' di "ricompensa" per ogni jötunn annientato. La seconda via che il racconto intraprende, a nostro avviso la più interessante, concerne invece la descrizione dell'universo messo in scena. Varcando un determinato luogo, Thora è solita spendere qualche parola per inquadrarne sommariamente le caratteristiche, introducendone brevi cenni storici, tratti ambientali ed eventuali curiosità legate agli esseri che ne abitano la superficie. A playthrough inoltrato, poi, capiterà di visitare uno scenario, la palude del Muspellheimr, in cui sarà possibile scoprire la genesi del Ginnungagap e dei suoi malvagi guardiani, quasi a comporre, da parte degli sviluppatori, un piccolo compendio di mitologia nordica che ha del sorprendente per un indie di durata contenuta. La vicenda, comunque molto semplice e priva di eccessivi arzigogoli diegetici, non avrebbe la stessa efficacia se non supportata da un corrispettivo scenico all'altezza. Approfondiremo questo punto, non prima, però, di aver speso qualche parola sul gameplay.

    Tra la terra e il cosmo

    Torniamo al Ginnungagap, vero e proprio hub sospeso tra le stelle che si ramifica in cinque regioni distinte. I mondi di Jotun sono perlupiù tripartiti, per cui due degli stage che li compongono saranno sempre orientati alla ricognizione delle rispettive ambientazioni, mentre al terzo, la tana del jötunn di turno, si avrà accesso solamente dopo aver portato a termine i due precedenti. Partiamo dall'analisi delle boss fight, rappresentanti quel lato action della produzione che, fin da principio, ne racchiude buona parte dell'attrattiva. Gli scontri con gli elementali ricordano con insistenza la filosofia alla base di Shadow of the Colossus o, per restare tra le pieghe del mercato indipendente, del più recente Titan Souls -benché, in quest'occasione, tanto la protagonista quanto i colossi dispongano di più d'un punto ferita. Parliamo quindi di una serie di confronti diretti alla "Davide contro Golia", in cui ogni spaventosa divinità sovrasta l'avatar dell'utente in quanto a resistenza, forza fisica e, neanche a dirlo, dimensioni.

    Oltre a difendersi schivando in capriola, Thora dovrà fare largo uso della sua fedele ascia a due mani, che le dà la possibilità di ferire l'avversario sferrando un colpo orizzontale debole ma veloce oppure impiegando un colpo caricato più devastante, seppur meno istantaneo. I boss, dal canto loro, muovono la propria offensiva entro precisi pattern d'attacco, che sono poi la chiave per metter fine alla loro ingombrante esistenza.Solo studiandone attentamente le routine, infatti, chi gioca potrà venire a capo di ciascuna sfida, che, controller alla mano, richiede un buon equilibrio tra destrezza e ingegno, risultando spesso assai gratificante. Va detto che l'ascia di Thora è arma esclusiva per fronteggiare gli oppositori soltanto fino al completamento della prima boss fight, laddove in seguito subentrerà la necessità pressante di affidarsi a nuovi espedienti per resistere alle forze nemiche, che la vichinga avrà l'opportunità di apprendere nel corso delle succitate fasi esplorative. In effetti, a scapito di quanto il nome del gioco possa fare intendere, il viavai tra i mondi del purgatorio norreno è attività preponderante rispetto al battagliare duro e puro con i giganti. Anzitutto perché, per dimostrare alle divinità di avere la stoffa per sbaragliare gli jötunn, il gamer dovrà scovare le rune magiche nascoste negli angoli più impervi di ogni location, previo il superamento di qualche semplicistico puzzle ambientale. Fatto ciò si potrà poi decidere se continuare a scandagliare lo scenario a caccia di power up opzionali quali preziose mele dorate che aumentano gli HP della protagonista e, soprattutto, alcune abilità speciali custodite dagli dei nei pressi di alcuni imponenti altari. Soprattutto queste ultime, sebbene costrette a un impiego temporaneo e quantitativamente limitato, sono, nei fatti, ben più che semplici poteri accessori, e anzi alcune di esse -il martello di Thor e le capacità curative di Frigg in primis- si dimostreranno fondamentali per chiudere i combattimenti di fine campagna con le ossa intatte. Ne consegue che Jotun sia votato a un backtracking consistente, che, pur non essendo un male a prescindere, risulta qui parecchio tedioso, dato che i livelli regolari, oltre ad essere piuttosto labirintici, sono davvero poco interattivi, schiavi di oggetti scenici ingessatissimi e quasi per nulla distruttibili. A correre in soccorso di un girovagare spesse volte troppo vacuo e fine a se stesso interviene allora l'impianto scenografico, parte integrante di quel fine lavoro manuale di cui si accennava in apertura.

    Dalla verdeggiante foresta dello Jotunheimr alla dimora frondosa del serpente Nidhogg, dal lago ghiacciato del mostro marino Jormungandr alle nuvole madreperlacee del Nord, ogni singolo ambiente è una vera gioia per le pupille, depositario di forme estetiche raffinate e di colori all'occorrenza vividissimi o tendenti a tinte più cupe. Non sono rare le occasioni in cui la camera virtuale arretra per mostrare le vastità pulsanti delle quinte con campi lunghi e lunghissimi. Sono questi, emozionalmente parlando, i momenti più alti dell'opera Thunder Lotus, che permettono di contemplare in tutta serenità sfondi di una bellezza ammaliante, mentre un tappeto sonoro d'atmosfera s'insinua discreto nell'in-game con note ancestrali e sognanti, tra l'epico e il malinconico.

    Jotun JotunVersione Analizzata PCNon servono più di quattro ore per donare un epilogo all’impresa eccezionale di Thora. Un’avventura di durata modesta, che sa però farsi apprezzare senza fatica sotto diversi aspetti. Ripetere che l’arte di Jotun ha un afflato vincente, un’impronta mirabilmente artigianale che pervade tutto, dai vibranti setting di respiro fantasy a un design dei boss che sa infondere in chi li affronta soggezione e timore, suona ormai come superfluo. Un’arte, peraltro, che trova in Unity terreno assai fertile, per cui, allorché in azione, il gioco si dimostra fluido e gradevolissimo al colpo d’occhio. I dubbi, invece, riguardano l’interazione vera e propria, intensa e stimolante nei -purtroppo- minoritari scontri faccia a faccia con i titani, ma ben più trattenuta nelle fasi più specificamente adventure. La spinta esplorativa che avvolge gli stage canonici tende a esaurirsi in fretta a causa di una povertà contenutistica parecchio percepibile, e risulta ulteriormente appesantita da un backtracking pressoché obbligato che, unito all’incedere lento della protagonista, rischia di sfociare in momenti di noia prolungati. Un gameplay troppo sproporzionato ci frena dall’ipotizzare che Jotun avrà facile accesso al Valhalla di genere, ma non dal suggerire di concedergli comunque una possibilità, specie a chi in grado di stupirsi anche solo dinanzi a un alternarsi di scorci meravigliosi.

    7.3

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