Recensione Kill Strain

Dopo aver pubblicato Guns Up! alla fine dello scorso anno, gli studi Sony di San Diego tornano con Kill Strain, nuovo titolo Free-To-Play per PS4.

Recensione Kill Strain
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  • PS4
  • Lo studio Sony San Diego si è definitivamente gettato nel mercato free to play cavalcando l'onda lunga del successo di tale modello di business che, dopo aver colonizzato dispositivi mobile e PC, è riuscito a trovare terreno fertile anche su console. Qualche mese fa abbiamo avuto modo di testare il modus operandi dello studio grazie a Guns Up!, titolo sviluppato in collaborazione con Valkyrie Entertainment e appesantito dalla zavorra della mediocrità. Ora il developer californiano che attualmente è al lavoro su Draw to Death - altro free to play - ci sorprende improvvisamente con Kill Strain. La nuova proprietà intellettuale, annunciata durante la PlayStation Experience di due anni fa, è stranamente passata sotto traccia senza mai rendersi protagonista di grandi proclami. Confessiamo che ciò, unitamente al modello di distribuzione prescelto, aveva destato più di qualche perplessità. Di Kill Strain, insomma, si è saputo poco sino a questo momento. Le informazioni raccolte sino a qualche mese fa lasciavano solamente intuire la sua particolare natura, spalancando la via a molti interrogativi riguardanti la reale qualità del titolo. La formula a tre squadre "variabili", unita a meccaniche recuperate dai MOBA, sono alcune delle caratteristiche che ci hanno resi curiosi di saggiare con mano l'offerta ludica propostaci da Sony San Diego, che gli abbonati del PS Plus possono giocare in esclusiva fino al 19 luglio.

    Una poltrona per tre. Anzi, per dieci.

    Kill Strain è un titolo peculiare, dalla natura ibrida. In superficie si presenta come un MOBA molto semplificat,o con arene simmetriche, abilità con relativi cooldown, ed un sistema di perk con cui personalizzare i combattenti; la cui crescita avviene, come di consueto, automaticamente durante i match. Eppure, sotto sotto Kill Strain nasconde delle particolarità che gli donano un'anima tutta propria. Originale, potremmo persino azzardare. Delle volte, però, gettare troppa carne al fuoco può condurre a risultati imprevedibili. Al pizzico di meccaniche MOBA di cui abbiamo appena fatto cenno, il team di sviluppo ha affiancato, cercando di ottimizzarlo, un sistema di controllo attinto a piene mani dalla tradizione Twin-Stick Shooter con visuale isometrica. La mappatura dei comandi ne esce semplificata e funzionale allo scopo che si prefigge. Le principali abilità offensive del personaggio di turno sono infatti tutte racchiuse nei quattro tasti dorsali. Sistema semplice, intuitivo e abbastanza efficace, che ben si sposa con l'ampio sistema di perk (o bonus) con cui personalizzare il proprio eroe. Estremamente semplici saranno anche gli obiettivi da raggiungere per portare a termine la partita. E le peculiarità di Kill Strain iniziano proprio qui: non due, ma ben tre squadre si contendono il dominio della mappa di gioco, in una sorta di "triangolare" composto da un massimo di dieci utenti (quindi non più dodici, come inizialmente previsto dal team di sviluppo). Otto giocatori, suddivisi in due squadre, assumono il ruolo di umani/mercenari, mentre i rimanenti due difendono orgogliosamente la causa dei mutanti; ossia la fazione che gioca un po' il ruolo di terzo incomodo. La composizione "4v2v4", come dicevamo in apertura, non rimane inalterata per l'intero match. Le due squadre di "umani" hanno come unico scopo l'annientamento delle basi avversarie impedendo il diffondersi dell'area contagiata. Per fare ciò essi devono prima di tutto conquistare due estrattori, posti nella parte inferiore della mappa, per impadronirsi della preziosa risorsa ARCC (o Advanced Ricombination Cell Container) e poi contendersi il controllo dell'unica drop zone a disposizione. Consegnanre la risorsa alla "raffineria" consente di velocizzare la crescita del team e delle difese della propria base, guadagnando un deciso vantaggio sugli avversari. La vera sorpresa, però, ce la riservano i mutanti. Questi ultimi hanno come obiettivo finale - ovviamente - quello di spargere il contagio per a mappa di gioco e trasformare tutti gli altri giocatori in loro simili, sbilanciando così le altre squadre e ingrossando contemporaneamente i propri ranghi. Rimanendo all'interno dell'area corrotta i mutanti beneficiano di diversi bonus come un boost alla velocità, rigenerazione automatica della salute e invisibilità. Una gradita novità che porta un divertente scompiglio durante gli scontri e dona un pizzico di confusionaria imprevedibilità.

    A chi la Vittoria? Ognuno per sé, Dio per tutti!

    In Kill Strain, nonostante la presenza di tre squadre, il concetto di "appartenenza al team", in realtà, non esiste. Non è la squadra che vince, bensì chi, alla fine, avrà ottenuto il punteggio migliore. E questo approccio si è reso necessario perché i componenti dei team umani possono, per così dire, "cambiare maglia", passando dalla parte dei mutanti se catturati e adeguatamente trasformati.

    La partita finisce, semplicemente, allo scadere del tempo, oppure quando uno dei tre Quartier Generali viene in qualche modo distrutto. La collaborazione dura fino a un certo punto, insomma, poi subentra l'atteggiamento egoistico di alcuni - molti - giocatori che, pur di mantenere la testa della classifica (nonostante questo, forse per una precisa scelta degli sviluppatori, non porti a nessuna ricompensa di rilievo), remano contro la propria squadra, magari facendosi infettare e cercando di far terminare il match il prima possibile. Dopo le prime partite, la verve agonistica si spegne mestamente. L'entusiasmo scema in modo repentino, per lasciare spazio a una frustrazione generata dal caos di dieci giocatori che se le danno senza criterio usando tutto ciò che hanno a disposizione e disinnescando, così, ogni possibile utilizzo strategico di abilità e tattiche di squadra. Dobbiamo aggiungere, poi, che Kill Strain ci propone non solo una scarsissima offerta ludica, ma giunge anche con una marea di piccoli, grandi, problemi di natura tecnica che minano ancor di più un'esperienza di gioco già abbondantemente discutibile. A spegnere il nostro entusiasmo per la presenza di una buona varietà di mercenari umani (suddivisi ovviamente tra Tank, Support e DPS) e perk, tutti sbloccabili con denaro reale oppure accumulando crediti di gioco, ci pensa la presenza - incredibile - di una sola mappa di gioco. L'abbiamo battuta per giorni, senza sosta, nel tentativo di farmare denaro per sbloccare e saggiare il bilanciamento dei vari combattenti. Sotto questo aspetto le cose ci sono parse andar meglio, grazie alla buona caratterizzazione delle quattro abilità di ogni personaggio. Ovvio che, mancando il concetto di squadra e non potendo sapere in anticipo su quali combattenti ricade la scelta dei compagni, la varietà data da questi contenuti evapori senza lasciare traccia. Gli sviluppatori, infine, hanno sempre sbandierato la volontà di offrirci un titolo degno degli standard qualitativi attuali, con 60 fps granitici e un ottimo comparto grafico.

    Nulla di più lontano dalla realtà. Certo, i 60 fps ci sono. Ogni tanto. Il frame rate è sin troppo ballerino e, inoltre, le disconnessioni dai server sono frequenti durante le partite, costringendoci a riavviare la console più volte. L'azione di gioco, infatti, si blocca senza neppure rimandarci alla schermata principale del titolo. Problemi tecnici risolvibili col tempo? Probabilmente si. Certo che Kill Strain si presenta con un biglietto da visita che non lascia ben sperare per il futuro.

    Kill Strain Kill StrainVersione Analizzata PlayStation 4Kill Strain non ci ha convinto. Prima di tutto sotto il profilo della qualità, e poi per ciò che riguarda i contenuti che ci presenta al suo debutto. La produzione Sony San Diego fa di tutto per rientrare rientrare nel genere MOBA (seppur restando molto semplificato), provando timidamente a staccarsi dalla concorrenza grazie ad una formula di gioco "dinamica" che coinvolge dieci giocatori divisi in tre squadre dalla composizione variabile. Interessante, certo, soprattutto se si vestono i panni dei mutanti. Proprio questo, però, uccide il concetto di "appartenenza a un team" mandando in fumo non solo qualsiasi velleità tattico-strategica, ma anche l'unica cosa buona azzeccata dagli sviluppatori: la varietà di abilità e perk dei combattenti. Le partite, il più delle volte, si riducono a un guazzabuglio indistinto e abbastanza caotico in cui l'individualismo impera. "Vince" chi, alla fine della partita, occuperà la prima posizione nella leaderboard. Nulla più. La prima posizione comunque non porta ad alcuna gloria, oppure a ricompense epiche per le quali valga la pena dannarsi l'anima. Inutile, sembra il termine corretto. Il titolo, infine, non riceve alcun aiuto né dal comparto tecnico, scialbo e claudicante, né dalla povertà di contenuti che ne ha caratterizzato il debutto. Perché di debutto ufficiale si parla, e non di una versione in "early access". Una sola mappa? Davvero?

    5

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