Recensione Killzone 2

I Guerrilla ci conducono su Helghan

Killzone 2
Recensione: PlayStation 3
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Disponibile per
  • PS3
  • A Killzone 2 è dato il compito, oneroso, di aprire un 2009 pieno di esclusive sostanziose per Playstation 3. Il prodotto Guerrilla, aggressivo e pronto alla battaglia, non si tira indietro, e accetta di portare il vessillo di una macchina da gioco che non ha avuto -finora- vita facile. In questo senso, Killzone 2 potrebbe simboleggiare una rinascita, la conquista tanto bramata di un predominio tecnico paventato e mai impugnato. Ma questi sono discorsi che, forse, è meglio metter da parte quando ci si trova di fronte ad un un titolo del genere. Perchè Killzone 2, al di là di tutto, sembra scaturire piuttosto dalla dedizione per il proprio lavoro e dalla conoscenza del mercato moderno.
    A metà fra la tradizione (ludica) e l'innovazione (visiva), ammantato da una cura per i particolari davvero fuori dal comune (che arriva ad interessare persino il lato artistico ed il fronte del Mecha-Design), Killzone 2 brilla come uno dei massimi esponenti del genere, alla ricerca di una propria individualità e di un carattere particolare.

    Helghan belongs to Helgasts

    Il compendio narrativo di Killzone 2 comincia con l'assedio delle truppe ISA al pianeta da cui provengono gli Helgast. Nello spazio orbitale attorno ad Helghan stazionano le grandi navi ammiraglie della flotta stellare, tenute a bada da uno sconosciuto sistema di protezione aerea, che non le lascia avvicinare a sufficienza per sferrare un attacco diretto. I soldati scelti vengono dunque fatti sbarcare sulle terre inospitali del pianeta, grazie a moduli d'atterraggio rapidi e scattanti. Il conflitto prende luogo dunque proprio nelle atmosfere inospitali, fredde e mefitiche di Helgan, le stesse che hanno lentamente cancellato ogni residuo di umanità dai rinnegati che hanno attaccato Vekta anni addietro.
    La trama si sviluppa, sulle prime, lineare e laconica. Quasi marginale, ammalia comunque il giocatore con scene d'intermezzo semplicemente perfette, avvolgenti ed emozionanti, ritmate e ottimamente dirette, ma senza discostarsi dai canoni classici dello “War Game” (o War Movie che sia, vista la qualità esemplare del comparto tecnico). Nelle prime missioni si procede quasi per cieca obbedienza agli ordini dei superiori; si avanza in massa, sul fronte aperto e supportati dal fuoco di copertura dei compagni, e poi negli spazi stretti delle strutture in muratura, per supportare la mobilitazione dell'intera squadra. D'improvviso, nell'economia della narrazione, compaiono elementi insoliti, e l'orchestrazione della sceneggiatura dispensa qualche nota fuori posto. Senza troppo svelare, un tocco di fantascienza forse troppo “volgare” (banale all'inverosimile), inserisce nel plot uno sconosciuto minerale, grazie al quale gli Helgast hanno costruito le loro micidiali difese antiaeree. Ma è solo un piccolo accenno, un mezzo per far andare avanti la trama e condurre il giocatore verso un gran finale sempre più movimentato. Dopo i primi livelli, la storia di Killzone comincia a farsi incalzante e sostanziosa. Una volta presentati i personaggi, la trama gioca con essi e con le loro psicologie spicciole di soldati devoti. Mentre la guerra va avanti, i protagonisti vivono l'impeto della conquista, subiscono i propri scatti d'ira. Le battaglie di Killzone sembrano logorare poco a poco i rapporti fra i membri della squadra, sembrano consumare senza pietà le personalità di spicco. In un crescendo che non si interrompe fino alla fine, il giocatore viene investito dalla rabbia cieca e bruciante della sconfitta e poi avvolto dal desiderio di rivalsa.
    Ovviamente l'impostazione degli eventi narrati resta sempre classicheggiante, fatta di adorabili clichè. Ma il taglio registico, la concitazione delle operazioni su larga scala, la recitazione digitale degli attori non può che compiacere. Senza attendere rivoluzioni narrative, il giocatore sa che si troverà di fronte una trama più che discreta dal punto di vista dei contenuti, ottima se si guarda alla sua capacità di sfruttare il comparto audiovisivo per stupire.
    Ma è forse il finale quello che colpisce più d'ogni altra cosa. Un finale amaro, sconsolato, forse prevedibile ma di una crudezza sconcertante. Un finale simbolico, e attraversato da messaggi trasversali. Un giudizio muto sulla futilità della guerra, sul sacrificio ideologico e morale. Un finale che fa sentire il giocatore, realmente, un “vincente sconfitto”, pieno di cicatrici inutili e di medaglie orribili. Un sopravvissuto.
    E' in qualche modo un peccato che il plot si irrobustisca perlopiù sul finale. Il gioco, terminata l'avventura principale, lascia con la voglia di andare avanti, avvolti da una guerra ben lungi dall'essere terminata. In qualche modo il grido dei protagonisti è un singhiozzo interrotto, che lascia col rammarico per una longevità non eccelsa. Le otto ore necessarie per il completamento della campagna (a livello Normale), volano via esili e sottili. A parziale risarcimento, troviamo però la buona varietà coreografica, che porta i soldati ben lontani dalle mura della capitale. Alcuni livelli si aprono sconvolgenti come un colpo al cuore: le sabbie rosse, sanguigne, di una città mineraria abbandonata, l'assalto imprevisto alla stessa nave ammiraglia, ed una corsa disperata su un treno merci lanciato a tutta velocità (chiara, provocante “citazione”, quasi a volersi paragonare con il Gears of War di qualche tempo fa). La struttura di ogni schema, dalle raffinerie di Petrusite alle strade logore di Pyrrhus, concede qualche nuovo elemento alla vista, costituisce una piccola scoperta, anche se accentua la linearità dell'esperienza di gioco.
    Così, Killzone 2 si presenta, almeno nella sua struttura, un titolo piuttosto classico. Il fatto che le situazioni vissute siano in qualche modo concertate dalla volontà del team di sviluppo, che la progressione appaia ovviamente guidata, è un modus operandi indispensabile per veicolare un'avventura drammatica e teatrale. Eppure, in qualche strana maniera, il gameplay di base esplora una via insolita, per il genere, cercando di trovare un posto al fianco dei grandi titoli di riferimento, e mostrando un carattere particolare ed unico. Che ci si trovi ad un First Person Shooter diverso dal solito è testimoniato dal ritmo della progressione, stentato e pesante. La guerra non è cosa da sottovalutare, sembra voler dire il prodotto Guerrilla, da prendere poco sul serio. E' un'esperienza pesante, frammentata, fatta di momenti bui e di insicurezza. In Killzone 2 si deve avanzare con cautela, appesantiti in qualche modo da un sistema di controllo “scomodo”, ma che rappresenta una scelta portata avanti con estrema coerenza dal team di sviluppo. Il nuovo sistema di coperture, alla stregua di quello del già citato Gears of War ma tutto giocato in prima persona, l'estrema sensibilità delle bocche da fuoco ed il rinculo evidente, la necessità di passare alla mira di precisione per sparare con più cognizione di causa e non disperdere i proiettili, sono tutti elementi che mettono il giocatore “in impaccio”, ma che delineano in questa maniera un'esperienza davvero realistica.
    Togliamo subito ogni dubbio: gli amanti della “guerra arcade”, dell'azione “mordi e fuggi”, del conflitto frontale, forse avranno poco da ammirare in Killzone 2. Il gioco è più statico e riflessivo di tanti altri comparsi sul mercato, e per questo appare a suo modo originale. Non universale, preme ripeterlo (se non fosse che per i pregi del comparto tecnico, ogni giocatore dovrebbe dare un'occhiata al titolo Guerrilla). La scelta di trovare una “terza via”, di prendere le distanze sia dai concorrenti più immediati (Halo) che da quelli alla ricerca di un buon compromesso (Call of Duty), è coraggiosa e condivisibile. Il carattere unico di Killzone 2, oggi, segna in maniera indelebile la sua pregnanza ludica. Tantopiù che tale scelta è supportata da un lavoro certosino eseguito sull'intelligenza artificiale. I nemici di Killzone 2 sono agguerriti e coscienziosi, anch'essi si muovono con circospezione e sfruttano abbondantemente l'ambiente circostante. Poche volte si abbandonano sotto i colpi del fuoco nemico, ed invece provano ad avanzare, saltando di copertura in copertura, e restano sempre mobili per evitare di diventare facili bersagli. Non hanno timore di sparare alla cieca, e di tentare, solo ai livelli di difficoltà più elevati, tattiche di accerchiamento che lasciano sorpresi anche i veterani del First Person Shooter. Sanno valutare con precisione la minaccia più pericolosa, e non concentrano il fuoco sul personaggio principale. Agiscono insomma con evidente consapevolezza. Il che rappresenta un valore aggiunto notevole, soprattutto perchè l'assenza di script rende ogni schermaglia uno scontro imprevedibile ed impegnativo.
    Anche la fisica di gioco, in qualche modo, influenza gli scontri (a onor del vero in maniera non così consistente come si vorrebbe). Alcune delle coperture, infatti, possono essere fatte saltare, e non tutte con il semplice fuoco dell'arma primaria. Se le casse di legno e le lastre più esili si sgretolano sotto i colpi della mitragliatrice, alcuni lastroni di metallo vanno scardinati con il lancio di una granata, e le trincee di sacchi di sabbia, devono essere distrutte con l'ausilio di un lanciarazzi. Una maniera non banale di gestire l'interazione ambientale, che pure si mostra sufficientemente complessa, anche per la presenza di numerosi oggetti esplosivi, o di mobilio fragile negli ambienti interni. Killzone 2, in generale, riesce a dare l'idea di un ambiente non statico, forse grazie alla presenza di altri dettagli aggiuntivi, come la fisica applicata ai Soft Body (bandiere e teloni protettivi, che sventolano in molte delle locazioni esterne). L'influenza del vento, se non arriva ad influenzare le parabole dei proiettili, di certo ostacola i movimenti del giocatore: nel livello del treno in corsa, la pressione esercitata dal movimento rende più lenti ed impacciati. Insomma sono tanti gli elementi insoliti ed originali inseriti nella formula di gioco, che in fin dei conti risulta fresca, complessa e, a suo modo, profonda.
    Non si deve tacere, in ogni modo, il fatto che la progressione del Single Player risulti estremamente classica. Gli intermezzi prevedibili, alla guida di carri armati ISA o a bordo di un Mech da combattimento, non annullano mai l'idea d'essere di fronte ad uno shooter strutturalmente “normale”. E lo conferma la durata del Single Player, che sigla definitivamente, pur restando un'esperienza da provare, la preminenza del gioco in rete. Ed allora è bene che il giocatore valuti attentamente le proprie esigenze. Nonostante questo, però, Killzone 2 è un prodotto che trova la sua originalità e il suo spazio anche dal punto di vista videoludico, mostrando non solo il coraggio della sua particolarità, ma una cura maniacale per il dettaglio. Resta consigliato all'intera utenza Sony, e rappresenta un'esclusiva importante. Gli amanti delle sfide comincino subito dai livelli di difficoltà più elevati, per scoprire poi, giocando col grado “Soldato d'Elite”, la vera essenza del titolo, privi di qualsiasi aiuto grafico per facilitare la mira. Tutti troveranno, in qualche maniera, qualcosa di prezioso in Killzone 2; dovesse essere -al limite- il comparto tecnico senza nessun termine di paragone.

    Multiplayer

    Ripreso nella sua struttura dal collaudatissimo sistema di Call of Duty 4, il multiplayer di Killzone 2 è il vero fulcro dell'esperienza ludica, che ripaga in toto il cospicuo “prezzo del biglietto”, espandendo e coronando l'offerta di base. L'idea che sostiene l'intero comparto online è quella di proporre un sistema modulare, che conceda all'utente una grande libertà decisionale per quanto riguarda le impostazioni e le modalità di gioco. Ad esempio, a partire dalle classiche tipologie di match, è possibile costruire una partita ibrida, in cui diversi assegnamenti si susseguono senza soluzione di continuità. Nella cosiddetta modalità WarZone si passa dunque, senza patemi, da un furioso Deatmatch a Squadre al più tattico Search & Retrieve (cattura la bandiera), toccando di tanto in tanto la modalità “Assassinio”, o l'adrenalinica “Cerca e Distruggi”. Nella sua semplicità, questa possibilità ravviva non poco le partite online: all'interno di uno stesso round si modificano completamente, e continuamente, le tattiche da attuare per completare gli incarichi. Mutano i rapporti fra i membri dello stesso team, le “zone calde”, ed in generale il match si colora di sfumature diverse ad ogni cambio di rotta. Ciò non toglie che sia possibile giocare partite più classiche, grazie alla totale personalizzazione garantita dal cospicuo numero di opzioni.
    Ma è il sistema di classi (denominate in questo caso “badge”) che rinfresca non poco l'esperienza di gioco, consegnando all'utente la possibilità di interpretare uno dei sette “mestieri” disponibili. Ogni classe può utilizzare alcune abilità speciali, in grado di determinare il successo dell'intero team. Sfruttare in maniera oculata le peculiarità di ciascuna tipologia di soldato diventerà determinante per ottenere buoni risultati in gara, guadagnando riconoscimenti e punti esperienza (nonché assicurando il successo del proprio team). Il sistema di upgrade dell'account è pensato inoltre proprio per stimolare la continuità e l'impegno metodico: per sfruttare appieno le caratteristiche di ciascun Badge, e addirittura guadagnare la possibilità di fonderne due creando delle classi ibride, l'utente dovrà guadagnarsi “i gradi”, scalando le classifiche online o dimostrando particolari abilità con una determinata dotazione bellica. Inutile dire che il sistema funziona, e sprona il giocatore a sperimentare tutte le possibili soluzioni, se non altro per guadagnare l'accesso a tutte le opzioni di gioco. Oltre alle classi canoniche, si registra poi qualche incursione piuttosto originale, per un panorama vivace e vario.
    Le otto mappe a disposizione contengono poi dei piccoli capolavori di design. Generalmente asimmetriche, ispirate ai livelli del single player, sfoggiano planimetrie intricate, folti intrichi di vicoli e ampi spazi aperti, e risultano in tal maniera adattissime ad ospitare un cospicuo numero di utenti (fino ad un massimo di 32) e le partite imprevedibili e mutevoli.
    L'ottimizzazione del Netcode ha portato a risultati notevoli: a fronte di un downgrade grafico non troppo marcato (che interessa soprattutto la qualità delle texture), il rallentamenti sono praticamente assenti, i tempi di caricamento accettabili ed il lag ridotto a pochi, sporadici episodi. Meno evidenti i pregi dell'illuminazione, e più pacata la distribuzione degli effetti speciali (sostituiti in certi momenti da un filtro a “grana grossa” che rende più “morbida” l'immagine), ma i risultati ottenuti sono comunque eccezionali. Le mappe, ricche di elementi interattivi ed in movimento, riproducono fedelmente la bellezza corrotta della devastazione, che si respira, vivida, durante tutta la campagna principale.
    Nuovamente, come si è già detto per il Single Player, Killzone 2 non cerca grandi rivoluzioni, ma raccoglie l'eredità dei propri congeneri e la perfeziona col lavoro lento di mesi. Il suo comparto multiplayer, anche a fronte di indovinate aggiunte che gli garantiscono una serena individualità, è senza dubbio il migliore su Playstation 3, e surclassa quello “leggero ed immediato” del collega Resistance 2. E' un'esperienza che richiede dedizione e applicazione, e non è adatta per chi cerca un divertimento disimpegnato e superficiale. E di nuovo, il profilo videoludico di Killzone si staglia prepotente e spigoloso, delineando un gioco senza mezze misure: il prodotto Guerrilla ha il coraggio di eccellere nel suo settore, e grazie alle sue specificità, sacrificando forse l'apprezzamento di una fascia di pubblico meno avvezza all'impegno “agonistico”.

    Senza dubbio alcuno si può affermare che il comparto tecnico di Killzone 2 sia l'aspetto più sensibilmente moderno e sofisticato dell'intera produzione. Il picco stilistico e visivo raggiunto dal team Guerrilla setta, al di fuori d'ogni ragionevole perplessità, i nuovi standard dell'industria videoludica. Arrivando a sfruttare la sostanziosa potenzialità di calcolo dell'hardware Sony, Killzone regala un'esperienza visiva senza pari, superata forse in certi aspetti da quel Crysis che ancora ammalia (situato nei “case” più potenti), ma così raffinata dal punto di vista della direzione artistica da non temere confronti.
    E' la mole poligonale che per prima colpisce l'occhio dell'utente, grazie alla realizzazione di ambienti dettagliati e vastissimi. Le architetture di Helghan si stagliano su di un largo orizzonte opaco, rivelando strutture di insolita complessità. Le balaustre da cui si sporgono gli avversari più agguerriti, i torrioni difensivi e le chiuse che impediscono il passaggio del convoglio ISA, già delineano, all'altezza del primo livello di gioco, uno studio attento e meticoloso. Più avanti, gli ambienti urbani conducono il giocatore attraverso vicoli sudici e sporchi, prima di farlo penetrare nel ventre diroccato delle case popolari. Ed ogni dettaglio infinitesimo risalta proprio perché è interamente modellato, oculatamente disposto, a costituire un piccolo capolavoro architettonico. Le texture ambientali ammantano ogni edificio, ed ogni scorcio, in maniera quasi impeccabile, con largo impiego di mappe superficiali ed effetti di riflessione. Al di là dalla focalizzazione su palette cromatiche sbiadite e cupe, Killzone 2 propone una grande varietà di superfici, che caratterizzano in maniera eccellente gli schemi. Nonostante i risultati conseguiti, il comparto texture mostra anche qualche cedimento, ma è raro vedere “tile” in bassa definizione, troppo piccoli o piatti.
    A sostegno di un malcelato stupore, comunque, non c'è solo la caratura tecnica della produzione: è l'arte e l'ingegno del team che ha saputo mettere insieme scorci paesaggistici densi e desolati, di una bellezza sporca e rara. Il predominio delle tinte scure, il colore dilavato che inonda pareti ed edifici, trasmette un senso di precarietà e usura. Helghan non ha logorato solo i suoi abitanti, ma tutta la loro civiltà, i cui simboli sono oggi baluardi cadenti e rugginosi. La piazza della capitale, inondata dal fumo, con i vicoli sventrati dallo sconquasso dei bombardamenti, con i canali di scolo i cui marciscono acque verdastre, restano indelebili. Così come i marmi candidi dell'Accademia, adombrati dalle bandiere gigantesche del regime. Ma ancora di più, è il rosso malefico del suolo di Helghan, il rosso ossidato e desertico, che lascia un ricordo vivido, sommergendo le baracche instabili di un piccolo insediamento minerario. Ancora, il viaggio in treno, di galleria in galleria, contro un cielo sporcato dall'ultimo sole, velato, rappresenta uno dei momenti più efficaci anche dal punto di vista visivo. Insomma, è la direzione artistica, lo schizzo preparatorio che sostiene lo scheletro poligonale, a rappresentare la vera conquista.
    Ovviamente a supportare questo sontuoso banchetto per l'occhio, routine d'illuminazione dinamica splendide, che tengono conto dei lampi improvvisi delle fucilate, delle lampade al neon sul soffitto dei corridoi, di quelle ad incandescenza, giallastre, agli angoli degli adroni. Come gli effetti di luce, anche quelli speciali sono di prima categoria: le esplosioni saturano l'aria di un flash denso, il fumo particellare è lento a diradarsi, dopo una deflagrazione, ed i detriti sollevati da ogni colpo esploso invadono gli spazi visivi con dimessa passività. Come si è già discusso, routine fisiche credibili regolano il comportamento degli oggetti interattivi, presenti soprattutto negli ambienti chiusi, ma che di tanto in tanto fanno una timida comparsa negli scorci meno claustrofobici (l'assalto sul ponte è un tripudio di trincee che saltano, flebili, sotto i colpi dei lanciagranate).
    Il prezzo da pagare per avere un risultato così esaltante è un framerate non sempre costante. L'incedere piuttosto stabile dei 30 frame al secondo si concede moltissime licenze, anche se in numerose occasioni il blur, ben dosato, nasconde tutti gli inciampi del motore grafico. Tantopiù che, si diceva, il ritmo di gioco non richiede esplicitamente la fluidità massima. Ed è un bene, perchè in alcuni momenti, Killzone 2 si prende addirittura qualche secondo di pausa: quando deve “caricare” una locazione, o salvare la partita, il flusso continuo si interrompe. Una conseguenza, ci pare, dell'assenza di installazione su Hard Disk (che prolunga i tempi di caricamento fra un livello e l'altro). Forse gli sviluppatori potranno chiarire in futuro i motivi di tale approccio; comunque, considerato il rapporto fra risultati ottenuti e prestazioni, la stima pende a loro favore.
    E del resto, oltre al lavoro magistrale effettuato dal punto di vista del design delle locazioni (o dei mezzi, tutti bellissimi e particolari), anche quello sui modelli dei personaggi lascia poco spazio alle note di demerito. Anzi, forse è proprio sui modelli umani che la qualità tecnica si avvicina ai risultati della computer grafica, arrivando addirittura a coinvolgere complesse routine di Self Shadowing.
    Il protagonista (un po' meno i comprimari), mostrano una naturale predisposizione alla recitazione digitale, grazie ad un set di espressioni e movenze ricreato in maniera sensazionale. E anche gli Helgast, sotto il fuoco dei proiettili, si esibiscono in movimenti di reazione credibili, grazie ad un parco animazioni vasto quanto mai. Anche i loro modelli poligonali sono diversificati, ed il lavoro eseguito sul fronte multiplayer, in cui ogni soldato sfoggia una personale divisa, da i suoi frutti anche in termini di varietà visiva nella campagna.

    Il comparto sonoro risulta, globalmente, ottimo. Il doppiaggio italiano ha alti e bassi, e di certo è da preferire la versione originale (inglese): il discorso iniziale del dittatore di Helghan, non adattato, testimonia tutta la sua qualità. Ma anche il voice acting dei doppiatori “nostrani” non è deprecabile, sebbene qualche battuta manchi del giusto piglio recitativo, ed in certe occasioni i soldati aprano bocca a sproposito (solo per urlare qualche esclamazione fuori luogo). La profondità di alcune voci, comunque, accompagna efficacemente le scene di intermezzo, e irrompe nelle fasi In-Game a sottolineare la progressione. Il numero e la qualità degli effetti sonori, dalle campionature delle armi ai commenti minacciosi degli Helgast, sono più che buone, e compongono una scena mai monotona. E, finalmente, l'accompagnamento musicale non è relegato al solo sottofondo: marce militari incalzanti si alternano a lunghi silenzi con coscienzioso rispetto dei tempi ludici, e di certo non manca la qualità dei brani orchestrati, rimbombanti, epici e travolgenti.

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    Killzone 2 Killzone 2Versione Analizzata PlayStation 3Killzone 2 è esattamente quello che ci aspettavamo. Un First Person Shooter d'impatto, un prodotto di richiamo, curato all'inverosimile e fondamentale per rinsaldare l'offerta ludica esclusiva di Playstation 3. Non è un titolo controverso, innovativo, originale, ma l'ultimo esponente di un genere ben radicato nell'immaginario collettivo, sviluppato con dedizione e stupefacente maestria. L'aspetto più rivoluzionario dell'ultima fatica Guerrilla è senza dubbio quello tecnico, inarrivabile e irresistibile, che ripaga appieno della evidente classicità, del ritmo particolare ed affannato, coronando un progetto a suo modo scintillante ed esemplare. Dal punto di vista ludico Killzone compie scelte coraggiose, percorre la via della maturità e del realismo senza compromessi, si concentra sul multiplayer per moltiplicare e sfaccettare l'esperienza di gioco. Ed è dedicato, quindi, agli amanti degli War Movie, agli estimatori del gioco in rete, a chi predilige una ricostruzione artistica cruda e violenta, scabra e sbiadita. Ma anche i giocatori che non rientrano in queste categorie, dicevamo, hanno buoni motivi per essere attratti dalla prima grande produzione del 2009. Killzone 2 è una dichiarazione d'intenti, un assalto militare condotto in piena regola contro i baluardi del genere cui appartiene. E' un gioco “ingombrante” (nonostante la brevità del Single Player), che reclama prepotentemente la sua fetta di pubblico e di mercato. Riesce a divertire, ad incuriosire, a compiacere la vista e l'udito. Sfrutta potenzialità tecniche di cui prima d'ora si era solo accennato. Diventa così un nuovo punto di riferimento, e come tale va riconosciuto, anche se, implicitamente, “esclude” una certa parte del pubblico (chi cerca a tutti i costi “il nuovo” o chi ama prendere le cose con leggerezza). E' un nuovo modello, costruito con i tasselli di un'esperienza antica. Ed un titolo, più o meno, irrinunciabile.

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