Recensione Kingdom Hearts 2

Il Regno dei Cuori spalanca di nuovo le sue porte...preparate i KeyBlade!

Recensione Kingdom Hearts 2
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  • PS2
  • Unione da favola

    Quando un colosso dell’intrattenimento digitale entra in affari con una delle più grandi e discusse industrie cinematografiche, e non solo, di tutti i tempi è naturale aspettarsi qualcosa di straordinario, soprattutto se i giganti in questione rispondono agli illustri nomi di Squaresoft (oggi Square-Enix) e Disney. Kingdom Hearts, primo frutto di questa prestigiosa collaborazione, riuscì a stupire il pubblico grazie ad una struttura di gioco fresca e vivace, suggellata dall’armoniosa fusione tra quei due universi che non di rado incrociano le proprie strade, ovvero videogames e animazione. Pur rimanendo un’esperienza indelebile nel cuore di molti, il progetto lasciò l’ amaro in bocca a causa di una maldestra gestione delle inquadrature ed un finale aperto che, oltre alla palese indicazione della realizzazione di un sequel, concedeva spazio a moltissimi dubbi e questioni irrisolte. Dopo quattro anni di trailers e rumor che hanno torturato gli animi di milioni di fan, stiamo finalmente per scoprire che fine hanno fatto Re Topolino e Riku in un’avventura che, proprio come la precedente, ci porterà alla scoperta di quei favolosi mondi incantati che pensavamo di aver definitivamente abbandonato, assieme ai sogni e all’innocenza della nostra infanzia, nel polveroso scaffale dei ricordi.
    Signore e Signori, ecco a voi Kingdom Hearts 2.

    ...Frammenti di sogno che sembrano ricordi lontani, ricordi lontani che sembrano frammenti di sogno...

    Kingdom Hearts, il regno dove nascono e ritornano tutti i cuori. Luogo fatto di oscurità impenetrabile e luce abbagliante, in cui bontà e malvagità non sono altro che due facce della stessa medaglia, proprio come accade nell’animo umano. L’eterna lotta tra il bene e il male celata dietro porte e universi paralleli che solo il prescelto dal KeyBlade è in grado di governare.

    “Ricorda Sora. Sarai tu ad aprire la porta della luce”

    Così si chiudevano i titoli di coda prima di cedere il passo al filmato segreto che, in un bombardamento di sequenze mozzafiato e combattimenti spettacolari, annunciava la nascita di nuovi ed infausti eventi. Kingdom Hearts 2 riprende la narrazione esattamente nel punto in cui l’avevamo lasciata, rinfrescandoci la memoria con l’interminabile e commovente filmato introduttivo che ci porta, attraverso flashback e rievocazioni più o meno gradevoli, a prendere il controllo di Roxas, adolescente spensierato che passa le vacanze estive a bighellonare assieme ai suoi inseparabili amici. La tranquillità della sua esistenza viene però turbata da sogni ricorrenti su ricordi che non gli appartengono ed angoscianti allucinazioni in cui viene perseguitato da misteriosi uomini incappucciati (chi ha giocato a Kingdom Hearts: Chain of Memories non li troverà poi così misteriosi) che dicono di conoscerlo. La spiegazione a questi strani avvenimenti è presto rivelata: Roxas e Sora condividono un legame indissolubile e rappresentano, per qualche oscura ragione, motivo di grande interesse per i membri della temibile Organizzazione XIII, anch’essa, come fu Ansem nel primo episodio, alla ricerca del leggendario Reame dei Cuori.

    Chi ingenuamente ha pensato che la vicenda potesse ruotare attorno ad un nuovo personaggio, non può essere certo biasimato poiché, malgrado le giornate vissute nei panni di Roxas costituiscano un mero prologo, il tempo di gioco dedicatogli dagli sviluppatori è veramente spropositato (almeno tre ore) e, onestamente, tutt’altro che indispensabile al raggiungimento dello scopo che dovrebbe perseguire, ovvero far capire all’utente la presenza di qualcosa che non va nella città di Crepuscopoli. Volendo chiudere un occhio su questo piccolo particolare (in fin dei conti qualcuno potrebbe trovarla anche una buona idea), possiamo finalmente dedicarci alla vera avventura, che viene ufficialmente aperta solo dopo l’entrata in scena di Sora, Pippo e Paperino. Bisogna ammettere che riprendere in mano un titolo del genere dopo un periodo di tempo così lungo suscita un timore quasi riverenziale. Il rischio che le aspettative vengano deluse è grande, ma altrettanto grande è l’emozione nel ritrovare mondi e personaggi che hanno popolato i più bei titoli di sempre; un mare di ricordi immenso e che riesce a sopraffare il giocatore sin dalla prima schermata di gioco, pressoché identica alla precedente per grafica e audio nonostante l’inedita possibilità di scegliere il sonoro tra tre opzioni distinte (Stereo, Pro Logic II, Mono).

    Superati tutti i convenevoli narrativi, si inizia dunque a prendere confidenza con un gameplay dai tratti estremamente familiari ma allo stesso tempo visibilmente segnato dagli innumerevoli aggiustamenti operati da Square-Enix al fine di garantire un’esperienza di gioco depurata dai ben noti difetti della passata edizione. Resta da vedere se gli accorgimenti presi abbiano sortito o meno gli effetti desiderati, ma questo lo lasciamo giudicare al lettore...

    ...Ci sono molti mondi ma tutti condividono lo stesso cielo...

    La prima prova tangibile dell’opera di rinnovamento che investe Kingdom Hearts 2 consiste nel Comando di Reazione, un’opzione attivabile tramite la pressione del tasto triangolo alla quale, sebbene appaia solamente in determinate situazioni, viene subordinata un’infinità di azioni differenti: dall’interazione con i personaggi all’esecuzione di mosse speciali, dall’arrampicata su sporgenze e affini all’apertura di forzieri, dalla gestione degli scontri con i boss allo spostamento di oggetti pesanti.
    L’introduzione di questo elemento, palesemente dettata dall’esigenza di infondere quel minimo di varietà agli scontri che invece mancava al suo predecessore (molto spesso il tutto si traduceva nello spasmodico pigiare del tasto X), è senza dubbio molto promettente poiché, oltre ad assicurare una certa differenziazione alla struttura di gioco, implica una serie di comportamenti piuttosto interessanti ma la cui utilità, come vedremo di seguito, viene sovente sopraffatta dalla foga del momento. Durante le infuocate battaglie in tempo reale, difatti, oltre alle classiche opzioni che vi permettono di attaccare fisicamente e scagliare incantesimi sui vostri avversari, si presenta di tanto in tanto un comando speciale che, a seconda del caso consente di compiere un’azione ben precisa come, ad esempio, schivare fulmineamente un nemico o dare inizio ad una sequenza predeterminata solitamente associata ai combattimenti più impegnativi e che per essere portata a termine correttamente necessita della pressione del relativo tasto al momento opportuno. Se da un lato si tratta di un buon rimedio contro una ripetitività di fondo quasi ineluttabile, dall’altro questa applicazione riesce solo in parte ad evitare la noia delle milioni di mischie selvagge con le quali avrete a che fare per tutta la durata del gioco poiché il più delle volte sarete talmente impegnati a salvarvi la pelle che tenere d’occhio il verificarsi della condizione di reazione sarà l’ultimo dei vostri problemi.

    Con lo stesso meccanismo vengono disciplinati anche gli attacchi speciali, utili negli scontri ordinari e praticamente indispensabili con il 90% dei mostri di “fine mondo”; da non confondere con le numerose abilità che si apprendono, come accadeva in precedenza, in maniera proporzionale all’aumento di livello del team e che, proprio a causa della loro grande mole, sono equipaggiabili in base agli ability point (AP) disponibili. La scelta di attivare capacità difensive piuttosto che offensive rimane totalmente a discrezione dell’utente, così come la nuovissima possibilità di pianificare, sebbene in maniera non molto articolata, le azioni di Pippo e Paperino attraverso un dosaggio delle abilità che contempla tre semplici casi, ovvero l’utilizzo parsimonioso, quello bilanciato e infine quello libero. A livello pratico questo aspetto si traduce nella frequenza con cui i due comprimari si avvalgono di incantesimi e mosse speciali, incidendo sull’approccio che, secondo il giocatore, più si confà al proprio stile di gioco: se, ad esempio, si ha la pessima abitudine di mettere in secondo piano il livello dei propri hp in battaglia, si può decidere di impostare l’impiego delle magie curative su “libero” in modo tale da relegare la connessa funzione agli altri personaggi.

    Una caratteristica veramente lodevole ma che tutto sommato impallidisce di fronte ad una delle novità più grandi di questa edizione, la Fusione, che permette a Sora di unirsi temporaneamente ad uno o addirittura entrambi i membri del team una volta caricata la relativa barra turbo. Si tratta di un’opzione decisamente spettacolare perché non solo consente di brandire due keyblade ed eseguire attacchi visivamente sublimi ma vanta un proprio level-up totalmente slegato a quello del party; un aspetto, questo, che a lungo andare si rivela più un difetto che un pregio in quanto il divario che intercorre tra le condizioni di sviluppo di ogni tipologia di fusione (cinque in tutto, ognuna con caratteristiche e funzionalità diverse) crea una curva di apprendimento disomogenea e squilibrata che tende a scoraggiarne il pieno potenziamento: la fusione Valore, ad esempio, acquisisce un punto esperienza per ogni nemico abbattuto durante il suo utilizzo, la fusione Giudizio avanza di livello solo attraverso l’eliminazione dei semplici Heartless mentre quella Finale progredisce solo liberandosi dei Nessuno, una forma di Heartless molto più evoluta definita come “contenitori vuoti senza cuore destinati a tornare nell’oscurità”.

    Non fatevi illusioni però, perché la distinzione tra i nuovi e i vecchi nemici non ha nulla a che vedere con l’adozione di strategie o comportamenti particolari, fatta eccezione per alcuni oppositori (gli “heartless panzoni” o i filibustieri di Port Royal) che, se non affrontati a dovere, possono dare qualche noia di troppo o addirittura portarvi al game over: la cosa curiosa è che, quando il team viene completamente annientato, potete far intervenire Re Topolino in vostro aiuto, controllandolo provvisoriamente affinché resusciti tutto il party. Una trovata veramente geniale, come lo è quella di concedere il controllo su un personaggio aggiuntivo, più o meno forte, che si unisce al gruppo per un periodo di tempo limitato al completamento del mondo che si sta visitando.

    Nel corso delle varie scorribande tra vecchi (Atlantica, Bosco dei 100 Acri, Città di Halloween, Agrabah ecc.) e nuovi pianeti (Terra dei Dragoni, Port Royal, Fiume Senza tempo ecc.), infatti, i nostri eroi vengono spesso affiancati da characters, provenienti sia dal mondo Disney che da quello Square-Enix, che possono entrare in squadra al posto di Pippo o Paperino ed essere sostituiti, attraverso l’apposito comando, in qualsiasi momento. Una volta inserito nell’allegra brigata, il nuovo guerriero si comporta esattamente come un membro del team, accumulando esperienza, imparando abilità, equipaggiando protezioni ed armamenti e così via. L’aspetto veramente entusiasmante di questa applicazione non risiede solamente nella grandissima soddisfazione che si prova nel disporre attivamente di un volto amato (combattere al fianco di Auron, anche se per poco, provoca una gioia inaudita) ma è da ricercarsi nel riscontro pratico rappresentato dal comando Limite, anch’esso gestito dal tasto triangolo, che innesca una serie di combo di rara bellezza e potenza eseguite con grande maestria da Sora e personaggio extra.

    La presenza di tale soggetto, tuttavia, svolge un ruolo determinante nel completamento delle varie missioni che vengono imposte durante l’esplorazione dei mondi al fine del proseguimento dell’avventura e che spesso e volentieri consistono nel proteggere un personaggio lungo un certo tragitto, superare prove di resistenza oppure eliminare di tutti i nemici presenti sullo schermo entro un certo limite di tempo. Il vantaggio di optare per una struttura di gioco simile consiste nella grande varietà di situazioni da affrontare ma, per contro, contribuisce a rafforzare la già fortissima sensazione di una trama spezzettata e discontinua, in cui Sora & Co. gironzolano senza meta nello spazio quasi avessero intrapreso un viaggio di piacere, facendosi carico dei problemi dei vecchi amici piuttosto che cercare di scoprire dove si trovano Re Topolino e Riku.

    Lo spostamento tra i mondi avviene ancora attraverso i Navigummi, con la differenza che per potervi accedere, essendo svanito il collegamento che li legava l’uno all’altro, è necessario sbloccare determinati sentieri. Ad ogni modo, grazie alla completa revisione del sistema di navigazione, fastidiosa quanto inutile interruzione che fortunatamente poteva essere aggirata dopo poche ore di gioco, il tragitto che separa i vari pianeti si presenta ora come un divertentissimo minigioco arcade con tanto di punteggio e raccolta di oggetti speciali da collezionare. Oltre a costituire un ottimo intermezzo per godersi qualche minuto di spensieratezza ludica, questo system implica opzioni di personalizzazione della propria navicella più complete ed appaganti che vanno dalla selezione dei pezzi alla colorazione dello scafo.

    Un quadro idilliaco quello dipinto dalle precedenti considerazioni, eppure c’è qualcosa di Kingdom Hearts 2 che, sotto sotto, lascia insoddisfatti. Magie ed invocazioni, ad esempio, per quanto belle e scenografiche possano essere non riescono ancora a trovare il giusto spazio all’interno del gameplay e rappresentano due opzioni delle quali si può benissimo fare a meno senza alcuna ripercussione sull’economia di gioco se non quella di essersi persi il tripudio visivo generato dagli attacchi di Genio o testimoniare la fantasia infusa nel trasformare l’invocazione di Chicken Little in un bazooka spara-palle con tanto di visuale in prima persona. Il ruolo marginale assunto da questi due comandi, trova la sua naturale causa nella disarmante facilità di un battle system che, nonostante una gestione decisamente migliorata della telecamera (completamente ruotabile ed aggiustabile grazie allo stick analogico destro), rimane tuttora ancorato alla frenetica e scellerata soppressione di orde infinite di avversari, interrotta solamente da brevi fasi di esplorazione delle location, perlopiù finalizzate all’attivazione di qualche evento o all’acquisto ed elaborazione di item, rispettivamente, presso negozi e moguri. Il giusto grado di sfida, per fortuna, viene offerto dalle innumerevoli subquest che troverete sparse per i mondi (l’impegnativo torneo nel Colosseo di Ercole e in quello di Ade, le prove di abilità nel Bosco dei 100 Acri, il giochino musicale di Atlantica ecc.) i quali, oltre a sopperire alla mancanza di un adeguato grado di difficoltà nell’avventura principale, riescono a farla lievitare oltre alle 50-60 ore di gioco; un traguardo considerevole se si considera questo gioco per quello che è, ovvero un action-rpg.

    ...Un solo cielo, un solo destino...

    Se c’è una cosa che assolutamente non delude di questo titolo è il versante tecnico.

    I caratteristici tratti deformati dei personaggi Square-Enix (tra i quali, ricordiamo troverete Aeriss, Squall, Vivi, Seifer, Yuffie, Sephirot, Cloud, Yuna, Rikku, Pain e molti altri ancora) brillano ancora per originalità e definizione stilistica, mentre quelli appartenenti alle creazioni di Zio Walt sono praticamente identici agli originali per aspetto e personalità: un esempio lampante di questa completa aderenza è dato dall’ambientazione meno fantastica del gioco, Port Royal, che dipinge l’intero cast del film in una maniera semplicemente meravigliosa rendendo ogni singolo fotogramma un degno tributo alle cupe quanto spassose sequenze della pellicola.

    Vedere Jack Sparrow, pardon, Capitan Jack Sparrow tradotto in bit è uno spettacolo eccezionale, certo, ma il mondo a cui appartiene costituisce solamente il primo di una lunga serie di bellissime location, alcune create appositamente per il franchise, altre semplicemente prestate dai film di animazione che hanno fatto la storia del cinema, tra cui, l’originalissimo Fiume Senza Tempo, ispirato alle prime produzioni in bianco e nero che vedevano come protagonisti i rudimentali personaggi disneyani che tutti noi conosciamo oggi.

    Il fatto che ogni mondo sia ispirato ad un concept totalmente diverso ed indipendente dall’altro, oltre a comportare il solito cambio d’abito del trio e l’inedita trasformazione del menu rapido in base al tema, implica una grandissima differenziazione degli stage i quali, sebbene molto più ristretti e abbondantemente disseminati di caricamenti, vantano una gradazione cromatica pressoché impeccabile, perfettamente adatta sottolineare la magia che impregna le atmosfere irreali e fantastiche di questo titolo. Gli effetti visivi legati a magie, attacchi speciali, fusioni e quant’altro sono senza dubbio splendidi ma la vera sorpresa di questo capitolo è da attribuirsi al fantastico sonoro. Le scene di intermezzo, per quanto esilaranti o indispensabili al dipanamento della trama, sono decisamente troppo lunghe e frequenti ma per tutto il tempo (troppo) in cui l’utente rimane con il joypad in mano riesce ad apprezzare un doppiaggio inglese sorprendentemente realistico e ben curato che trova la massima affermazione nelle voci di Pippo e Paperino, verosimilmente compatibili e geniali come quelle degli stessi cartoni animati. Inutile dire che la soundtrack, capitanata dal commovente main theme “Sanctuary”, dispone di una vasta gamma di brani sapientemente composti in modo da adattarsi egregiamente a mondi e situazioni di gioco differenti: le musiche epiche piene di archi e voci armoniose si sposano alla perfezione con le intense sonate di pianoforte senza per questo sfigurare accanto ai motivetti più “leggeri” e veloci né tantomeno di fronte ai brani tratti dalle stesse opere Disney, universalmente riconosciuti come incantevoli.

    Kingdom Hearts 2 Kingdom Hearts 2Versione Analizzata PlayStation 2Kingdom Hearts 2 è un bellissimo gioco. Originale, longevo, coinvolgente, suggestivo ma come ogni rosa ha le sue spine. Forse le aspettative venutesi a creare in questi anni sono state troppo alte o forse è venuto il momento di mettere in secondo piano la sostanza a favore dell’apparenza, ma sarebbe inutile negare quel pizzico di delusione che affiora dopo l’entusiasmo iniziale. E’ come se scartando un pacco dalla confezione luccicante trovassimo un contenuto diverso da quello sperato: invocazioni, comandi di reazione, fusioni, limiti, magie, personaggi aggiuntivi sono tutte innovazioni apprezzabili ma che in termini pratici non riescono ad evitare l’eccessiva linearità e facilità della struttura di gioco, ancora pesantemente legata ad un battle system confusionario e sostanzialmente ripetitivo malgrado l’enorme impegno profuso nel cercare di cambiarlo. La massiccia presenza di scene di intermezzo ed effetti speciali sempre più belli e pomposi, tuttavia, spinge a meditare seriamente sul fatto che gli sviluppatori questa volta sembrano aver puntato più ad “imbambolare” l’utente invece che ad appagarlo, privilegiando in maniera evidente l’aspetto estetico a discapito di quello ludico. Ciò non toglie che questo titolo sia un eccellente prodotto, in grado emozionare come pochi, o meglio, come solo due grandi “fabbricanti di sogni” come Square-Enix e Disney sanno fare.

    8.0

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