Recensione Legends of Persia

Un hack'n'slash dal fascino orientale?

Recensione Legends of Persia
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  • Pc
  • Per riuscire a farsi strada in un mercato videoludico sempre più affollato, alcune piccole case di sviluppo decidono di percorrere sentieri ben noti al grande pubblico, cimentandosi in generi molto apprezzati e di largo consumo, come può essere, ad esempio, l’hack’n’slash nel panorama Pc. Questo modus operandi, che antepone allo sperimentalismo una soffocante omologazione, risulta spesso una lama a doppio taglio: se da un lato è vero che realizzando prodotti amati dalla massa aumenta la possibilità di acquisire la fama auspicata, dall’altro ci si deve confrontare con congeneri di elevatissima qualità, affrontando sullo stesso terreno sia colossi dell’industria che hanno dalla loro budget sostanziosi (come Blizzard con Diablo), sia piccole produzioni con meno investimenti ma più creatività (si prendano ad esempio Torchlight e The Incredible Adventures of Van Helsing).
    I rischi, insomma, sono alti, ed è davvero facile passare inosservati o -peggio- drasticamente abbattuti dagli strali di pubblico e critica. Ed è questo il destino che tocca a Legends of Persia, hack’n’slash vecchio stile dalla visuale isometrica e con elementi Rpg, sviluppato dal team Sourena Game Studio e approdato su Steam dopo una fruttuosa campagna Kickstarter. Il titolo mette in luce tutta l’inesperienza degli sviluppatori e si presenta agli accoliti della piattaforma Windows con una struttura ludica traballante, senza una vera e propria identità e, soprattutto, ad un prezzo fin troppo esoso in rapporto ai contenuti offerti.

    LEGGENDE DA NON TRAMANDARE

    La Persia è terra di grandi storie: numerose leggende medio orientali sono ambientate in suolo persiano, arricchite da una mitologia colma di fascino favoleggiante. Eppure, malgrado la nutrita tradizione culturale cui attingere, in Legends of Persia gli sviluppatori hanno imbastito una narrativa scialba e sconclusionata. Le vicende ruotano attorno al principe Keykhosro, figlio di uno zelante re persiano che desiderava conquistare il cielo, ma si ritrovò travolto dalla sua stessa ambizione. Il giovane dal nome impronunciabile, nato in un’epoca di temibili conflitti, in un’età in cui il male ha travolto i confini del regno, è destinato ad assumere la guida del suo popolo contro la minaccia incarnata dal re dei Tooran. Non sono tanto le premesse a lasciare interdetti, quanto lo stile con cui la narrazione è condotta: la storia ci viene raccontata attraverso statiche illustrazioni dal tratto incerto, i cui colori desaturati virano al bianco e nero, con disegni estremamente basilari e con modelli dei personaggi spesso e volentieri ricilcatissimi. La maggior parte delle sequenze, inoltre, è priva di doppiaggio, e linee di testo dal font non propriamente elegante hanno l’arduo compito di tirare le fila di una trama soporifera che si avvia senza picchi d’interesse verso un finale sbrigativo e inconcludente, il quale purtroppo lascia aperte le porte per un possibile, ma non auspicabile, sequel. Difficilmente, infatti, riusciremo ad affezionarci al destino del nostro personaggio tanto da farci desiderare un prosieguo della sua storia.

    All’inizio dell’avventura avremo l’opportunità di scegliere fra tre eroi, ognuno appartenente ad una classe specifica: questo dovrebbe implicare, almeno teoricamente, una differenziazione significativa delle abilità in dotazione ai personaggi, ma in pratica si riduce a minime modifiche delle tipologie d’attacco. Alla trascuratezza della storyline si accompagna, quindi, una certa incuria per quanto concerne l’intero impianto ludico, strutturato con grossolana pigrizia. Lungo la campagna ci troveremo ad attraversare cinque ambientazioni all’insegna della più ostentata linearità, col solo scopo di maciullare sempre maggiori ondate di nemici fino a giungere al classico boss di fine dungeon. In Legends of Persia la formula tipica del genere hack’n’slash è reiterata fino allo sfinimento, a causa anche della pochissima varietà di quest da completare e di avversari che verranno incontro al giocatore: tra zombi, scheletri, maghi e bestie quadrupedi, i gruppi di mostri da smembrare non avranno caratteristiche particolarmente differenti a seconda della specie d’appartenenza o specifiche debolezze a poteri elementali. Alcuni di essi saranno solo più coriacei di altri, il che non permette un approccio tattico alle battaglie, facendo sì che ogni scontro si riduca alla semplice pressione dell’input d’attacco con l’arma bianca, per un periodo più o meno lungo a seconda della resistenza del nemico di turno. Ad ogni uccisione si guadagnano punti esperienza necessari per salire di livello: la crescita del personaggio è scandita da uno skill tree con rami assolutamente inutili ai fini dell’avanzamento, in quanto sia le abilità attive sia quelle passive non sono adeguatamente bilanciate rispetto al livello degli avversari, e si finirà per utilizzare solo quella principale.
    L’intera struttura ludica quindi appare piuttosto fragile e satura di elementi che non trovano mai il loro spazio nell’economia di gioco, segno di un bilanciamento mal orchestrato. Persino il numero consistente di armi, che possono essere acquistate dai mercanti stanziati nelle aree di gioco o che vengono droppate dai nemici dopo la loro dipartita, denota un profondo squilibrio lungo l’avventura: capita non raramente che nei primissimi dungeon i nemici rilascino armi di livello molto avanzato, che ci consentono di proseguire senza troppe complicazioni, annullando quindi il senso di sfida. Neppure ai livelli di difficoltà più elevati si è stimolati sufficientemente a cercare combinazioni di armi o poteri più efficienti, poiché l’unica variante consiste nella maggiore resistenza dei nemici ai colpi. Inoltre, nel marasma generale dell’informe struttura ludica, a semplificare il tutto contribuisce anche una deficienza artificiale che ha davvero pochi paragoni: avversari di tipologie diverse hanno pattern d’attacco identici, persino con le medesime animazioni, e le routine comportamentali dei NPC, che sfortunatamente ci accompagneranno in un paio di missioni, sono costituite da script ridicoli che spesso s’inceppano, rimanendo immobili quando dovrebbero proseguire e senza rispondere ai colpi quando sono sotto attacco.

    Ovviamente in un insieme strutturale così approssimativo, completa il quadro un control scheme con molti problemi. Il sistema di controllo è quello tipico del genere d’appartenenza, con il tasto sinistro del mouse che regola lo spostamento dell’avatar e quello destro con cui si tirano scialbi fendenti: tuttavia i problemi non mancano di certo, tra cui hitbox da rivedere completamente e notevoli ritardi nella percezione degli input. Se si tiene in considerazione anche il fatto che le armi a distanza sono utilizzabili solo dopo essersi avvicinati abbastanza dall’obiettivo (annullando quindi il vantaggio dell’usare attacchi magici lontani dall’avversario per non riceverne i colpi) e che i poteri speciali, così come le pozioni per il mana e i punti vita, posti in una griglia nel margine basso dello schermo, non sempre si attivano immediatamente alla pressione del tasto adibito, appare chiaro il senso di fastidio che si può provare a causa di un gameplay imperfetto sotto tutti i punti di vista. In fin dei conti, paradossalmente, la longevità del gioco, che arranca per raggiungere le 5 ore, sarebbe insufficiente in qualunque altro action-Rpg che si rispetti, ma finisce per risultare il pregio maggiore di Legends of Persia, che raggiunge i titoli di coda proprio prima che il giocatore tocchi il suo limite massimo di sopportazione. A quanto pare, in ogni caso, gli sviluppatori sembrano promettere espansioni aggiuntive dopo la prima release: a meno che non riconsiderino le meccaniche di gameplay del titolo nella loro interezza (ipotesi che sembra altamente improbabile), noi ci auguriamo che non mantengano la parola data.

    DETTAGLI PERSI(ANI)

    Nonostante le rinomate bellezze architettoniche persiane, in Legends of Persia il team di sviluppo ha ambientato l’opera in luoghi spogli, privi di fascino e dal design fin troppo canonico: durante la breve avventura attraverseremo un deserto e scaleremo una montagna di lava, passando per una foresta e un povero villaggio di contadini. Dulcis in fundo, il comparto tecnico del gioco supera di gran lunga la soglia del ridicolo, tanto da far sembrare persino Diablo II un gioco next gen. I dubbi sulla bontà dell’aspetto visivo iniziano a sorgere nel momento in cui ci si accorge che non vi è alcun settaggio grafico modificabile, preoccupazioni che trovano il loro fondamento non appena inizia la partita: il colpo d’occhio è destabilizzante, le texture spesso paiono del tutto assenti e lasciano spazio a poligoni “nudi”, inoltre il livello di dettaglio è infimo, lievemente mascherato dalla visuale isometrica. Purtroppo con la rotellina del mouse si può effettuare uno zoom in, il che mette in luce una povertà generale davvero inaccettabile. A ciò si aggiungano un riciclo degli stessi modelli per tutti i NPC, animazioni dell’anteguerra e glitch grafici à gogo che evidenziano un forte sfarfallio ai margini dello schermo. Non mancano all’appello cali di frame rate ingiustificabili, lunghissimi ed estenuanti caricamenti prima di iniziare la partita e odiosi quanto ripetuti crash del gioco.

    In un titolo così mal realizzato sotto l’aspetto ludico e visivo, ci saremmo sorpresi se il comparto audio fosse stato curato a dovere: Sourena Game Studio però non si smentisce e ci regala un accompagnamento musicale che spesso si mette “in pausa” sia durante le cut scene sia nel bel mezzo del gioco. Quando il ripetitivo sonoro è presente, tuttavia, vien voglia di spegnere le casse o togliersi le cuffie, quindi il suddetto difetto non è necessariamente da annoverarsi come tale. C’è da dire, comunque, che gli sviluppatori hanno dato pieno supporto ai modder (con un editor che sarà rilasciato a breve): qualche anima buona potrebbe rendere decente almeno il comparto tecnico del titolo, ma probabilmente il gioco non vale la candela.

    Legends of Persia Legends of PersiaVersione Analizzata PCLegends of Persia è un titolo fallimentare da qualunque punto di vista lo si analizzi, e cerca di imporsi sullo store di Valve alla modica cifra di 19.99 euro, sebbene il valore di produzione non giustifichi in alcun modo questo prezzo. Imprecisa sul fronte del mero gameplay, obsoleta sotto l'aspetto tecnico, assolutamente sbilanciata nella progressione e, più in generale, nelle meccaniche ludiche che la caratterizzano, l’opera prima di Sourena Game Studio paga lo scotto della sua presunzione annegando in un mare affollato da congeneri di ben più elevata caratura.

    4.5

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