Like A Dragon Ishin Recensione: lame e spari, è Yakuza nel Giappone antico

Abbiamo trascorso decine di ore nella Kyo di Like a Dragon: Ishin! e adesso siamo pronti a raccontarvi del nostro viaggio in compagnia di Ryoma.

Like A Dragon Ishin!
Recensione: PlayStation 5
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • PS5
  • Xbox Series X
  • Molteplici sono i progetti attualmente in sviluppo legati al mondo di Yakuza, o di Like a Dragon che dir si voglia. Prima di farci vivere il futuro di Kiryu Kazuma e Ichiban Kasuga però il Ryu Ga Gotoku Studio ha guardato al passato della saga, per riproporre in forma restaurata uno spin-off del 2014 mai giunto in occidente prima d'ora e a lungo richiesto dagli appassionati, per diverse ragioni. Tanto per cominciare, Like a Dragon Ishin è ambientato nell'era Bakumatsu, attorno al 1870, e consente quindi di esplorare il Giappone antico "secondo Yakuza" (qui la nostra intervista al chief producer di Like a Dragon Ishin).

    Come se non bastasse questa interessante prospettiva ad aver incuriosito i fan, la trama raccontata dal gioco vede la partecipazione di una miriade di volti noti della serie e, badate bene, non solo di quelli apparsi nelle iterazioni precedenti all'originale Ishin. Per l'occasione, infatti, gli addetti ai lavori hanno operato un parziale recast, e coinvolto nell'avventura personaggi provenienti da Yakuza Zero e perfino dal sesto e dal settimo capitolo. Abbiamo trascorso decine di ore nella città di Kyo e siamo pronti a parlarvi di quello che è stato un viaggio atipico e affascinante ma non per questo privo di asperità o di stilemi ludici appartenenti all'era PS3 di Yakuza.

    Di indagini intricate e scontri tra leggende

    Gli eventi di Like a Dragon Ishin hanno inizio quando il guerriero Sakamoto Ryoma - un alter ego di Kiryu Kazuma - fa ritorno a Tosa per riabbracciare i suoi cari. Sempre più ambizioso e affamato di giustizia, suo fratello Takechi Hanpeita si unisce a Ryoma per aiutare colui che li ha adottati a realizzare un sogno importante: porre fine alle rigide divisioni sociali nella regione, per permettere ai suoi abitanti di vivere nell'uguaglianza.

    Il piano di questo padre putativo, il magistrato Yoshida Toyo, si infrange in una pozza di sangue quando, mentre sta parlando dell'avvenire coi suoi due figli, viene brutalmente assassinato da una figura mascherata. Sorpreso sul luogo del delitto, Ryoma viene incolpato dell'orrendo crimine e dopo aver tratto in salvo Takechi è costretto ad abbandonare Tosa, con l'idea di vendicarsi del guerriero che ha ucciso suo padre. Lo ritroviamo quindi a Kyo (l'odierna Kyoto) col falso nome di Saito Hajime, sulle tracce dello stile di combattimento Tennen Rishin, praticato da un'organizzazione che tra i propri ranghi dovrebbe celare proprio lo spietato assassino.

    Sono questi i primordi di un'indagine intricata, che chiamerà Ryoma a vivere tra i lupi e a imboccare un sentiero irto di insidie e coperto di cadaveri, in cui trovano spazio macchinazioni politiche, idee di rivoluzione e tradimenti, ma anche saldi principi, fratellanza e legami indissolubili. Parliamo insomma di un classico racconto in stile Like a Dragon (interamente sottotitolato in italiano), che ha i suoi momenti toccanti e - nel complesso - riesce ad appassionare e incuriosire, al netto di alcune forzature e di un ritmo che nella seconda metà dell'avventura soffre di cali evidenti.

    Ai fini della piena comprensione degli eventi, abbiamo trovato molto utile la presenza di un Glossario ricco di cenni storici e spiegazioni, così come di una mappa delle organizzazioni e dei rapporti che legano tra loro i comprimari. Carismatici e ottimamente caratterizzati, complici delle performance attoriali sempre notevoli, i personaggi al centro della narrazione non vengono sempre sfruttati al meglio, per un fattore che seppur connesso al gioco del 2014 è diventato ancor più significativo in questa riedizione.

    Sono davvero tante infatti le figure coinvolte, forse troppe, e molte di queste hanno uno screentime limitato, con tutto ciò che ne consegue. Per fare un esempio, proprio a causa di legami rinsaldatisi nella storia ma non di fronte agli occhi dello spettatore, alcuni momenti drammatici non riescono a generare un forte impatto emotivo, come invece accade nei capitoli principali della serie. In compenso veder riunite così tante leggende dell'universo di Like a Dragon farà avere un sussulto in più di un'occasione ai fan di lunga data, vuoi per la colonna sonora che accompagna determinati scontri - e non diciamo altro per non fare spoiler - vuoi proprio per specifiche battaglie che Sakamoto Ryoma dovrà affrontare. Al netto di qualche gradevole eccezione, le boss fight non sono particolarmente memorabili sul fronte ludico ma il fatto che spesso vedano contrapporsi due guerrieri molto amati e iconici, in linea col corposo fan service che permea il viaggio del nostro samurai, le rende certamente più avvincenti.

    Per le strade di Kyo

    Il venditore ambulante che corre in lungo e in largo, la donna sorridente che pulisce l'entrata della sua attività, il locandiere che lancia coriandoli al nostro passaggio: questa è la gente di Kyo, che anima le strade e le strutture di un contesto ludico insolito per i fan occidentali di Like a Dragon, che ci siamo divertiti molto a esplorare. Nelle sue peregrinazioni Ryoma potrà imbattersi in diversi individui con cui stringere legami, facendo loro favori d'ogni sorta.

    Un lottatore di sumo dalla fame insaziabile sarà sempre curioso di provare leccornie nipponiche, mentre una vecchina dalle gambe fragili ci chiederà di passare un po' di tempo con lei, per lenire una solitudine che prova da quando suo marito è morto e i figli hanno lasciato il nido. Rafforzare queste amicizie, una componente importante del Registro dei Legami (che include anche sfide legate al mondo di gioco), porta ad accumulare Virtù, che potremmo definire una vera e propria valuta al pari del denaro.

    Spenderla ai Santuari ci consentirà di facilitare ogni aspetto della vita del protagonista, dalla crescita della sua reputazione nei vari quartieri, fino alla sua bravura ai fornelli o con la canna da pesca, per non parlare della possibilità di sbloccare un negozio pieno di oggetti rari.

    La Virtù è insomma un'ottima trovata che spinge a godersi appieno tutto ciò che questa Kyo rimasterizzata ha da offrire, anche in termini di scatti con la modalità foto. Il sentiero boschivo che porta alla caserma della Shinsengumi, la zona del mercato, e il Mukurogai, un'area degradata in cui vivono i poverissimi e si aggirano i tagliagole, sono solo alcuni dei volti della città, che ha beneficiato di un restauro operato con l'Unreal Engine 4.

    Vogliamo esser chiari: al netto della buona pulizia dell'immagine e delle migliorie visive in relazione al texturing e ai volti dei protagonisti, Like a Dragon Ishin mostra in più occasioni la natura a cavallo tra PS3 e PS4 dell'opera originale e non raggiunge la complessità scenica delle iterazioni in Dragon Engine. La presenza di caricamenti (seppur brevi) tra una zona e l'altra o quando si entra ed esce da un locale, lascia trasparire ancora una volta la "vera età" dell'esperienza, perché indica il ritorno di quei limiti che la saga si era ormai lasciata alle spalle.

    In compenso, il buon sistema di illuminazione, sia in interni che in esterni, migliora genuinamente il profilo grafico, sostenuto peraltro da una direzione artistica di livello, che dà il meglio di sé nelle serate di luna piena. Vari e ben assortiti, i modelli degli NPC di contorno sono caratterizzati da un dettaglio piuttosto scarno, mentre i volti dei tanti comprimari - pur con risultati di efficacia variabile - si sono generalmente confermati espressivi e credibili. Proprio come accade nelle iterazioni numerate, Like a Dragon Ishin consente di imbattersi in individui stravaganti, i protagonisti di substories tanto semplici nella forma quanto d'effetto nel contenuto: conoscere i segreti dietro una danza di protesta, prestare ascolto a una signora dall'animo gentile ma terribilmente logorroica e perfino aiutare un ragazzino a dire addio alla sua amichetta, sono i perfetti intermezzi tra un combattimento e l'altro, le porzioni di quella che come di consueto è una componente significativa dell'offerta ludica. Tra una bevuta e una mangiata in uno dei tanti locali di Kyo, il buon Ryoma potrà passare il tempo nei modi più disparati, dalle scommesse sulle gare tra polli, passando per la danza dei ventagli, fino a esibirsi con la sua voce profonda al cosiddetto bar canterino.

    E poi ci sono le arene piene di temibili sfidanti, i percorsi degli spaventapasseri - in cui accumulare punti rompendo le figure di legno - la possibilità di allenare i riflessi con pistola o spada in pugno (distruggendo o affettando palle di cannone) e perfino la raccolta di biglietti della lotteria per tentare la fortuna. Semplici e perlopiù riuscite, queste ed altre attività si affiancano a un paio di "sorelle maggiori", a cominciare da Another Life. A un certo punto del suo viaggio infatti Ryoma si imbatte nella versione dell'era Bakumatsu di Haruka, la figlia adottiva del suo alter ego moderno, e per ragioni che preferiamo non svelarvi sceglie di vivere sotto il suo stesso tetto.

    Mentre il rapporto con la ragazzina comincerà a rinsaldarsi, il nostro samurai si ritroverà a cucinare ricette sempre più deliziose per la nipote acquisita, a gestire le coltivazioni in giardino mediante un piano agricolo e perfino a inviare Haruka a consegnare prodotti per guadagnare denaro. Pur non essendo entusiasmante quanto le attività secondarie cardine di Yakuza Zero, Another Life è un'altra componente del pacchetto all'insegna del puro fanservice e se non altro regala una boccata d'aria fresca tra un combattimento teso e un'indagine intricata.

    Il comandante della Terza Compagnia

    Senza entrare nel dettaglio, quando Sakamoto Ryoma si unisce alla Shinsengumi col nome di Saito Hajime, accetta anche gli oneri che una tale posizione comporta. Deve infatti amministrare un vasto numero di soldati connessi alla meccanica delle Trooper Card, che in questa versione aggiornata non è più limitata ai soli dungeon dell'offerta secondaria. Ma andiamo con ordine. Colpiti dalla sua forza in battaglia o commossi dalla sua gentilezza, molti individui sceglieranno di arruolarsi spontaneamente, mentre tanti altri andranno "convinti" a suon di moneta sonante o aggiunti alla propria collezione tramite DLC.

    Divisi per rarità, classi e capaci di salire di livello, questi soldati vanno a costituire delle piccole "squadre di carte", ciascuna legata a uno dei quattro stili di lotta di Ryoma. Non particolarmente interessanti sul fronte estetico o vari in quanto a struttura, i dungeon sono pieni di briganti da eliminare e oggetti preziosi da ritrovare, tra armi, equipaggiamento e pezzi utili per il sistema di crafting. Ammassando i cadaveri degli sgherri si arriverà a sbloccare una sfida finale per ogni tipologia di percorso, che chiamerà il protagonista a fronteggiare un imponente boss resistente ai colpi e dall'alto potere distruttivo.

    Sia in questo che in altri frangenti, utilizzare le Trooper Card significa non solo ricevere una salvifica quantità di vita al momento opportuno o un boost alla difesa - chiaramente in base alla classe del soldato che ci sta aiutando - ma anche un supporto decisamente più... "concreto". Spesso provenienti dai vari episodi di Yakuza, i più potenti sottoposti di Ryoma permettono di ricorrere ad abilità devastanti, chiaramente regolate da un sistema di cooldown come tutte le altre.

    Dalle scariche elettriche che si diffondono tra i nemici vicini, fino a spade fluttuanti e a vere e proprie onde energetiche, il guerriero sotto falso nome può infliggere ingenti danni ai malcapitati ma francamente è un bene che l'avventura si possa portare a termine senza servirsi affatto di questi attacchi: quella di Like a Dragon è una saga che vive (anche) di eccessi in combattimento, questo è vero, ma sempre con una certa coerenza di fondo. In sostanza, le mosse sin troppo appariscenti e sopra le righe, più vicine a una dimensione fantasy, potrebbero infastidire un buon gruppo di fan storici, ecco perché troviamo che la loro natura opzionale sia centrata.

    Teatri d'eccezione per le esecuzioni delle spettacolari Azioni Fervore (le vecchie Heat Action), gli scontri a 60 fps granitici vengono accompagnati da sonorità ritmate e in grado di rievocare il sapore del Giappone antico. A questo proposito, il combat system non avrebbe potuto che abbracciare il periodo storico e fornirci la possibilità di utilizzare sia le katane che le armi da fuoco, al tempo sempre più popolari nel paese a causa della crescente influenza occidentale. Migliorabili con delle sfere che si ottengono salendo di livello ed espandibili continuando l'addestramento con appositi maestri a cui sono dedicate piccole sottotrame, gli stili funzionano in modo molto differente tra loro ma nel corso delle decine di ore in cui ce ne siamo serviti hanno dimostrato di non avere tutti la medesima efficacia. Molto utile per sbloccare l'abilità di passare velocemente da un assetto offensivo all'altro, Lotta Libera risulta meno invitante delle mosse usate nel presente dal Drago di Dojima, sia per i danni contenuti che infligge che per le sue modalità d'utilizzo, che impongono di doversi avvicinare molto ad avversari spesso armati di lance, katane, mazze e altro.

    Tolte le munizioni potenziate, che si esauriscono in fretta, Scontro a Fuoco permette di dar sfogo alla pistola senza limiti o necessità di ricarica, in una tempesta di proiettili che però spezza inevitabilmente il dinamismo della lotta. Non di rado infatti ci vogliono molti colpi per abbattere un nemico con questa soluzione, che si tende a utilizzare davvero poco in favore dei due assetti più intriganti di tutti: Gioco di Spade e Danza Folle. Appartenenti a un'era precedente all'avvento del Dragon Engine, coi suoi combattimenti basati su animazioni più fluide e aggraziate, questi due stili non riescono a rivaleggiare coi migliori del loro tempo per riuscita complessiva - quelli di Yakuza Zero (qui la recensione di Yakuza Zero), per intenderci - ma restano in ogni caso divertenti e ben strutturati.

    Gioco di Spade è fondato sulla sola katana e su di una serie di combinazioni ultimabili con vari attacchi caricati, ma anche con parate perfette, e affondi. Danza Folle invece è tutto incentrato sul crowd control e consente di passare agilmente da un avversario all'altro con sequenze di colpi rotanti e piogge di proiettili.

    Tra un fiotto di sangue, l'attivazione di un'Azione Fervore e una combo ben assestata, gli scontri sono godibili e talvolta più appassionanti del solito, al netto delle movenze un po' ingessate tipiche del passato di Like a Dragon. Ad ampliare il ventaglio di possibilità offensive ci pensano un'ingombrante lama a due mani, la lancia e perfino... un cannone, utilizzabili previa acquisizione della relativa abilità nel menu dei potenziamenti.

    Per chi volesse continuare a intrattenersi a Kyo dopo le circa 30 ore necessarie a ultimare l'avventura, sappiate che in città c'è un fabbro che garantisce l'accesso a un'ampia selezione di spade e pistole da realizzare, sia servendosi di armi meno pregiate che di oggetti ottenibili impegnandosi in varie attività nel mondo di gioco.

    Like A Dragon: Ishin! Like A Dragon: Ishin!Versione Analizzata PlayStation 5Like a Dragon Ishin è un appuntamento irrinunciabile per i fan di lunga data di Kiryu Kazuma e le altre leggende della yakuza. È infatti un’avventura ricca di fanservice, sia in ambito prettamente ludico (con le Trooper Card) che narrativo, restaurata in Unreal Engine 4 per risultare anche più gradevole dal punto di vista visivo. Al contempo però diversi aspetti del combat system e la stessa struttura del mondo di gioco ci indicano chiaramente quale sia la vera età della produzione, che affonda le proprie radici in un’era precedente rispetto all’avvento del Dragon Engine, con tutto ciò che ne consegue. Inoltre, per quanto sia piacevole esplorare la Kyo di metà ‘800, gli eventi narrati presentano alcune imperfezioni, sia in materia d’efficacia che di ritmo, e non riescono a raggiungere i medesimi picchi emotivi di capisaldi della saga, come il mai dimenticato Yakuza Zero.

    7.8

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