Lost Sphear Recensione: una lettera d'amore a Chrono Trigger

Gli autori di I Am Setsuna portano su PlayStation 4 il loro nuovo JRPG: Lost Sphear, un omaggio a capolavori come Xenogears e Chrono Trigger.

Lost Sphear Recensione: una lettera d'amore a Chrono Trigger
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Switch
  • PS4 Pro
  • Strana cosa, il mercato dei giochi di ruolo giapponesi. Dopo essere stati fra i generi più popolari negli anni '90, i jrpg hanno lentamente ceduto il passo ad altri tipi di produzioni, ben più capaci di adattarsi ai gusti del grande pubblico. Diventati ormai una tipologia di nicchia, i titoli ruolistici in salsa di soia hanno dovuto cambiare forma e dimensione per poter sopravvivere.
    Se da una parte ci sono state software house in grado di far convivere il classico gameplay a turni con il mercato attuale - basti pensare ad Atlus e al suo magnifico Persona 5 - d'altra parte alcune case di produzione hanno faticato (e non poco) nel rendere appetibili le proprie opere, arrivando a risultati discutibili come il claudicante Final Fantasy XV di Square-Enix. Contrariamente ai blockbuster, alcune produzioni minori di questo colosso nipponico, sviluppate attorno a un'idea di gioco old school, hanno trovato il favore di critica e utenza.
    Oltre ai due Bravely apparsi su 3DS, ha raccolto plausi ed elogi anche I Am Setsuna, opera prima di Tokyo RPG Factory, neonato studio di Square chiamato a soddisfare il palato di quanti si sentano orfani di capolavori come Chrono Trigger, Xenogears e i Final Fantasy delle epoche in 16 e 32 bit. Lost Sphear arriva come sequel spirituale di quello stesso I Am Setsuna: l'ultimo lavoro di Tokyo RPG Factory avrà quindi saputo soddisfarci allo stesso modo?

    L'importanza della memoria

    In un mondo che sembra aver perso la concezione dello scorrere del tempo, l'orfano Kanata vive in tranquillità nel piccolo villaggio di Elgarthe, insenatura nascosta fra i boschi ed abitata da onesti lavoratori. Lumina, l'amica del cuore con cui Kanata è cresciuto, decide di andare a svegliarlo per cercare Locke, il terzo membro del trio misteriosamente scomparso.

    I ragazzini si allontanano per qualche ora, il tempo necessario a recuperare Locke e scacciare dal villaggio alcuni mostri arrivati troppo vicino al centro abitato. Al loro ritorno, un'immensa massa bianca simile a nebbia si staglia nei luoghi a loro così familiari. Elgarthe è scomparso, e nulla è rimasto del villaggio. L'unica cosa che sembra ancora in vita è un ragazzo dai capelli brizzolati che si muove fra i volumi bianchi, distaccatamente incuriosito da tale fenomeno.
    Ben più partecipata è la sua reazione nello scoprire il potere di Kanata: il protagonista è infatti in grado di riportare allo stato iniziale i corpi immersi nella foschia, utilizzando come tramite fra le due dimensioni le memorie dei luoghi e delle persone scomparse. Dopo aver riportato Elgarthe allo stato originale, inizierà un lungo viaggio per salvare il mondo dall'estinzione totale. Fra imperiali doppiogiochisti, gruppi etnici in fuga dallo sterminio e traversate per mare e per cielo, l'epopea di Kanata e soci non brilla certo per originalità, sebbene il racconto imbastito da Tokyo RPG Factory sappia intrattenere e appassionare gli amanti del genere.

    Già dalle prime battute di Lost Sphear, le intenzioni dello studio risultano chiarissime: il gioco vuole essere un'unica grande dichiarazione d'amore nei confronti di un determinato gruppo di opere ruolistiche apparse durante una specifica stagione nella storia del medium videoludico e mai dimenticate. Se siete nella fascia d'età compresa fra i 25 e i 35 anni, non c'è nulla in Lost Sphear che non ricordi le opere della vostra infanzia da maniaci di jrpg. Così come la sceneggiatura, tanti altri elementi sembrano essere stati cristallizzati sul finire degli anni '90 e scongelati soltanto adesso, a cominciare dal battle system.

    Spade, lance e robot

    Alla prima battaglia di Lost Sphear, la memoria dei giocatori correrà subito ad aprire quel cassetto nello schedario mentale dedicato ad uno dei più grandi jrpg di sempre: Chrono Trigger. Vedendo la disposizione in campo del party, è impossibile infatti non pensare al capolavoro datato 1995. I personaggi si posizionano liberamente all'interno dell'area di gioco destinata allo scontro - sostanzialmente una zona del dungeon racchiusa all'interno di una circonferenza invisibile - e dovranno aspettare il riempimento della cara vecchia batta ATB (Active Time Battle) per poter selezionare una qualsiasi azione, sia essa offensiva o curativa. A differenza di Chrono Trigger e dello stesso I Am Setsuna, Lost Sphear offre un minimo di tatticismo in più: i membri del gruppo sono liberi di muoversi all'interno dell'arena di lotta, in modo da poter scegliere la posizione da cui sferrare attacchi e lanciare magie. Il party di Lost Sphear, per quanto lontano dal numero di personaggi di un Final Fantasy VI o Suikoden II, è ben variegato nel tipo di guerrieri, ognuno con le sue caratteristiche peculiari. Gli attacchi, siano essi fisici o magici, interessano poi una determinata porzione di schermo, come indicato dall'efficace motore grafico del gioco. Scegliendo un personaggio, del resto, potremo vedere sia un'ombra con il suo stesso profilo muoversi all'interno della zona di guerra, sia il luogo dove l'attacco dell'unità selezionata andrebbe a colpire. Dopo pochi incontri, sarà facile capire come assaltare in mischia con i brawler, come tenersi sulla lunga distanza con gli arcieri e i fucilieri, oppure capire quand'è il momento di usare le magie.

    Il combat system elaborato da Tokyo RPG Factory, inoltre, riserva altre sorprese. Torna il Momentum già apparso in I Am Setsuna, ovvero una barra aggiuntiva in grado di riempirsi dopo aver inflitto o subito un colpo. Caricare un indicatore di Momentum garantisce alle varie unità un punto da poter spendere per concludere attacchi più pesanti o per utilizzare particolari abilità. Questa feature tornerà insomma parecchio utile durante le battaglie più concitate, così come l'altra grande novità del battle system di Lost Sphear: le volcosuit, sorta di esoscheletri-mecha fortemente caratterizzati. Dopo poche ore di gioco, i membri del party entreranno in possesso di questi robot da poter invocare in qualsiasi momento, sia durante l'esplorazione dei (piccolissimi) dungeon, sia in battaglia. Se l'utilizzo nelle fasi esplorative può tornare utile nel risolvere alcuni (facili) enigmi ambientali, durante le lotte l'uso dei mecha avrà una valenza altamente strategica, in quanto ognuno dei protagonisti possiede un proprio talento specifico, chiamato Paradigm Drive.

    Il 1998 in alta definizione Se il battle system ricorda per sommi capi quello di Chrono Trigger, l'aspetto audiovisivo di Lost Sphear cita in maniera nemmeno tanto velata una perla del passato ingiustamente sottovalutata, vale a dire Final Fantasy IX. La scelta di personaggi super-deformed, gli ambienti di gioco più vicini allo steampunk che al fantasy e le musiche ricche di strumenti a fiato riportano alla memoria l'ultima fantasia finale apparsa su PS1. Allo stesso modo, le musiche ricordano - alla lontana - quelle del maestro Nobuo Uematsu, il leggendario compositore legato con un doppio nodo alla storia dei jrpg. Paragoni di un certo peso: ma ci piace immaginare il sorriso dolcemente malinconico di questi due mostri sacri che, pad alla mano, si lasciano trasportare dal fiume dei ricordi mentre giocano Lost Sphear.

    La devastante potenza distruttrice delle volcosuit è mitigata dalla presenza dei VP: ogni azione dei mecha comporta la spesa di alcuni punti; consumarli tutti impedirà ai giocatori di ricorrere ai robottoni durante le scazzottate. Per poter recuperare punti bisognerà fermarsi a riposare in una locanda, rendendo di fatto l'uso delle volcosuit ad appannaggio delle sole boss battle. Riguardo quest'ultime, c'è bisogno di un appunto. Lost Sphear permette ai giocatori di poter scegliere in ogni momento dell'avventura il livello di difficoltà. Contro alcuni boss, l'idea di abbassare il grado di sfida verrà a bussare con insistenza alle porte del vostro cervello, considerando anche quanto poco possibile sia spendere qualche ora nel caro vecchio farming di punti esperienza, ossia una meccanica alla quale un gioco dichiaratamente rétro come Lost Sphear avrebbe dovuto dare maggiore importanza. Le battaglie, nell'ultima produzione di Tokyo RPG Factory, d'altronde, non sono casuali: i nemici pascolano placidamente solo e soltanto all'interno dei dungeon e sono facilmente visibili. Non sarà quindi possibile incappare in scontri opzionali lungo le vallate della world map. Questa mancanza potrà rendere tanto felici i neofiti del genere quanto inorridire i giocatori più ortodossi: in ogni caso, bisogna ammettere che l'esperienza di gioco ne beneficia in termini di fluidità e velocità di svolgimento. Fermo restando che, nonostante l'assenza degli scontri, la mappa del mondo sia molto più importante di quanto sembri...

    Il mondo dei ricordi

    Molti pezzi nel regno di Lost Sphear sembrano essere andati perduti. Avvolti dalla nebbia, laghi, fiumi e catene montuose non sono più visibili all'orizzonte. Kanata, però, possiede la capacità di trasformare le memorie in realtà, riportando il mondo allo stato iniziale. Questo non vuol dire che il giovane eroe non possa divertirsi con il proprio potere, modificando l'aspetto dei luoghi e delle architetture.

    In tal senso, la meccanica degli artifacts - il gioco non è purtroppo stato tradotto nella nostra lingua - introduce una minima componente gestionale all'interno dell'economia del gameplay. In alcuni punti specifici della world map, è possibile utilizzare determinate memorie (recuperabili come loot dopo le battaglie o come tesori casuali) per costruire gli artifacts, sorta di architetture sacre disposte negli angoli di mondo più disparati. Tali costruzioni sono innanzitutto fondamentali per dissipare la nebbia che si spande sul mondo e, cosa non meno importante, permettono a Kanata e soci di ottenere importanti bonus sulle statistiche. I punti in cui erigere gli artifici sono limitati, perciò i giocatori dovranno decidere quali edifici creare. Si potrà preferire il tempio che garantisce maggior velocità di movimento, così come sarà possibile mettere in opera un laboratorio in grado di assicurare una forza d'attacco più importante e chi più ne ha più ne metta. Lost Sphear permette di giocare liberamente con gli artifacts, in quanto è possibile sostituirli ogni volta che se ne ha voglia. È divertente fabbricarne sempre di nuovi anche solo per il gusto di vedere cambiare il modello tridimensionale, utilizzando la mappa come un diorama virtuale.

    Lost Sphear Lost SphearVersione Analizzata PlayStation 4 ProLost Sphear, ultima fatica dei ragazzi di Tokyo RPG Factory, arriva a quasi due anni di distanza da I Am Setsuna, titolo d’esordio del piccolo studio che si era fatto notare per il suo tributo verso i grandi giochi di ruolo giapponesi degli anni ’90. Lost Sphear si accoda a tale corrente di pensiero, offrendo agli utenti un’esperienza palesemente old school. È una grande dichiarazione d’amore, Lost Sphear, ma inciampa in diversi punti: la mancata traduzione in italiano, una world map senza nemici e quasi senza segreti, dungeon piccoli e poco ispirati. Eppure, l’ultimo gioco di Tokyo RPG Factory riesce a colpire proprio al cuore di chi è cresciuto con il Super Nintendo e la prima PlayStation. Il motore grafico ricorda Final Fantasy IX, la telecamera è quella di Secret of Mana, il battle system è figlio di Chrono Trigger e cugino di Xenogears, mentre la trama, pur ricadendo nei medesimi stilemi, risulta comunque appassionante. Non c’è nulla di realmente nuovo in Lost Sphear e va benissimo così. Se siete amanti del genere e avete voglia di rivivere le emozioni che vi hanno portato ad innamorarvi dei jrpg da ragazzini, l'opera merita di entrare nella vostra collezione. Forse qualcuno potrà storcere il naso di fronte al prezzo scelto da Square-Enix (50 euro sul PS Store), specialmente tenendo anche contro di quanto la main quest sia breve per gli standard del genere - si arriva a vedere i titoli di coda dopo circa 25 ore - ma vi invitiamo comunque a non sottovalutare questo piccolo, grande gioiello. Chissà che non riesca a far riaffiorare in voi le memorie di un meraviglioso tempo passato.

    8.2

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