Mafia Definitive Edition Recensione: un remake che merita rispetto

Dopo 18 anni torniamo tra le strade di Lost Heaven con il remake del primo, leggendario Mafia: pronti a rischiare tutto per la famiglia?

Mafia Definitive Edition
Recensione: PC
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Lost Heaven è un crogiolo di contrasti e di contraddizioni. Oltre alla chiesa, dove si celebrano requiem per criminali, si erge anche un bordello di lusso, dove si sollazzano gli uomini per bene; accanto ai comizi politici, che proclamano leggi e diritti, sgorgano fiumi di alcool illegale, arginato solo in apparenza da un proibizionismo che non ha fatto altro che riempire le tasche dei "bravi ragazzi" del posto. Regole e malavita, lusso e povertà, onore e vergona, tradimento e fedeltà sono le fondamenta su cui si erge una città tanto marcia e logora quanto bellissima e ammaliante.

    La Lost Heaven degli anni'30 resta insomma ancora un luogo in cui è un piacere perdersi, districandosi nel suo dedalo di vie e suggestioni culturali, abbandonandosi così al fascino perverso della "bella vita". Avevamo già assaporato questo carisma nel 2002 con l'indimenticato Mafia di Illusion Softworks, e lo riassaggiamo adesso, a quasi due decenni di distanza, con un remake che recupera tutto il potenziale di una cornice artistica e narrativa di travolgente intensità. La Definitive Edition di Hangar 13 è di certo abbastanza acerba sul versante strettamente ludico, ma riesce comunque a riportare in vita un grande classico con rispetto e lealtà. Due doti che ben si addicono ad un "picciotto" al servizio della Famiglia 2K.

    La storia di una Famiglia

    Thomas Angelo era un tassista, uno di quelli che conducono una vita senza prospettive, col solo scopo di mettere un piatto a tavola, la sera, nel tentativo di sopravvivere un giorno in più. Almeno finché non ha incontrato, per un caso fortuito, due gangster come Paulie e Sam, appartenenti al clan Salieri, in fuga dagli scagnozzi della famiglia Morello, da sempre i loro rivali in affari.

    Da quel momento in poi, dopo una corsa al cardiopalma in taxi, Tommy si avvicina a piccoli, grandi passi al mondo della criminalità organizzata di Lost Heaven, attratto dalla bella vita, fatta di denaro, alcool, donne e potere. È l'inizio di una parabola discendente, di una carriera criminale costellata di omicidi, furti e altri "peccati" che il protagonista confessa al detective Norman, all'interno di una tavola calda, mentre è braccato senza sosta da due sicari invisibili, come la paura e il rimpianto. Con la promessa di una nuova identità per la sua famiglia, Angelo propone allo sbirro un accordo: la salvezza in cambio di tutte le informazioni per incastrare don Salieri, uno dei boss più potenti della città. Norman lo ascolta con interesse: se il Tommy si dimostrerà davvero utile, infatti, proverà mettere sotto protezione sua moglie e sua figlia. Ma per la sua anima, ormai, è troppo tardi. Hangar 13 ha compiuto davvero un buon lavoro nel rielaborare la sceneggiatura di partenza. Il primo Mafia proponeva una narrazione quasi impeccabile per gli standard videoludici del tempo, dando forma a un'epopea criminale dal forte impatto cinematografico, che a distanza di anni il nuovo studio ha ampliato e rifinito.

    La storia segue pedissequamente gli eventi originali e restaura così quel grande ritratto della malavita nell'epoca del proibizionismo già pennellato da Illusion Softworks. Senza limitarsi però a ricalcare in maniera rigorosa ogni evento, Hangar 13 si è preso anche la briga di aggiungere qualche dettaglio inedito: non solo la regia è completamente nuova, più moderna e virtuosa, ma anche alcune sequenze sono state riscritte del tutto, così da rendere più corposo il substrato narrativo. Il risultato è un lavoro in bilico tra fedeltà e innovazione, che funziona a dovere e non manca mai di rispetto all'opera originale.

    A cambiare in maniera più evidente è la personalità dei protagonisti, come Tom e Sam: entrambi, del resto, sono stati resi più umani, in preda a dubbi e timori. Angelo, nello specifico, è un criminale meno smargiasso in confronto all'edizione del 2002, e mostra sin da subito segni di panico, spavento e timore.

    Anche nelle scene più crude del gioco perde quell'ironia un po' pungente che lo contraddistingueva per lasciar spazio a turbamenti e angosce. In questo modo, il suo pentimento viene reso un po' più credibile in rapporto al passato, più omogeneo con lo svolgersi dei fatti narrati nel remake. Non tutti i personaggi hanno subito purtroppo lo stesso trattamento: la caratterizzazione di Paulie, ad esempio, ci è parsa un po' sopra le righe se paragonata a quella del resto del cast, e avremmo preferito anche che venisse dato maggiore risalto a personalità che, in apparenza, sono solo di contorno, ma che in realtà - nell'economia della vicenda e della crescita emotiva di Tommy - rivestono un ruolo decisamente importante.

    A prescindere da queste piccole leggerezze in fase di scrittura, la trama di Mafia: Definitive Edition rappresenta senza ombra di dubbio il punto fondante della produzione, il suo elemento di maggior pregio. Oggi come ieri, è difficile ritrovare in un altro gioco lo stesso, penetrante, viscerale carisma da gangster movie d'alta classe: elegante, violento, fiero e persino un po' malinconico.

    In giro per Lost Heaven

    Lost Heaven è come una cartolina: un luogo ammaliante e bellissimo da vedere, mentre gironzoliamo in macchina con il limitatore di velocità già impostato, con un rilassante sottofondo jazz, ammirando il panorama degli anni ‘30. Non pensate, insomma, di poter interagire molto con la città. Non ci sono punti di svago, né attività ricreative, né ancora missioni secondarie propriamente dette: Mafia non era, e non è, un gioco à la Grand Theft Auto, bensì è un'avventura interamente assoggettata alle logiche e ai ritmi della narrazione.

    Se cercate un parco giochi in cui svagarvi all'insegna dell'eccesso, insomma, le strade di Lost Heaven non sono adatte a voi. Questo non significa, in ogni caso, che non possiate muovervi liberamente per la città, specialmente dopo aver sbloccato la modalità Fatti un Giro, dove assaporare l'anima free roaming della produzione senza i vincoli dettati dalla storia.

    Potremo dunque cambiarci d'abito quando preferiamo, recandoci all'iconico Bar di Salieri, recuperare le armi da Vincenzo, guidare uno dei cinquanta veicoli a disposizione e andare magari alla ricerca di qualche segreto e collezionabile posizionato dal team di sviluppo per rendere più interessante l'esplorazione di Lost Heaven. Se si escludono queste piccole attività collaterali, implementate perlopiù come pallido riempitivo, muoversi tra le vie della cittadina continua ad avere un valore maggiormente contemplativo e poco interattivo. I luoghi più rappresentativi di Lost Heaven sono ovviamente tutti al loro posto, e per raggiungerli potremo sfruttare un sistema di guida abbastanza solido, sia per le quattroruote che per le inedite motociclette: ogni tanto la gestione della fisica mostra qualche inciampo, soprattutto negli urti tra vetture, ma nel complesso mettersi al volante rimane un'attività alquanto soddisfacente, soprattutto se decideremo di attivare il modello di guida più realistico, con il quale dovremo cambiare le marce manualmente, stando sempre ben attenti a non superare il limite di velocità per non allertare l'attenzione dei numerosi sbirri che pattugliano le strade.

    Per testare ciascun veicolo, in aggiunta, avremo l'opportunità di cimentarci in una breve corsa a tempo all'autodromo cittadino: un ulteriore e fuggevole passatempo volto ad aumentare di poco la durata dell'esperienza, la cui storia vola via nell'arco di circa 10 ore.

    I conti si regolano col piombo

    Nei vari capitoli che compongono l'avventura, ci troveremo ad affrontare in maniera molto lineare tutte quelle mansioni di routine che scandivano la quotidianità di un picciotto negli anni '30: contrabbando di alcool, estorsioni, regolamenti di conti, inseguimenti e conversazioni tra gentiluomini a base di piombo rovente.

    La buona varietà delle missioni è merito soprattutto dell'intelaiatura ludica del Mafia del 2002, ma ciò non toglie che Hangar 13 abbia modernizzato in maniera rispettabile la struttura dei vari incarichi. Anzitutto, a beneficiarne in misura maggiore è la rinnovata ariosità delle aree di gioco: ora i livelli sono più aperti, con maggiori sbocchi d'azione e punti ciechi nei quali ripararsi. In specifici momenti potremo anche dedicarci allo stealth e al corpo a corpo, con soluzioni ludiche assai classiche ma non sempre ben implementate.

    È il caso, ad esempio, delle scazzottate a mani nude o con le immancabili mazze da baseball, che presentano animazioni e dinamiche un po' grossolane. Il level design è stato ovviamente ricostruito da zero per adattarsi al nuovo sistema di coperture, ereditato da quello del terzo Mafia (recuperate la nostra recensione di Mafia 3): Thomas può accovacciarsi e appoggiarsi a qualsiasi superficie, sparare alla cieca o affacciarsi da un angolino per prendere meglio la mira. Com'era prevedibile, le fasi di shooting hanno seguito la lezione del terzo capitolo della serie, portandosi dietro tutte le qualità e le debolezze dell'avventura di Lincoln Clay. Se da una parte il feedback delle armi è tangibile e sufficientemente diversificato, e pertanto le sparatorie si dimostrano appaganti al punto giusto, dall'altra qualche incertezza di troppo si intravede nelle hitbox poco precise e soprattutto nell'intelligenza artificiale dei nemici, abbastanza ballerina a seconda della struttura delle zone in cui si muovono.

    Ci sono frangenti nei quali gli avversari tentano anche manovre di accerchiamento e provano a stanarci con qualche molotov se le aree del livello sono adeguatamente ariose, ma nel complesso sono in maggioranza le situazioni in cui i rivali si tuffano senza pensarci nella nostra direzione, diventando carne da macello e rendendo le sparatorie un semplice tiro al bersaglio.

    A complicare lievemente un grado di sfida che vira verso il basso a difficoltà Normale, subentrano due fattori: da una parte un sistema di mira volutamente traballante, che riflette in maniera intelligente l'inesperienza di Angelo con le armi da fuoco, e dall'altro il danno dei colpi nemici, capaci di freddarci con pochi proiettili. Se volete vivere un'avventura decisamente ardua vi consigliamo di iniziare sin da subito selezionando la modalità Classica di Mafia: si tratta di un livello di sfida in cui la polizia è molto più sveglia, gli avversari appaiono più coriacei e letali, e nel quale i proiettili rimasti nel caricatore, dopo la ricarica dell'arma, vengono perduti. Queste impostazioni complicheranno senza dubbio la vita dei giocatori meno abili, ma non perfezionano comunque l'intelligenza artificiale, che resta uno dei punti più deboli di questo pur dignitoso Remake.

    Il fascino discreto degli anni ‘30

    Per ricreare a dovere le atmosfere di un gangster movie d'altri tempi, Hangar 13 ha operato scelte registiche e fotografiche d'alta classe: Mafia: Definitive Edition, durante le cinematiche, è un piacere per gli occhi, complice anche una notevole modellazione poligonale e una più che discreta espressività facciale. Il nuovo aspetto dei protagonisti, tutti molto diversi da quelli del 2002, ci ha però convinto solo a fasi alterne, dal momento che alcuni volti risultano un po' più anonimi di altri.

    Ciononostante, nell'insieme il cast ha saputo coinvolgerci anche grazie a ottime performance attoriali, sia in originale che nel doppiaggio in italiano. Per quanto concerne le voci nella nostra lingua, a fronte di interpretazioni quasi sempre a fuoco, non sono mancate note a volte un po' eccessive, teatrali e caricaturali, come nel caso di Paulie, ridotto ad una macchietta pseudo-siciliana. Restando in tema sonoro, l'accompagnamento musicale è, ancora oggi, di altissima caratura, imprescindibile per la buona riuscita dell'impareggiabile atmosfera del gioco, capace di ricostruire, come nessun altro titolo, l'epoca del proibizionismo. Se decidiamo di concentrarci un po' sul lato tecnico, Mafia: Definitive Edition, su PlayStation 4 Pro, si muove tra alti e bassi: ci sono scenari capaci di mozzare il fiato, architetture dalle texture impeccabili e un'effettistica di pregio, ma non sono rari neppure paesaggi abbastanza spogli, modelli poligonali dalle animazioni alquanto grezze e un effetto pop up assai invasivo nelle campagne limitrofe al centro città. Insomma, la bellezza di Lost Heaven è indiscutibile, ma qualche accortezza in più sul versante visivo avrebbe sicuramente reso il suo fascino ancora più avvolgente.

    Mafia Definitive Edition Mafia Definitive EditionVersione Analizzata PlayStation 4 ProSono passati 18 anni dalla prima volta in cui abbiamo vissuto l’epopea di Thomas Angelo, e la forza della storia non ha perso neppure una goccia del suo inimitabile carisma. Mafia invecchia come un buon whiskey, si fa agrodolce, corposo e inebriante. Nella Definitive Edition il clan di Hangar 13 si è mostrato molto leale all’opera originale, modificando la sceneggiatura quanto basta per approfondirla e modernizzarla pur senza snaturarla. Se su questo fronte l’operazione può dirsi pienamente riuscita, lo svecchiamento sul versante ludico mostra ancora qualche ruvidezza, a cominciare da un’intelligenza artificiale altalenante e meccaniche di shooting non sempre adeguatamente precise. Anche sul piano tecnico il lavoro non è impeccabile: per quanto la città possegga panorami da cartolina e allestisca un’atmosfera di raffinata eleganza, infatti, alcuni aggiornamenti grafici mostrano il fianco a evidenti, eppure mai limitanti, incertezze. A prescindere dagli spigoli di un buon remake, Mafia resta un free roaming fieramente distintivo, lontano dalle logiche scanzonate della maggior parte degli open world e sostenitore della narrazione come una delle colonne portanti di un videogioco. Per questo, oggi come ieri, non possiamo far altro che mandargli i nostri ossequiosi saluti.

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