Recensione Maximo vs. The Army of Zin

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Recensione Maximo vs. The Army of Zin
Articolo a cura di
Disponibile per
  • PS2
  • L'armata degli
    Zin

    Dopo un periodo di totale
    assenza di stimoli da parte dell'industria videoludica, in cui sembra che le
    case produttrici si siano completamente dimenticate dei possessori di console,
    ecco arrivare un gioco che potrebbe sollevarsi dal polverume della mediocrità,
    in cui tutte le recenti produzioni sembrano essere confinate. Il condizionale
    perché il titolo in questione è riuscito, come molte altre produzioni (vedi
    Devil May Cry 2 ) a migliorare il comparto tecnico rispetto alla sua precedente
    incarnazione, ma la “sostanza” (ovvero quello che realmente eleva un titolo
    dalla miriade di cloni che lo circondano) non è purtroppo né migliorata né
    rimasta la stessa. Procedendo con ordine: Maximo vs. the Army of Zin riprende la
    trama del suo predecessore, in cui il protagonista (Maximo appunto) doveva
    salvare un regno dal perfido stregone Achille. Dopo questa estenuante missione
    (anche per il giocatore, catapultato in un'avventure davvero difficile), il
    nostro eroe ha deciso di dedicarsi alla ricerca della sua amata Sophia: insieme
    alla sua fida spada e a Morte, oscura mietitrice, (divenuta compagna di viaggio
    al termine della scorsa avventura) decide di intraprendere un lungo cammino per
    soddisfare le sue bramosie amorose. Dopo qualche missione, la cui funzione è più
    che altro quella di tutorial, la trama inizierà ad articolarsi e porterà Maximo
    nei posti più disparati, dove incontrerà alcuni dei nemici più divertenti che
    sia mai capitato di incontrare (vedi branchi di coniglietti demoniaci). Al di là
    degli eventi che sostengono l'avventura, vediamo nel dettaglio quelle che sono
    le meccaniche di gioco: prenderete principalmente il controllo di Maximo e solo
    in qualche occasione potrete chiamare in causa la morte, la cui funzione
    risulterà, peraltro, essere estremamente marginale all'interno dell'avventura.
    Grande importanza rivestono all'interno del gioco gli “accessori”, ovvero dei
    boxer (sì,dei mutandoni...) che indosserete sotto la vostra armatura. Ne esistono
    di vari tipi ed ognuno di questi conferirà al vostro eroe varie capacità
    speciali che si riveleranno estremamente utili. Durante il vostro cammino
    incontrerete mercanti che vi forniranno (quasi) gratuitamente dei power up per
    le vostre armi, nonché pozioni o pezzi di armatura grazie ai quali sarete in
    grado di costruire delle combo sempre più micidiali e disfarvi di più avversari
    contemporaneamente. Il comparto grafico risulta veramente ben curato: nessuna
    traccia di rallentamento, neppure quando lo schermo pullula di nemici. Alcuni
    scenari (ad esempio le rovine della città sommersa) sono poi veramente ben
    strutturati (nulla di eccezionale, beninteso, ma sicuramente un livello di
    dettaglio tecnico di gran lunga superiore rispetto allo standard delle
    produzioni di questi ultimi mesi). Il sonoro non è niente di particolarmente
    interessante o ispirato: nel bene e nel male le musiche sono comunque
    discretamente orecchiabili e gli effetti campionati rientrano nella media. La
    giocabilità è stata invece curata in maniera particolare: i controlli sono molto
    semplici e funzionali; anche le acrobazie più difficili potranno difatti essere
    effettuate tramite la pressione di tre, massimo quattro pulsanti sul joypad. La
    longevità è purtroppo relativamente scarsa: impiegherete non più di sei ore per
    portare a termine l'avventura e, diciamolo francamente, la voglia di rigiocare
    il titolo non vi assalirà prima di un lungo periodo di tempo. In definitiva, the
    Army of Zin, sia in termini di approccio ludico, sia per quanto riguarda la
    fascia di età a cui è rivolto , si discosta molto rispetto al suo predecessore.
    Difatti ,se il primo titolo risultava essere estremamente difficile e talvolta
    anche frustrante (proponendo comunque un livello di sfida notevole,
    contrariamente alle attuali presenze ludiche), la seconda apparizione di Maximo
    scorre via meravigliosamente: la difficoltà è tale che non dovreste impiegare
    più di uno -massimo due- tentativi per portare a termine un livello. Che sia un
    bene o un male (De Gustibus...), sta di fatto che portare a termine il primo
    Maximo è stata un'esperienza veramente appagante, finire il secondo è stata una
    pura formalità. Ed è dunque qui il punto focale precedentemente accennato:
    questo gioco ha quasi tutto: una bella grafica ,un discreto sonoro e una storia
    interessante, anche se lineare. L'unica cosa che gli manca è, in un certo
    senso, la personalità. In molti ricorderanno ancora le serate passate col
    vecchio titolo a superare qualche dannato livello all'interno del vulcano; di
    Army of Zin (dopo due giorni dalla sua conclusione) sovviene a malapena la
    trama...

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