Dopo averci fatto rivivere il secondo conflitto mondiale seguendo le vicende nel vecchio continente, Electronic Arts cambia fronte, e ci trasporta sul fronte giapponese, catapultandoci niente meno che nell'epico conflitto di Pearl Harbour e in una decina di missioni nel sud est asiatico.
L'impatto grafico
Il primo impatto con il motore grafico non è dei più confortanti. Il gioco è multipiattaforma, è la cosa appare subito evidente. Rispetto al capitolo precedente (Medal of Honor: Frontline) il gioco ha guadagnato in dettaglio (ma neanche troppo) mentre la fluidità è sempre ingiustificatamente bassa. Le animazioni sono un po' legnose, e i modelli presentano una generale scarsezza di poligoni. Gli spazi aperti sono gestiti, come accadeva in Frontline, in modo un po' approssimativo, con una visuale non eccessivamente estesa, e texture e fondali non sempre curati. Questo risulta con maggiore evidenza nei livelli ambientati nella giungla, in Vietnam. Discorso inverso vale per gli ambienti chiusi: il motore grafico gestisce tutto in modo soddisfacente. Bisogna dire però che, nonostante questi difetti, i rallentamenti sono assenti e le ambientazioni presentano una buona varietà. Proseguendo nel gioco, tuttavia, permane l'impressione che Electronic Arts avrebbe potuto ottimizzare molto meglio il gioco ed adattarlo alle potenzialità di Xbox.
Il gioco
La giocabilità, punto di forza della serie, si assesta sempre su livelli buoni. Il gioco è capace di coinvolgere e di divertire, complice anche una buona immediatezza e lo stampo velatamente arcade. Medal of honor infatti non propone un gameplay rigidamente simulativo: ad esempio, ci vorrà molto più di un proiettile per uccidervi e inoltre sono assenti i tremolii quando si usa il mirino telescopico. La coerenza con la realtà è presente solo nel contesto spazio-temporale: quindi niente armi fantascientifiche o robot nazisti da far saltare in aria. E' proprio tale coerenza che riesce a coinvolgere ed appassionare il giocatore. La trama, che fa da contorno alle missioni da affrontare, è narrata tramite filmati d'epoca accompagnati da una voce fuori campo (in inglese) e non presenta, ovviamente, colpi di scena, dato che si tratta di fatti già avvenuti: se volete delle anticipazioni, basta leggere un libro di storia. I personaggi sono inventati, ma la situazione che fa da contorno è reale. Le missioni sono molto lineari (c'è una sola strada da seguire) e, per questo, anche il compimento degli obiettivi è abbastanza semplice, dato che le persone da trovare o gli oggetti da distruggere sono sempre sul percorso principale. Le armi sono quelle utilizzate dai soldati dell'epoca, e sono presenti anche le granate, sempre utilissime. Il gioco presenta una buona varietà di situazioni, che fanno sì che il giocatore non si annoi. Medal of Honor, infatti, inizia subito in medias res: la prima missione è la famosa battaglia di Pearl Harbour, in cui sarà necessario abbattere numerosi aerei di kamikaze giapponesi per tentare di sopravvivere. I difetti purtroppo non mancano. In primis, si ripete una situazione già vista nel precedente episodio: a causa dei colori utilizzati, alcune volte risulta difficile scorgere i nemici, che, con tutta calma, riempiranno di piombo il vostro alter-ego, provocando una intensa frustrazione. Il sistema ghoul ( che divide i modelli poligonali in varie parti con differente sensibilità ai colpi) se presente, è implementato davvero male. Capita spesso di colpire gli avversari in punti vitali, e vederli ancora vivi e vegeti. Ciò è aggravato da una imprecisione delle armi, che non causano danni immediati sebbene il nemico sia bene inquadrato nel mirino e la distanza sufficientemente ravvicinata. Il problema dei salvataggi presente in Frontline è stato parzialmente risolto: si può salvare nel corso di un livello grazie ad apposite radio sparse nei livelli. Spesso e volentieri però tali punti di salvataggio non si trovano sul percorso principale e non sempre si riesce a trovarli. Consegue che, in caso di morte nella fase finale della missione, sarà necessario ricominciare da capo. E' comunque possibile salvare fra un livello e l'altro. L'intelligenza artificiale si limita a far sì che i soldati nemici si nascondino in caso di fuoco nemico e cerchino di attaccarvi in massa. Diverte vedere che a volte i soldati pensano di essere nascosti dietro una parete e invece sono completamente esposti al nostro piombo. Anche il motore fisico del gioco è male implementato. Normalmente ci si aspetterebbe che, facendo esplodere un barile di petrolio o una granata accanto a soldati avversari, quest'ultimi saltino in aria. Invece, questo non avviene. Nonostante ciò, la giocabilità è buona, sebbene sia fortemente influenzata dai difetti citati. Il sonoro è ottimo. Le musiche composte appositamente per il gioco (melodie di musica classica, niente motivi rockeggianti) sono sempre azzeccate e accompagnano gradevolmente l'azione. Anche i suoni delle armi, come ogni tanto capita, non sono tutti uguali. Le voci sono completamente in inglese, corredate di sottotitoli in italiano. Complessivamente buone, talvolta sono leggermente inespressive.
Longevità e commento finale
La longevità è discreta. Il gioco presenta una sfida abbastanza impegnativa (anche a livello facile) e le missioni, data la varietà, non faranno sì che abbandoniate il gioco a metà; cosa che invece può accadere quando si è preda della frustrazione, che in alcune situazioni abbonda. Come già detto, può risultare fastidioso morire perché non si vede il proprio avversario per colpa della palette grafica. Le missioni sono lunghe e sufficientemente numerose per tenervi impegnati per un paio di settimane. Possono anche essere rigiocate per completare gli obiettivi facoltativi, migliorare la propria prestazione, o sbloccare alcuni piccoli extra disponibili. A ciò si aggiunga una modalità multigiocatore che può coinvolgere sino a 4 giocatori. Medal of Honor: Rising Sun rappresenta quasi un passo indietro rispetto al precedente capitolo. Sebbene il coinvolgimento resti abbastanza alto, i difetti nella giocabilità minano fortemente il valore di un gioco che avrebbe potuto dimostrarsi molto migliore. Anche la grafica mantiene i medesimi difetti del precedente capitolo, in primis una fluidità decisamente bassa e texture non al livello di una console come Xbox. Così invece, è soltanto un gioco discreto, che può al massimo fare la felicità dei fan della serie o gli appassionati di sparatutto in soggettiva. Gli altri ci pensino su.
Recensione Medal of Honor: Rising Sun
Leggi la nostra recensione e le opinioni sul videogioco Medal of Honor: Rising Sun - 369
Dopo averci fatto rivivere il secondo
conflitto mondiale seguendo le vicende nel vecchio continente, Electronic Arts
cambia fronte, e ci trasporta sul fronte giapponese, catapultandoci niente meno
che nell'epico conflitto di Pearl Harbour e in una decina di missioni nel sud
est asiatico.
L'impatto
Il primo impatto con il motore grafico non è dei piùgrafico
confortanti. Il gioco è multipiattaforma, è la cosa appare subito evidente.
Rispetto al capitolo precedente (Medal of Honor: Frontline) il gioco ha
guadagnato in dettaglio (ma neanche troppo) mentre la fluidità è sempre
ingiustificatamente bassa. Le animazioni sono un po' legnose, e i modelli
presentano una generale scarsezza di poligoni. Gli spazi aperti sono gestiti,
come accadeva in Frontline, in modo un po' approssimativo, con una visuale non
eccessivamente estesa, e texture e fondali non sempre curati. Questo risulta con
maggiore evidenza nei livelli ambientati nella giungla, in Vietnam. Discorso
inverso vale per gli ambienti chiusi: il motore grafico gestisce tutto in modo
soddisfacente. Bisogna dire però che, nonostante questi difetti, i rallentamenti
sono assenti e le ambientazioni presentano una buona varietà. Proseguendo nel
gioco, tuttavia, permane l'impressione che Electronic Arts avrebbe potuto
ottimizzare molto meglio il gioco ed adattarlo alle potenzialità di Xbox.
Il gioco
La
giocabilità, punto di forza della serie, si assesta sempre su livelli buoni. Il
gioco è capace di coinvolgere e di divertire, complice anche una buona
immediatezza e lo stampo velatamente arcade. Medal of honor infatti non propone
un gameplay rigidamente simulativo: ad esempio, ci vorrà molto più di un
proiettile per uccidervi e inoltre sono assenti i tremolii quando si usa il
mirino telescopico. La coerenza con la realtà è presente solo nel contesto
spazio-temporale: quindi niente armi fantascientifiche o robot nazisti da far
saltare in aria. E' proprio tale coerenza che riesce a coinvolgere ed
appassionare il giocatore. La trama, che fa da contorno alle missioni da
affrontare, è narrata tramite filmati d'epoca accompagnati da una voce fuori
campo (in inglese) e non presenta, ovviamente, colpi di scena, dato che si
tratta di fatti già avvenuti: se volete delle anticipazioni, basta leggere un
libro di storia. I personaggi sono inventati, ma la situazione che fa da
contorno è reale. Le missioni sono molto lineari (c'è una sola strada da
seguire) e, per questo, anche il compimento degli obiettivi è abbastanza
semplice, dato che le persone da trovare o gli oggetti da distruggere sono
sempre sul percorso principale. Le armi sono quelle utilizzate dai soldati
dell'epoca, e sono presenti anche le granate, sempre utilissime. Il gioco
presenta una buona varietà di situazioni, che fanno sì che il giocatore non si
annoi. Medal of Honor, infatti, inizia subito in medias res: la prima missione è
la famosa battaglia di Pearl Harbour, in cui sarà necessario abbattere numerosi
aerei di kamikaze giapponesi per tentare di sopravvivere. I difetti purtroppo
non mancano. In primis, si ripete una situazione già vista nel precedente
episodio: a causa dei colori utilizzati, alcune volte risulta difficile scorgere
i nemici, che, con tutta calma, riempiranno di piombo il vostro alter-ego,
provocando una intensa frustrazione. Il sistema ghoul ( che divide i modelli
poligonali in varie parti con differente sensibilità ai colpi) se presente, è
implementato davvero male. Capita spesso di colpire gli avversari in punti
vitali, e vederli ancora vivi e vegeti. Ciò è aggravato da una imprecisione
delle armi, che non causano danni immediati sebbene il nemico sia bene
inquadrato nel mirino e la distanza sufficientemente ravvicinata. Il problema
dei salvataggi presente in Frontline è stato parzialmente risolto: si può
salvare nel corso di un livello grazie ad apposite radio sparse nei livelli.
Spesso e volentieri però tali punti di salvataggio non si trovano sul percorso
principale e non sempre si riesce a trovarli. Consegue che, in caso di morte
nella fase finale della missione, sarà necessario ricominciare da capo. E'
comunque possibile salvare fra un livello e l'altro. L'intelligenza
artificiale si limita a far sì che i soldati nemici si nascondino in caso di
fuoco nemico e cerchino di attaccarvi in massa. Diverte vedere che a volte i
soldati pensano di essere nascosti dietro una parete e invece sono completamente
esposti al nostro piombo. Anche il motore fisico del gioco è male implementato.
Normalmente ci si aspetterebbe che, facendo esplodere un barile di petrolio o
una granata accanto a soldati avversari, quest'ultimi saltino in aria. Invece,
questo non avviene. Nonostante ciò, la giocabilità è buona, sebbene sia
fortemente influenzata dai difetti citati. Il sonoro è ottimo. Le musiche
composte appositamente per il gioco (melodie di musica classica, niente motivi
rockeggianti) sono sempre azzeccate e accompagnano gradevolmente l'azione.
Anche i suoni delle armi, come ogni tanto capita, non sono tutti uguali. Le voci
sono completamente in inglese, corredate di sottotitoli in italiano.
Complessivamente buone, talvolta sono leggermente inespressive.
Longevità e commento
La longevitàfinale
è discreta. Il gioco presenta una sfida abbastanza impegnativa (anche a livello
facile) e le missioni, data la varietà, non faranno sì che abbandoniate il gioco
a metà; cosa che invece può accadere quando si è preda della frustrazione, che
in alcune situazioni abbonda. Come già detto, può risultare fastidioso morire
perché non si vede il proprio avversario per colpa della palette grafica. Le
missioni sono lunghe e sufficientemente numerose per tenervi impegnati per un
paio di settimane. Possono anche essere rigiocate per completare gli obiettivi
facoltativi, migliorare la propria prestazione, o sbloccare alcuni piccoli extra
disponibili. A ciò si aggiunga una modalità multigiocatore che può coinvolgere
sino a 4 giocatori. Medal of Honor: Rising Sun rappresenta quasi un passo
indietro rispetto al precedente capitolo. Sebbene il coinvolgimento resti
abbastanza alto, i difetti nella giocabilità minano fortemente il valore di un
gioco che avrebbe potuto dimostrarsi molto migliore. Anche la grafica mantiene i
medesimi difetti del precedente capitolo, in primis una fluidità decisamente
bassa e texture non al livello di una console come Xbox. Così invece, è soltanto
un gioco discreto, che può al massimo fare la felicità dei fan della serie o gli
appassionati di sparatutto in soggettiva. Gli altri ci pensino su.
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