Recensione Mists of Pandaria

Il nostro parere finale sulla quarta espansione di World of Warcraft

Recensione Mists of Pandaria
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  • Nella prima parte dell'articolo dedicato a Mist of Pandaria abbiamo dato ampio spazio alla fase di leveling, sottolineando come la straordinaria coesione tra il plot narrativo ed il quest design sia riuscita a svecchiare un percorso finora opprimente e poco coinvolgente, complice anche una geografia particolarmente ispirata ed appagante. Adesso, dopo un altro mese di test approfonditi, è ora di esaminare l'attuale componente end game della quarta espansione di World of Warcraft, indicandone pregi e difetti. Durante questo periodo abbiamo atteso pazientemente la release dei nuovi raid encounter, scaglionati a cadenza settimanale per non correre il rischio di esaurire velocemente i contenuti. Un'accortezza pragmatica e funzionale -peraltro già vista in Cataclysm- che è riuscita nel suo intento, costringendo però gran parte dei giocatori ad un'attesa forzata e logorante. Ve lo anticipiamo subito, Blizzard ha centrato soltanto metà degli obbiettivi, mantenendo le promesse ma deludendo molte aspettative.

    Dungeon e Scenari

    Come di consueto i dungeon sono concepiti per un gruppo composto da cinque giocatori, con ruoli ben definiti in funzione della classica holy trinity, caratteristica che non costituisce affatto un difetto, piuttosto valorizza meccaniche ormai collaudate e solide a cui siamo abituati da anni. Ciò che lascia perplessi è il grado di sfida eccessivamente orientato verso il basso, tanto da uniformare il normal mode con l'hard mode, pressoché identici tranne che nei loot. Il level design fa la sua parte nel rendere le cose semplici: con mappe ridotte e lineari c'è poco da esplorare, praticamente in meno di venti minuti si riesce a concludere la maggior parte di esse senza dover mai usare i crowd control sui gruppi di mob. Avendo sacrificato la complessità dei dungeon a favore di un'impostazione vicina ai casual gamers, anche i boss combat hanno subito un'involuzione di pari grado. Tranne Raigon, Pa'valak e Kip'tilak -tre boss che richiedono particolare attenzione e tempismo- il resto va giù senza problemi, vanificando le meccaniche proposte, invero peculiari ed interessanti. Nemmeno il revamp di Scarlet Monastery e Scholomance -storici dungeon di WoW Vanilla- è stato risparmiato dal processo di semplificazione messo in atto dal team di Irvine, pur mantenendo intatto il fascino che li ha sempre contraddistinti.

    Quanto scritto finora vale anche per gli scenari, una delle novità introdotte con Mist of Pandaria. Si tratta di eventi particolari più o meno complessi strutturati in più fasi, con un boss finale da sconfiggere e studiati per un gruppo composto da tre giocatori. La particolarità sta nella piena libertà di gestione dei ruoli, dato che l'holy trinity non è affatto necessaria per portare a termine con successo il compito richiesto. Ovviamente in assenza di healer o tank si deve fare un buon uso delle skill difensive, nonché evitare qualsiasi danno superfluo, tuttavia ciò non significa che la difficoltà sia elevata o proibitiva, piuttosto è l'esatto contrario. Nessuno di essi richiede più di dieci minuti per vederne la fine e ricevere la ricompensa, composta in genere da oro o, soltanto occasionalmente, da loot con item level pari ai dungeon in hard mode. Le situazioni da affrontare cambiano in base allo scenario ed offrono esperienze di gioco radicalmente differenti: si va dal dover fermare la scorribanda di un manipolo hozen in “Unga Ingu”, a difendere i festeggiamenti annuali del villaggio Binan in “Festival di Birraluna”, passando per il survival event dell' “Arena dell'annientamento”.

    Challenge mode, Raid e PvP

    Il challenge mode è la seconda novità introdotta con MoP nel comparto pve di World of Warcraft, sviluppata appositamente per rispondere ai migliaia di feedback negativi provenienti dagli hardcore gamer, insoddisfatti dall'eccessiva facilità dei dungeon delle precedenti espansioni. Scegliendo la modalità sfida -possibile per per ognuna delle nuove istance- si deve completare il percorso nel minor tempo possibile, affinché si possano ottenere premi altrimenti inaccessibili, peraltro vincolati al tipo di medaglia vinta (oro, argento o bronzo). Sebbene l'idea di base sia molto semplice, riuscire nell'impresa è veramente difficile, dato che mob e boss hanno in media il doppio dei punti vita rispetto alla versione hard mode ed infliggono danni maggiorati. Inoltre l'item level del gruppo, normalizzato a 463, complica ulteriormente le cose, vanificando di fatto il vantaggio dato dall'indossare un equipaggiamento di livello superiore. Nonostante si tratti di una feature ben realizzata la percentuale di chi tenta la sfida -anche tra le gilde di alto livello - è molto bassa, probabilmente la concomitanza con l'apertura dei nuovi raid ha spostato l'attenzione dei giocatori sul fronte end game, piuttosto che su obiettivi secondari. Sicuramente anche la poca appetibilità dei reward disponibili ha influito nel generare una simile situazione, l'impegno richiesto non viene ripagato a dovere da tier utili soltanto per fini estetici (seguite per il link per vederne alcuni esempi) né tanto meno da un posto sul podio della classifica del server, incentivi che finiscono per stimolare solo una piccola fetta di utenti.

    Come da tradizione i raid sono la massima espressione del pve di World of Warcraft, una concezione che vede contrapposti gruppi di 10, o 25 giocatori, a boss encounter con meccaniche impegnative, quasi proibitive in versione hard mode. Naturalmente Mist of Pandaria non fa eccezione. Con la patch 5.0 sono stati introdotti i primi tre raid di questa espansione, in ordine: Segrete Mogu'shan, Cuore della Paura e Terrazza dell'Eterna Primavera dove risiede lo Sha della paura. A differenza di Dragon Soul -l'ultimo raid di Cataclysm- che risultava noioso e poco avvincente, quanto visto finora in MoP lascia ben sperare per il futuro. I boss combat provati sono un giusto compromesso tra impegno e divertimento, con particolare enfasi sulla coordinazione dei giocatori, decisamente più importante dei grandi numeri. Ciò non toglie che anche in questa occasione siano presenti i classici boss “paletto”, vale a dire encounter relativamente impegnativi che richiedono poco movimento e tanto dps (come avviene con Gara'jal il Vincolaspiriti). Con piacere abbiamo riscontrato una certa ridefinizione del ruolo dei tank, adesso protagonisti dell'azione e non più strumenti passivi come avveniva fino a qualche tempo fa, responsabilità che viene inaugurata proprio dai Guardiani di pietra, il primo raid combat di questa espansione. Complessivamente è stato reso tutto più dinamico, ovunque viene richiesta un'ottima sincronia nei movimenti del gruppo a discapito del classico tank and span. Fare diversamente significa incappare in una sconfitta inevitabile, proprio come accade contro Ta'yak.

    Poche novità sul fronte pvp. La nuova season è appena iniziata e c'è ancora molto da implementare e bilanciare, per adesso sono stati introdotti soltanto due nuovi battleground e l'arena di Tol'viron. Le nuove mappe a disposizione si basano sul principio dell'acquisizione di risorse, un concetto già collaudato da Blizzard e sempre funzionante, dopotutto l'alto tasso di competizione che ruota intorno ad esso garantisce un'ottima alternativa al classico player versus player. In Miniere di Cupargento ogni fazione deve difendere dei carrelli pieni di diamanti (la risorsa da accumulare), questi si sposteranno autonomamente nella mappa su tre percorsi a rotaia differenti, dotati di incroci a scambio da sfruttare secondo le esigenze del momento. La difficoltà sta nel cercare di gestire e controllare più carrelli alla volta, attaccando contemporaneamente quelli della fazione opposta. Vince chi arriva prima a 1600 punti. Invece in Tempio di Kotmogu le cose si complicano leggermente, tutto ruota intorno a quattro manufatti posizionati agli angoli del battleground. Lo scopo consiste nel raccoglierli e tenerli con se il più a lungo possibile, difatti più tempo passa e maggiore è la quantità di punti che si accumula. Dunque è necessario studiare ed attuare tattiche di attacco e difesa efficenti, tenendo conto che più ci si avvicina al centro della mappa e più risorse vengono guadagnate, viceversa, giocando sul perimetro occorre un periodo più ampio per arrivare alla vittoria. A complicare l'azione interviene un debuff che coinvolge i portatori dei manufatti, trasformandoli in Mogu. Condizione che rende i giocatori soggetti a subire ed infliggere danni maggiorati e ricevere cure ridotte. Anche in questo caso si vince raggiungendo per primi i 1600 punti. Poco da dire sulla nuova arena, ambientata ad Uldum si presenta come un classico flat ground con quattro piloni defilati verso i rispettivi angoli. In merito non possiamo non segnalarvi questo geniale post, aperto sul forum ufficiale da un giocatore del server Sen'jin, proprio per sottolineare con ironia l'enorme dispendio di risorse per sviluppare un simile scenario.

    Monaci, panda e ssao

    La classe del monaco è strettamente connessa con il plot narrativo e le ambientazioni di Mist of Pandaria, come il druido, o il paladino, è estremamente versatile e riesce senza troppe difficoltà a coprire i tre ruoli previsti da World of Warcraft. Le specializzazioni disponibili si dividono in Mastro Birraio, Misticismo ed Impeto, rispettivamente tank, healer e dps. Le meccaniche di gioco ricordano in parte quelle del rogue, dato che anche il monaco deve fare affidamento su una risorsa che si rinnova nel tempo ed una accumulabile con l'uso di alcune skill, nientemeno che l'equivalente dell'energia e dei punti combo (definiti per l'occasione punti Chi). Energia che viene sostituita dal mana giocando come healer. A differenza delle altre classi il monaco tank non ha modo di aumentare la propria armatura, di per se già bassa equipaggiando componenti di cuoio. L'unico modo per restare in vita consiste nell'alternare efficacemente skill che aumentano l'absorb dei danni, con quelle di dodge e parry, combinate con lo stile dello Yak (una stance fondamentale in questo ruolo). La peculiarità del monaco healer sta nell'essere costretto a fare dps per usufruire al meglio delle proprie potenzialità, difatti molte delle skill di healing vengono attivate provocando danni al bersaglio, azione indispensabile anche per generare punti Chi da convertire con ulteriori abilità. Non è un caso se lo stile della Serpe saggia (stance legata alla specializzazione Misticismo) aumenta sensibilmente l'hit rating. Un gioco di incastri che aggiunge dinamismo al ruolo di healer, riscrivendo in parte regole finora immutate da anni. Il monaco dps è forse il meno interessante tra i tre set up. Dotato di buone capacità di crowd control si è rivelato utile nel pve quanto temibile nel pvp, soprattutto in quest'ultimo caso giocare contro un abile avversario può risultare davvero frustrante.

    Con Mist of Pandaria il lore di World of Warcraft si è arricchito di una nuova razza: i Pandaren. Oggetto di numerose critiche verso il lavoro svolto da Blizzard, accusata di aver inserito un elemento estraneo all'interno di un universo complesso, dotato di un'identità marcata e definita, un punto di vista che in parte condividiamo nonostante il carisma e la simpatia dei panda antropomorfi. I Pandaren iniziano la loro avventura sull'Isola errante, il dorso di una tartaruga di proporzioni gigantesche che vagabonda nell'oceano. A differenza delle altre razze essi non appartengono a nessuna della due fazioni, lo schieramento avviene alla fine della prima fase di leveling, quando il plot narrativo costringe il giocatore a scegliere tra orda ed alleanza. Una volta lasciata l'Isola -pressapoco a livello dieci- la storia si svilupperà come di consueto, attraverso territori storici e ben noti. Le abilità razziali sono davvero particolari e denotano una certa accortezza da parte del team californiano durante la fase di sviluppo, come si intuisce dal rested bonus raddoppiato (fondamentale per una razza nuova che deve affrontare novanta livelli) e da una maggiore resa dei buff legati ai consumabili craftati con cooking.

    Tecnicamente MoP è incredibile. Le ambientazioni sono ricche di dettagli e godono di una geografia veramente indovinata, che invoglia all'esplorazione e non fa pesare gli spostamenti via terra, obbligatori fino al 90. Il level design offre scorci affascinanti, che fanno dimenticare l'obsoleto motore grafico, peraltro ottimizzato alla perfezione. Nella prima configurazione di prova (i5 2500k, 8gb di ram e 560gtx ti OC) abbiamo ottenuto un frame rate granitico, fisso a 60 fps nonostante il full HD. Mentre sulla seconda macchina (i3 3240, 4gb di Ram e Nvidia450gts) abbiamo sacrificato davvero poco per ottenere risultati molto simili a quanto scritto poc'anzi, con qualche esitazione solo nei momenti più caotici. Tra le migliorie apportate si distingue l'implementazione della voce SSAO nelle impostazioni grafiche, questa incrementa la qualità del rendering degli effetti di illuminazione avanzata, con un sensibile miglioramento di ombre e riflessi. La nota negativa è data dall'eccessivo distacco con i contenuti delle precedenti espansioni, evidentemente inferiori in termini di resa visiva. Un problema non da sottovalutare, dato che interessa anche le vecchie razze giocabili, in evidente difficoltà davanti alla cura riposta nelle animazioni dei Pandaren. Ormai un restyling è pressoché d'obbligo.
    Come sempre la colonna sonora è di alto livello, magistralmente caratterizzata accompagna, senza stancare, ogni momento di gioco, enfatizzando a dovere le molteplici e disparate situazioni a cui WoW ci ha abituato.

    World of Warcraft - Mists of Pandaria World of Warcraft - Mists of PandariaVersione Analizzata PCChe Blizzard abbia intrapreso una linea di condotta a favore del casual gaming non è certo un mistero, in questi anni il percorso si è snodato tra decisioni più o meno indovinate, che hanno finito col modificare l'approccio a World of Warcraft. Il risultato di questa linea di condotta è rappresentato dai nove dungeon di MoP, oltreché dai sette scenari: immediati, divertenti, in un certo senso innovativi ma assolutamente privi di sfida. Aumentarne la longevità affiancandoli ad un sistema asfissiante di daily quest non è stata una mossa indovinata, entrambi finiscono per aumentare esponenzialmente il quantitativo di ore da dedicare al farm, necessario nel pve ad alto livello. Così facendo l'infrastruttura che si pone a mezza via, tra la fase di preparazione al raid e l'effettivo esaurimento del content, viene inevitabilmente a mancare, affossando il giocatore in un percorso del tutto simile a quello visto -e criticato- in TERA. Durante questo lungo periodo di prova abbiamo aspettato pazientemente la release dei nuovi raid, partecipando all'assurdo carosello di daily quest, ripetute e portate avanti per oltre un mese pur di accedere ai primi pezzi viola. Una scelta incomprensibile che può essere spiegata solo con la volontà da parte di Blizzard di diluire i contenuti quanto più possibile, allungando di riflesso la longevità dell'espansione. Tuttavia una simile impostazione rischia seriamente di rovinare l'ottimo lavoro svolto nel progettare il processo di leveling ed i raid, due punti diametralmente opposti e riusciti, ma che non riescono, da soli, ad affrontare l'alto livello qualitativo della concorrenza.

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