Recensione Monster Hunter Freedom 2

Capcom riapre la stagione di caccia

Recensione Monster Hunter Freedom 2
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  • Adesso tocca a noi

    Dopo il record di vendite registrato in Giappone, arriva finalmente sugli scaffali nostrani il blasonato seguito di Monster Hunter Freedom, apprezzato quanto anomalo gioco di ruolo Capcom che non aveva saputo racchiudere in sé la stessa magia della versione casalinga perché gravemente limitato dall’assenza del multiplayer online. Una carenza che gli sviluppatori hanno tentato di tamponare in questo secondo episodio, modificando la struttura originaria avvicinandola, per ricchezza e complessità, a quella di un MMORPG mutilato, però, della sua vera essenza: il gioco di rete. Vediamo dunque se questa reiterata leggerezza sarà compensata dal notevole quantitativo di accorgimenti volti sopperirne la mancanza.

    Trama, questa sconosciuta

    Sulle prime il titolo sembra uguale in tutto e per tutto al suo predecessore. Le opzioni di personalizzazione del proprio personaggio sono molto varie e garantiscono una certa discrezionalità rispetto alle fattezze del proprio alter-ego permettendo di intervenire su nome, sesso, abbigliamento, capelli e tonalità di voce: le combinazioni disponibili sono veramente numerose, il che vi farà spendere parecchio tempo nella realizzazione di un character che soddisfi appieno le vostre esigenze.

    Indipendentemente dalle scelte stilistiche operate, il giocatore viene messo nei panni di un giovane cacciatore che, sopraffatto da una enorme bestia durante un giro di perlustrazione tra le montagne, viene soccorso e curato dagli abitanti del grazioso villaggio di Pokke. La sequenza, raccontata da un ottimo filmato in CG, alimenta la flebile speranza che questa volta la modalità single player sia sostenuta da un background narrativo per cui valga la pena giocare ma tale convinzione perde immediatamente consistenza già dopo pochi minuti di esplorazione e di interazione con la popolazione locale.

    I dialoghi, asettici e formali, non sono altro che un mezzo per fornire informazioni ed istruzioni all’utente; un continuo tutorial su quello che c’è da fare, come deve essere fatto e dove. La puntuale regolarità con cui Capcom ripropone questo difetto del franchise, la totale assenza di trama, senza tuttavia volervi porre rimedio è decisamente imbarazzante; d’altro canto, visto l’enorme successo riscosso in terra nipponica, non c’è da stupirsi se il team di sviluppo abbia trascurato un difetto al quale nessuno, a parte noi europei, sembra aver fatto caso. Concentriamoci dunque sul gameplay.

    La legge del più forte

    Il gioco è articolato in missioni ognuna delle quali differente a seconda dell’obiettivo da raggiungere e del grado di difficoltà. Lo spropositato numero di quest da completare, circa 250 più una ventina da scaricare, si divide sostanzialmente in tre grandi categorie: raccolta, caccia ed uccisione. Se nel primo caso viene richiesto di tornare con un certo quantitativo di materiale (funghi, erbe, fegati ecc.), negli altri due le cose si fanno decisamente più interessanti poiché esigono la cattura o l’uccisione di un determinato target che può spaziare da un rarissimo esemplare di mostro ad interi branchi di bestie. Meno frequente, ma altrettanto fruttuosa, è la caccia al tesoro il cui fine ultimo è quello di racimolare una quota stabilita di oggetti rari e ricchezze da consegnare al committente entro il limite di tempo prefissato. Già perché ogni missione, che sia stata attivata tramite la sala di raccolta, la scuola di addestramento oppure direttamente dal capo villaggio, fissa minuziosamente criteri e condizioni irrinunciabili che ne determinano l’esito: durata, obiettivo, difficoltà, esperienza del cacciatore, area interessata, mostri principali e perfino il momento della giornata in cui si svolge.

    I fattori da tenere in considerazione prima prendere qualsiasi iniziativa sono dunque molteplici ed è per questo motivo che l’utente viene incoraggiato a non buttarsi mai a capofitto in un’impresa senza valutare preventivamente rischi e probabilità di successo poiché anche il minimo errore può costare caro: provate ad avventurarvi tra le montagne senza un adeguato equipaggiamento o a spingervi nel deserto senza una buona dose di acqua fresca e capirete di cosa stiamo parlando. Questa peculiarità, assieme ad altre che stiamo per vedere, mette in risalto uno degli aspetti più sbalorditivi di questo prodotto, il grandissimo realismo che impregna ogni singolo elemento del gameplay; dalla scelta del vestiario all’accurata selezione delle scorte da mettere nel proprio zaino, al tipo di arma da imbracciare alla resistenza fisica del personaggio alle varie condizioni climatiche delle aree di caccia.



    Da questo punto di vista gioca un ruolo fondamentale il sistema di controllo, fin troppo profondo e riflessivo, che utilizza ciascun pulsante di PlaystationPortable in maniera univoca assegnando al pad analogico i movimenti del personaggio mentre i tasti di azione assolvono una funzione diversa a seconda dell’armamentario che si sta impugnando al momento: con il tasto triangolo si estrae lo strumento d’offesa equipaggiato e si esegue un attacco pesante, con il cerchio si possono compiere rapidi fendenti, ricaricare o parare colpi, con il tasto x il cacciatore si butta a terra per schivare un attacco e infine con il tasto quadrato si ripone l’arma al proprio posto. Di vitale importanza è la scelta del tipo di arma da portare con sé perché ognuna di esse, che sia una lancia, una spada, un fucile, una balestra o addirittura un grosso corno, possiede una funzionalità ben precisa in grado di cambiare radicalmente le sorti delle spedizioni: oltre 700 articoli ottimamente definiti in base al peso, alla potenza, alla maneggevolezza, ai tempi di ricarica, al raggio di azione, all’acutezza della lama, alla precisione e addirittura alla forza del rinculo. Qui il giocatore è sì libero di decidere come meglio crede ma si ritrova allo stesso tempo vincolato dalle specifiche tecniche dello strumento che sceglie di equipaggiare. Se da una parte è vero che le armi leggere sono molto più pratiche e maneggevoli, dall’altra non sono adatte a fronteggiare i nemici più coriacei sia per la progressiva perdita di potenza (acutezza) che per bassi i valori di attacco. Le armi pesanti, d’altro canto, consentono di eseguire attacchi devastanti ma sono troppo difficili da maneggiare e limitano moltissimo i movimenti. Ad ogni modo, il relativo sistema di upgrade, particolareggiato come non mai, consente di creare, customizzare e potenziare ogni strumento in modo altamente gratificante servendosi degli oggetti ritrovati sul campo e delle decorazioni guadagnate nel corso del gioco; operazione da preferirsi alla semplice compravendita sia per questioni economiche (imparerete presto quanto sia prezioso risparmiare il denaro faticosamente accumulato) sia per ragioni puramente ricreative. Lo stesso discorso vale ovviamente per le armature, composte da cinque accessori liberamente associabili, che racchiudono in sé parametri leggermente più sostanziosi come la difesa e il grado di resistenza ai quattro elementi. Va da sé che si tratta di valori da tenere seriamente in considerazione ogni volta che si esce nel mondo esterno in cerca di selvaggina perché sarà proprio l’attenta valutazione dell’equipaggiamento a salvarvi la pelle.

    Durante le fasi esplorative, ugualmente fondamentali, il sistema di controllo è analogo a quello sopra menzionato con la sola differenza che gli stessi tasti, a mani nude, servono per arrampicarsi, saltare, prelevare materiale dalla carcassa dell’animale e scavare in determinati punti dello scenario; il tutto mentre con L1 si accede ad un insidioso menù rapido e con i tasti direzionali si procede ad aggiustare l’angolazione della telecamera (piuttosto problematica in più di un’occasione). L’unico problema che si riscontra nel gestire l’inventario in tempo reale deriva dalla gravità della situazione che, sovente, non ammette distrazioni, nemmeno per trangugiare una pozione. Visto e considerato che nella maggior parte dei casi la buona riuscita della missione è appesa ad un filo, questo aspetto complica ulteriormente le cose e aumenta vertiginosamente la possibilità di venire “uccisi” da qualche bestia inferocita mentre siete intenti a cercare il giusto item. Parlare di uccisione è forse inappropriato poiché, ogni volta che il giocatore consuma interamente la barra di energia, il suo alter-ego perde i sensi e viene riportato al campo base per ricominciare la missione, decurtata però di una parte del premio finale; dopo tre tentativi falliti la spedizione viene annullata e si rientra mestamente al villaggio a mani vuote. Fortunatamente non si vive di sola caccia.

    Piacevoli intermezzi

    Il villaggio offre una miriade di opportunità per svagarsi, o quantomeno per prendere parte ad alcune attività che non hanno nulla a che fare con le arti venatorie.

    Si possono comprare e vendere oggetti dai mercanti, passare dal tizio giusto per modificare e decorare gli equipaggiamenti, riposare nella propria dimora e rivedere il proprio look o magari fare un salto alla Fattoria per vedere se c’è qualcosa da fare. Si tratta di uno spazio speciale introdotto dal precedente episodio, all’interno del quale il giocatore può procurarsi premi ed oggetti pescando, coltivando i campi, estraendo minerali e catturando insetti.

    Un ottimo diversivo contro il tram tram quotidiano (ebbene sì anche i cacciatori possono stressarsi) ma soprattutto un eccellente fonte di approvvigionamento che esula dal buon andamento degli scontri dai quali tuttavia, non è del tutto svincolata.

    In parole povere, il superamento delle quest permette di ottenere i cosiddetti “punti pokke” da scambiare con items, cibo e materiali oppure da spendere per ampliare la fattoria aumentandone la grandezza e il tipo di attività praticabili: ad un certo punto, ad esempio, se acconsentirete a sponsorizzare le strampalate spedizioni di Trenya, l'intrepido felyne vi porterà in cambio dei preziosissimi souvenir da aggiungere alla vostra collezione di oggetti. I simpaticissimi felini vi serviranno con altrettanta devozione nel momento in cui vorrete ingaggiarli come cuochi nelle vostre cucine.


    Analogamente al suo predecessore, i Felyne possono essere assunti o licenziati a piacimento e servono sostanzialmente a migliorare le prestazioni del personaggio attraverso una combinazione di pietanze via via sempre più complessa man mano che la cucina diventa affollata.

    Malgrado la sequenza filmata costituisca un divertentissimo break alla serietà generale del titolo, non bisogna assolutamente prendere alla leggera questo aspetto del gameplay poiché basta veramente poco per sortire effetti indesiderati o addirittura contrari: se non farete attenzione alle inclinazioni dei vostri gatti rischiate seriamente di compromettere lo status del character riducendone, ad esempio, salute e resistenza anziché svilupparle.

    La pazienza è la virtù dei forti

    A questo punto avrete intuito che Monster Hunter Freedom 2 non è un titolo da comprare a cuor leggero. O meglio, non è un titolo adatto a chi vuole subito dei risultati perché, dobbiamo ammetterlo, iniziare ad appassionarsi a questo prodotto non è facile.

    Occorre una buona dose di pazienza e tanta, tantissima pratica prima di potersi muovere con disinvoltura tra gli ambienti e le bestie che li popolano ma, per quanto lungo e snervante possa sembrare questo procedimento, sviluppare gradualmente le doti del proprio guerriero regala una grande soddisfazione. La difficoltà delle missioni solitarie, assieme ad un sistema di controllo inizialmente poco intuitivo, potrebbe tuttavia allontanare gli utenti meno tenaci soprattutto in virtù del fatto che per ottenere i primi frutti del proprio lavoro c’è da faticare parecchio e senza alcuna garanzia di successo.

    Ciononostante, la bellezza di questo titolo consiste esattamente nella progressiva costruzione del character e di tutto quello che gli sta intorno; nella raccolta quasi maniacale di ogni singolo oggetto ed elemento distintivo che possa compiacere l’occhio del giocatore ed aiutarlo a crearsi una propria particolarissima identità.

    E allora perché non concedere la possibilità di condividere le proprie imprese con gli utenti di tutto il globo? Perché lasciare che la smisurata quantità di items (circa 1.400) rimanga segregata nelle mura domestiche e venga resa accessibile solamente ad un massimo di quattro giocatori quando il prodotto sembra fatto appositamente per il gioco di massa?

    Ancora una volta Capcom ha deciso di non sfruttare le potenzialità della piccola macchina Sony limitando l’esperienza di gioco alla classica modalità cooperativa Ad Hoc la quale, seppur perfettamente integrata e studiata fin nei minimi dettagli, rimane sempre una grave limitazione; difetto che potrebbe passare rapidamente in secondo piano grazie alla vertiginosa longevità che potreste raggiungere con la giusta compagnia di amici. L’unica interazione con la rete, a meno che non decidiate di ricorrere a KAI, consiste nella possibilità di scaricare contenuti extra tra cui informazioni, missioni e nuovi felyne. Un vero peccato.

    Jurassic Park d’altri tempi

    Se il gameplay non fosse un aspetto così dannatamente importante per un videogame, la realizzazione tecnica avrebbe potuto tranquillamente spazzare via qualsiasi dubbio sollevato poc’anzi. L’elevata personalizzazione del proprio guerriero, egregiamente supportata dal continuo cambio d’abito, è nulla in confronto alla superba caratterizzazione degli scenari e delle bestie, più o meno verosimili, che vivono in quel mondo incontaminato e primitivo che fa da sfondo alla serie fin dagli albori.

    Creature inventate, mammiferi, rettili, draghi, crostacei, pennuti, invertebrati: ognuno dei 70 diversi esemplari che popolano l’universo di Monster Hunter Freedom 2 è perfettamente distinto in base a forma, proprio habitat, abitudini e modello comportamentale: incontrerete animali pacifici mentre altri, come il Tigrex, saranno aggressivi, spietati e non vi daranno un attimo di tregua. Stavolta però le ambientazioni sono molto più vaste e particolareggiate, eccezion fatta per un leggero effetto di aliasing, e ritraggono in maniera esemplare le zone climatiche di appartenenza. Le ambientazioni sono silenziose, quiete come se la natura seguisse il suo placido corso senza minimamente turbarsi della presenza dell’uomo né di quella animale; ambientazioni che tolgono letteralmente il fiato per la maestosità delle cime innevate, l’incanto di arcobaleni che attraversano cascate tumultuose, l’imponenza di immense distese di sabbia e via discorrendo. A spezzare questo incantesimo di suggestione e armonia, troviamo purtroppo una eccessiva suddivisione delle aree in microzone alquanto limitate, la cui frammentazione viene ulteriormente appesantita dai notevoli tempi di caricamento che intercorrono da una zona all’altra. In linea di massima si tratta di un difetto riscontrabile in tutto il gioco poiché, si sa, la qualità tecnica esige sempre un tributo rappresentato, nel caso specifico, dalla continua e fastidiosissima interruzione del ritmo di gioco.

    Nulla da dire invece riguardo al sonoro: essenziale, nitido, spartano se vogliamo ma eccezionalmente calzante all’atmosfera naturalistica e primordiale del titolo. Pochi brani musicali, ma una campionatura di suoni e rumori ineccepibile e di grandissimo effetto soprattutto se deciderete di avvalervi degli auricolari. Allora vi sembrerà davvero di trovarvi nel bel mezzo di una battuta di caccia.

    Monster Hunter Freedom 2 Monster Hunter Freedom 2Versione Analizzata PSPDare un voto a questo titolo è stato molto difficile. Da una parte avremmo voluto assistere ad una effettiva inversione di tendenza riguardo alle due più grandi mancanze del primo capitolo, assenza di trama e di multiplayer online, dall’altra abbiamo dovuto prendere atto che Monster Hunter Freedom 2 è un titolo molto più profondo ed infinitamente più ampio rispetto ai precedenti. Ogni cosa è stata curata fin nei minimi dettagli: armi, equipaggiamenti, items, scenari, mostri, oggetti da combinare e chi più ne ha più ne metta. Sembra che l’intero progetto sia stato concepito al solo ed unico scopo di compiacere quella fetta di mercato che mette al centro delle sue priorità la spasmodica ricerca di gloria e ricchezza, che passa ore ed ore davanti allo schermo solamente per collezionare quel particolarissimo manufatto da aggiungere ai suoi trofei. Ed è proprio a questo tipo di utenza che il titolo Capcom strizza l’occhio poiché, nonostante la comprovata qualità di questo prodotto, stiamo pur sempre parlando di un gameplay di difficile comprensione al quale il giocatore medio farà fatica ad abituarsi ed a trovare quello stimolo, comune alla maggior parte degli appassionati di MMORPG, che lo spinga imbarcarsi in centinaia di missioni unicamente fini a sé stesse. Eppure basterebbe così poco per raggiungere la piena consacrazione, se solo gli sviluppatori si decidessero a sceneggiarlo come si deve e a dotarlo di una componente multigiocatore che sia davvero libera e pienamente appagante. Solo allora potremo concedere il titolo di capolavoro a Monster Hunter.

    7.5

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