Recensione Mortal Kombat: Shaolin Monks

Si torna nel mondo di Mortal Kombat, sotto un'altra luce...

Recensione Mortal Kombat: Shaolin Monks
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Disponibile per
  • PS2
  • Xbox
  • Finish Him!

    Nel lontano 1993 un gioco fece scalpore per la sua massiccia dose di violenza e brutalità espressa in maniera molto diretta.
    La grafica del gioco era fuori paragone per l’epoca e anche il gameplay era un netto passo avanti rispetto a tutti gli altri concorrenti ma, più di ogni altra cosa, una caratteristica rimase impressa nella mente dei videgiocatori di quei tempi: le fatality.
    Spieghiamo meglio: il gioco era un classico picchiaduro ad incontri sulla stile di Street Fighter, ma una volta vinto il round una voce sintetizzata esclamava: Finish Him! (trad. Finiscilo!).
    Eseguendo una combinazione di tasti e direzioni, unica per ogni personaggio, si assisteva ad una cruenta esecuzione: si passa dall’uppercut che stacca letteralmente la testa dal corpo al soffio infuocato che carbonizza sul posto il povero avversario di turno.
    Naturalmente, per quei pochi che non l’avessero capito, stiamo parlando di Mortal Kombat.
    Di acqua sotto i ponti ne è passata, la grafica è passata dallo stile pre-renderizzato dei primi episodi al 3D totale di Deception, ma il gioco ha mantenuto innata tutta la sua carica di violenza sopra le righe.
    Il marchio Mortal Kombat è entrato a tal punto nell’immaginario collettivo da indurre a produrre ben quattro film basati sui personaggi e le storie del gioco originale.
    Nel frattempo la concorrenza non si era fatta attendere e la situazione richiedeva un cambio di rotta rispetto al tradizionale sistema ad incontri che, fino a poco tempo fa, era una sorta di marchio di fabbrica della saga.

    Lasciare la strada vecchia per quella nuova

    Dopo molti episodi basati sulla classica formula di gioco del picchiaduro ad incontri e dopo qualche piccola prova, deludente, come Mythologies: Sub-Zero, alla Midway hanno pensato di aver finito tutte le frecce nel loro arco.
    E invece una strada non era ancora stata battuta; quelli dei beat’em’up a scorrimento.
    Perché non sfruttare tutto l’universo, i protagonisti e le loro sfaccettature in un altro genere? Ed è così che nasce l’idea di Shaolin Monks.
    Si inizia scegliendo il personaggio da interpretare tra Liu Kang e Kung Lao. Una volta selezionata la modalità, singleplayer o co-op per due giocatori, e il personaggio, ci si ritroverà catapultati dentro alla prima arena in cui menar le mani, seguiti dalla voce narrante di Raiden che ci introdurrà alle meccaniche di gioco, peraltro molto semplici da padroneggiare.
    Rispetto ad un classico picchiaduro a scorrimento la prima cosa che salta agli occhi è la barra dell’esperienza. Eseguendo diverse combo, e più avanti le varie fatality, guadagneremo punti esperienza che potremo poi spendere nell’acquisto di nuove mosse, spiegate in dettaglio in un menù accessibile tramite il tasto Start.
    I punti esperienza non verranno guadagnati nel caso in cui vengano sfruttate parti dello scenario per aver ragione dei molteplici avversari che ci si pareranno contro, anche se dobbiamo ammettere che veder precipitare uno scagnozzo di Shang Tsung giù da un ponte, fin sopra un manto di aculei, è una soddisfazione che può ben valere qualche PX.
    Per ogni combo che andremo ad eseguire sui nemici un contenitore nella parte alta dello schermo si riempirà di sangue. Una volta riempita questa urna, con la pressione del tasto L1, avremo accesso all’esecuzione di una fatality, che oltre ad uccidere istantaneamente il nemico ci darà molta più esperienza rispetto ad una “normale” uccisione. Inoltre ci saranno delle situazioni in cui sarà richiesto al giocatore di premere tasti con un buon tempismo, per esempio per per sfondare una porta. Tali intermezzi spezzano il ritmo di gioco ma aggiungono varietà al gameplay.
    Come si può facilmente intuire, il gioco strizza un occhio agli aficionados della saga, in quanto i richiami ai vari Mortal Kombat sono sparsi ovunque: si vedano, per esempio, i nemici che cadono sulle punte acuminate sotto al ponte in uno dei primi quadri, a ricordare un famoso stage del coin-op.
    Dove il gioco tocca dei livelli di eccellenza è nella modalità Co-op: giocando con un amico si dovranno risolvere enigmi, come per esempio quello in cui dovrete azionare due switch messi a debita distanza, o combinare le abilità aeree dei due personaggi per proseguire nel gioco e scoprire gli innumerevoli segreti celati.

    La strada è buona ma...

    Passando ad un lato prettamente visivo, la grafica non brilla per bellezza e nitidezza, ma le animazioni sono perfettamente ricreate e riescono a donare quel feeling tipico dei vari Mortal Kombat. La realizzazione dei personaggi è tutto sommato sufficiente soprattutto grazie alle animazioni. Gli scenari lasciano purtroppo a desiderare, per impostazione tecnica e caratterizzazione.
    Un altro appunto sotto questo aspetto: il design dei personaggi che non derivano in maniera diretta dalla saga poteva essere curato meglio.
    Il comparto sonoro raggiunge una stiracchiata sufficienza con l’eccezione dei dialoghi, interamente doppiati in italiano in maniera ampiamente sufficiente. Qualche campionamento dall’originale sarebbe stato ben accetto.

    Mortal Kombat: Shaolin Monks Mortal Kombat: Shaolin MonksVersione Analizzata PlayStation 2Di tutti i giochi nati come “costola” dalla saga principale, questo risulta essere il più divertente e meglio riuscito. La parola chiave qui è: divertimento condito da tutte le trovate della saga (vedi fatality ecc.). Non brillerà per la grafica, né per il sonoro ma riesce ad essere molto giocabile per tutti, anche a chi non ha mai sentito parlare di Mortal Kombat. Si potevano evitare le sezioni in cui siamo costretti a tornare sui nostri passi per proseguire, ma tutto sommato la giocabilità non ne viene minata molto. Dove il gioco delude particolarmente è nel livello di sfida che offre al giocatore, davvero basso, anche se probabilmente è un aspetto voluto da Midway per avvicinare nuove leve al mondo di Mortal Kombat. La modalità Co-Op è davvero ben riuscita e rende il gioco ancora più appagante, seppur minata dall’impossibilità di far entrare un secondo giocatore a partita iniziata. Sicuramente un buono gioco, soprattutto se avete un amico con cui condividere questa rimpatriata tra delle icone che appartengono alla storia dei Videogames e sembrano non invecchiare mai.

    7

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