Narcos Rise of the Cartel: Recensione del gioco basato sulla serie Netflix
La serie di successo targata Netflix diventa un videogioco. Il risultato finale però non è certamente dei migliori.
Tra le regole non scritte del settore videoludico una delle più pericolose consiste nell'innovazione a tutti i costi, nella voglia di perseguire l'originalità con ogni mezzo, col rischio di modificare formule già sperimentate e perfezionate nel corso di tanti anni. Casi come Narcos: Rise of the Cartles - annichilito nel design da alcune scelte inserite soprattutto per differenziarsi dalla concorrenza, senza che fossero quindi funzionali alla formula ludica - dimostrano che l'originalità non ha molta importanza senza una base coerente e ben strutturata. Al netto dunque di alcune trovate interessanti e di una buona gestione degli spazi e dei livelli, il gioco pubblicato da Curve Digital e sviluppato da Kuju Entertainment non riesce a soddisfare le sue premesse, eccessivamente limitato nel gameplay, e costretto da una progressione narrativa piuttosto banale.
Muoversi uno alla volta
Narcos: Rise of the Cartels propone una formula ludica che ricalca quasi interamente l'esperienza offerta da titoli come i recenti X-Com, ma con l'aggiunta di due modifiche che impattano notevolmente sulla classica struttura dei gioco a turni. La prima - che riscrive completamente la gestione di truppe, movimenti e abilità - prevede la possibilità di muovere e far interagire un solo personaggio per turno, rendendo fondamentale piazzare anticipatamente il membro della squadra della DEA (e, dopo aver completato la campagna, anche dei Narcos).
La funzione di questa scelta appare sinceramente inspiegabile. Dato che molte missioni prevedono la necessità di spostarsi verso un obiettivo B partendo dalla posizione A, capiterà spesso di utilizzare 5 turni solamente per far muovere come una squadra ogni elemento, finendo per offrire ai nemici altrettanti turni d'attacco. Se quindi dovremo spostare un team di 4 componenti attraverso un ponte, sarà molto più semplice e funzionale usare solo la metà di questo gruppo, posizionandoli in modo da coprirsi le spalle a vicenda. Ovviamente, in alcuni casi, soprattutto quando le mappe cercano di aprirsi leggermente e di offrire maggiori obiettivi da completare, su cui concentrare due team diversi di soldati, il gioco riesce comunque a restituire una discreta esperienza strategica: tra zone a rischio esplosione, posizioni di vantaggio da luoghi sopraelevati e distruttibilità ambientale, ci saranno sporadici momenti nei quali un piano ben organizzato andrà a buon fine, permettendoci così di sperimentare quella dose di strategia e soddisfazione a cui ambivano gli sviluppatori. Rimane però innegabile che questa decisione abbia più che altro castrato il potenziale della struttura ludica, cercando di innovare in maniera non necessaria e imperfetta una formula ludica ben rodata.
La seconda modifica, un'aggiunta intrigante ma un po' fuori fuoco all'interno di uno strategico, si attiva quando i nostri soldati reagiscono al turno nemico. Infatti, in funzione del posizionamento delle nostre truppe, quest'ultime risponderanno al movimento degli avversari, permettendoci di mirare brevemente in slow motion e di danneggiare gli ostili durante il loro turno.
Si tratta di un'azione che capita di frequente in titoli come X-Com, con la differenza che in Narcos saremo noi a dover mirare manualmente allo scopo di ottenere questo peculiare bonus: peccato solo per la superficialità complessiva della meccanica, che impatta le partite entro limiti ben definiti, senza rischiare di cambiare in maniera significativa il corso dello scontro.
Inoltre, data anche l'intelligenza artificiale suicida dei narcos, che pur di colpire un nostro alleato concludono l'azione all'aperto e senza coperture, sarà poco utile cercare di mantenere un certo equilibrio tra tutte le truppe disponibili. Finiremo così per prestare attenzione quasi esclusivamente ai membri delle forze speciali, spesso equipaggiati con kit di primo soccorso che aiutano a recuperare parti consistenti di vita. Il titolo ci permette di scegliere tra membri differenti (sia per i Narcos che per la DEA), dotati di abilità, costi di reclutamento e potenziamento sempre diversi.
Come detto prima, tuttavia, molte di queste truppe risultano decisamente poco utili: dal momento che molte missioni richiedono che non muoia nessuno degli elementi della squadra, è davvero controproducente affidarsi a gruppi dall'efficacia più bassa. Tra l'altro, tutti i soldati - nemici e amici - posseggono l'abilità "riposa", che gli dà modo di recuperare una tacca di vita per turno: una simile caratteristica genera situazioni decisamente poco entusiasmanti e alquanto noiose, dove per un buon numero di turni i rispettivi schieramenti avviano il recupero di vita, senza portare avanti lo scontro. Esiste poi un gran quantitativo di skill, come la capacità di tirare granate o di compiere un ulteriore movimento, ma nel complesso - dato l'obbligo di spostare un solo soldato alla volta - anche queste abilità vengono sfortunatamente sminuite. Le nostre azioni, d'altronde, si ridurranno perlopiù al potenziamento della salute e della capacità resistenza, perché sarà evidente già dopo poche ore di gioco che si tratta dei talenti più utili da sviluppare.
Componente gestionale e narrazione
Anche se la componente gestionale, appena abbozzata, cerca di offrire al giocatore più possibilità d'approccio, finisce sempre per spingerlo verso un singolo modo di giocare, nettamente più efficiente degli altri, senza dunque ricompensare o stimolare la sperimentazione.
Quando avviamo il gioco, infatti, l'ambasciatrice USA in Colombia ci chiede di ottimizzare i costi e i bilanci delle missioni, e di conseguenza - alla fine di ogni livello - verremo valutati in funzione delle vittime, del numero di risorse ottenute e anche del denaro necessario per la preparazione della stessa: ad esempio, se il nostro budget sarà di 20 mila dollari, dovremo obbligatoriamente scegliere tra l'ingaggio di un membro delle forze speciali o di due soldati dell'esercito, dato che il prezzo di entrambe le opzioni supererebbe il limite di spesa.
Al netto di questa feature gestionale, dato che il gioco spinge nettamente verso l'utilizzo di membri specifici, nonché funzionali all'approccio più efficace per completare l'esperienza, la possibilità di modellare le abilità non assume un peso davvero impattante.
Come contorno a un contesto ludico a volte claudicante, si inserisce una trama poco intrigante, una banale cornice che fa da sfondo agli scontri tra bande e poliziotti nell'America Latina. Tra l'altro, in certi frangenti la storia cerca anche di suggerire dei sottotesti sulla violenza della guerra e sul ruolo del narcotraffico nella politica internazionale, ma lo fa in modo talmente blando e quasi parodistico da annichilire il suo messaggio. Infine, se la resa scenica si rivela sufficiente, imbastendo anche un buon level design, lo stesso non si può dire del doppiaggio e della direzione artistica generale, anche a causa di una pochezza tecnica che mette in luce una certa trascuratezza nel processo di sviluppo.
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Narcos: Rise of the CartelVersione Analizzata PCNarcos: Rise of the Cartels è un progetto con poca infamia e nessuna lode. Non si lascia comprendere a fondo, lasciando storditi da alcune sue scelte di design che paiono più cercare una fittizia e inutile originalità piuttosto che una vera e propria visione. Inoltre, non si affida a un contorno solido come quello della serie targata Netflix per alleggerire il peso di queste problematiche sul giocatore, che invece si vede lanciato nella mischia con giustificazioni banali e prive di mordente.