NBA 2K18 Recensione: andiamo a canestro con il gioco di basket Visual Concepts

NBA 2K torna anche quest'anno in un'edizione con qualche interessante novità di gameplay e una modalità MyCareer completamente rinnovata.

NBA 2K18
Recensione: PlayStation 4
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • Come puoi migliorati, se sei già il migliore?
    Ci piacerebbe chiederlo ai ragazzi di Visual Concepts, creatori del franchise ormai quasi ventennale di NBA 2K. Ma siamo certi che ci risponderebbero qualcosa del tipo: "noi i migliori? Macché! Il rimbalzo della palla sul ferro con angolazione di 40° non segue ancora una traiettoria perfetta" oppure "le gocce di sudore che colano lungo le braccia dei giocatori dovrebbero reagire molto più verosimilmente alle brusche virate e accelerazioni dei loro corpi". Già, da quelle parti si rischia di sfiorare tranquillamente il livello ossessivo compulsivo. La realtà è che, per loro, come direbbe il buon Galileo, "dietro ogni problema c'è un'opportunità". E' per questo che NBA 2K più che un semplice prodotto videoludico, va considerato come una vera e propria opera d'amore: l'amore per il basket americano.
    Quello di chi si impegna ogni anno per perfezionarne la trasposizione videoludica; quello di chi, dall'altra parte della barricata, lo attende come i bambini aspettano la mezzanotte del 25 dicembre; quello dei più grandi cestisti del presente e del passato, che se lo coccolano perché lo considerano un po' come un grande contenitore di sogni, non appena scorgono un ammasso poligonale che gli somiglia e che indossa una canotta con il loro nome sulla schiena. E ogni anno questo incontro-scontro di idee, di visioni, di conoscenze e di coscienze si ripete, per dare vita a quella che viene quasi unanimemente riconosciuta come la miglior simulazione sportiva in circolazione.
    Per l'edizione di quest'anno, il team ha preferito concentrarsi sulla raffinazione di tutte le conquiste di gameplay effettuate lo scorso anno, relegando le vere "rivoluzioni" alla modalità MyCareer. Nonostante ciò, e sebbene ogni anno si venga puntualmente smentiti, i passi fatti in avanti sono stati ancora una volta sufficienti a nuclearizzare il nostro cauto orizzonte d'attesa, ponendoci di fronte a un titolo che riesce a non rimanere imbrigliato nelle rigide logiche delle produzioni sportive a cadenza annuale. Insomma: anche quest'anno, in quel di Novato, California, si è fatto un bel passetto in avanti verso la perfezione simulativa.

    One Step Closer

    Nella passata edizione, il focus principale della produzione fu posto sulla fisicità degli atleti in campo. Finalmente, grazie a un brillante uso del motore fisico e delle collisioni, al giocatore veniva restituita la sensazione di avere sotto controllo degli atleti dotati di una sorta di "consapevolezza spaziale", capaci di reagire in maniera molto più realistica ai tipici urti che avvengono costantemente tra attaccanti e difensori durante le concitate azioni di gioco di un vero match cestistico. Tra tutti gli sport a squadre, dopotutto, il basket -specialmente quello americano- è senz'altro uno dei più atletici e "cattivi". Quest'anno, Visual Concepts non ha fatto altro che innalzare di un altro livello questo aspetto, impreziosendo l'ingranaggio ludico con una serie di nuovi meccanismi "corpo a corpo" che si attivano durante gli 1v1. Adesso, ogni volta che due giocatori entrano in contatto frontalmente, si instaura una sorta di "duello" fisico, in cui il difensore -se sufficientemente dotato atleticamente- cerca di accompagnare l'avversario senza mollarlo un attimo, impedendogli di penetrare troppo agilmente nel pitturato.

    Questa miglioria non solo permette a chi difende di far sentire maggiormente la propria difesa "intensa" (quella che si attiva tenendo premuto il grilletto sinistro) e di non apparire come delle semplice boe facilmente aggirabili, ma permette al contempo agli attaccanti di avere qualche opzione offensiva in più rispetto al solito abuso di finte e blocchi perimetrali. Il risultato finale, reso ancora più credibile da una nuova, fiammeggiante serie di animazioni, è ancora più fluido e credibile dell'anno scorso, specialmente per quanto concerne il ball handling e i passaggi. A tal proposito, è stato inserito un nuovo tipo di passaggio lungo: si può attivare tenendo premuto più a lungo il tasto del passaggio, così da raggiungere -dopo aver impostato la direzione con la levetta analogica sinistra- il compagno più lontano, senza aver necessariamente bisogno di ricorrere alla pressione dei tasti "icona" preassegnati ai quattro possibili ricevitori.
    Un'altra modifica è stata invece apportata all'indicatore del tiro, che era stato già ritoccato lo scorso anno. Adesso, invece che la lunga barra posta appena sotto al giocatore, ogni volta che si tenterà di eseguire un tiro, comparirà a schermo un indicatore molto più corto, che renderà leggermente più difficile al giocatore riuscire a fermarlo nel momento esatto in cui raggiunge il suo pieno riempimento. Questa piccola modifica, in aggiunta all'handicap determinato dalla pressione della marcatura avversaria, rende inevitabilmente più soddisfacente e "meritocratico" andare a segno; magari dopo una bella finta smarcante per crearsi abbastanza separazione dal difensore, oppure dopo essersi aggiustati la palla in volo durante un layup.
    L'ultima miglioria va invece ricercata nell'intelligenza artificiale dei compagni di squadra in tutte le partite non facenti parte della modalità MyCareer (dove l'IA è appositamente tarata al ribasso per valorizzare la "chiamata" di palla del giocatore). Ora, i compagni di squadra tendono a sfruttare maggiormente le spaziature, a portare dei blocchi singoli o doppi in maniera più opportuna e, più in generale, a eseguire gli schemi di squadra con più naturalezza e responsività. Lo stesso capita per le squadre comandate dalla CPU, le quale cercano di mandare in difficoltà i nostri giocatori con giocate più ficcanti, fisiche e spesso azzardate, incappando un po' più spesso dello scorso anno in "screen" illegali.

    Eat What You Kill

    Passano gli anni, ma chi acquista NBA 2K come prima cosa sceglie sempre di crearsi a propria immagine e somiglianza (con tanto di scan facciale tramite la companion app) il proprio giocatore virtuale, il MyPlayer, per poi gettarsi a capofitto nella carriera NBA oppure nei campetti online. Ecco perché quest'anno i ragazzi di Visual Concepts hanno deciso di provare a dare un bello scossone alla modalità, così da renderla ancora più interessante e varia rispetto alle passate edizioni. Prendendo spunto dalle aree "social" tipicamente presenti nei titoli "massivi" online, è stato introdotto una sorta di hub centrale dal nome "Vita di Quartiere", che racchiude in sé gran parte delle modalità che, fino all'ultimo capitolo, si vivevano un po' come entità separate.

    Una volta iniziata la carriera e superato il breve prologo iniziale, che ci permette di conoscere il protagonista impersonato dal nostro avatar virtuale, "DJ", un giovane talentuoso che ha deciso dapprima di mollare il college (e la squadra di basket dell'istituto) per dedicarsi alla musica per poi ributtarsi nel basket in cerca di fortuna in NBA da giocatore "non draftato", ci ritroviamo in un piccolo quartiere americano insieme a tutti i MyPlayer creati dagli altri utenti. Lungo le strade, si possono scorgere gli edifici della palestra, il barbiere, Foot Locker, l'NBA Store, SWAG, il tatuatore, la sala giochi, l'ufficio dell'agente e, dulcis in fundo, diversi campi dove competere con tutti gli altri giocatori. In poche parole: Visual Concepts non ha fatto altro che prendere la MyCareer, il MyPark, il MyCourt, il Pro-Am e lo shop online e amalgamarli in un'unica cornice free-roaming più "viva" e piacevole da navigare.
    Lo scopo del gioco, tuttavia, non è cambiato: si deve sempre e comunque cercare di raggiungere il fatidico livello 99.
    A cambiare, semmai, è il fatto che ora si può farlo anche ignorando completamente la carriera NBA e concentrandosi unicamente sul gioco online, cosa che l'anno scorso ci era negato, dato che per ottenere tutta la valuta necessaria -i "VC"- a "maxare" i propri attributi, era necessario giocarsi diverse stagioni NBA. Una soluzione che offre finalmente al giocatore la giusta libertà di cui aveva bisogno, senza obbligarlo a intraprendere percorsi prestabiliti, e senza costringerlo a cambiare schermata per spostarsi da una modalità all'altra.

    Come si comportano i server 2K?

    Negli anni passati, i serve 2K europei non si sono sempre dimostrati all'altezza della situazione, con fenomeni sparsi di lag e disconnessioni.
    Quest'anno, vista l'introduzione del più "massivo" quartiere, ci sembrava giusto dare più importanza -e, nel caso, penalizzare- queste problematiche. Ebbene, da quello che abbiamo potuto testare, sembra proprio che la situazione sia migliorata, con un imput lag sensibilmente inferiore. Certo, c'è ancora margine per migliorare, specialmente per quanto concerne la sincronizzazione dei due giocatori durante un match online della modalità MyTeam (che causa strani fenomeni di stuttering, che durano qualche secondo, dopo le sostituzioni).

    Oltre a tutte le opzioni disponibili per la personalizzazione estetica del proprio giocatore (come sempre divise tra vestiario NBA e vestiario "street"), alla componente social, ai campetti e ai campi competitivi del Pro-Am (singolo e a squadre), nel quartiere -specialmente nell'ufficio del proprio agente- è anche possibile svolgere tutte le attività "d'immagine" (selfie, incontri con altri giocatori NBA, meeting con gli sponsor) necessarie per aumentare il numero di fan complessivi e raggranellare qualche spicciolo extra.
    Per chi invece fosse interessato unicamente a gustarsi la carriera professionistica, non deve fare altro che tirare fuori lo smartphone e selezionare il prossimo match in programma per la squadra che si è scelta all'inizio del gioco. Fatto questo, si viene immediatamente teletrasportati allo spogliatoio del team, dove, sia prima che dopo la gara, è possibile assistere ad alcune scenette dai toni particolarmente scanzonati, in cui DJ cerca di conoscere meglio i suoi compagni di squadra e diversi membri dello staff.
    C'è Shammy, la nuova spalla veterana (come fu Michael B. Jordan lo scorso anno) che ci prende subito sotto la sua ala; c'è Boo-Boo, il capo della sicurezza della squadra, che ci elogia, consola o sfotte in base alla prestazione avuta in campo; e poi ci sono il magazziniere, che irrompe spesso nello spogliatoio per combinare qualche burla, e la PR, che ci istruisce sul giusto comportamento da tenere in campo e fuori, oppure ci invita a rilasciare interviste e dichiarazioni.
    Ecco: se c'è una cosa che ci ha fatto storcere un pochino il naso, è il fatto che si sia scelto di abbandonare una narrazione sì lineare e che strizzava abbondantemente l'occhio al sogno americano dell'atleta partito dal college (che quest'anno non c'è!) e che poi diventava una superstar, ma che comunque sfruttava il sudore speso in campo come generatore d'empatia nei confronti dei comprimari e del protagonista stesso. Qui, invece, il racconto ci appare frammentario, sconnesso, e troppo insistente sul cazzeggio da spogliatoio e su quanto sia cool oppure noioso vincere o perdere una partita.

    Permangono ovviamente, le sopracitate cutscene relative agli sponsor (che sono tra le poche a restituire un senso di progressione realmente tangibile), quelle con il proprio agente e quelle più "decisionali" (solitamente si può scegliere semplicemente se rispondere in maniera cauta o sprezzante a una domanda), sebbene anche queste siano colme di stereotipi spensierati e quasi del tutto mancanti dell'epicità presente gli anni passati, persino nella tanto vituperata carriera diretta e sceneggiata da Spike Lee.
    Molto interessante è invece la gestione dei punti XP, che adesso vengono assegnati ai "cartellini" (le abilità passive in possesso del giocatore in base allo stile di gioco prescelto durante la sua creazione) con più criterio, secondo i diversi "eventi" positivi (blocchi portati, blocchi evitati, palle rubate, tiri liberi, rimbalzi, punti, assist ecc.) conseguiti durante la partita o su qualsivoglia campo online.
    Ci teniamo a specificare che, nel caso vogliate giocare "offline" la carriera, non avrete accesso né al quartiere né a nessuna delle cutscene citate poc'anzi, potendovi solo limitare a giocare le partite NBA in successione e a migliorare gli attributi del vostro giocatore.

    MyLeague, MyGM, MyTeam

    Venendo al resto delle modalità, oltre alla classica partita rapida con l'aggiunta di tantissimi team "classici" dagli anni 60' fino a oggi e di alcune squadre "leggendarie" (dove, per tutte e 30 le franchigie NBA, sono stati inseriti i migliori roster "all-time", con la possibilità, ad esempio, di trovare insieme nei Lakers Kobe e Wilt Chamberlain), troviamo come al solito la triade MyLeague, MyGM e MyTeam.

    Per quanto riguarda la prima, dove è possibile, come gli scorsi anni, prendere in mano (o creare ex novo) una squadra NBA e gestirla per 50 stagioni, non ci sono stati particolari cambiamenti da segnalare.
    In MyGM, invece, si è scelto di adottare un approccio leggermente più narrativo, specialmente all'inizio, dove assisteremo alla triste fine della carriera del nostro MyPlayer, spezzata da un gravissimo infortunio ai legamenti. Ecco perché ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo e diventare un General Manager. Da qui in poi, la modalità, tra le più apprezzate in assoluto dagli utenti, specialmente da tutti gli amanti dei gestionali alla Football Manager, prende una piega molto simile a quella dello scorso anno, ma con qualche piccola aggiunta. Come prima novità troviamo un maggior numero di "slider" per personalizzare la difficoltà della modalità; si possono rendere più frequenti o più gravi gli infortuni, oppure aumentare la brama per il vil denaro da parte dei giocatori, che saranno più reticenti ad accettare contratti al ribasso o molto vantaggiosi solo per noi. Per il resto, troviamo qualche strumento di analisi delle statistiche in più (anche per la D-League) e una migliore valorizzazione dell'allenatore e del suo sistema di gioco. Proprio quest'ultimo rappresenta una novità interessante e gradita anche per la modalità MyTeam, dove ogni allenatore -un po' come nel MyClub di PES- predilige uno stile di gioco specifico, e perciò, per rendere al meglio, ha bisogno dei giusti giocatori per attuarlo, pena una peggiore intesa di squadra (esplicitata con il valore "efficacia di sistema") e una minore capacità di mandare in porto gli schemi di gioco. Altre piccole aggiunte alla modalità MyTeam sono la presenza di nuove tipologie di carte di "supporto", ovvero "strategia" (che modificano i punti d'enfasi della squadra) e "infortunio" (che permettono di far recuperare più rapidamente un giocatore da un trauma), e un generale miglioramento del design dei menù e quindi della loro navigabilità.
    Per il resto, troviamo gli immancabili 2KU (2K University), dove è possibile apprendere tutti i fondamentali di gioco e i comandi, e 2KTV, dove assistere alle interviste ai migliori giocatori NBA da parte della deliziosa Rachel DeMita e ricevere dei preziosi consigli di gioco da parte di altri giocatori o direttamente dagli sviluppatori.

    Venendo all'aspetto tecnico, i passi avanti non sono stati notevoli ma comunque avvertibili. Rob Jones, producer del titolo, durante la presentazione milanese del gioco, ci ha raccontato un simpatico aneddoto relativo all'assunzione di un suo amico nel team di sviluppo, che lavorava come animator alla Disney. Costui, non appena ha messo piede in Visual Concepts, ha deciso modificare la fisica delle divise, che ora appare ancora più curata e realistica, l'espressività dei giocatori, ora meno stralunata, lo shading e la tonalità della loro pelle e l'efficacia dell'effetto sudore. Altre migliorie sono state invece apportate alle presentazioni pre-partita, agli spettacoli d'intrattenimento durante le lunghe pause nei match, allo show con i caster durante l'intervallo e, più in generale, a ogni elemento che riguarda il contorno dell'evento sportivo, reso ancora più spettacolare e coinvolgente della già ottima edizione passata.
    Per quanto riguarda le prestazioni, su PS4 Standard non abbiamo riscontrato particolari problemi durante i match, salvo qualche sporadico calo di framerate, mentre ci sono sembrati un po' troppo lunghi alcuni caricamenti per spostarsi da una modalità all'altra o per tornare al quartiere dopo una partita giocata. Per il resto, durante l'azione giocata il titolo viaggia solidamente a 60 fps, per poi tornare a 30, come gli scorsi anni, durante le sezioni non giocate.

    NBA 2K18 NBA 2K18Versione Analizzata PlayStation 4Come puoi migliorati, se sei già il migliore? Semplice, fai come Visual Concepts: non smetti mai di inseguire la perfezione, sebbene questa stia sempre un passo avanti a te. E' proprio questa la formula vincente del team sotto l'egida di 2K, che, anche quest'anno, ha confezionato un simulatore di basket intenso, fisico, profondo, vario e dannatamente divertente. Sul piano del gameplay, sebbene non ci siano state particolari rivoluzioni, abbiamo trovato l'azione di gioco più fluida e coinvolgente, con ancora più attenzione riservata alla fisicità e alla fase difensiva. Ottimo l'inserimento del nuovo indicatore di tiro e i miglioramenti sotto il profilo dell'intelligenza artificiale. Molto interessante, specialmente in ottica futura, è anche il nuovo hub “Vita di Quartiere”, che finalmente permette ai giocatori di poter “crescere” il proprio atleta seguendo il percorso più affine ai propri gusti, senza alcun paletto di sorta. Certo, ci saremmo aspettati un po' più di sostanza per quanto riguarda la sceneggiatura della carriera in NBA, che risulta un po' troppo frammentata e spensierata per poter coinvolgere al punto giusto lo spettatore. Ci rendiamo però conto che lo scopo fosse quello di dare un po' più di risalto alle sfide online nel quartiere, che quest'anno posseggono effettivamente molto più appeal rispetto alle passate edizioni, anche grazie alle migliorie che sono state apportate alla stabilità dei server. Le altre modalità, chi più chi meno, hanno ricevuto anch'esse dei perfezionamenti, che ne hanno certamente aumentato una godibilità già alle stelle. Che dire, insomma? Anche quest'anno Visual Concept è andata a segno da tre punti, confermandosi una volta di più il punto di riferimento delle simulazioni sportive odierne.

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