Recensione Not The Robots

Un atipico roguelike, che unisce esplorazione e strategia in un gameplay che non perdona errori

Recensione Not The Robots
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  • Si è spesso rimproverato ai titoli mainstream (specie in quest'ultima generazione) d'aver sacrificato alla pigrizia del pubblico casual il viscerale gusto per la sfida che caratterizzava i giochi della "vecchia scuola" e, con esso, il peso della "morte" all'interno degli equilibri di gameplay. In reazione a quella che i giocatori più hardcore vedono come una resa alle esigenze d'un mercato di "massa", una parte della cultura indie rispolvera un concetto che, nell'attuale panorama ludico, suona quasi come una bestemmia: la "permadeath", ossia la dipartita definitiva del personaggio in caso di "morte" virtuale. Riaffiora la fascinazione per il "roguelike", il quale, più che un genere, è una vera e propria concezione del videogioco inteso come "esperienza" unica ed irripetibile. Il connubio tra morte permanente e mappe generate da un algoritmo casuale, mira a trasmettere al giocatore quella indefinibile attrazione per la precarietà d'ogni traguardo raggiunto nel percorso di gioco. Non esistono file di salvataggio, dunque ad ogni nuovo inizio tutte le nostre precedenti interazioni verranno cancellate, così come gli spazi che credevamo di ricordare.
    Not the Robots declina in modo assolutamente inedito la rudezza della sua natura roguelike, combinandola con una forte dose stealth ed un pizzico di puzzle game. Nel titolo dei 2DArray (team costituito da due soli individui: il game designer Eli Piilonen ed il compositore David Corney) non saremo introdotti in oscuri e labirintici dungeon ma in uffici stracolmi di mobilia accatastata alla rinfusa. Il nostro compito sarà quello di guidare un potente aspirapolvere che si muove su un'agile monoruota. Una volta calatici all'interno degli edifici aziendali attraverso tubi per la posta pneumatica, provvederemo a ripulire questi asfissianti luoghi di lavoro da: monitor, scrivanie, cestini dell'immondizia, poltrone, divani, librerie, schedari, ovvero tutti quegli oggetti che, nella loro apparente indispensabilità, circondano quotidianamente gli individui, intrappolandoli in esistenze grigie e sedentarie.

    Le avventure d'un singolare addetto alle pulizie

    Sullo sfondo del menù introduttivo scorgiamo un panorama desolato. Anonimi monoliti si stagliano su un ambiente spoglio, apparentemente inospitale: sono gli edifici di un grande complesso di uffici.
    Il comparto narrativo si muove collateralmente rispetto alle meccaniche ludiche, dipanandosi attraverso alcuni messaggi vocali che troveremo all'interno di computer portatili (la cui raccolta è in realtà del tutto facoltativa) sparsi casualmente all'interno dei livelli. Queste brevi annotazioni forniranno un contesto alle nostre scorribande all'interno degli uffici. Il tono è sempre piacevolmente ironico. Eli Piilonen gioca la carta della satira rivolta all'iper-consumismo, alla dipendenza delle società contemporanee nei confronti di una tecnologia che contribuisce ad infiacchire la volontà degli individui, rendendoli schiavi di futili automazioni e false comodità. Non sempre i testi riescono ad evitare la trappola del qualunquismo ma l'umore a tratti leggero, a tratti sardonico riesce comunque a strappare qualche sorriso. In fondo, quella sinteticamente raccontataci da Not the Robots è una storia già sentita mille volte che, tra scienziati incapaci di controllare le proprie creature e megalomani intelligenze artificiali, non rinuncia a triti e banali cliché. Piilonen s'inerpica persino su rischiose speculazioni filosofiche intorno al concetto di "divinità". Riflessioni appena accennate che suonano del tutto pretestuose in un titolo nel quale le meccaniche sono del tutto slegate dall'impianto narrativo. D'altronde, il frammentario intreccio (se così possiamo definirlo) non mira certo ad avvincere l'utente quanto ad incentivarlo a proseguire nelle sfide proposte dagli sviluppatori. I legami tra i contenuti celati all'interno dei portatili e le azioni che dovremo concretamente portare a termine sono estremamente labili. La narrazione (per quanto esile) non si sviluppa dunque attorno al gameplay ma ad esso si sovrappone come un'aggiunta che si avverte posticcia, un'appendice tutto sommato superflua.

    Roguelike in salsa stealth

    La modalità "campagna" di Not the Robots prevede una serie di livelli, generati attraverso un sistema procedurale, nei quali saremo chiamati ad aspirare un ammontare di mobilia pari o superiore all'indicazione riportata sotto la denominazione "food". A complicare il nostro singolare ruolo di "divoratore d'arredi per ufficio", ci penseranno torrette laser rotanti, imprevedibili sentinelle che aprono il fuoco a vista seguendo pattern non predefiniti, mattonelle elettrificate, barriere semoventi e mine a ricerca magnetica.
    Le meccaniche di Not the Robots si reggono su una scelta di design paradossale quanto brillante: ogni catasta di mobili rimossa, per quanto rappresenti un passo verso la vittoria, determinerà un inasprimento dei rischi, esponendoci alla minaccia di innumerevoli pericoli. La sottrazione di elementi dallo scenario ci priverà infatti della possibilità di riparaci dai laser delle torrette e occludere la visuale delle sentinelle alle quali, tra l'altro, apriremo nuovi percorsi attraverso i quali darci la caccia. Come in un puzzle game dovremo dunque scegliere con oculatezza quale pezzo dell'arredamento rimuovere per non privarci di preziose coperture (o, quantomeno, rimandarne l'eliminazione ad un'occasione più propizia). La morte permanente rende assolutamente necessario agire con attenta ponderazione. Dovremo approfittare della distrazione d'una sentinella per sgattaiolare tra un divano ed una scrivania cercando, nel frattempo, di aspirare quanti più mobili ci sarà possibile. Per nasconderci meglio ai sistemi di sicurezza potremo compattare il nostro aspiratore, abbassandolo di qualche centimetro (ma sacrificando così parte della sua agilità).

    I controlli sono estremamente reattivi. La camera segue il protagonista con un'angolazione isometrica che possiamo ruotare, ma non spostare. La visuale accusa qualche incertezza quando ci si trova dietro pareti o oggetti: questi si fanno trasparenti solo in relazione al nostro aspiratore, mentre tutto il resto, sentinelle comprese, rimarrà coperto. Ciò può risultare alquanto fastidioso quando si sta cercando di sfuggire ai nemici in uno spazio stretto tra muri, che non concedono una visione ottimale della mappa di gioco.
    Per aspirare gli oggetti non dovremo far altro che portarci vicino ad essi e premere il tasto dedicato; a seconda della distanza a cui ci troveremo rispetto ad essi, elimineremo un singolo oggetto o un intero gruppo. Spesso tuttavia le modalità di selezione mancano della necessaria precisione, soprattutto quando vorremmo limitarci a divorare singoli pezzi di dimensioni ridotte, come cestini e lampade.
    Per sfuggire ai sistemi di sicurezza potremo contare su una nutrita serie di gadget disseminati all'interno delle mappe. Uno di questi ci consentirà, se ci manterremo perfettamente immobili, di renderci invisibili agli occhi degli avversari. Grazie al teletrasporto potremo invece percorrere istantaneamente brevi distanze. Altri strumenti ci permetteranno di aprirci un varco attraverso le pareti o stordire le sentinelle per qualche secondo; avere una seconda chance nonostante la nostra barra vitale si sia esaurita o, ancora, di muoverci più rapidamente. Una volta utilizzati, questi gadget saranno nuovamente disponibili solo dopo esserci rimpinzati d'una gran quantità di mobili. Finché non amplieremo il nostro inventario attraverso bonus permanenti o limitati ad una sola sessione di gioco, potremo disporre d'un unico slot nel quale equipaggiare uno soltanto degli strumenti sopra elencati.
    É facile intuire come tutti questi elementi offrano un'enorme ricchezza di possibili approcci al completamento dei sette edifici di cui si compone l'intero percorso previsto da Not the Robots.
    Progredendo attraverso le aree più avanzate del gioco scopriremo come, al fine di passare al livello successivo, l'eliminazione d'oggetti sia condizione necessaria ma non sufficiente. All'obiettivo di creare il vuoto all'interno degli edifici aziendali se ne affiancheranno altri come quello di completare una sequenza attraversando, nel giusto ordine, alcune particolari piattaforme, oppure il compito di "taggare" tutti i nemici presenti nella mappa.

    Come da tradizione roguelike, la morte ci costringerà a ripetere da capo tutti i livelli. Questa dinamica riesce comunque a non risultare mai eccessivamente punitiva dal momento che ogni nuova partita sarà completamente diversa dalla precedente. Il level design, così come la quantità e la tipologia dei nemici, saranno gestiti, come già accennato, da un algoritmo procedurale. Se però, da un lato, condizioni di gioco sempre nuove e generate dal caso sono presupposti necessari affinché gli innumerevoli "game over" non si traducano in un'esperienza dal sapore decisamente frustrante, dall'altro rischiano d'inficiare la qualità del level design che, troppo spesso, si mostra opaco e banale. Inoltre la casualità delle situazioni genera frequenti e repentini scarti di difficoltà che determinano una crescita non lineare del tasso di sfida (a livelli estremamente tosti possono seguirne altri sorprendentemente semplici).
    Se la morte ci costringerà a ricominciare dal primo edificio, ciò non significa che ripartiremo completamente da zero. Come accade nel celebre Rogue Legacy, giocando accumuleremo punti esperienza che ci permetteranno di sbloccare upgrade permanenti. Non senza beffarda ironia, però, gran parte dei nostri progressi avranno come sostanziale effetto non tanto quello di premiare il giocatore con nuove portentose abilità, quanto quello di far raggiungere al gioco il suo pieno potenziale in termini di sfida.

    Sbloccando gli upgrade si renderanno disponibili tre ulteriori modalità di gioco, che si affiancheranno alla campagna di base: Challenge, Operation e Custom. La prima prevede un singolo livello (disegnato appositamente dall'autore) in cui si dovrà affrontare una specifica prova. Operation offre una serie limitata di livelli (tra i quattro ed i sei) che, come accade nella modalità campagna, contribuiranno a farci accumulare esperienza valida al fine di sbloccare upgrade. Selezionando Custom, invece, potremo creare un livello a seconda delle nostre preferenze, impostando parametri (dimensione, numero delle sentinelle, obiettivi da raggiungere e molti altri) sulla base dei quali verranno generate le condizioni per una personalizzata esperienza di gioco.
    Queste tre modalità, per quanto trascurabili, prolungano la già elevata longevità d'un titolo che offre sfide potenzialmente infinite.

    Pregevole artigianato indie

    Nonostante sia opera di un solo individuo, l'impianto visivo di Not the Robots è tutt'altro che spartano. La modellazione degli oggetti è piuttosto dettagliata e, sebbene la varietà del mobilio non possa definirsi vastissima (si tratta pur sempre d'arredi per ufficio), è apprezzabile l'impegno profuso dagli sviluppatori nel creare più versioni d'ogni specifico elemento. Anche le animazioni, pur non essendo particolarmente complesse, rivelano un'indubbia cura nell'evitare che il protagonista assuma movimenti eccessivamente rigidi. Il motore grafico mostra, invece, qualche ingiustificato rallentamento, soprattutto nei livelli più ampi. I cali di frame rate non si manifestano, però, mai in misura tale da compromettere la godibilità dell'esperienza di gioco.
    La componente audio, curata da David Corney, è composta da una colonna sonora che, sebbene caratterizzata da un unico tema, varia dinamicamente negli arrangiamenti, modificandosi sulla base delle condizioni di salute del nostro aspiratore e sul livello d'allerta delle sentinelle. Meno pregevoli i campionamenti audio, che si dimostrano sin troppo minimali, con una quasi totale assenza di suoni ambientali.

    Not The Robots Not The RobotsVersione Analizzata PCNot the Robots è una fresca ventata d'aria nuova all'interno del sottogenere dei roguelike. Il titolo 2DArray riesce brillantemente a mescolare stealth e puzzle game all'interno d'un contesto - quello d'uffici deserti, ricolmi d'oggetti abbandonati - che non colpisce solo per l'inconsueto setting ma soprattutto per il senso di straniante alienazione che, a tratti, riesce ad emanare. I limiti dell'operazione sono innegabili e principalmente ravvisabili in un impianto narrativo pretestuoso e del tutto avulso dal gameplay, così come nel level design non particolarmente ispirato. Ciò nonostante il titolo 2DArray riesce a farsi apprezzare per l'eleganza delle sue meccaniche ludiche e l'originalità delle situazioni proposte. Se vi interessano le sfide, Not the Robots merita la vostra attenzione. Una volta provato non ci vorrà molto perché la sua paradossale logica vi conquisti.

    7.5

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