Octopath Traveler Recensione: il JRPG 16 bit di Square Enix arriva su PC

Dopo aver riscosso un notevole successo su Nintendo Switch, il nostalgico Octopath Traveler debutta ora anche su PC.

Octopath Traveler Recensione: il JRPG 16 bit di Square Enix arriva su PC
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  • Pc
  • Xbox One
  • Switch
  • Xbox One X
  • Xbox Series X
  • Dopo un anno passato come stendardo del JRPG vecchia scuola su Switch, l'esclusività di Octopath Traveler si è sciolta col primo vero caldo di questa primavera, aprendo i suoi sentieri agli avventurieri PC, che potranno finalmente partire zaino in spalla per esplorare i meravigliosi panorami dipinti al pixel di Osterra. Un'opera quasi teatrale nel copione e nell'estetica, solenne ed elegante senza dimenticare momenti di pura commedia, interpretata da otto attori in cerca di altrettanti sogni, vendette e conoscenze, da raggiungere attraverso il rito ancestrale del pellegrinaggio. Già elogiata un anno fa in versione Switch, proprio su queste pagine, l'opera Acquire e Square-Enix non è stata ancora ridimensionata dal tempo, guadagnando anzi ulteriore luminosità e classe grafica, sbocciando nuovamente per tutti coloro che l'aspettavano fuori dalle mura di Kyoto.

    Mattoni (virtuali) a vista

    Sul piano visivo l'HD-2D, modellato artigianalmente dagli sviluppatori per dare al gioco un senso di scala da diorama, possiede ancora un fascino unico e un effetto balsamico sulla retina. È uno stile che emerge naturalmente, reinterpretando la classica pixel art con l'aiuto della terza dimensione, arrivando a un risultato promiscuo, pregno di personalità. Uno spettacolo che però, a livello prosaicamente tecnico, non era stato gestito al meglio: 30 quadri al secondo con qualche raro singhiozzo, risoluzione in modalità docked bloccata a 720p che veniva ulteriormente ridotta a 1024×576 con la console tra le mani. La bassa risoluzione dell'epidermide grafica ovviamente contribuiva a un sensuale effetto vedo-non vedo, che non permetteva al giocatore di capire dove finiva la licenza stilistica e dove iniziavano i limiti, almeno finché Digital Foundry non ha sostituito il dubbio con i gelidi numeri.

    Nella nostra configurazione di prova, un portatile di fascia media, efficiente ma non certo poderoso, la risoluzione massima si è fermata poco sopra gli standard di una Switch comodamente adagiata nella dock station, ovvero a 1366x768. Poco male, perché come detto l'estetica low-res si presta a un perfetto numero di illusionismo, nonostante si possa notare un certo scollegamento tra determinate texture, mentre le richieste non esose in termini di risorse permettono all'opera di girare liscia come seta con tutte le opzioni del mixer grafico tirate su al massimo. È una versione ancora più satura, accesa e dettagliata; certo, il frame rate ne esce sincopato, alternando i 60 e i 30 fotogrammi in base all'area e alla ricchezza della stessa, ma questo non disturba né distoglie gli occhi dal paesaggio. I verdi pixel delle foglie che ancheggiano al vento, le ombre cinesi a lume di torcia nelle caverne, gli ultimi raggi di sole che illuminano Granmasso in un eterno tramonto. Infiniti tocchi di classe che riscaldano il cuore e illuminano più che mai un mondo barocco, opulento, che ama tenere al centro della prospettiva il giocatore, sfocando primi piani e orizzonti per poi esibirsi nello spettacolo pirotecnico dei combattimenti. A turni, come una perfetta messinscena, addobbati con bagliori, magie, trucchi che accendono l'atmosfera crepuscolare e ovattata del mondo, proiettando ombre tutt'intorno.

    Una limitata dinamicità che fa del controllo via tastiera un'alternativa rilassata, in perfetta sintonia col ritmo di gioco che vuole stimolare all'esplorazione, a percorrere sentieri impervi collegati da crocevia fisici ed emotivi, prendendosi i propri tempi per riempire gli occhi e le barre dei punti esperienza. L'assenza di un'alternativa di gioco veloce, per spezzare l'avventura in partite di durata variabile, tipica di Switch, spingerà probabilmente a sessioni di gioco più corpose che potrebbero mostrare il fianco alla ripetitività ciclica del game design.

    Eppure Octopath Traveler rimane un titolo così fluido nei suoi meccanismi, stimolante, brillante nella scrittura e amichevole negli auto-salvataggi (ovviamente evanescenti in caso di sconfitta, ma perfetti per partite brevi) che è impossibile non apprezzarne le innate qualità, soprattutto per gli estimatori del genere.

    Colonna sonora portante

    Doveroso infine spendere qualche riga per quella che è probabilmente una delle migliori colonne sonore degli ultimi anni. Ricca, potente, sentimentale e per questo volubile, capace di raccontare stati d'animo e luoghi come una voce narrante suadente e poetica. Yasunori "Vivian" Nishiki, sulle orme di Nobuo Uematsu, ha firmato un omaggio ai JRPG che furono e forse non saranno più, se non quando qualcuno riesce a farne rivivere l'anima, anche su spartito. Vibrazioni che amplificano e propagano ogni sensazione positiva che l'opera riesce a trasmette, come gettare un sasso in uno stagno a 16-bit.

    Octopath Traveler Octopath TravelerVersione Analizzata PCDopo un viaggio di quasi un anno, Octopath Traveler è finalmente giunto su PC, pronto a condividere le sue virtù con un’enorme fetta di umanità, tanto sfaccettata quanto accomunata dalla fede videoludica. Il suo retro-modernismo estetico risplende oggi più che mai, mantenendo intatto tutto quello che ci aveva fatto innamorare su Switch e migliorandone effetti scenici, texture, risoluzione. Un’avventura lunga, costellata di tappe che fanno bene ad occhi, cuore e orecchie, capace di unire con scioltezza le caratteristiche salienti dell’era d’oro a 16-bit del genere a trovate che ne rendono contemporanea la struttura, esaltando il tessuto strategico delle battaglie e un’esplorazione invitante ma mai dispersiva. Un’opera che ha tanto da raccontare, un viaggio che percorre otto strade contemporaneamente, destinate a congiungersi, a farsi amare.

    8.8

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