Recensione Odin Sphere

Atlus e Square-Enix insieme per questo atteso Action GDR

Recensione Odin Sphere
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  • PS2
  • Il “vecchio” che avanza

    A 2008 inoltrato, mentre non si parla altro che di 3D e sperimentazione nel gameplay, ecco arrivare sulle nostre Playstation 2 un titolo “vecchia scuola”, sia come impostazione grafica che dal punto di vista dello stile di gioco: si tratta di Odin Sphere, particolare action RPG sviluppato da Atlus.
    I giocatori di vecchia data, nostalgici dei grandi classici del Super Nes, saranno felici di ritrovare le rigorose meccaniche di gioco di una volta, dove nulla era lasciato al caso, e bisognava ripetere uno schema diverse volte prima di ottenere risultati soddisfacenti.
    C’è da vedere come reagiranno coloro che sono abituati alle produzioni attuali...

    Storia di Principi e Principesse

    Odin Sphere prende le mosse da un grande classico del Sega Saturn di più di dieci anni fa: Princess Crown. I due titoli sono talmente simili come impostazione generale, meccanica e stile di gioco, che potrebbero tranquillamente essere considerati l’uno il seguito dell’altro. Non sono infatti dissimili tra loro più di quanto lo sia Final Fantasy VIII rispetto al IX.
    Curioso il destino della localizzazione occidentale di questi due prodotti: se Princess Crown ha goduto di una conversione per PSP tempo fa, non è mai stato tuttavia tradotto in inglese.
    Odin Sphere invece, nonostante una subitanea release americana, ha impiegato quasi un anno per arrivare da noi.
    Il gioco, localizzato in buon italiano, si presenta come un particolare action-rpg di scuola tipicamente giapponese.
    Le affinità con altri grandi classici del periodo di Princess Crown (Legend of Mana, Seiken Densetsu 3, i vari SaGa) sono evidenti e volute: combattimenti in tempo reale, avvincenti plot vissuti da molteplici punti di vista, grande attenzione riposta nell’utilizzo oculato di poteri e inventario. E naturalmente un’atmosfera epica che rappresenta il più grande punto di forza di queste produzioni.
    La storia di Odin Sphere narra della guerra per la conquista del Calderone Magico di Re Valentine, e di come i principi delle nazioni coinvolte nello scontro vivano questo burrascoso periodo. In un crescendo di furiose lotte, alleanze più o meno forzate, tradimenti e inganni, i cinque giovani si incontrano e si scontrano, si amano e si odiano, cercando di ribellarsi ad un destino che è sempre più grande di loro.
    Il gioco è diviso in 6 grandi scenari (uno per protagonista, più quello finale) a sua volta ripartiti in vari sottocapitoli, a cui accederemo in sequenza prefissata. Giocheremo nei panni di un personaggio per volta, scoprendo a poco a poco gli intrecci dell’intricata trama ideata dagli sceneggiatori. Ogni sottocapitolo è sostanzialmente un’ambientazione diversa, presentata sotto forma di mappa a bivi. Per completare un capitolo bisogna raggiungere la casella della mappa su cui sosta il boss di turno e sconfiggerlo.
    Non è tuttavia semplice arrivare direttamente al boss e la meccanica stessa del gioco sconsiglia di farlo, promuovendo l’esplorazione della mappa in toto con la ricompensa di oggetti particolari per ogni quadro portato a termine.

    Alchimisti combattenti

    La componente action del gioco è abbastanza semplice, presentando quadri bidimensionali piuttosto corti e a struttura circolare (ovvero, una volta arrivati al bordo del quadro ci si ritrova nuovamente all’inizio dello stesso) e che vengono definiti vinti quando si è spazzato via ogni singolo nemico. Gli incontri non sono dunque casuali ma prefissati, come in un qualunque hack’n’slash dei bei tempi degli 8 e 16 bit. I controlli sono piuttosto basilari, e barcamenarsi fra le poche combo, gli attacchi caratteristici e le abilità magiche di ogni personaggio non risulta granché difficile. Particolare attenzione va però riposta nel tipo e nel numero di nemici che si ha davanti, che vanno affrontati con la giusta strategia, pena il repentino game over. La difficoltà del gioco è infatti piuttosto elevata già a livello normal, tanto da rasentare la frustrazione in molti casi. Proprio per questo i programmatori hanno deciso di creare diversi livelli di difficoltà intercambiabili anche tra un quadro e l’altro, l’immediato restart dal livello in corso in caso di prematura dipartita e la possibilità di resettare ogni schema qualora la nostra condotta non ci soddisfi.
    Estremamente importante è la gestione dell’inventario: ogni singolo oggetto rinvenuto, oltre ad essere usato così com’è, può essere combinato con altri per mezzo di fusioni alchemiche... o culinarie! Se calcolate che molte di queste trasmutazioni necessitano inoltre del giusto quantitativo di “fozoni” magici e delle particolari monete indicate nelle ricette, potete ben immaginare come questo aspetto può dar luogo anche a lunghe e complesse catene di “trasformazione” per dar forma agli item più pregiati.

    Uno spettacolo in due dimensioni

    Come già detto, questo titolo si presenta come un gioco 2D “puro” come non se ne vedevano da parecchio tempo.
    Questa scelta comporta, dal punto di vista della giocabilità, minore disorientamento del giocatore e maggiore precisione nelle collisioni fra sprite.
    Dal punto di vista grafico, invece, non possiamo fare a meno di rimanere affascinati dalla sontuosità dei fondali, coloratissimi, ricchi di diversi livelli di parallasse e splendidamente arricchiti da mille particolari. Tutti gli sprite hanno miriadi di animazioni e il chara design, per quanto rappresenti protagonisti, mostri, boss di fine livello e semplici comparse con stili grafici diversi, è sempre molto curato e incisivo. I boss di metà e fine livello poi, sono enormi, occupando spesso gran parte dello schermo. Ulteriore tocco di classe? La possibilità di visionare il gioco a 60Hz. Il paradiso della grafica bidimensionale, insomma, a dimostrazione che questo stile ha ancora molte frecce al suo arco, se solo le software house non si ostinassero a volerci propinare sempre i soliti mondi 3D immersivi quanto spogli.
    Sul fronte sonoro c’è da segnalare l’ottima colonna sonora realizzata dal Maestro Hitoshi Sakimoto, ormai un veterano del genere, capace di sottolineare con efficacia la drammaticità di ogni vicenda. Davvero apprezzabile la scelta di rendere disponibile al giocatore non solo il discreto doppiaggio in inglese ma anche l’originale e ispirato doppiaggio originale, in giapponese. Trovata assai azzeccata, ma piuttosto rara nelle localizzazioni occidentali (.Hack// e pochi altri titoli a parte).

    Tanti pregi...

    Non è semplice dare un giudizio a questo gioco, data la sua particolare struttura. All’uscita della versione americana, cori entusiastici si sono levati sia da parte del pubblico che della critica. Voti anche molto elevati sono stati attribuiti a questo titolo, con in genere due uniche riserve. Venivano criticati l’eccessivo rallentamento della grafica nei casi di sovraffollamento sullo schermo e i tempi di caricamento fra un quadro e l’altro non proprio brevi. Ebbene, questi due difetti, incredibile ma vero, sono stati abilmente smussati nella versione Pal. E questa è forse la prima volta nella storia che un titolo europeo “funziona” meglio di uno NTSC.
    Questo gioco vanta poi tante caratteristiche positive: innanzitutto è tecnicamente curatissimo in ogni suo aspetto, grafica e sonoro come poc'anzi accennato sono superbi e da portare come esempio. Spesso si perde tempo, giocando, anche solo ad ammirare personaggi e fondali così mirabilmente disegnati e animati.
    Ma il tutto non è ottimamente caratterizzato solo dal profilo tecnico: ogni personaggio ha un suo particolare carisma e la storia è indubbiamente profonda e drammatica, come da copione in ogni buon j-rpg. Il motivo che fa perseverare il giocatore è proprio questo, il volersi calare sempre più nel fatato mondo tratteggiato da Atlus.
    Notevole la complessità del sistema alchemico, che sta alla base della mera sopravvivenza. Senza un continuo e corretto utilizzo degli item infatti, risulta davvero ostico, se non impossibile, proseguire nel gioco. La ricerca degli “ingredienti” più pregiati e il doverli combinare con i fozoni accumulati nell’arma e le varie monete in corso legale nei vari paesi vi terrà, volenti o nolenti, parecchio occupati.
    Altro punto a favore di Odin Sphere è la sua elevata longevità. Atlus promette più di 40 ore di gioco, ma per completare l’avventura al 100% con tutti i personaggi mettetene in conto almeno il doppio, sempre se avrete la pazienza di portare a termine una tale impresa (sarete ricompensati da un finale speciale).

    ...e non pochi difetti

    Detto questo, Odin Sphere sembra proprio il gioco dei sogni di ogni appassionato, un vero “canto del cigno” per la Playstation 2. Non stupitevi, invece, al momento di leggere il voto finale.
    Tanto ben di Dio nasconde infatti anche parecchie lacune, soprattutto nel comparto più importante: la giocabilità.
    La componente action di Odin Sphere è alquanto povera: i combattimenti sono assolutamente schematici e da affrontare con la logica del “tentativo reiterato”, ovvero riprovare lo stesso quadro fino alla nausea per imparare i pattern di uscita e attacco dei nemici per potere uscire indenni da ogni schema. E ripetere lo stesso livello anche dieci volte, in alcuni casi, non è esattamente rilassante, né il tipo di sfida che ci si aspetta da un buon gioco al giorno d’oggi.
    I combattimenti in sé non sono poi granché divertenti, risultando anzi troppo macchinosi e poco scorrevoli, soprattutto per il continuo ricorrere all’inventario non solo per utilizzare gli oggetti, ma anche per combinarli fra loro o immagazzinarli, il tutto necessariamente nel bel mezzo dell’azione. Tutto ciò spezza oltremodo il ritmo di gioco, e contribuisce ad aumentare la frustrazione.
    Altro difetto è la poca libertà d’azione. E’ un peccato che non si possa scegliere l’ordine in cui impersonare i cinque eroi, ma questo è il difetto minore. Il problema vero sta nel dover affrontare un percorso pressoché obbligato dall’inizio alla fine, senza variazioni di sorta. Oltretutto qui manca anche qualsivoglia componente esplorativa: i quadri sono troppo corti, e non esistono dungeon o foreste. Anzi, in pratica quasi non esistono neanche le città, solo qualche sporadica locazione “enemy free”.
    Atipico poi è il fatto di avere a disposizione personaggi molto carismatici ma assolutamente non personalizzabili: si tratta solo di far fare loro esperienza e raccolta di fozoni per migliorare rispettivamente le caratteristiche di base e dell’arma. Non è previsto alcun altro tipo di crescita o personalizzazione, e certamente è penalizzante, se si pensa allo sforzo nel far diventare una rapa una pozione magica, che avremmo fatto più volentieri per modificare qualche caratteristica del nostro eroe.
    Poco curato anche l’aspetto “magico”: non ci sono skill particolari da apprendere nel gioco, se non quattro o cinque magie in comune fra i personaggi, tra l’altro piuttosto trascurabili.
    Infine, c’è da rimarcare la ripetitività di fondo: certo, i quadri variano nella composizione, tra un character e l’altro, ma una volta finita la storia di Gwendolyn avrete già visto l’80% buono di sprite e fondali.

    Odin Sphere Odin SphereVersione Analizzata PlayStation 2L’avvincente storia mette una toppa su molte lacune e appassiona il giocatore, ma senza di essa e l’appagamento audio-visivo questo gioco ne uscirebbe assolutamente sconfitto. I programmatori erano probabilmente ben consci della limitata giocabilità del prodotto, gli accorgimenti per migliorarlo ci sono e si vedono (come l’utilissimo radar con tanto di mini-riproduzione delle azioni degli sprite), ma per un eventuale seguito sarebbe meglio rivedere tutto il sistema per renderlo più maneggevole. Così com’è Odin Sphere ha molto da dare, ma anche molto da chiedere, ed è consigliabile solo agli appassionati dei “bei, cari e DIFFICILI giochi di una volta”, che possono anche aggiungere un punto al voto finale.

    6.5

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