Recensione One Piece Pirate Warriors 2

Omega Force e Tecmo Koei riportano su Ps3 cappello di paglia e la sua ciurma

One Piece Pirate Warriors 2
Recensione: PlayStation 3
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  • PS3
  • A neppure un anno dall'uscita di One Piece Pirate Warriors, Tecmo Koei pubblica -sempre in esclusiva su PlayStation 3- il secondo capitolo del Musou ispirato alle avventure di Monkey D. Rufy e della sua ciurma. Non è la prima volta che l'instancabile Omega Force abbandona ninja e samurai e si concentra sui Tie-In, ma le fortune del pirata dal cappello di paglia sembrano discretamente superiori rispetto a quelle di Ken e Gundam. Del resto il contesto e l'ambientazione alla base dell'appassionante Shonen sembrano perfetti per adattarsi al modello ludico che tutti conosciamo e che negli anni ha caratterizzato larga parte della produzione del publisher.
    Il discreto successo del primo episodio (e le vendite della bellissima Limited Edition) devono aver convinto il team a lavorare piuttosto alacremente a One Piece Pirate Warriors 2, cercando di ascoltare le richieste dei fan, che chiedevano una maggiore varietà di personaggi e di situazioni.

    Un passo avanti e uno indietro

    La più grande novità di One Piece Pirate Warriors 2 è la presenza di una storyline completamente inedita, indipendente da quella raccontata nel manga e nell'anime. Scritto dal team di sviluppo in collaborazione con gli sceneggiatori ufficiali della serie a fumetti, il plot racconta di un terribile Dial, che avvolge in una nebbia mefitica tutta la ciurma di Rufy ed i Marines che la inseguono, mandandoli letteralmente fuori di testa. Come fossero posseduti, i compagni di Rufy gli si rivoltano contro, mentre l'insubordinazione dei sottoposti di Smoker finisce per convincere la Marina a mettergli una taglia sulla testa.
    Nasce così, dopo le prime due missioni del prologo, una sequenza di eventi che vede scontri e alleanze del tutto imprevedibili. Si tratta, nelle intenzioni del team di sviluppo, di un espediente per stuzzicare la curiosità degli appassionati, ricombinando le star dell'immenso cast in maniera del tutto imprevedibile.
    Bisogna però ammettere che la storia di One Piece Pirate Warriors 2 non brilla né per contenuti né per direzione: raccontata in maniera piuttosto sbrigativa, procede senza guizzi lasciando il giocatore a vedersela con una nutrita serie di missioni principali e secondarie, che rappresentano il fulcro dell'esperienza di gioco.
    A conti fatti questa inconsistenza della trama non è un difetto di troppo conto: l'idea alla base del titolo è proprio quella di rappresentare una sorta di “parco giochi” in cui gli appassionati dell'opera di Eiichiro Oda possono divertirsi con i propri personaggi preferiti, senza pensare alla coerenza narrativa. Il giocatore finisce così per saltare tutti gli intermezzi, esplorando poi i menù di gioco per scoprire il numero eccezionale di opzioni in single player e cooperative.

    Pochi ma significativi i cambiamenti sul fronte delle dinamiche di gioco. Pirate Warriors 2 è un Musou come tutti quelli schierati da Tecmo Koei, e quindi ci vedrà impegnati a massacrare schiere interminabili di soldati-fotocopia, utilizzando un sistema di combo abbastanza basilare. Così come succedeva per il predecessore, però, si deve dar conto al team di uno sforzo produttivo non indifferente. Spulciando i moveset dei protagonisti selezionabili (sono oltre 50) si scopre un elenco mosse molto nutrito. Se già nel primo Pirate Warriors il lavoro svolto ci era sembrato interessante, ed il team ha voluto in questo sequel stupire anche gli affezionati più coriacei, riproducendo in maniera precisa un numero ancora più elevato di mosse. Questa varietà di combo, che si sbloccano salendo di livello, fa bene al gameplay ed alla vivacità delle sequenze di combattimento, che almeno tendono a farsi meno monotone del solito.
    Anche l'ampia disponibilità di mosse speciali compiace. Già nel primo capitolo c'era la possibilità di sfruttare, oltre ai devastanti attacchi musou, una combo di coppia, che permetteva di richiamare un compagno sul campo di battaglia per infliggere danni extra ai nemici. In Pirate Warriors 2 questo attacco speciale (caricato eseguendo le combo standard) ci regalerà anche una finestra di tempo per controllare direttamente il personaggio di supporto: una trovata lucida che smussa ulteriormente la monotonia degli scontri, e sicuramente ringalluzzisce i fan, che potranno costruire le proprie coppie d'assalto.
    Ovviamente tutti questi miglioramenti vanno inquadrati all'interno del contesto del genere: non cercate quindi tecnicismi estremi e guizzi dal punto di vista del level design. Fra un power up e l'altro, l'avanzamento è comunque "a testa bassa", e chi proprio non sopporta la filosofia alla base del genere d'appartenenza non si farà certo convincere da Pirate Warriors 2. Nonostante un incremento del numero di nemici sullo schermo, in fondo la sostanza è sempre quella, e l'estrema immediatezza della formula di gioco si paga con la quasi totale assenza di una vera profondità.
    In questo capitolo, fra l'altro, spariscono i Quick Time Event che avevano fatto la loro comparsa nel predecessore, e adesso l'impostazione delle missioni è molto più simile a quella della serie classica, con territori da conquistare, capitani da abbattere e interminabili orde di nemici. Un peccato, se si considera quanto la progressione più “avventurosa” aveva fatto bene a Pirate Warriors.
    Questo secondo capitolo, per scacciare la monotonia, si concentra invece sulla varietà del cast, e permette la giocatore di selezionare il proprio eroe, persino di cambiarlo di missione in missione. Nelle schermate preparatorie di ogni stage, del resto, è possibile spendere dei Berry per incrementare il livello dei personaggi appena sbloccati o mai utilizzati, così da poter affrontare anche i capitoli molto avanzati senza problemi.
    Il sistema è molto interessante, e stuzzica la curiosità del giocatore, che può provare un pirata sempre nuovo e, almeno inizialmente, evitare di avvertire la stanchezza di un gameplay ripetitivo fino all'estremo.
    Peccato che oltre all'incremento automatico delle statistiche ed allo sblocco di nuove combo, il sistema di sviluppo riservi poche altre sorprese. Il potenziamento dei personaggi passa dall'accumulo delle ben note medaglie: conquistate in battaglia, queste possono essere disposte i diversi slot, per potenziare le statistiche di base dei personaggi ma anche per attivare abilità speciali basate sui “legami” fra una moneta e l'altra. Le medaglie si usano anche nei nuovi “diari”, che funzionano come tessere del bingo: recuperarne tre disposte sulla stessa linea permette di avere accesso ad una skill speciale; si tratta ovviamente di abilità passive che per nulla variano l'esperienza di gioco.
    Gli appassionati del manga, tuttavia, dovranno darsi un bel da fare per far salire le statistiche dei beniamini più amati, che poi potranno utilizzare -oltre che nelle missioni principali- anche negli scenari speciali o nelle side-quest. A livello contenutistico, quindi, Pirate Warriors 2 non si fa mancare nulla: peccato che poi tutto si riduca allo stesso incedere monotono e meccanico. Se è vero che l'aumento del numero di combo e l'importanza della schivata -soprattutto in certi scontri con i boss- rappresenta una novità interessante nell'alveo di un genere storicamente molto superficiale, resta inspiegabile l'abbandono delle sequenze di esplorazione e dei Quick Time Event che avevano reso il primo Pirate Warriors quantomeno più vivace.
    Probabilmente la scelta di rimuovere tali sezioni è da imputare ad uno sviluppo un po' frettoloso: Omega Force si occupa di un numero veramente alto di produzioni, e visto l'arrivo di Dynasty Warriors 8 questa estate, è normale presumere che buona parte degli sforzi del team siano stati assorbiti dall'episodio “principe” della saga. Se un eventuale prossimo capitolo dovesse unire il gameplay del capostipite con il numero di personaggi ed i moveset di questo episodio, potremmo avere per le mani un prodotto sicuramente più interessante, sicuramente più appetibile ed universale.

    Tecnicamente parlando il titolo si distingue per qualche evidente miglioramento grafico, che interessa solamente i modelli dei personaggi, adesso vivacizzati da qualche shader e texturizzati in maniera sicuramente più dignitosa. La povertà poligonale delle ambientazioni ed il pop-up di elementi a schermo restano i freni più evidenti di un comparto visivo che, sporcato leggermente dall'aliasing, non può certo dirsi al top.
    Comunque sia, i personaggi vengono mostrati a schermo sfruttando un cell shading piuttosto avanzato che, pur non raggiungendo le vette di Ultimate Ninja Storm, convince. Le tecniche da manga-game già viste in Asura's Wrath (come quelle che mimano l'uso dei retini) si ripresentano qui in maniera meno marcata ma non meno coinvolgente, veicolando sfumature espressive e dettagli inaspettati per un "semplice" tie-in.
    Il reparto sonoro si distingue per il doppiaggio originale giapponese (per la gioia degli appassionati) e una soundtrack che, recuperando brani del precedente episodio, si limita a sottolineare dignitosamente l'incedere martellante dell'azione.

    One Piece: Pirate Warriors 2 One Piece: Pirate Warriors 2Versione Analizzata PlayStation 3One Piece Pirate Warriors 2 prende, inaspettatamente, una strada un po' diversa rispetto a quella del suo predecessore. Proprio tutti quegli interventi che avevano allontanato il primo capitolo dalla formula un po' terra-terra del genere d'appartenenza spariscono all'improvviso. Questa seconda comparsata di Rufy, insomma, finisce per risultare un Dinasty Warriors in salsa piratesca, con tutto quello che ne consegue. Il gameplay resta comunque molto vivace, sia per l'utilizzo delle mosse speciali che per il numero di combo sicuramente più interessante rispetto a quello di altri titoli Tecmo-Koei. Anche il numero di personaggi giocabili, che possono essere alternati di missione in missione, è impressionante e lo stile del manga riprodotto in maniera molto fedele. Pirate Warriors 2 resta quindi consigliato agli appassionati dello shonen di Eiichiro Oda, ma per superare alcune incertezze del genere bisognerebbe puntare, in futuro, su una struttura più vivace (al pari di quella del capostipite) e su un sistema di progressione meglio strutturato.

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