Recensione Otogi: Myth of Demons

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Recensione Otogi: Myth of Demons
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Ne è passato di tempo!

Arrivato con più di un anno di
distanza dall’originaria uscita sul mercato nipponico, l’ultimo titolo della
giapponese From Software, ha finalmente fatto la sua comparsa ufficiale anche
nel vecchio continente distribuito sotto etichetta SEGA. Lo studio nipponico,
fondato nel 1986, si occupava originariamente di applicativi per la business
economy, ma nel 1994 From Software fece il suo ingresso nel mercato del
videogame, sviluppando King’s Field per Playstation. Da allora l’attività di
questa talentuosa software house si è concentrata esclusivamente nello sviluppo
e nella pubblicazione di videogame, molti dei quali contraddistinti da un
marcato stile orientale, soprattutto per quanto riguarda atmosfera e
realizzazione artistica. Tra i titoli di maggior successo di From Software, non
possiamo non ricordare Frame Grade per Dreamcast e la serie Armored Core per le
macchine Sony, mentre per quanto riguarda i loro ultimi lavori, fa piacere
constatare il forte impegno preso con la macchina Microsoft; nonostante si
tratti di una piattaforma ancora giovane, From Software ha saputo dare il suo
apporto con ben quattro titoli, ovvero; Gaia Blade, Marakumo, Thousand Land ed
ovviamente Otogi.

Buongiorno
principessa!

Ispirato alle leggende nipponiche di demoni ed antichi
samurai, Otogi ci mette nei panni di Raikoh, un potente samurai di un’era ormai
dimenticata e ci condurrà attraverso numerose locazioni di un Giappone antico e
misterioso. Colpevole di un passato di omicidi come membro di un clan di
assassini, Raikoh è costretto a vagare in eterno in una dimensione che non
concede la quiete, fin quando un’entità definita solo come “principessa”, offre
all’antico samurai la possibilità di redimersi. Il mondo dei vivi sta subendo
numerosi cambiamenti e l’ordine sta lasciando spazio al caos, demoni prima
relegati ad altre dimensioni, stanno invadendo il reale ed ancor peggio le
entità che una volta alimentavano il sigillo dimensionale, adesso sono state
disperse secondo un piano ben preciso. Sotto la guida della misteriosa
Principessa, Raikoh dovrà guadagnare la possibilità di purificare la propria
anima cercando di ristabilire l’ordine naturale delle cose, ripristinando il
sigillo e soprattutto ripulendo numerose aree dai demoni che le hanno
infestate.

Spacco tuttoooo!!!!

La necessità di fare massacro di demoni, costituisce il perfetto
pretesto per un titolo tutta azione quale è Otogi, del tutto privo di enigmi e
soprattutto di tempo per riflettere. Al termine di un breve resoconto sui
compiti assegnateci dalla misteriosa voce della principessa, saremo
immediatamente catapultati nel mondo dei vivi nel quale la straordinaria forza,
ma soprattutto la nostra trasposizione fisica può esistere solo grazie alla
purtroppo discreta, capacità magica appresa dalla nostra femminile guida. Ci
ritroveremo dunque a controllare Raikou attraverso un punto di vista in terza
persona (ma si avrà comunque il pieno controllo della telecamera) ed a dover
fronteggiare intere orde di demoni a colpi di armi da taglio; a nostra
disposizione avremo la possibilità di eseguire un attacco rapido e di bassa
potenza, ma che può essere ripetuto fino a tre volte in combo, un attacco secco
dalla grande potenza, la capacità di utilizzare una specifica magia ed infine di
eseguire ovviamente dei salti di grande elevazione e dei doppi salti nella
migliore tradizione nipponica. Per via della limitata capacità magica di Raikou
e soprattutto del continuo degradamento di quest’ultima, è necessario
sconfiggere il più frequentemente possibile i demoni nemici, in quanto al
momento del loro dissolvimento rilasciano una piccola quantità di energia magica
sotto forma di scie fluttuanti di colore viola ed allo stesso modo, altre di
colore giallo e verde, rappresentanti rispettivamente una sorta di credito e dei
punti esperienza. Oltre ad essere necessario far man bassa di nemici, bisogna
dire che non è mai stato così appagante; le movenze di Raikou sono eleganti e
letali allo stesso tempo, la possibilità di volteggiare nell’aria e di restare
sospesi eseguendo delle combo devastanti, oppure schivando i colpi nemici con
dei vertiginosi scatti in tutte le direzioni, conferisce all’antico samurai una
grazia incredibile. Eleganza e potenza, perché la possibilità di scaraventare i
nemici a lunghe distanze con colpi di grande potenza e facendo loro distruggere
ogni cosa incontrino, non può essere descritto in altro modo. Inoltre l'intero
stage risponde a questa legge e praticamente ogni cosa, fatta eccezione per
particolari casi, può essere letteralmente demolita lasciando a terra solo
frammenti di quelli che prima erano templi, mura, alberi e rocce. Anche la
conformazione del suolo e delle pareti rocciose risente dei nostri colpi e
quando qualche nemico viene scaraventato contro, oltre a subire un maggior
danno, lascia sempre alle sue spalle un grande polverone, frammenti di roccia ed
una piccola voragine a testimoniare la violenza dell’impatto. Ma la distruzione
dello scenario non ha semplicemente una funzione estetica, tra le altre cose
appagante, ma costituisce anche un elemento di valutazione dei risultati
ottenuti nel determinato stage, dal momento che, oltre ad essere valutato il
tempo impiegato, sono considerati anche la quantità di danni apportati, il
numero dei nemici uccisi ed infine la percentuale di anime rinvenute dalle
strutture che le nascondevano. Schiavi di un’energia magica in continua
diminuzione, difficilmente si avrà a disposizione il tempo per dedicarsi alla
distruzione ed alle ricerca già dalla prima volta che si affronta uno stage, ma
si avrà per fortuna la possibilità di rivisitare tutte le locazioni già superate
ed a scelta, di ripercorrerle nell’esatto stato in cui le si era lasciate la
prima volta. Questo, oltre ad aumentare la longevità e la rigiocabilità di
questo titolo, ha anche la funzione di consentire al giocatore di dedicarsi con
più tranquillità alla ricerca degli item nascosti all’interno degli stage o da
ottenere a seguito di prestazioni particolari. Nello specifico, all’interno di
alcuni stage sono nascosti dei Mercy Orb, ovvero delle sfere che concedono a
Raikoh un certo quantitativo in più di energia vitale, armi di vario tipo,
oggetti speciali da equipaggiare ed infine dei potenziamenti riguardanti le
magie, anche se gli item più efficaci vanno reperiti ottenendo particolari
punteggi e completando degli stage entro un certo tempo. La cosa particolare è
che nulla all’interno del gioco lascia intuire al giocatore dove o come ottenere
quei particolari item, e dal momento in che molto spesso si rivelano non
indispensabili,ma certamente utili a rafforzare Raikoh e rendere la vita più
semplici, la loro ricerca ocuperà una certa parte dell’azione di gioco nel suo
complesso. Le armi utilizzabili da Raikoh sono circa trenta tra spade, singole o
doppie, bastoni ed aste, ogniuna di queste possiede differenti attributi che si
vanno a sommare od a sottrarre a quelli del protagonista, variando l’efficacia
delle skill di attacco, difesa, capacità magica e resistenza. Ogni arma inoltre
è soggetta ad una certa usura ed è possibile, tra uno stage e l’altro,
ripristinarne l’efficacia facendo fondo ai crediti guadagnati nel corso dei
livelli, crediti utilizzabili soprattutto al fine di aquistare nuove armi, magie
ed accessori. La scelta dell’arma inoltre non si ferma a dover tenere conto
delle capacità che va ad alterare, ma soprattutto per quanto riguarda le aste,
anche al suo orientamento magico, o meglio della capacità di rafforzare attacchi
di una determinata casa magica. Nell’universo di Otogi ogni demone fa parte di
una delle quattro case magiche e da questa trae maggior forza, nei confronti di
questa subisce danni irrilevanti , ma al contrario è molto vulnerabile alle
magie della casa opposta. Nello specifico, house of Soryu, rappresentante la
spell Dragon, contrappone house of Bayakko della spell kimera, mentre house of
Suzaku, con la spell Phoenix, si oppone ad house of Gembu della spell Butterfly.
L’orientamento di Raikou è determinato dalla spell “equipaggiata” per quel
daterminato stage e, considerato che il protagonista può far ricorso ad una sola
di queste magie, la scelta dell’orienamento da seguire si rivela spesso
fondamentale ed in questa ottica un rilevante aiuto viene concesso dalla
possibilità di esaminare delle “schede” molto artistiche, nelle quali vengono
descritti i nemici che si incontraranno prima di ogni stage ed il loro
orientamento magico. Negli stage più avanzati si incontreranno però numerosi
demoni appartenenti alla house of Void, ovvero ad una casa magica del tutto
scollegata alle quattro di cui prima e nei confronti di questa ogni spell ha la
stessa efficacia. Ad aiutare il nostro samurai nella sua impresa ci sono tutta a
una serie di oggetti da equipaggiare prima dell’inizio di ogni missione, la loro
efficacia varia dalla protezione totale ad ogni stato di silence o poison, al
potenziamento di una determinata casa magica e come per quanto riguarda le armi
e le magine, la loro scelta riveste un’importanza decisamente
strategica.

Bel cappello!

L’aspetto di Otogi è, come lo definiribbero in america “Stunning”,
ovvero lascia basiti alla prima occhiata; un antico giappone feudale, immerso in
una misteriosa e sinistra atmosfera, demoni di ogni tipo che popolano ampie
vallate ed infestano antichi templi e tra di loro si muove il protagonista con
la sua danza di morte e distruzione. Poetico, forse è il temine giusto per
definire l’aspetto tecnico di Otogi. Le animazioni di Raikoh sono ben fatte, e
soprattutto per i salti e gli attacchi, conferiscono al protagonista molta
eleganza ed una buona sensazione di potenza per quanto riguarda i colpi pesanti,
mentre i demoni da affrontare non sfoggiano numerose animazioni, ma la qualità
che le contraddistingue è sullo stesso livello di quelle del protagonista. Gli
ambienti che faranno da cornice all’intera vicenda sono di discreta grandezza,
ma racchiudono davvero numerosi particolari e soprattutto tutti soggetti alla
furia distruttiva del protagonista, come già accennato ogni elemento dello
scenario, che sia un albero, una muraglia od un’antica abitazione del giappone
feudale, può essere fatto a pezzi a colpi di arma da taglio ed oltre ad un
ottimo polverone, vedremo l’elemento attaccato, cadere letteralmente in pezzi
che resteranno al suolo anche per tutte le successive volte che si ritornerà in
quello stesso stage. Candelabri, colonne di legno, lanterne e templi, ogni cosa
è modellata senza fare economia di superfici e lo stesso vale per i nemici, che
nonostante manchino purtroppo di varietà, sono tutti ricostruiti piuttosto bene,
soprattutto per quanto concerne gli ormai canonici boss. Il fiero (e
cieco?)protagonista sfoggia una silouette longilinea e dei capelli lunghissimi
che seguono tutti i movimenti che compie, la corazza che lo riveste è essenziale
e mostra in ogni sua parte una notevole cura nella modellazione, tanti sono i
particlari "solidi" che è possibile scorgervi. Se il protagonista appare ben
curato, lo stesso purtroppo non può essere detto per alcune delle armi
utilizzabili, soprattuto per i casi di lame di grandi dimensioni e molto ricurve
che mostrano un aspetto molto “geometrico”. Fa piacere che l’elevata profondità
visiva, la complessità strutturale di ogni elemento dello scenario e soprattutto
l’elevato numero di nemici, non compromettono il solido frame rate che resta
fisso sui 30 fotogrammi al secondo, eccezion fatta per quei rari casi in cui si
deve far fronte a decine di demoni e si è immersi in notevoli effetti di fumo o
fuoco. A valorizzare il buon lavoro di modellazione, troviamo in Otogi delle
buone texture, tutte adeguate ad ogni circostanza, ma purtroppo assolutamente
prive di tutti quegli effetti sulle superfici che le produzioni occidentali ci
stanno abituando a vedere. Gli effetti particellari utilizzati per rappresentare
il fuoco, scie di vario tipo ed in parte per fumo e polveroni, sono decisamente
ben realizzati ed implementati saggiamente a tal punto che raramente andranno ad
intaccare la fluidità dell’azione. Per la realizzazione dell’acqua si è fatto
ricorso al modello T&L water, quasi uno standard per le produzioni che non fanno
uso di shared, ma questa volta purtroppo con poche suddivisioni della
superficie; vale a dire che i pochi specchi d’acqua che si incontreranno
risentono del passaggio del protagonista, mostrando increspamenti sulla
superficie e defomando i riflessi e l’immagine che traspare al di sotto, ma in
questo caso le suddivisioni geometriche con le quali è rapresentata sembrano
essere putroppo poche e la cosa si mostra palese già ala prima increspatura che
si provoca. Quasi a rispondere alle semplici texture che accendono gli scenari,
Otogi sfoggia di un sapiente uso di un buon numero di effetti di post produzione
che danno il tocco finale alla realizzazione visiva, aggiungendo quel tanto di
atmosfera che rende vivo un ambiente. Ogni fiaccola è arrichita di una giusta
dose di blooming che offusca una piccola area circostante ed addirittura in
presenza di molte fiamme, tutto l’ambiente ed i personaggi che vi si trovano,
sono resi realisticamente solarizzati, come fossero sovraesposti. Anche
l’illuminazione da il suo ottimo contributo alla resa finale di Otogi ed il più
delle volte con luce colorata, sa sottolineare situazioni e momenti, come anche
arricchire ogni modello poligonale di ulteriore solidità, creando zone d’ombra e
di luce molto coerenti, anche se le ombre ambientali sono purtroppo
precalcolate, nonostante facciano bene il loro dovere. Sempre a riguardo delle
ombre, va segnalato come quelle del protagonista e di tutti gli altri demoni su
schermo, siano realizzate in tempo reale, anche se con una tecnica di passata
generazione, ovvero sfruttando dei poligoni che semplificano la figura
interessata, con il risultato che l’ombra sa adeguarsi perfettamente alla
superficie ricoperta e segue coerentemente i movimenti del relativo personaggio,
ma spesso differisce da quest’ultimo e nel caso particolare di Raikoh, l’ombra
non contempla nessuna arma che il nostro samurai può brandire.

Fiuuuuu!!!!!

La componente
audio di Otogi è perfettamente coerente col resto della realizzazione tecnica,
ovvero non fa altro che sottolineare in maniera più che adeguata l’atmosfera di
poesia mista a mistero che traspare da ogni pixel di questa produzione. Le
classiche lente e tristi melodie di antichi strumenti a fiato accompagnano
Raikoh nel suo peregrinare e solo in particolari occasioni lasciano posto a
motivi ben più invadenti, ma comunque mai fuori luogo. Oltre ad essere
perfettamente integrato con la componente video, l’accompagnamento musicale di
Otogi merita di essere apprezzata anche per la notevole bellezza e qualità della
sua realizzazione, davvero un aspetto che i fanatici del giappone feudale
adoreranno fin dalla prima nota. Per quanto riguarda gli effetti sonori va detto
che purtroppo mancano di varietà ed a volte anche di incisività, come gli fx
associati ai lamenti dei demoni che sincermente, se fossero stati più adeguati
ne avrebbe guadagnato l’atmosfera, mentre nulla da dire sulla qualità. Gli fx
rappresentanti colpi e distruzioni di vario tipo, sanno rendere bene la potenza
che ci si aspetta di sentire ed anche la separazione nei 5.1 canali non fallisce
mai nel suo intento e facilita di non poco l’individuazione dei
nemici.

Meglio una
gallina Otogi o un...?

Inutile girarci intorno, Otogi è azione allo stato puro e ne è fiero
di esserlo, portando la sua semplice meccanica alla massima espressione, forte
di un comparto artistico, più che tecnico, di primissimo ordine. Buono sotto il
versante tecnico, con in più il completo supporto dei 60Hz e dell’audio in Ac3,
eccelle invece in quanto ad ispirazione e design, un po come tutte le produzioni
orientali e sa facilmente trasportare il giocatore in un era sospesa tra mistero
e leggenda. Una notevole quantità di armi da utilizzare e la necessità di tenere
in considerazione la casa magica con la quale schierarsi, aggiunge un tocco di
strategia alla monotona formula ludica, ma alla fine si tratterà comunque di
girovagare seminando distruzione. I ventinove stage da cui è composto offrono
raramente sfide differenziate e conferiscono al titolo una longevità non proprio
da primato, nonostante la difficoltà generale sia abbastanza elevata e purtroppo
mal distribuita, non si impiegherà più di una dozzina di ore per portare a
temine il tutto. Per fortuna ad incentivare la durata di Otogi, viene data la
possibilità di rigiocare gli stage superati, per permettere una ricerca più
approfondita di tutti quegli item di cui si è parlato alcune righe sopra e che a
volte aiutano notevolmente nella difficile impresa che spetta al giocatore. In
definitiva Otogi rientra in quella categoria di titoli dallo stampo arcade che
sanno offrire il meglio fin da subito ed un sistema di gioco di facile
comprensione ed appagante, ma porta con se anche il rischio di diventare
monotono, anche se una volta che ci si è fatti catturare dall’atmosfera magica
che permea questo titolo, anche a costo di annoiarsi, difficilmente ce se ne
staccherà prima di averlo portato a termine almeno una
volta.

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