Recensione Pillars of Eternity

Il nuovo messia dei cRPG

Pillars of Eternity
Recensione: PC
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Ci sono momenti importanti nella vita di un redattore. Mai avrei sospettato di poter scrivere del seguito di Baldur's Gate a distanza di quasi vent'anni. Diciassette, per la precisione. Diciassette lunghi anni dalle notti insonni in cui gli gnoll a sud di Nashkell riducevano in poltiglia il mio mago sulla strada verso Sarevok. Con gioia incerta accolsi il successo della campagna su Kickstarter ad opera di Obsidian, costola ruolistica della Bioware sotto Interplay negli anni novanta. Eppure ce l'hanno davvero fatta. Il loro Pillars of Eternity è il ritorno definitivo dei giochi di ruolo in senso stretto sui nostri avidi schermi e, più semplicemente, quello che molti stavano aspettando.
    Aperta dai Larian con il superbo Divinity: Original Sin quasi un anno fa, con alcuni titoli già usciti (Wasteland 2, lo stesso Divinity, Shadowrun) e molti altri che usciranno nel corso del prossimo anno (Torment, Wild Hunt, Banner Saga 2, Sui Generis, Shadowrun: Hong Kong, Serpent in the Staglands,...), siamo nel bel mezzo di un'età d'oro per gli RPG adulti, senza compromessi, che fanno della libertà di scelta e dell'interpretazione dei personaggi i loro punti cardine. Si inizia umilmente, come un povero ignaro passante subissato da questioni più grandi di lui. Un eroe dalle origini ignote, un culto oscuro e antico quanto lo strano mondo in cui dimora, costellato da personaggi da Oscar. Queste le ricette impeccabili dell'alchimia degli Obsidian, che tornano di prepotenza sul sentiero che, riluttanti, avevano abbandonato per questioni di puro fundraising.
    Ricordati ormai solo dai vecchi giocatori, orribilmente stanchi dell'ipertrofia del racconto in stile Michael Bay, come potenti divinità antiche irrompono oggi con violenza ultraterrena, dettando legge come nessun altro può permettersi di fare. Per chi ricorda e attendeva stoico; per chi non conosce e ama la narrativa; per chi gioca, per chi sogna; per chi dialoga e per chi combatte. Per l'avventura: Pillars of Eternity.

    Spoiler Free: questa recensione è orgogliosamente senza spoiler. L'unico, minuscolo accenno riguarda i primi dieci minuti di gioco. La vostra esperienza non verrà quindi in alcun modo alterata leggendo. Se mai lo fosse contattate l'autore dell'articolo su Steam per condannarlo al pubblico disprezzo.

    Le origini dell'anima

    Le terre di Eora si estendono dall'Impero di Aedyr fino all'estremo Sud, all'immenso iceberg fluttuante detto Bianco-che-cammina. Una moltitudine di razze e specie viventi, terre inesplorate e lande ferventi di vita "kith"; una terra selvaggia o civilizzata, tranquilla come per gli Elfi Pallidi dei ghiacciai, adoratori del silenzioso dio Rymrgand, manifestazione dell'entropia e della morte eterna; o senza tregua, come per i possenti Aumaua, esseri semiacquatici dominatori dei mari ed esploratori senza pari.
    Dyrwood è una regione contesa, centrale nelle mappe di Eora, tumultuosa terra di frontiera le cui politiche interne sono stabili quanto un fiocco di neve tra le fiamme di Magrand. Senza dimora, siamo coloni appena sbarcati a nord di Defiance Bay, una grossa città sulle coste di Dyrwood, speranza per una nuova terra da chiamare casa. Ma la piccola carovana sulla strada per raggiungere il villaggio più vicino allo sbarco viene sorpresa e massacrata da alcuni briganti, troppo ben armati per essere semplici tagliagole. Sopravvivere all'attentato è solo l'inizio dell'epica storia che racconta le origini delle anime che, come fuochi fatui, si stanno spegnendo ancor prima della nascita. E nessuno sa come mai.

    Chiariamo di nuovo un punto cruciale: l'interfaccia, la visuale, i menu, le musiche e l'interazione proposte da Obsidian ricordano i titoli Infinity Engine al punto da non distinguerle. Una dichiarazione d'intenti precisa che accogliamo con nostalgico sapore e confortante gioia, sin dal primissimo avvio di Pillars of Eternity. E' chiaro come il lavoro svolto sia raffinatissimo e meticoloso nell'accompagnarci verso la prima delle settanta ore necessarie a completare l'avventura. Si crea un personaggio, uno solo: il proprio alter-ego, protagonista indiscusso e tacito interlocutore delle migliaia di linee di testo che accostano la narrazione tipica del libro al nostro media preferito, il videogame. Il mondo di Eora ha una storia lunga di guerre, soprusi, vittorie, sconfitte e nuovi inizi. E' documentata per filo e per segno nella wiki dedicata e durante il gioco, grazie ai libri e ai testi che troverete sparsi per Dyrwood. Non occorre leggerseli tutti, basta un accenno, una lettura di sfuggita per capire che il lavoro svolto per la caratterizzazione di un mondo completamente nuovo e dannatamente interessante è senza precedenti. Ogni dettaglio, ogni riferimento di pura fantasia si posiziona in modo congruente nell'immensità della genesi di Eora. Il proprio personaggio è un minuscolo puntino sulle carte demografiche di questo mondo fantastico e si nota subito durante la sua creazione. Sei le razze giocabili, ognuna divisa da almeno altre due etnie che la differenziano per storia, aspetto, abilità e statistiche. Undici le classi, che si differenziano in modo sottile a volte (come barbaro e guerriero) o meravigliosamente distinto in altrettante (come ladro e cipher). Ma non è finita qui. Le origini del personaggio contano come il resto. Da dove viene il vostro alter ego fantasy? Chi era prima di arrivare a Dyrwood? Sette luoghi di origine e ben diciassette profili per decidere il vostro background.
    Siete storditi? Aspettate, perchè ognuna di queste scelte avrà un impatto sulle statistiche, l'equipaggiamento iniziale, le abilità e sui dialoghi durante tutto il corso dell'avventura. Un barbaro proveniente dalle isole vulcaniche del Deadfire Archipelago, terra aspra e ricca di insidie, comincerà vestito di sole pelli e con un grezzo spadone a due mani, un bonus alla destrezza e alle skill a seconda di che cosa professava. Magari era un razziatore, più robusto e abile a sfuggire ai nemici che lo inseguono, e beneficerà di bonus diretti ad Athletics e Stealth; oppure era forse un semplice lavoratore, abile a costruire utensili e temprato dalle lunghe ore nei campi piuttosto che dalla battaglia, e quindi beneficerà di bonus differenti (Mechanics). E se fosse proveniente dalle repubbliche di Vailia invece che da Deadfire? Un barbaro decisamente più civilizzato, con tanto di cotta di maglia e mazzafrusto, un'educazione certa (bonus a Intelligenza) e qualche soldo in più. L'immensità delle possibilità offerte dal character creator di Pillars of Eternity è incredibile. Ammettiamo che andando avanti, dopo decine di ore, non conteranno poi più moltissimo, ma semplicemente averle scelte, aver constatato durante le prime ore come fosse più utile avere quella cotta di maglia invece che una semplice armatura di pelli e aver superato le difficoltà per diventare chi volete essere, ci ha fatto urlare a squarciagola: "E' questo il vero gioco di ruolo!".
    A ripetizione, con la pelle d'oca mentre finalmente riuscivamo a sconfiggere quei dannati cinghiali, dopo aver recuperato un'armatura decente da un fesso che ci aveva attaccato. Perché devono sempre essere cinghiali?

    La vostra strada

    Il gioco scorre in tempo reale con la possibilità di mettere in pausa quando meglio crediamo durante i combattimenti e gestire le azioni dei propri personaggi. Lungo l'avventura farete incontri strani e alcuni intrepidi si uniranno a voi, fino a formare un gruppo di massimo sei componenti, da scegliere tra un totale di otto disponibili. Attenzione però, starà a voi trovarli e convincerli a seguirvi e le cose non saranno automatiche. Ognuno di essi ha una propria storia, una personalità con cui dovrete fare i conti. Noi siamo riusciti a reclutarne sette, ricaricando a volte per alcune scelte infelici, ma l'ultimo proprio non ha voluto venire con noi. Non sappiamo con esattezza come mai, ma intuiamo, dalla wiki e dai pochi dialoghi con il personaggio in questione, che il suo odio nei confronti della razza che avevamo scelto era insormontabile. Sarà per il prossimo playthrough. Tutto questo è solo uno dei mille dettagli nelle complesse dinamiche sociali di Pillars of Eternity. La sensazione che si prova inizialmente è, ammettiamo, tra l'incredulità e la confusa noia di chi, non capendo i riferimenti ai luoghi, alla storia e agli eventi di Eora, cerca di farsi un'idea come meglio può. Ad esempio, racimolando informazioni tra un libro trovato su un cadavere e allusioni nei dialoghi con qualche autorità di un villaggio, disposta a spiegarci come mai durante l'ultima quest che abbiamo svolto quel contadino ce l'aveva così a morte contro gli Orlan (i mezzuomini del fantasy classico). La mano degli esperti si sente, si respira, si legge da ogni singola descrizione e dialogo. Rispetto a Divinity o a Dragon Age, si avverte una profondità dei profili dei personaggi e delle ambientazioni stratificata nell'essenza stessa del gioco. Ogni dialogo è al suo posto, le motivazioni di un atto efferato o di una semplice scrollata di spalle sono ragionate, comprensibili e assolutamente distaccate dall'urgenza di espletare la funzione dell'eroe. Giusto in Inquisition il massimo che potevamo pretendere era più o meno un: "Sembri figo. Mi unirò al tuo party".
    Ma anche in Divinity le quest erano abbastanza sconnesse tra loro e la trama, in fondo, non offriva stimoli troppo interessanti.

    Tutto diverso nel nostro caso. La trama, l'ambientazione, i dialoghi, l'immersione e l'immedesimazione dei giocatori in questo mondo fantastico sono il centro assoluto, plasmabile da chi gioca, dalle sue azioni, dai suoi attacchi a persone scomode, le quali reagiranno e avranno un impatto sulla progressione stessa quando meno ve l'aspetterete. E' bene anche non montarsi la testa. Le scelte possibili sono tantissime e i dialoghi mutano secondo tutto quanto abbiamo descritto (creazione del personaggio, membri del party, scelte precedenti e così via), ma la trama segue un indirizzo preciso, senza deviare troppo da ciò che Obsidian vuole raccontare. E questo è un bene, perchè sono i dettagli che contano e magari arriveremo a quel dungeon grazie all'aiuto di un dio diverso rispetto a quello di un altro giocatore, che ci ha fornito un appoggio differente, per armi o compiti da affrontare, ma sempre in quel dungeon finiremo. Insomma qui si sta parlando di un racconto lungo e ben narrato, senza punti deboli e ricco di colpi di scena. Almeno fino a più di metà del gioco, dove siamo arrivati. Settanta ore in cinque giorni era impossibile da compiere, ma possiamo comunque dichiarare senza remore che Pillars of Eternity è uno dei videogame meglio riusciti in assoluto sotto questo aspetto. E lo possiamo dire perchè il percorso compiuto (cinquanta ore, a detta di Steam) conta ben di più del traguardo.

    Battaglie d'antan

    Non è di certo nuova la visuale a tre quarti proposta da Pillars of Eternity. Non solo perchè riprende la tradizione, ma perchè ultimamente di titoli che la adottano ne sono usciti ben più del previsto. Venendo al puro gameplay, parliamo di una trasposizione pedissequa dei titoli Infinity Engine, con accorgimenti strategici atti a svecchiare una struttura che aveva davvero bisogno di una rinfrescata, e nuove introduzioni che ne migliorano l'aspetto strategico senza mezzi termini. Il combattimento è posizionale e in tempo reale. Questo significa che la formazione del party e un corretto bilanciamento delle statistiche e delle abilità dei suoi componenti sono cruciali per avere successo e non rimanere bloccati. La fluidità e la pacatezza delle ore iniziali permettono a Pillars di indugiare sulle sue stesse meccaniche per diverse ore, facendo familiarizzare i giocatori con la profondità del sistema creato ad hoc. Al contrario di Wasteland 2 e Divinity, a meno di errori madornali, in Pillars probabilmente non dovrete ricominciare da capo a causa di scelte azzardate nella progressione dei personaggi al passaggio di livello. Il sistema proposto è molto lineare, ma non meno profondo e dettagliato di altri esponenti del genere e anzi molto meglio bilanciato nel suo insieme. Le statistiche principali sono più o meno le solite a cui siamo abituati e tali rimarranno fino alla fine del gioco (Forza, Percezione, Intelligenza e così via): si aumentano grazie all'equipaggiamento. Salendo di livello, potremo sempre distribuire dei punti addizionali nelle cinque skill principali comuni a ogni classe (Athlethics, Mechanics, Stealth, Survival, Lore), mentre a livelli alterni progrediremo sugli altri due alberi a disposizione di ciascun personaggio: Abilità e Talenti. Il punto cruciale del sistema proposto è che ogni combinazione di classe, razza e origini sbloccherà determinati talenti passivi tra cui scegliere e abilità attive di classe, al livello corrispettivo. Niente di nuovo sotto il sole, ma quel che rende vincente l'impostazione è il sistema di statistiche in tandem con l'equipaggiamento e l'unicità delle meccaniche di base di ciascuna classe. Controllare un cipher è estremamente diverso che combattere con un ladro, così come far progredire un barbaro è infinitamente differente rispetto a far progredire un chanter, sebbene le due accoppiate si assomiglino moltissimo fra loro ad una prima occhiata. L'interfaccia stessa muta a seconda delle abilità da usare, in modo intuitivo e assolutamente unico per ciascuna. I maghi ad esempio, avranno sempre equipaggiato il grimorio. Per ottenere nuove magie da lanciare, non basterà progredire di livello ma occorrerà trovare grimori di maghi più potenti di noi, per trascrivere le magie, sacrificando del rame nel processo (ovvero, dei soldi).

    I chanter sono dei combattenti di prima linea, con armatura pesante e spadone, oppure degli ottimi fucilieri. Ma sono completamente diversi rispetto a cacciatori e guerrieri e anzi meritano una menzione d'onore per l'originalità della loro professione. Sono bardi che narrano di gesta antiche e, nel farlo, grazie alla potenza delle loro parole, evocano ricordi nei compagni e nei nemici, avvantaggiando e svantaggiando gli uni e gli altri a seconda del ritmo della musica su cui cantano. In pratica troverete un piccolo spartito su cui vedere a che punto della melodia è arrivato il chanter in questione. Gli spartiti sono liberamente modificabili in ballate da creare nel menu apposito. Ogni incantesimo varia in potenza a seconda della corretta disposizione all'interno dello spartito stesso e l'incantesimo successivo verrà lanciato solo una volta che la strofa precedente verrà completata. In aggiunta a tutto questo, dopo un certo numero di strofe, il chanter sarà esaltato dalle gesta che ha appena raccontato e potrà lanciare (a discrezione del giocatore stavolta) delle potenti magie "finali" per concludere la ballata che, in seguito, rinizierà dal principio, a meno di non selezionarne un'altra.
    Insomma, il chanter è l'esempio più riuscito di un game design brillante, non solo sulla carta. Anche il cipher regala emozioni con i suoi sussurri dalle ombre per potenziare i propri pugnali; ma che dire del ladro, che gode di un'attenzione particolare grazie a un sistema di occultamento completamente rivisto e che funziona in maniera molto efficiente, senza dipendere da una combinazione un po' oscura di statistiche come in Baldur's Gate (dove se un tiro di dado andava male, il poveretto veniva scoperto e massacrato).
    Lasciamo a voi scoprire il resto, ma vi basti sapere che ognuna delle undici classi (un numero esagerato) è caratterizzata bene quanto lo sono l'ambientazione e la trama. Sebbene esistano notevoli somiglianze, durante i combattimenti le strategie varieranno in continuazione grazie alle interazioni proposte. Un'altra novità importante è il sistema di ingaggi. Entrando di prepotenza in tecnicismi da appassionati, l'aggro è posizionale e dipende dalla distanza tra nemici e giocatori, dalle statistiche degli stessi e dalla linea di vista. Se il vostro mago tirerà un critico micidiale in faccia a un nemico con una delle numerose versioni dei missili di Minoletta, anche se il malcapitato comincerà a correre verso di lui in preda a una furia omicida, dovrà prima di tutto superare un check dall'ingaggio corrente, se stava combattendo in corpo a corpo. In seguito non potrà in alcun modo raggiungere il perfido stregone se un suo compagno gli si parerà innanzi, bloccandogli la strada. In altre parole il tanking è "fisico", ovvero determinato dalla posizione dei personaggi e, grazie all'introduzione degli ingaggi, sarà dura per un combattente corpo a corpo raggiungere la seconda linea, quella di maghi e cacciatori, senza accoppare prima qualcuno.
    Ovviamente i guerrieri potranno ingaggiare, e quindi bloccare sul posto, più avversari di un mago (tre nemici contro uno solo) e incantesimi vari di riposizionamento e salvataggio in extremis (come il teletrasporto del mago e il terreno sacro del prete) scombussolano le carte in tavola: mai dormire sugli allori, in Pillars.
    Un'altra introduzione a nostro avviso geniale è la gestione delle morti in battaglia. Ogni personaggio ha due barre della vitalità: una "valida" solo per il combattimento in corso, i classici health points, e una invece che si ricarica solo se vi accampate per riposarvi o rimarrete una notte in una locanda, detta resistenza. Quando morirete sotto i colpi nemici, se i vostri compagni riusciranno comunque a vincere lo scontro, vi riprenderete e recupererete ogni singolo punto ferita della barra dedicata, ma ovviamente non quella della resistenza. Ogni volta che un personaggio muore la resistenza scende in modo permanente, abbassando i valori di tutte le sue statistiche. Se infine cadrete senza più alcun punto sulla barra della resistenza, sarete morti senza possibilità di ritorno. Oltre a tutto questo è bene sapere che non ci si può accampare ovunque e occorrono dei rifornimenti piuttosto costosi per dormire all'addiaccio, con un limite di quattro trasportabili. Insomma avrete quattro possibilità per far recuperare la resistenza al vostro party, prima di dover interrompere l'esplorazione e tornare in città.
    Pillars of Eternity, in conclusione, raffina una giocabilità scolpita nella memoria di ogni giocatore di ruolo e sarà dura tornare indietro, data la qualità dei cambiamenti proposti.

    Il ritorno di un male antico

    Pillars of Eternity sorprende sul fronte tecnico. I personaggi modellati poligonalmente si muovono su fondali disegnati in due dimensioni: Obisdian è riuscita nell'impresa ardua di amalgamare le due tecniche in modo sopraffino. Non si distingue alcuno stacco spiacevole tra le tecniche usate e i sapienti sviluppatori sfruttano i vantaggi di entrambe per confezionare un prodotto al tempo stesso superbo da vedere e sostenibile da sviluppare con un budget ridotto per una produzione di simile portata. Come molti sapranno, le animazioni sono il cruccio degli artisti che disegnano personaggi in 2D e i dettagli ambientali il fardello di chi invece modella poligoni. Il motore di Pillars è un compromesso spettacolare e intelligente che alleggerisce il compito di artisti e programmatori, pur garantendo un impatto visivo semplicemente epico. Inoltre non abbiamo sperimentato alcun crash o bug che ci ha impedito di proseguire nel gioco, ed è bene specificarlo data la triste nomea di Obsidian. Dobbiamo tuttavia riportare come non sia stato risolto un difetto tipico dei titoli Infinity Engine. Sembra quasi sia stato introdotto apposta, perchè il pathfinding è sempre stato il cruccio dei vari Icewind Dale et simila. Anche in Pillars occorrerà un'attenta microgestione del party per evitare spiacevoli incartamenti durante le battaglie concitate. Questo è avvertibile soprattutto con un party di sei personaggi in ambienti ristretti, come dungeon ed edifici di piccole dimensioni. Per chi, come noi, è abituato a passare più tempo in pausa che a guardare quel che succede, tutto questo non rappresenta un vero problema. Per chi volesse invece affrontare la campagna a un livello di difficoltà più umano rispetto ai veterani, senza star troppo a pensare su quale abilità usare al momento preciso, il tutto risulterà piuttosto fastidioso.

    L'altro difetto riscontrato è che le abilità che si propagano su un'area circostante un bersaglio preciso (leggere: tutte le cure) mandano in palla il personaggio che le lancia se il giocatore seleziona il bersaglio suddetto tramite i ritratti in basso a sinistra. Occorre quindi selezionare il bersaglio di una cura cliccando sul modello a schermo, cosa non molto comoda quando le battaglie si faranno molto concitate. Abbiamo contattato Obsidian e il simpatico Josh Sawyer ci ha detto che stanno lavorando su questi due difetti, gli unici che risultano davvero fastidiosi nella pletora di opzioni e statistiche disponibili. Una patch corposa uscirà in concomitanza con questa recensione per arginare altri difetti che, onestamente, non abbiamo nemmeno avvertito durante le nostre cinquanta ore e di cui siamo venuti a conoscenza solo grazie a un file di testo inviatoci con la copia review.
    Parlando di interfaccia, Obsidian potrebbe davvero dare lezione di design, pulizia e immediatezza a molti suoi colleghi. Divinity soffre pesantemente in questo senso, mentre i clic sui menu di Pillars scorrono fluidi e intuitivi in ogni istante. Le abilità sono rappresentate a scomparsa alla selezione di un personaggio, con ottimi riassunti brevi al passaggio del mouse (i cosiddetti highlight) che aprono una descrizione più ampia se cliccati col pulsante destro. Non solo: gli highlight sono disponibili per ogni nozione d'interesse in qualunque momento in qualunque menu, così se non vi ricordate le statistiche modificate da Percezione potrete immediatamente studiarvele sul posto, sia esso la descrizione di un'arma o la pagina delle statistiche del personaggio. Persino le varie entrate dell'enciclopedia in-game sulla storia e le fazioni di Eora possono essere cliccate nei dialoghi e nelle descrizioni, per approfondire gli argomenti opportuni di pubblico dominio. Un simile tripudio di UI design non lo vedevamo da molto tempo in un RPG.
    Val la pena di spendere un altro applauso per la colonna sonora dinamica, orchestrale, epica e mai noiosa, peculiare per ogni ambientazione e situazione. Gli effetti sonori e i dialoghi completano un comparto audio davvero riuscito e sono moltissime le linee di testo recitate se consideriamo la mole delle stesse. A suggellare un comparto tecnico d'eccezione arriva anche un'ottima traduzione in italiano (perdoniamo qualche svista di impaginazione) selezionabile dalle molteplici opzioni con cui potrete personalizzare tutti gli aspetti interattivi, dal sonoro, alla grafica, alla stupenda interfaccia. Consigliamo comunque, per chi potesse, di giocare in inglese per non perdersi le sfumature nei testi con cui Chris Avellone e i suoi colleghi storyteller hanno letteralmente plasmato da zero l'ambientazione originale più riuscita degli ultimi quindici anni di storia degli RPG.

    Tutto il resto

    Nonostante l'articolo-fiume che sicuramente avrà segnato un colpo critico stellare su molti eccellenti teste di voi affezionati lettori, abbiamo saltato diversi aspetti dell'immensa produzione Obsidian, concentrandoci su quelli più importanti. Citiamo brevemente il mega-dungeon di 19 livelli da affrontare uno ad uno (noi siamo arrivati al settimo, è duro e spietato - praticamente un gioco a sè stante: stupendo), la possibilità di incantare armi e armature (con tanto di effetti visibili in-game), di fabbricare pozioni e di costruirsi la propria fortezza arruolando anche a sua difesa personaggi particolari incontrati nelle varie quest. Queste opzioni sono tuttavia accessorie e rappresentano aggiunte su una struttura levigata e ben ponderata, più che elementi centrali della produzione. Onestamente lasciano leggermente insoddisfatti se pensiamo alle potenzialità sprecate. Avremmo forse preferito una maggiore attenzione nei dettagli che li riguardano, ma sarebbe stato pretendere troppo e stiamo parlando del classico ago nel pagliaio, rispetto alla grandezza di Pillars of Eternity nel suo insieme. Non val proprio la pena pungersi per queste piccolezze.

    Pillars of Eternity Pillars of EternityVersione Analizzata PCPillars of Eternity è il segnale definitivo del ritorno alle origini del gioco di ruolo elettronico e sancisce, in accoppiata con Divinity, un termine di paragone con cui tutti i prodotti da qui in avanti dovranno scontrarsi. Tra i due quale scegliere? Entrambi, se avete a disposizione duecento ore da dedicarci. In alternativa siamo di fronte a due aspetti differenti della stessa medaglia. Mentre Divinity è tutto gameplay, curiose interazioni ed enigmi un po' strambi ma sempre interessanti, Pillars non cerca l'innovazione e preferisce un approccio classico, riuscendo nell'impresa come nessun altro è riuscito fin'ora. La trama, l'interazione sociale tra i protagonisti, la caratterizzazione di un intero mondo fin nei minimi dettagli sono valori rari e preziosi, difficili da trovare se non in sporadiche e superbe produzioni altrettanto riuscite (citiamo Dishonored, Human Revolution e World of Warcraft, per rendere l'idea). Tuttavia Pillars va ancora oltre, estremizza l'incredibile attenzione per il dettaglio nella trama e nei dialoghi ritagliandoci sopra la stessa giocabilità del titolo, la stessa interazione che tutti noi adoriamo in un videogioco. La scelta al termine di un lungo monologo è insignificante se non si sarà stati attenti alle sfumature di ogni aspetto che l'interlocutore ha cercato di comunicarci nella mole testuale che avremo appena letto. Le biforcazioni possibili non sappiamo davvero contarle, nè darvi un'idea precisa della loro estensione perchè sono talmente ben nascoste nella narrazione e nella progressione dei personaggi che dovremmo giocarci una seconda volta per rendercene conto. Il frutto palpabile dell'immedesimazione che si raggiunge dopo ore ed ore di avventure nel mondo di Eora, regala soddisfazioni incredibili, lasciando sorpresi e ammaliati dall'immensità dedalica del sostrato narrativo di Pillars of Eternity. Ogni singola creatura merita attenzione, dal più acerrimo degli antagonisti al più insignificante degli NPC, grazie a una descrizione, un breve motteggio o un intero dialogo a scelte multiple. Obsidian è sempre stata nota per le sua abilità narrative, dalle funamboliche imprese di Cartman e soci in Stick of Truth, alle lande deserte di New Vegas, tornando indietro fino a Kotor 2 e Mask of the Betrayer: ma mai come in Pillars of Eternity avevano potuto esprimere il loro talento di maestri del racconto. Occorrono molte ore da dedicargli, ma il viaggio che compirete vi farà vivere un'avventura esaltante come quelle che da troppo tempo non vivevate. O forse, dati gli anni, come quelle che non avete davvero mai vissuto.

    9.3

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