Recensione PlayStation All-Stars Battle Royale

I beniamini di un ventennio se le danno di santa ragione

Recensione PlayStation All-Stars Battle Royale
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  • Arriva finalmente la prova del fuoco per PlayStation All Stars Battle Royale, “brawler game” sviluppato da Superbot Entertainment per conto di Sony, che in questi ultimi mesi ha animato le community di tutto il web. Fin dal tempo dell'annuncio, il titolo è stato infatti attaccato da chi evidenziava in Super Smash Bros la principale fonte d'ispirazione per All Stars Battle Royale, sottolineando una generale identità di stile e di gameplay che molto è spiaciuta ai fan del brand Nintendo.
    In verità Superbot non ha mai nascosto il fatto che i tratti della sua creatura siano simili a quelli di Brawl e Melee, rivendicando la propria originalità grazie al sistema di Super, concettualmente abbastanza diverso rispetto a quello del concorrente.
    Sia quel che sia, crediamo che l'analisi del prodotto Sony debba prescindere da tali questioni, tantopiù se si considera la scarsità di titoli del genere disponibili sul mercato. Per com'è stato concepito, anzi, All Stars Battle Royale può essere davvero il sogno videoludico di tanti affezionati al brand PlayStation, che non vedono l'ora di darsela di santa ragione, nei panni dei beniamini che hanno imparato a conoscere nelle ultime tre generazioni di console. L'impostazione immediata del gameplay, che sembra nascondere tuttavia una certa profondità, può convincere hardcore e casual gamer. La prova d'appello deve però considerare alcuni ulteriori fattori, difficili da valutare nel corso delle molte presentazioni stampa a cui abbiamo assistito, come il bilanciamento complessivo dell'esperienza di gioco, la solidità dell'infrastruttura online, e la varietà dell'offerta. Vediamo dunque nel dettaglio quali sono le qualità di PlayStation All Stars Battle Royale.

    Tutti insieme appassionatamente

    Inquadratura laterale, impostazione rigorosamente bidimensionale, e fino a quattro personaggi sullo schermo pronti a suonarsele: questo è il concept alla base di PlayStation All Stars Battle Royale. Il gameplay si appoggia su un sistema di controllo semplice e lineare, in modo da concedere a qualsiasi giocatore la possibilità di entrare subito in partita, senza troppi patemi. Del resto i personaggi inclusi nel roster strizzano l'occhio ad un'audience molto allargata, e sarebbe probabilmente sciocco non dedicare anche agli utenti meno “duri” qualche attenzione. Non si pensi però che il titolo proponga un fighting system poco profondo, vario o articolato: lo studio di ogni moveset, l'abbondanza di mosse e colpi speciali, lo stile peculiare di ogni personaggio bastano per convincere i più solidi appassionati di beat'em up e simili.
    Oltre all'immancabile tasto per il salto, i bottoni della pulsantiera frontale servono per eseguire i diversi attacchi, in combinazione con la leva analogica o il D-Pad, che funzionano da modificatore. Considerando che i colpi variano a seconda che il personaggio si trovi in aria o a terra, si finisce per avere quasi una ventina di mosse per ogni combattente, pronte a caratterizzare in maniera eccellente lo stile e l'approccio agli scontri. Il compito del giocatore è sostanzialmente quello di “riempire di mazzate” i propri avversari, per caricare progressivamente la barra della special. Così come in Super Smash Bros, non ci saranno health meter nel senso classico del termine. Una volta accumulata abbastanza potenza per eseguire il colpo speciale, il tasto R2 ci permetterà di attivare questa mossa, che può mandare al creatore uno o più avversari per incrementare il contatore del nostro punteggio. Non basta quindi dominare la partita: per vincere bisogna utilizzare con cognizione di causa le special, sfruttandole al momento giusto per avere la meglio sugli agguerriti lottatori che stiamo fronteggiando.
    Il feeling è complessivo e la tattica della partita è sufficientemente diverso rispetto a quello di Smash Bros, soprattutto se si considera che per un giocatore è possibile continuare ad accumulare potenza per ottenere special di livello 2 o 3. Ogni “finishing move” ha le sue caratteristiche e le sue peculiarità: alcune si limitano ad uccidere tutti e tre gli avversari, facendoci guadagnare tre punti, altre invece ci trasformano in macchine da guerra dedite all'istant kill, altre ancora sono mosse ad area che possono essere più o meno profittevoli.
    La tensione che si instaura nel corso delle partite, quando attorno alla sagoma di un personaggio brilla l'alone che indica la disponibilità della special, anima i match e sostiene un lieve intrico di giochi di potere, spavalderie e assalti tattici.
    Globalmente, quindi, il sistema di gioco funziona, riuscendo nell'impresa non facile di interpretare il paradigma di un genere non troppo comune, ma capace di regalare buone soddisfazioni. Ovviamente il meglio emerge nel momento in cui aumenta la familiarità con i moveset, soprattutto per l'eccellente lavoro di trascrizione dei movimenti più iconici e rappresentativi dei lottatori. Il team di sviluppo ha saputo caratterizzare al meglio tutti i protagonisti del suo Brawler Game, riproducendo attentamente tutte le animazioni che meglio delineano la personalità di ciascuno.

    Nel roster troviamo veramente di tutto, da Parappa the Rapper al Sackboy di Little Big Planet, che combatte aprendo il suo Pop-It e materializzando in campo gli oggetti più disparati (ventole, respingenti, blocchi incandescenti). Ovviamente non mancano lottatori nel senso più tradizionale del termine: il nuovo Dante di DmC (abbastanza complesso da utilizzare, soprattutto per la propensione al gioco aereo), la quasi dimenticata Nariko di Heavenly Sword (che propone una discreta varietà, grazie all'alternanza delle varie armi), e ovviamente Kratos (anche lui dotato di un equipaggiamento di tutto rispetto, accumulato nel corso di ben tre capitoli della saga principale).
    Si aggiunge anche Raiden, direttamente da Metal Gear Rising: Revengeance, con la sua affilatissima katana.
    Ci sono poi personaggi che si basano più volentieri sugli attacchi a distanza, comprendo un ampio ventaglio di possibilità. Radec (Killzone) riesce a gestire avversari posizionati dall'altra parte dell'arena, mentre Nathan Drake predilige la media distanza. Anche Sweet Tooth (Twisted Metal) si diverte con una buona dose di fucilate, ma non disdegna un tocco più personale.
    Infine, abbondante è la presenza di protagonisti particolari, caratterizzati da mosse distintive che variano moltissimo l'approccio agli scontri: Sir Daniel Fortesque tira fuori il suo scudo per modificare parte delle mosse a disposizione, mentre Sly, invece di avere la possibilità di parare i colpi, può diventare invisibile per un approccio decisamente più tattico.
    Come dicevamo il team è stato molto bravo non solo a diversificare l'approccio dei combattenti, ma anche a coinvolgere le terze parti per comparsate d'eccezione: oltre ai lottatori già citati, c'è ad esempio il Big Daddy di Bioshock, ed Heiachi da Tekken.
    Le prime partite, quindi, sono piacevolissime e animate da una continua scoperta. Le chicche inserite da Superbot sono innumerevoli, ed i fan del mondo PlayStation (e non solo) si esalteranno ad ogni piè sospinto, quando scopriranno ad esempio che Nathan Drake può materializzare una copertura dietro cui appostarsi, o quando vedranno le special di livello 3 di tutti i personaggi (assolutamente geniali).
    C'è da dire però che poco a poco qualche problema emerge, a funestare la creatura Superbot. Non siamo pienamente convinti del bilanciamento di alcuni combattenti, ed anche in relazione alla struttura di certe arene, i personaggi “melee” restano probabilmente i più semplici da utilizzare. Anche la differente stazza di alcuni personaggi tende a complicare le cose.
    C'è poi da dire che in certi casi l'azione tende a farsi un po' confusionaria, soprattutto quando in campo ci sono lottatori che evocano creature di varia natura (Ratchet o Fat Princess) o materializzano oggetti speciali (Parappa ed il Sackboy).
    Entrambi questi difetti riducono leggermente l'appeal del prodotto, per tutto l'ampio pubblico di riferimento: la caoticità di certi momenti spaventerà probabilmente i giocatori alle prime armi, il bilanciamento non perfetto rischia invece di scontentare gli hardcore gamer, riducendo l'appeal di un roster comunque abbastanza variegato (poco elegante, tuttavia, la doppia versione di Cole anche se fortunatamente non si tratta di un flip character).

    In linea di massima, comunque, chi trarrà più soddisfazioni da PlayStation All Stars Battle Royale è il giocatore esperto, che dedicherà un po' di tempo allo studio delle meccaniche dei suoi personaggi preferiti. Eccovi avvertiti, dunque: soprattutto per approdare all'online competitivo c'è bisogno di dedizione e attenzione, e non si possono commettere leggerezze. Proprio riguardo all'online si devono segnalare attualmente i soliti problemi che molti titoli presentano a ridosso del lancio: matchmaking tutt'altro che immediato e qualche fenomeno di Lag, fortunatamente non costante. Molte partite, anzi, si giocano in totale tranquillità, ma di tanto in tanto capitano match più difficili da gestire. All Stars Battle Royale da comunque il meglio di se in Locale: le sfide a quattro giocatori diventano davvero epiche e combattute, soprattutto nel caso in cui tutti abbiano una buona conoscenza del parco mosse dei propri beniamini. Anche la CPU, in ogni caso, impostata su livello “hard”, riesce a dare del filo da torcere ai meno esperti, mentre chi padroneggia al meglio avanzati sistemi di juggling e conosce a menadito le animazioni d'attacco avrà vita semplice.
    Chiudiamo questo lungo paragrafo dedicato al gamplay discutendo di un altro fattore che ci ha lasciati un po' spiazzati: la relativa povertà di opzioni e l'impostazione molto spartana dell'infrastruttura. Navigando fra i menù spiace constatare che siano un po' complessi da navigare, ma soprattutto molto scarni, trasmettendo l'idea di un prodotto sfortunatamente poco rifinito. Anche le opzioni per la personalizzazione del match sono mal presentate. Per altro non sono moltissime: si può effettuare una battaglia a squadre, e impostare le condizioni di vittoria scegliendo fra limite di tempo, di vite o di uccisioni. Tralasciamo la modalità arcade, in cui affrontare varie sfide con un singolo personaggio: il gioco ci invoglia ad affrontarla solamente con due cut scene di inizio e fine dell'avventura (poverissime e non sempre ben realizzate), ed il tutto si chiude con una Boss Fight davvero imbarazzante. Molto meglio soprassedere e dedicarsi all'allenamento.

    Non ricordo quella voce

    Dal punto di vista tecnico PlayStaiton All Stars Battle Royale appare più che buono, grazie a modelli poligonali dettagliati e animazioni perfette. La fluidità è garantita, ma la pulizia complessiva non è al top, soprattutto a causa di effetti speciali non sempre brillanti e di un filtro anti-aliasing troppe volte titubante. A questo si aggiunge la già discussa povertà visiva dei menù.
    Tuttavia il lavoro a livello artistico è ottimo: il team è riuscito ad inserire in un unico contesto personaggi talmente differenti, rivisitandoli anche solo leggermente, ed il risultato finale è ottimo.
    Ad apparire freschissimo e creativo è poi il lavoro effettuato sulle arene: anche gli ambienti di gioco vengono infatti costruiti mescolando brand e scenari famosi, e ce n'è davvero per tutti i gusti.

    É bellissimo scalare la Alden's Tower (Infamous) e trovare al suo vertice un'agguerrita Carmelita Fox pronta a bersagliarci, oppure combattere all'interno di un livello di Loco Roco, mentre il Metal Gear Ray spara le sue testate contro di noi. Non mancano per altro gradite sorprese, come la Columbia del prossimo Bioshock Infinite, o un livello ispirato a Killzone 3, che comincia a bordo dei mezzi da sbarco, scimmiottando quella che è l'introduzione filmata del gioco (storica soprattutto per la presentazione all'E3 2005). Non tutte le aree sono ugualmente ispirate (non ci è piaciuto il livello dedicato ad Ape Escape), ma complessivamente il team di sviluppo ha dato davvero il massimo.
    Il comparto sonoro vive di alti e bassi. Da una parte troviamo le musiche, ovviamente tratte dai giochi più famosi dell'universo Sony: la scelta dei brani più rappresentativi e memorabili è sicuramente vincente, anche se non tutti “acchiappano” l'attenzione del giocatore alla stessa maniera. Invece gli effetti e le campionature non sono allo stesso livello: soprattutto spiace il doppiaggio italiano, che per alcuni personaggi non è quello originale, ed anche la banalità di certe frasi lascia un attimo interdetto il fan di vecchia data.

    PlayStation All-Stars Battle Royale PlayStation All-Stars Battle RoyaleVersione Analizzata PlayStation 3PlayStation All Stars Battle Royale è un buon Brawler Game. Non arriva ai livelli dei suoi (rari) colleghi, soprattutto per qualche problema di bilanciamento e per il caos che alle volte si crea in arene un po' troppo claustrofobiche. Alla fine è proprio l'idea di inserire un così eterogeneo set di personaggi che limita un po' le qualità del prodotto: nonostante la visione creativa del team sia riuscita a contestualizzare bene combattenti diversissimi, alcuni lottatori sembrano evidentemente più avvantaggiati di altri, ed alle volte la fatica richiesta per primeggiare non vale l'emozione di vestire i panni del proprio beniamino. Online, quindi, si trovano quasi sempre gli stessi personaggi. Molto migliore la performance del gioco in locale: le partite fra amici sono animate e cattivissime, vivacizzate anche dall'uso perfetto dell'iconografia legata ai brand inclusi nel pacchetto, che contaminano oggetti e arene oltre che moveset. Peccato però per la sensazione che il titolo sia poco rifinito a livello generale, trasmessa soprattutto dai menù un po' poveri, dal doppiaggio non sempre brillante, e da una modalità Arcade assemblata in fretta e furia e poco divertente. Il titolo è comunque consigliatissimo ai fan storici della PlayStation: questa “reunion allargata” include vecchi e nuovi eroi, e ripercorrere venti anni di storia in una maniera alternativa è un'esperienza che entusiasmerà più di un appassionato.

    7.5

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