Recensione Prey per Xbox 360

Human Head Studio propone uno shooter piacevole e ispirato, fra leggende indiane, una misteriosa minaccia aliena, sparatorie ed un po' di puzzle solving.

Recensione Prey per Xbox 360
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  • Xbox 360
  • Pc
  • "Quando l'ultima fiamma sarà spenta, l'ultimo fiume avvelenato, l'ultimo pesce catturato, allora capirete che non si può mangiare denaro." (Toro Seduto, Capo Pellerossa dei Sioux).

    (Se cercate la recensione del nuovo Prey, uscito il 5 Maggio 2017 su Playstation 4, Xbox One e PC, seguite questo link per leggere la recensione di Prey)

    Qualcosa di non troppo nuovo

    Difficile trovare un titolo con un passato che affonda così indietro negli anni. Per chi non lo sapesse il progetto PREY è qualcosa che nasceva una manciata d'anni prima del ventunesimo secolo (1995/96) su piattaforma PC (aspetto che riecheggia nel Prey attuale). Molti ancora non avevano cominciato a "videogiocare" ed il fenomeno "videogames" ancora doveva esplodere con la potenza che ha raggiunto solo con la scorsa generazione.

    Allora la 3D Realms era in competizione diretta con la ID Software. Prey avrebbe dovuto cavalcare il successo di Duke Nukem (FPS di eccellenza, all'epoca, per PC) e porsi in diretta competizione con quello che fu un altro capolavoro per PC di ID Software: il primo Quake. Se il titolo non ha visto la luce che nel 2006 inoltrato, ovviamente qualche problema deve esserci stato. La ID Software, con il proprio brand "Quake" spadroneggiò a lungo su PC, fino al capitolo più sui generis della serie, ovvero Quake 3 (che abbandonava i dettami dell'FPS/Adventure e si gettava a pesce sulla tipologia FPS/Deathmatch). La 3D Realms rimandò tanto a lungo il titolo che un bel giorno annunciò la messa in "Indefinite Hold" del progetto Prey, vale a dire sospeso a tempo indeterminato, in attesa di tempi migliori per l'uscita.
    In molti si rassegnarono all'idea di non vedere mai sugli scaffali il titolo con "l'indiano e gli alieni". Fino a quando, in tempi recenti, gli Human Head Studio non si sono visti riproporre lo sviluppo di questo titolo, rimanendo con l'idea ( ormai decennale ) del nativo americano rapito dagli extraterrestri.

    Radici

    Il tema portante di Prey e della storia del nostro Alter Ego ( Tommy ) è quello del ripudio delle proprie radici. Il nativo americano della tribù Cherokee che impersoneremo vuole fortemente abbandonare lo stile di vita polveroso e selvaggio, tipico della zona desertica americana, e spostarsi in una zona urbana. Fin dall'inizio scoprirete che la vostra donna, Jen, anche lei nativa americana di retaggio Cherokee, non ha la benché minima intenzione di lasciare la propria terra e la sua piccola e modesta area di servizio (situata su una desolata strada) , che solca la brulla terra una volta appartenuta alle sagge mani dei pellerossa. Questo in stridente contrasto con le intenzioni di Tommy, che vuole portare con sé Jen, poiché vede nella cultura Cherokee di suo nonno Enisi (figura centrale in tutto il dipanarsi della storia) e della sua ragazza, uno stupido fardello di cui liberarsi e inadatto per inserirsi nel mondo moderno. La piega della situazione cambierà repentinamente nel momento in cui gli alieni faranno la loro comparsa e trarranno Tommy e gli avventori dell'area di servizio, con una sorta raggio-traente (ormai abusato nel cinema) all'interno di una delle loro astronavi. E qui trova un senso compiuto lo "slogan" che accompagna il titolo: "Gli alieni hanno messo sottosopra il mondo di Tommy. Ora tocca a lui ricambiare il favore".

    Dove sono?

    Inizialmente avvertirete un senso di deja-vu: il motore grafico, infatti, è quello di DOOM 3, sebbene il sia stato tirato a lucido, potenziato e praticamente riscritto per l'occasione e per soddisfare l'indole (spiccatamente Direct3D) dell'hardware della nostra X360. Noteremo subito un certo aspetto "metallico" nei primi livelli dell'astronave, che rievocano non poco quel retrogusto di acciaio e gomma di Doom3 e Quake4. Questa sensazione lascerà ben presto il posto, nel susseguirsi dell'avventura, a qualcosa di misto tra il primo Unreal (quello per PC), privo comunque dello stile "Gotico" che lo caratterizzava (soprattutto nei primi livelli del gioco), ed il solito Quake 4, con tutto il suo fascino "steam".
    L'astronave funziona tutta su base biomeccanica, con grandi mura purulente e sanguinolente, che si incagliano su strutture eminentemente metalliche e massicce. Tale design si presta anche ad essere da sfondo per ostacoli e nemici, i quali , pur non brillando per originalità nelle loro forme, si distinguono per l'amalgama che raggiungono con lo scenario.

    Anche le armi che utilizzeremo (che non saranno moltissime, infatti non si arriva al numero di dieci), avranno, per lo più, la caratteristica di funzionare in maniera Biologica e BioMeccanica. Il design, ad onor del vero, non è fra i più azzeccati, rendendo i nostri strumenti di distruzione un poco anonimi. In altre parole sono "vive". Oltre ad avere sempre a disposizione la nostra chiave a "pappagallo", utile in circostanze estreme, utilizzeremo come granate, per esempio, degli esserini aracnoidi che, una volta "innescati" esploderanno a tempo. Oppure fucili che al posto del mirino ottico hanno un potentissimo (e disgustoso) "budellino telescopico". In questo titolo le armi non devono essere ricaricate, di conseguenza sarà possibile sparare tutto quello che abbiamo senza aver l'assillo di dover cambiare caricatore prima di un combattimento. Questo è tutto a giovamento del ritmo che, onestamente, a volte è leggermente lento.

    Un piccolo difetto riguarda, secondo la nostra opinione, proprio le armi: si ha come l'impressione di aver sempre degli strumenti da difesa (o di attacco) un po', diciamo, de-potenziati. Le armi "poco potenti" possono sì giovare alla sensazione di precarietà, ma, d'altro canto, il giocatore sarà spesso frustrato negli scontri a fuoco, non potendo appagare la sua "voglia di massacro".
    Per un gioco che si presenta sotto una "promessa" come quella nel summenzionato slogan, ci si sarebbe legittimamente potuti aspettare una cadenza di combattimenti leggermente più calzante, anche se questo può essere almeno in parte rimediato aumentando il livello di difficoltà.
    Il gioco è sconsigliato ai minori dei 18 anni, a testimonianza della sua indole poco diplomatica nei confronti dei bambini (che appariranno impazziti, uccisi o squartati), alla presenza di anime senza posa e di uomini ridotti in stato vegetativo o semplicemente in stato di follia e blateranti frasi incomprensibili. Diremmo quasi "disturbante".

    Mal di mare

    L'astronave sarà caratterizzata da una singolarità. La tendenza alla disubbidienza alle basilari leggi della fisica:
    la forza di gravità, durante tutto il susseguirsi del gioco, giocherà un ruolo essenziale al fine della risoluzione di enigmi e dell'esplorazione dei livelli (non eccessivamente articolati ma molto evocativi e molto ben studiati). Infatti, sparando su alcuni pannelli particolari, sarà possibile per Tommy modificare la direzione della gravità, trovandosi così a camminare su quello che prima, per lui, era un muro o il soffitto.

    Questo vi provocherà, con ogni probabilità, qualche giramento di testa, proprio come accade al nostro Tommy, che se subirà troppo velocemente dei cambi di gravità finirà per vomitare. La sensazione di smarrimento aumenterà a dismisura quando entrerete in alcune stanze particolari ed avrete a che fare con avversari che camminano sulla loro parete, esattamente come voi camminate sulla vostra (solo che per voi è il "pavimento"). A ciò si aggiunge la presenza di quelli che, nel gioco, sono chiamati i "cammina-muri", ovvero dei corridoi gravitazionali che si arrampicheranno, in barba alle basilari leggi della fisica, su pareti e soffitti. Camminandoci sopra, come era intuibile, il vostro personaggio vi rimarrà come "attaccato", sostenuto da una forza gravitazionale relativa al "cammina-muro".
    Unitamente a tutto ciò, potrà crearvi, inizialmente, qualche problema anche l'approccio con i portali: questi preziosi strumenti per passare da una parte dell'astronave all'altra, e che vi aiuteranno a progredire con l'avventura, sono un'autentica chicca di programmazione, che sembra studiata apposta per mettere alla prova il senso dell'orientamento del giocatore. Alcuni portali si apriranno occasionalmente davanti a voi, ed avrete la possibilità di attraversarli oppure di ingaggiare una sparatoria "interdimensionale" con coloro i quali vorranno portarsi a casa la vostra pelle rossa, attaccandovi da un punto al di là della finestra dimensionale. Particolarità, quella dei portali, che la si apprezza appieno soltanto giocando a Prey, visto la loro ecletticità e bella resa. Un bellissimo studio, questo, che altro non fa che aggiungere qualcosa al Gameplay, già abbastanza arricchito dalla "gravità comandata".

    L'anima non muore mai

    In Prey il giocatore non muore mai. Al raggiungimento dello zero di una delle barre dell'energia (una della salute del corpo, in rosso, e l'altra della salute dello spirito, in blu), Tommy si ritroverà nell'oltretomba, dove dovrà colpire col suo arco (utilizzabile solo in modalità "spirito", sulla quale torneremo in seguito) degli spettri che, abbattuti, vi restituiranno energia, permettendovi di tornare in vita, con grande stupore dei vostri carnefici.
    Scelta, questa, che non convince appieno. Sostanzialmente, lo scopo è quello di non spezzare il gioco, dovendo ripartire dall'ultimo caricamento, dando continuità all'azione. Ora, questo meccanismo avrebbe potuto essere anche intelligente se implementato in un gioco dove l'azione è sostenuta, anche se non frenetica. L'azione in Prey non ci è sembrata sensibilmente bisognosa di questo meccanismo, stante il fatto che essa procede senza sfociare quasi mai in momenti di particolare foga.
    L'energia sarà rappresentata, nell' HUD, come due "silhouette" di Tommy, sovrapposte l'una all'altra, e di colore rosso e blu. Man mano che subirete i colpi degli alieni la sagoma rossa (che rappresenta il livello di salute del corpo), si svuoterà. La sagoma blu, invece, rappresenta la salute del vostro spirito.
    E' infatti possibile, in Prey, tramite la pressione del tasto Y, scindere la nostra anima dal corpo, lasciando quest'ultimo in stato di trance e fluttuante. Useremo il nostro spirito per superare ostacoli come campi di forza, affinché, una volta attraversati, per esempio, si possa attivare uno switch e permettere così, al nostro corpo di oltrepassare questo ostacolo. E questo è solo un esempio dell'uso dell'anima. Infatti, praticamente all'inizio dell'avventura, Tommy guadagnerà l'uso di un arco, che egli potrà utilizzare esclusivamente in modalità spirito.

    In modalità spirito sarà possibile eseguire praticamente tutte le azioni che si possono eseguire in modalità standard, se si eccettua l'impossibilità di utilizzare i "camina-muri". La modalità anima darà l'opportunità al giocatore di agire in condizioni "stealth", potendo quindi dare adito ad esplorazioni abbastanza tranquille. Il vostro arco, utilizzabile in questa modalità, vi permetterà di uccidere i nemici. Si aggiunga che in modalità spirito, saranno percorribili dei percorsi supplementari nei vari livelli, i quali sono invisibili e non praticabili in modalità "corpo".
    Tutto questo ha un prezzo: abbandonare il proprio corpo a se stesso lo renderà un bersaglio sin troppo facile per i nemici, che vi si potranno accanire e ridurvi, in poco tempo, con pochissima energia, costringendovi all'ennesima escursione nell'aldilà.
    Per tutta l'avventura sarete accompagnati da Talon, il falco che avevate quando eravate piccoli ( morto perciò da molto tempo ), che resterà praticamente sempre al vostro fianco, e talvolta vi indirizzerà, col suo volo, verso elementi da attivare, vi suggerirà direzioni, infastidirà i nemici, ma sempre in maniera estremamente discreta, regalandovi comunque il conforto di non essere mai da soli. Una presenza gradevole e mai invadente. Ovvio che Talon, essendo morto da molto tempo, vi assisterà in forma "spirituale".

    Il motore tirato a lucido

    Graficamente, Prey, anche se non fa gridare al miracolo per la grandiosità del comparto visivo, offre comunque delle buone soddisfazioni. Il motore grafico ID, quello di Doom3, è stato ringiovanito, aumentando gli effetti degli Shaders, e, per X360, praticamente riscritto in Direct3D, più gradito all'hardware di casa Microsoft, rispetto all'originale OpenGL (utilizzato in Quake4 con risultati non del tutto soddisfacenti). La Sfera (questo sarebbe il nome dell'astronave in orbita sopra la terra, dove voi seminerete distruzione e caos tra le fila di questi indesiderati invasori) è resa in maniera diremmo piuttosto buona, con un design magari poco originale e ispirato, ma sempre in maniera grandiosa, e, perché no, anche evocativa. Il motore della ID, è, notoriamente, un ottimo motore grafico, tuttavia ci sentiamo di azzardare una nostra opinione: probabilmente insuperabile per le ambientazioni metalliche e industriali, questo motore ha una resa non eccelsa nelle sezioni dallo stile "biomeccanico". Questo appare un po' più evidente se si paragonano le versioni PC e X360 (sembra che in quest'ultima le texture abbiano una risoluzione lievemente minore) .

    MultiPrey

    Breve parentesi per il MultiPrey (gioco di parole per Multiplayer). Le modalità, con nostro rammarico, sono soltanto due: Deathmatch e Team Deathmatch, un pò poco per un titolo di questo spessore. Invariato l'utilizzo della gravità nelle partite, con minacce provenienti da giocatori sul soffitto e sulle pareti, e questo, se non altro, è molto divertente. Senza troppi giri di parole, il Multi di Prey sembra un'aggiunta frettolosa, giustappunto per non lasciare gli amanti a bocca asciutta. Senza dubbio era doveroso, ma il dovere è stato adempiuto a metà. L'indole del prodotto è rimasta quella originaria, ovvero un gioco per PC prevalentemente studiato per la modalità Single Player.

    Gli ampi spazi si alternano piuttosto bene a quelli angusti, e sono gestiti generalmente con scioltezza dall'hardware, salvo sporadiche e non troppo fastidiose incertezze.
    Quando Tommy libererà il suo spirito dal corpo, la visuale passerà ad un tono mono-bluastro, di buona resa, e dal carattere molto onirico. Non male.
    Casomai potrà tornare fastidioso il fatto che i caricamenti (praticamente assenti nella versione PC) spezzino il gioco. Osserviamo, però, anche che tali caricamenti non si caratterizzano per una eccessiva lunghezza, quindi il ritmo non ne risente in maniera poi così sensibile.
    L'audio fa piuttosto bene il suo dovere, facendo bella mostra con di sé con ottimo Dolby, benché, anche qui, purtroppo, si possa obiettare un certo carattere anonimo degli effetti (fra i pochi degni di nota, davvero, c'è il suono che segue il laser di puntamento dei nemici). Le musiche sono veramente buone, studiate dal medesimo artefice dei temi di Oblivion, Jeremy Soule. Nella versione da noi analizzata l'audio è in inglese, sottotitolato (più che decentemente) in italiano.

    Prey 1 Prey 1Versione Analizzata Xbox 360Molta, moltissima la carne al fuoco. Non tutto è, però, riuscito come ci si aspettava, in partiolare l’ambientazione che sembra risentire un po’ il peso di qualche anno di troppo. Il gioco rimane in un limbo, non riuscendo né ad avere il ritmo che servirebbe, né a sviluppare la profondità necessaria. Le contraddizioni tra le scelte di rendere il gioco continuo (non si muore mai per davvero), ma non renderlo incalzante possono indurre il giocatore a mollare la presa sul Pad. Questo non significa che il titolo Human Head Studios sia debole, tutt’altro, Prey è uno sparatutto in soggettiva realizzato con degli intenti ammirevoli e innovatori. Godibilissimo, ma per i “divoratori” di questo genere di titoli risulterà poco più che un alito di vento fresco in un genere poco propositivo. Non riesce ad ergersi come pietra miliare (come, per altro, aveva le pretese di fare), ma non mancherà di deliziarvi con delle piccole sorprese (veramente interessanti) durante tutto lo svolgimento del gioco. Prey lo si può portare in fondo, giocando di buona lena, in una decina d’ore. Probabilmente non lo rigiocherete, e come già spiegato, il MultiPrey aiuta solo fino ad un certo punto. Insomma, a Prey è mancato quel “certo che”, demarcazione tra ottimo e buon gioco.

    7.5

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