Quasi quindici anni fa, un talentuoso game designer di nome Jordan Mechner, stupiva il mondo con un videogioco destinato a diventare un grande classico. Chi ha vissuto l’epoca d’oro dei primi home computer, non può non ricordare con affetto il suo primo incontro con un titolo entrato con forza e di diritto nella storia videoludica. Forse per la prima volta un ‘giochino’ riusciva ad incantare con una realizzazione tecnica ed un desing stilisticamente ineccepibili persone di ogni fascia di età. Le sinuose movenze del principe sono probabilmente il primo vagito di fotorealismo impresso nelle memorie dei videogiocatori più anziani; e poco importava che i colori su schermo fossero una decina tanto erano sofisticate e rivoluzionarie le animazioni del gioco. Trappole letali e frustranti attendevano il protagonista, in una corsa contro il tempo attraverso complessi ed estenuanti labirinti.
Eppure era impossibile arrendersi: c’era qualcosa di magico in quelle poche righe di codice, qualcosa che avvinceva e stupiva senza possibilità di replica. Tutto questo contribuì a rendere Prince of Persia uno dei primi videogiochi d’autore, veri capolavori dell’arte videoludica.
Raccogliere l'eredità
L’obiettivo dichiarato della Ubisoft Montreal era quindi quello di riportare in auge i fasti di una serie che, dopo i primi due gloriosi episodi, ed in seguito ad un infausto tentativo di trasposizione in tre dimensioni, rischiava di finire colpevolmente nel dimenticatoio. La scommessa era affascinante ma rischiosa, e non erano in pochi, visionando i primi work in progress, ad esprimere qualche dubbio. La sensazione era di potersi trovare fra le mani un piccolo gioiello o una bieca operazione commerciale. È bene fugare fin dall’inizio questi dubbi: la scommessa è vinta, il titolo Ubisoft soddisfa ampiamente le aspettative. Ma andiamo con ordine.
La trama ci porta, ovviamente, indietro nel tempo, nella Persia medievale. Una presentazione in full motion video ci cala nei panni di un giovane principe, al seguito del padre in una spedizione militare. La voce narrante è quella del protagonista, che in una sorta di flashback, racconta le sue avventure. Il principe è coraggioso fino ai limiti dell’incoscienza e, nel tentativo di compiacere il padre, durante l’assedio al palazzo del Maraja si lancia da solo alla ricerca di un tesoro che possa coprirlo di gloria agli occhi del suo re. Un cambiamento radicale rispetto all’anonimato e alla passività del primo principe, prigioniero forzato delle segrete del suo stesso palazzo, ma soprattutto un ottimo lavoro svolto al livello di character design che ci propone un personaggio maturo e sfaccettato, arrembante e coraggioso ma al tempo stesso viziato e spaccone. Al termine di un primo livello introduttivo, mirato a calare il giocatore nella meccanica di gioco, il protagonista entra in possesso del pugnale del tempo, artefatto magico dai grandi poteri, ma portatore di grandi sciagure. Non è certo questo il luogo per raccontare nei dettagli una trama che è parte integrante dell’esperienza di gioco, basti accennare che, in seguito ad una propria scelta, il principe scatenerà le sabbie del tempo: una potente maledizione che colpirà tutti gli abitanti di un enorme palazzo trasformandoli in orde di mostri. Compito del giocatore sarà quindi quello di rimediare al proprio errore, riportando le sabbie del tempo nella clessidra che le custodiva grazie ai magici poteri del pugnale. Tra salti, trabocchetti, acrobazie e combattimenti mozzafiato, il principe avrà l’opportunità di incontrare l’amore, fino a raggiunger un finale a sorpresa che non mancherà di stupire.
Quello che convince e sbalordisce fin dalle primissime battute di gioco è il sistema di controllo. Semplice, intuitivo, di facile apprendimento e soprattutto capace di regalare grandi soddisfazioni. La levetta analogica sinistra controlla i movimenti; un tasto sensibile alla situazione di gioco permette di rotolare e saltare; due tasti sono dedicati al combattimento (uno per la spada ed uno per il pugnale del tempo); il quarto pulsante del pad consente di riporre le armi e di calarsi dagli argini dei burroni. Due dei tasti dorsali invece sono assegnati alle azioni acrobatiche e all’utilizzo dei poteri magici del pugnale. È incredibilmente semplice come, con la semplice pressione di un unico tasto, sia possibile gestire una quantità incredibile di evoluzioni: il principe si arrampica, cammina parallelamente sui muri, ondeggia su aste e sporgenze, si muove in equilibrio su stretti passaggi ed affronta in generale tutta una serie di situazioni normalmente ingestibili. Tutto funziona talmente bene da non far rimpiangere nemmeno per un istante l’originale Prince of Persia, complice innanzi tutto un level desing di primissimo ordine. Le sensazioni trasmesse dal gioco sono di soddisfazione assoluta, mista ad esaltazione pura. È un piacere controllare le gesta del principe, un piacere accentuato dalle sue indubbie doti atletiche e dalla sensazione di libertà e di padronanza che il sistema di controllo permette. Con il tasto ‘L1’ si accede poi ai poteri magici dell’artefatto in possesso del protagonista. Con una semplice pressione è possibile riavvolgere o rallentare a proprio piacimento il tempo, capacità utili per affrontare al meglio i combattimenti o per ritentare salti o passaggi particolarmente ostici senza dover per forza riprendere dall’ultimo salvataggio. Il tutto è realizzato con grande classe: vedere tornare a ritroso nel tempo un’azione sfortunata per riprendere il controllo un attimo prima che tutto si trasformi in tragedia è impagabile, così come entusiasmante è svolgere un combattimento al rallentatore. E non solo, il pugnale del tempo è in grado di regalare una vasta gamma di possibilità al suo possessore, svelate però solo nel corso del gioco.
I combattimenti riescono nel difficile compito di replicare l’epicità e la tatticità degli scontri all’arma bianca dei primi capitoli della serie. Semplici ed efficaci combo sono accessibili con la pressione dei due tasti adibiti alle armi del principe, mentre (in aggiunta agli incantesimi di cui si è già accennato) con il pulsante del salto è possibile eludere con una serie di capriole gli attacchi degli avversari. Col medesimo tasto si è poi in grado di saltare alle spalle dell’avversario con funambolismi di Matrixiana memoria, per sferrare attacchi letali da posizioni vantaggiose. Quasi sempre ci si trova a combattere in inferiorità numerica, ed è proprio la sensazione di poter gestire coreograficamente questi scontri grazie alle incredibili capacità del protagonista a rendere esaltante l’affrontare orde di avversari. Unica pecca è la forse eccessiva ripetitività degli schemi d’attacco degli avversari, che alle lunghe diventano prevedibili, quasi una routine da affrontare per proseguire nell’esplorazione del palazzo. È sufficiente però far caso alla classe e all’eleganza con cui il tutto si svolge su schermo per perdonare qualche piccola mancanza a livello di intelligenza artificiale. Mai noiosi e sempre avvincenti i puzzle presenti nel gioco, vera e propria anima della serie. Si spazia da strani meccanismi da far scattare in sequenze logiche, fino ad arrivare a complicati giochi di specchi da interpretare correttamente per trovare la giusta strada. L’ossatura del titolo è però costituita, come era logico attendersi, da enigmi legati all’ambiente circostante, al modo in cui far raggiungere al protagonista luoghi impervi superando ostacoli e infidi trabocchetti. Ed è qui che Ubisoft ha dato il meglio. Lo spirito dell’originale è esaltato da un design dei livelli che rasenta la perfezione: impegnativo e mai frustrante, geniale e coreografico. L’unico appunto che si può muovere è quello di un’eccessiva linearità degli enigmi: c’è sempre un solo modo per raggiungere la meta, una sola chiave interpretativa per percorrere l’unica strada attraverso il gioco. Ma è un particolare marginale se confrontato con la mole e la varietà di situazioni presenti.
I fasti del tesoro persiano
Non è azzardato affermare che il vero protagonista di questo titolo sia, più del principe, il palazzo maledetto e più in generale tutto l’ambiente circostante. È impossibile non farsi rapire dalla bellezza e dalla complessità degli scenari. Spesso ci si ritrova inebetiti ad ammirare il lavoro svolto dai grafici francesi. Luci beffarde danzano su minareti e gazzebi dalla complessa architettura, il giusto contorno alle funamboliche gesta del giocatore. La cura maniacale con cui sono realizzati gli ambienti raggiunge le sue vette nella gestione degli spazi aperti. Le fonti di luce sono gestite ottimamente e non mancano certo piacevoli dettagli come la lussuoreggiante vegetazione dei giardini o routine tridimensionali dedicate all’animazione di drappi ed arazzi sulle pareti dei palazzi. Quello che più colpisce è il senso di maestosità trasmesso dalla scenografia del gioco: spazi immensi dal respiro epico contribuiscono a rendere magica la forza narrativa del gioco. Di contro va notata una certa semplicità nella realizzazione dei modelli poligonali dei personaggi, ma va detto che un sapiente utilizzo delle texture ed un ottima gestione delle telecamere, riescono a celare questo piccolissimo difetto. Menzione d’onore alle animazioni. Tutto si muove con una naturalezza ed una serenità che hanno dell’incredibile. Come già anticipato, assistere alle evoluzioni del principe è un piacere per gli occhi, così come lo è vederlo combattere. Il mondo circostante poi reagisce in maniera coerente all’incedere del nostro eroe: frammenti cadono dagli orli dei precipizi, l’acqua si increspa al passaggio, aste e drappi si animano sotto il peso del principe. A tutto questo si deve aggiungere una varietà estrema delle situazioni di gioco. Il fatto che la storia si svolga interamente all’interno di un palazzo non deve far pensare neppure per un attimo alla noia e alla monotonia. Infatti ci si ritrova a scoprire sempre nuove ali del maniero: dall’Harem ai bagni, dalle prigioni alle torri, fino ad arrivare alle grotte sottostanti e alle fondamenta stesse dell’edificio. Non si rischia certo di addormentarsi. Va segnalato il largo utilizzo di filtri all’immagine che contribuiscono a dare al gioco un look ‘antico’ e magico e l’impiego estensivo di anti alaising. Un piccolo miracolo della tecnica, dunque, in considerazione anche del fatto che sono veramente rari ed ininfluenti i cali di un frame rate quanto mai solido e stabile. Anche le musiche hanno saputo favorevolmente impressionare. Mai ripetitive per quanto classiche sono un giusto mix tra l’etnico orientale con percussioni e assoli di chitarra rock. Il giusto accompagnamento musicale, gradevole e mai invasivo. Il gioco è interamente doppiato in italiano con traduzioni e adattamenti corretti ed appropriati. Le voci sono sembrate forse poco adatte, ma sembra di cercare il pelo nell’uovo in un lavoro che resta di altissimo livello.
Un piccolo capolavoro
Come anticipato, The Sands of Time riesce nel difficile compito di trasportare in questa generazione di console, tutto il fascino, lo stile e il divertimento di un grande classico come Prince of Persia e lo fa con una realizzazione tecnica di prim’ordine e priva di sbavature. La maestosità degli ambienti, la fluidità delle animazioni e la freschezza e complessità degli enigmi fanno di questo titolo un acquisto obbligato, un vero must have per qualsiasi videogiocatore. La longevità è buona, con una durata complessiva che si aggira intorno alle dieci ore di gioco e con una chicca speciale da scovare: l’originale Prince of Persia in versione completa. Qualche piccolo difetto non riesce a minare una valutazione complessiva che non può che essere entusiastica. Il titolo Ubi Soft rappresenta la riscoperta degli action adventure, un’esperienza piacevole e coinvolgente rispettosa della tradizione di uno dei migliori videogiochi mai creati. Chi ha amato il predecessore non potrà non adorare questa sua nuova incarnazione, estremamente curata sotto ogni aspetto. Un gioco da non perdere, per nessuna ragione. Anche chi non dovesse trovarsi a suo agio tra piattaforme ed azione, o chi avesse odiato a suo tempo le gesta del principe, dovrebbe comunque provare almeno una versione dimostrativa: corre il rischio di lasciarsi sfuggire uno dei giochi più belli di questa fine 2003.
[Autore] Andrea -Erik Rekdal- Canigiani
Erik è un redattore ambizioso. Follemente ambizioso. Si sforza enormemente di scrivere qualcosa di interessante, e, a onor del vero, non sempre ci riesce. Nel far questo, però, cerca sempre di consigliare chi lo legge sulla bontà di un gioco, su quanto sia ben fatto e sulla quantità di divertimento ricavabile da esso. Tanto tempo fa qualcuno lo convinse che, se proprio devi fare qualcosa, allora tanto vale che tu la faccia bene; per questo quando scrive su questa testata, spesso finge di essere un giornalista, pretesa che gli costa molto in termini di sanità mentale. I suoi articoli sono suoi, e, in quanto tali, sono imbrattati della sua opinione personale come un muro intonacato di fresco dopo che è passato il peggior teppistello da strada. Che poi non ha mai cercato di nascondere il suo punto di vista, anche se l’ambizione di cui sopra gli imporrebbe quantomeno una parvenza di obiettività. È uno che se li ricorda i bei tempi di Zzap!, del redattore mascherato e di Bonavventura Di Bello; che se l’è fatta tutta la trafila, dal Commodore 16 in su; per intenderci, uno di quelli illusi che si credono imbevuti della ‘sana’ cultura del videogioco. Tollerato dai suoi contemporanei, viene non di meno guardato da questi con pallidi sorrisi di malcelata e rassegnata benevolenza. Gli unici danni che può causare, in fin dei conti, sono relativi alla sua personale salute psichica. È un logorroico-dispotico-malinconico-scioperato, fatto questo che lo riempie, di tanto in tanto, di una fragile autostima, ma che non gli facilita i rapporti umani con i propri simili. Con i gatti, invece, ha da sempre un certo qual feeling. Prima o poi riuscirà a combinare qualcosa di buono. In seguito occorrerà stabilire se non sia stato troppo tardi.
Che voto dai a: Prince of Persia: The Sands of Time
Media Voto Utenti Voti: 167
7.8
nd
Altri contenuti per Prince of Persia: The Sands of Time
Recensione Prince of Persia: The Sands of Time per PS2
Leggi la nostra recensione e le opinioni sul videogioco Prince of Persia: The Sands of Time per PS2 - 1082
Il ritorno del
Quasi quindici anni fa, un talentuoso gameprincipe
designer di nome Jordan Mechner, stupiva il mondo con un videogioco destinato a
diventare un grande classico. Chi ha vissuto l’epoca d’oro dei primi home
computer, non può non ricordare con affetto il suo primo incontro con un titolo
entrato con forza e di diritto nella storia videoludica. Forse per la prima
volta un ‘giochino’ riusciva ad incantare con una realizzazione tecnica ed un
desing stilisticamente ineccepibili persone di ogni fascia di età. Le sinuose
movenze del principe sono probabilmente il primo vagito di fotorealismo impresso
nelle memorie dei videogiocatori più anziani; e poco importava che i colori su
schermo fossero una decina tanto erano sofisticate e rivoluzionarie le
animazioni del gioco. Trappole letali e frustranti attendevano il protagonista,
in una corsa contro il tempo attraverso complessi ed estenuanti labirinti.
Eppure era impossibile arrendersi: c’era qualcosa di magico in quelle poche
righe di codice, qualcosa che avvinceva e stupiva senza possibilità di replica.
Tutto questo contribuì a rendere Prince of Persia uno dei primi videogiochi
d’autore, veri capolavori dell’arte videoludica.
Raccogliere l'eredità
L’obiettivo dichiarato della
Ubisoft Montreal era quindi quello di riportare in auge i fasti di una serie
che, dopo i primi due gloriosi episodi, ed in seguito ad un infausto tentativo
di trasposizione in tre dimensioni, rischiava di finire colpevolmente nel
dimenticatoio. La scommessa era affascinante ma rischiosa, e non erano in pochi,
visionando i primi work in progress, ad esprimere qualche dubbio. La sensazione
era di potersi trovare fra le mani un piccolo gioiello o una bieca operazione
commerciale. È bene fugare fin dall’inizio questi dubbi: la scommessa è vinta,
il titolo Ubisoft soddisfa ampiamente le aspettative. Ma andiamo con ordine.
La trama ci porta, ovviamente, indietro nel tempo, nella Persia medievale. Una
presentazione in full motion video ci cala nei panni di un giovane principe, al
seguito del padre in una spedizione militare. La voce narrante è quella del
protagonista, che in una sorta di flashback, racconta le sue avventure. Il
principe è coraggioso fino ai limiti dell’incoscienza e, nel tentativo di
compiacere il padre, durante l’assedio al palazzo del Maraja si lancia da solo
alla ricerca di un tesoro che possa coprirlo di gloria agli occhi del suo re. Un
cambiamento radicale rispetto all’anonimato e alla passività del primo principe,
prigioniero forzato delle segrete del suo stesso palazzo, ma soprattutto un
ottimo lavoro svolto al livello di character design che ci propone un
personaggio maturo e sfaccettato, arrembante e coraggioso ma al tempo stesso
viziato e spaccone. Al termine di un primo livello introduttivo, mirato a calare
il giocatore nella meccanica di gioco, il protagonista entra in possesso del
pugnale del tempo, artefatto magico dai grandi poteri, ma portatore di grandi
sciagure. Non è certo questo il luogo per raccontare nei dettagli una trama che
è parte integrante dell’esperienza di gioco, basti accennare che, in seguito ad
una propria scelta, il principe scatenerà le sabbie del tempo: una potente
maledizione che colpirà tutti gli abitanti di un enorme palazzo trasformandoli
in orde di mostri. Compito del giocatore sarà quindi quello di rimediare al
proprio errore, riportando le sabbie del tempo nella clessidra che le custodiva
grazie ai magici poteri del pugnale. Tra salti, trabocchetti, acrobazie e
combattimenti mozzafiato, il principe avrà l’opportunità di incontrare l’amore,
fino a raggiunger un finale a sorpresa che non mancherà di stupire.
Quello che convince e sbalordisce fin dalle primissime battute di gioco è il
sistema di controllo. Semplice, intuitivo, di facile apprendimento e soprattutto
capace di regalare grandi soddisfazioni. La levetta analogica sinistra controlla
i movimenti; un tasto sensibile alla situazione di gioco permette di rotolare e
saltare; due tasti sono dedicati al combattimento (uno per la spada ed uno per
il pugnale del tempo); il quarto pulsante del pad consente di riporre le armi e
di calarsi dagli argini dei burroni. Due dei tasti dorsali invece sono assegnati
alle azioni acrobatiche e all’utilizzo dei poteri magici del pugnale. È
incredibilmente semplice come, con la semplice pressione di un unico tasto, sia
possibile gestire una quantità incredibile di evoluzioni: il principe si
arrampica, cammina parallelamente sui muri, ondeggia su aste e sporgenze, si
muove in equilibrio su stretti passaggi ed affronta in generale tutta una serie
di situazioni normalmente ingestibili. Tutto funziona talmente bene da non far
rimpiangere nemmeno per un istante l’originale Prince of Persia, complice
innanzi tutto un level desing di primissimo ordine. Le sensazioni trasmesse dal
gioco sono di soddisfazione assoluta, mista ad esaltazione pura. È un piacere
controllare le gesta del principe, un piacere accentuato dalle sue indubbie doti
atletiche e dalla sensazione di libertà e di padronanza che il sistema di
controllo permette. Con il tasto ‘L1’ si accede poi ai poteri magici
dell’artefatto in possesso del protagonista. Con una semplice pressione è
possibile riavvolgere o rallentare a proprio piacimento il tempo, capacità utili
per affrontare al meglio i combattimenti o per ritentare salti o passaggi
particolarmente ostici senza dover per forza riprendere dall’ultimo salvataggio.
Il tutto è realizzato con grande classe: vedere tornare a ritroso nel tempo
un’azione sfortunata per riprendere il controllo un attimo prima che tutto si
trasformi in tragedia è impagabile, così come entusiasmante è svolgere un
combattimento al rallentatore. E non solo, il pugnale del tempo è in grado di
regalare una vasta gamma di possibilità al suo possessore, svelate però solo nel
corso del gioco.
I combattimenti riescono nel difficile compito di replicare l’epicità e la
tatticità degli scontri all’arma bianca dei primi capitoli della serie. Semplici
ed efficaci combo sono accessibili con la pressione dei due tasti adibiti alle
armi del principe, mentre (in aggiunta agli incantesimi di cui si è già
accennato) con il pulsante del salto è possibile eludere con una serie di
capriole gli attacchi degli avversari. Col medesimo tasto si è poi in grado di
saltare alle spalle dell’avversario con funambolismi di Matrixiana memoria, per
sferrare attacchi letali da posizioni vantaggiose. Quasi sempre ci si trova a
combattere in inferiorità numerica, ed è proprio la sensazione di poter gestire
coreograficamente questi scontri grazie alle incredibili capacità del
protagonista a rendere esaltante l’affrontare orde di avversari. Unica pecca è
la forse eccessiva ripetitività degli schemi d’attacco degli avversari, che alle
lunghe diventano prevedibili, quasi una routine da affrontare per proseguire
nell’esplorazione del palazzo. È sufficiente però far caso alla classe e
all’eleganza con cui il tutto si svolge su schermo per perdonare qualche piccola
mancanza a livello di intelligenza artificiale. Mai noiosi e sempre avvincenti i
puzzle presenti nel gioco, vera e propria anima della serie. Si spazia da strani
meccanismi da far scattare in sequenze logiche, fino ad arrivare a complicati
giochi di specchi da interpretare correttamente per trovare la giusta strada.
L’ossatura del titolo è però costituita, come era logico attendersi, da enigmi
legati all’ambiente circostante, al modo in cui far raggiungere al protagonista
luoghi impervi superando ostacoli e infidi trabocchetti. Ed è qui che Ubisoft ha
dato il meglio. Lo spirito dell’originale è esaltato da un design dei livelli
che rasenta la perfezione: impegnativo e mai frustrante, geniale e coreografico.
L’unico appunto che si può muovere è quello di un’eccessiva linearità degli
enigmi: c’è sempre un solo modo per raggiungere la meta, una sola chiave
interpretativa per percorrere l’unica strada attraverso il gioco. Ma è un
particolare marginale se confrontato con la mole e la varietà di situazioni
presenti.
I fasti del tesoro persiano
Non è azzardato affermare che il vero protagonista di
questo titolo sia, più del principe, il palazzo maledetto e più in generale
tutto l’ambiente circostante. È impossibile non farsi rapire dalla bellezza e
dalla complessità degli scenari. Spesso ci si ritrova inebetiti ad ammirare il
lavoro svolto dai grafici francesi. Luci beffarde danzano su minareti e gazzebi
dalla complessa architettura, il giusto contorno alle funamboliche gesta del
giocatore. La cura maniacale con cui sono realizzati gli ambienti raggiunge le
sue vette nella gestione degli spazi aperti. Le fonti di luce sono gestite
ottimamente e non mancano certo piacevoli dettagli come la lussuoreggiante
vegetazione dei giardini o routine tridimensionali dedicate all’animazione di
drappi ed arazzi sulle pareti dei palazzi. Quello che più colpisce è il senso di
maestosità trasmesso dalla scenografia del gioco: spazi immensi dal respiro
epico contribuiscono a rendere magica la forza narrativa del gioco. Di contro va
notata una certa semplicità nella realizzazione dei modelli poligonali dei
personaggi, ma va detto che un sapiente utilizzo delle texture ed un ottima
gestione delle telecamere, riescono a celare questo piccolissimo difetto.
Menzione d’onore alle animazioni. Tutto si muove con una naturalezza ed una
serenità che hanno dell’incredibile. Come già anticipato, assistere alle
evoluzioni del principe è un piacere per gli occhi, così come lo è vederlo
combattere. Il mondo circostante poi reagisce in maniera coerente all’incedere
del nostro eroe: frammenti cadono dagli orli dei precipizi, l’acqua si increspa
al passaggio, aste e drappi si animano sotto il peso del principe. A tutto
questo si deve aggiungere una varietà estrema delle situazioni di gioco. Il
fatto che la storia si svolga interamente all’interno di un palazzo non deve far
pensare neppure per un attimo alla noia e alla monotonia. Infatti ci si ritrova
a scoprire sempre nuove ali del maniero: dall’Harem ai bagni, dalle prigioni
alle torri, fino ad arrivare alle grotte sottostanti e alle fondamenta stesse
dell’edificio. Non si rischia certo di addormentarsi. Va segnalato il largo
utilizzo di filtri all’immagine che contribuiscono a dare al gioco un look
‘antico’ e magico e l’impiego estensivo di anti alaising. Un piccolo miracolo
della tecnica, dunque, in considerazione anche del fatto che sono veramente rari
ed ininfluenti i cali di un frame rate quanto mai solido e stabile. Anche le
musiche hanno saputo favorevolmente impressionare. Mai ripetitive per quanto
classiche sono un giusto mix tra l’etnico orientale con percussioni e assoli di
chitarra rock. Il giusto accompagnamento musicale, gradevole e mai invasivo. Il
gioco è interamente doppiato in italiano con traduzioni e adattamenti corretti
ed appropriati. Le voci sono sembrate forse poco adatte, ma sembra di cercare il
pelo nell’uovo in un lavoro che resta di altissimo livello.
Un
Come anticipato,piccolo capolavoro
The Sands of Time riesce nel difficile compito di trasportare in questa
generazione di console, tutto il fascino, lo stile e il divertimento di un
grande classico come Prince of Persia e lo fa con una realizzazione tecnica di
prim’ordine e priva di sbavature. La maestosità degli ambienti, la fluidità
delle animazioni e la freschezza e complessità degli enigmi fanno di questo
titolo un acquisto obbligato, un vero must have per qualsiasi videogiocatore. La
longevità è buona, con una durata complessiva che si aggira intorno alle dieci
ore di gioco e con una chicca speciale da scovare: l’originale Prince of Persia
in versione completa. Qualche piccolo difetto non riesce a minare una
valutazione complessiva che non può che essere entusiastica. Il titolo Ubi Soft
rappresenta la riscoperta degli action adventure, un’esperienza piacevole e
coinvolgente rispettosa della tradizione di uno dei migliori videogiochi mai
creati. Chi ha amato il predecessore non potrà non adorare questa sua nuova
incarnazione, estremamente curata sotto ogni aspetto. Un gioco da non perdere,
per nessuna ragione. Anche chi non dovesse trovarsi a suo agio tra piattaforme
ed azione, o chi avesse odiato a suo tempo le gesta del principe, dovrebbe
comunque provare almeno una versione dimostrativa: corre il rischio di lasciarsi
sfuggire uno dei giochi più belli di questa fine 2003.
[Autore] Andrea -Erik Rekdal-
Erik è un redattoreCanigiani
ambizioso. Follemente ambizioso. Si sforza enormemente di scrivere qualcosa di
interessante, e, a onor del vero, non sempre ci riesce. Nel far questo, però,
cerca sempre di consigliare chi lo legge sulla bontà di un gioco, su quanto sia
ben fatto e sulla quantità di divertimento ricavabile da esso. Tanto tempo fa
qualcuno lo convinse che, se proprio devi fare qualcosa, allora tanto vale che
tu la faccia bene; per questo quando scrive su questa testata, spesso finge di
essere un giornalista, pretesa che gli costa molto in termini di sanità mentale.
I suoi articoli sono suoi, e, in quanto tali, sono imbrattati della sua opinione
personale come un muro intonacato di fresco dopo che è passato il peggior
teppistello da strada. Che poi non ha mai cercato di nascondere il suo punto di
vista, anche se l’ambizione di cui sopra gli imporrebbe quantomeno una parvenza
di obiettività. È uno che se li ricorda i bei tempi di Zzap!, del redattore
mascherato e di Bonavventura Di Bello; che se l’è fatta tutta la trafila, dal
Commodore 16 in su; per intenderci, uno di quelli illusi che si credono imbevuti
della ‘sana’ cultura del videogioco. Tollerato dai suoi contemporanei, viene non
di meno guardato da questi con pallidi sorrisi di malcelata e rassegnata
benevolenza. Gli unici danni che può causare, in fin dei conti, sono relativi
alla sua personale salute psichica. È un
logorroico-dispotico-malinconico-scioperato, fatto questo che lo riempie, di
tanto in tanto, di una fragile autostima, ma che non gli facilita i rapporti
umani con i propri simili. Con i gatti, invece, ha da sempre un certo qual
feeling. Prima o poi riuscirà a combinare qualcosa di buono. In seguito
occorrerà stabilire se non sia stato troppo tardi.
Che voto dai a: Prince of Persia: The Sands of Time
Voti: 167
Altri contenuti per Prince of Persia: The Sands of Time