Recensione Professor Layton e il Richiamo dello Spettro

Torna il gentleman di Level 5, coi suoi Enigmi

Recensione Professor Layton e il Richiamo dello Spettro
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  • DS
  • Non vuol morire, questo Nintendo DS. E’ dall’uscita del suo successore con schermo in tre dimensioni, avvenuta ormai mesi e mesi fa, che andiamo dicendo che la console ormai non ha più nulla da offrire: puntualmente, veniamo smentiti dall’uscita di un titolo interessante, degno d’attenzione. Quando poi tal titolo è nientemeno che il quarto episodio di una serie che su Nintendo DS è nata, ha costruito la sua fortuna ed ha contribuito in modo innegabile alla ricchezza del suo parco titoli, ecco allora che bisogna per forza di cose fare un piccolo passo indietro su quanto detto e prepararsi ad accogliere a braccia aperte un prodotto che promette di donare altre preziose e vitali ore di gioco alla nostra piccola console portatile.
    Ecco quindi arrivare, anche, in Europa, seppur castrato orribilmente, come vedremo in seguito, il quarto episodio della serie del Professor Layton, diventato in brevissimo tempo una delle icone videoludiche più riconosciute di questa generazione. Avventuriamoci insieme quindi in questo “Il professor Layton e il richiamo dello spettro”, primo episodio di una nuova trilogia che proseguirà su Nintendo 3DS, ambientata temporalmente prima delle vicende narrate ne “Il paese dei misteri”.

    Il ritorno di un vero gentleman

    Eccolo, Hershel Layton, bizzarro professore, archeologo, collaboratore di Scotland Yard, buttato sul suo divano dopo una notte di studio, senza giacca ma con il sempre presente cilindro ben calcato in testa: come si fa a non adorarlo? Parte qui il racconto di questo nuovo episodio, dopo un però un intermezzo in medias res del quale non vogliamo svelarvi niente se non: nebbia, spettro, distruzione. Perché a Misthallery, questo il set della nuova avventura, c’è all’opera uno strano potere, un tempo al servizio degli abitanti e che ora pare esserglisi rivoltato contro, non si sa per quale motivo, come testimoniano crateri enormi nel terreno, tracce di non si sa quale essere, case sventrate e macerie disseminate un po’ ovunque per il paese. Il sindaco del paese allora, Clark Triton, vecchio amico di Layton, lo manda a chiamare, sperando in un suo aiuto: in realtà, presto si scoprirà come non sia proprio così, e che nel mistero è impelagato suo figlio, il giovane Luke, proprio l’assistente che abbiamo già visto al fianco del professore negli episodi già usciti.
    Apprezzabile quindi la volontà di andare indietro nel tempo, nel passato di Layton, svelando come lui e Luke si sono conosciuti, così come è apprezzabile la trama nel suo svolgersi, con nessun particolare lasciato al caso e ricchi colpi di scena. Il ruolo del paranormale sembra essere qui può forte rispetto agli altri episodi, l’atmosfera più grave, e non potrebbe essere altrimenti quando la nebbia cala sulla città e lo spettro viene fuori. Misthallery è uno stupendo borgo di campagna, ma si trasforma in un luogo lugubre appena cala la notte, in maniera funzionale all’alone di mistero che permea il titolo tutto. Le bizzarrie e gli espedienti divertenti dei titoli precedenti li ritroviamo, ma qui ci pare di cogliere una sensazione più seriosa, ed un cambio di tono è senz’altro gradito, seppur non bisogni aspettarcisi chissà quali stravolgimenti. Ad arricchire ulteriormente un racconto così ben congegnato vi è un cast di personaggi tutti particolari, caratterizzati ottimamente e tutti funzionali all’interno dell’economia del racconto o del gioco, quindi utili certo per raccogliere informazioni e svelare misteri, ma ugualmente per la proposizione degli enigmi che gli affezionati della serie hanno amato nelle precedenti uscite.
    Ed eccola quindi la sostanza vera di ogni episodio di Layton che si rispetti, lì dove ad una trama sempre ben costruita si coniuga una struttura di gioco che ha come ingredienti principali l’esplorazione, del tutto basilare ed affidata ad appositi cursori, tramite i quali muoverci tra gli angoli del paese, ed ovviamente gli enigmi, quei deliziosi, gustosi, impegnativi, sfibranti, stramaledittissimi enigmi (in rigoroso ordine di difficoltà). Partiamo subito dal numero, assolutamente sbalorditivo: 170, 144 standard, facilmente giocabili parlando con i personaggi di gioco, esaminando oggetti e più in generale picchettando lo stylus qua e là, il resto nascosti, magari in luoghi particolari di una dettagliata scena, da scovare anche in questo caso pennino alla mano, in maniera però decisamente più insistente, impedendo così (parzialmente) al giocatore di trovarli per caso.
    Non può bastare certamente il numero, seppur cospicuo, a soddisfare le brame cerebrali del giocatore: serve anche una buona dose di varietà, per impedire che la progressione diventi prima prevedibile e poi noiosa. Anche da questo punto di vista ci si può ritenere tutto sommato soddisfatti: inutile dire che per chi avesse familiarità col genere e con episodi della stessa serie il senso di deja vù sarà a tratti evidente, ma bisogna ammettere che difficilmente si può far altrimenti, ed anzi va apprezzato quanto realizzato dai ragazzi di Level 5, che si son sforzati nel ricercare soluzioni nuovi, anche a costo di un lieve aumento della difficoltà generale dei rompicapo. Che si richieda di utilizzare il ragionamento, il colpo d’occhio o il pensiero laterale, ogni piccolo puzzle mentale riesce ad essere godibile, e quando ci s’accorge d’averne saltato uno, tra le pieghe della trama, è veramente impossibile resistere all’impulso di ripercorrere i propri passi per vedere quale elemento dello scenario si è tralasciato o se ci siamo dimenticati di parlare con il personaggio custode dell’enigma. Ed è quello uno degli ingredienti del successo della serie: proporre sfide sempre fresche, avvincenti, impegnative ma che si sa di poter quasi sempre risolvere, invogliando il giocatore a mettersi costantemente alla prova: quando questa sembra impari, ecco che potrà spendere le monete indizio trovate in giro per il paese per avere quel piccolo indizio che trasformerà magari un enigma ritenuto impossibile in una bazzecola. E se anche allora dovesse risultare insuperabile, ecco altri tre aiuti, di cui uno speciale, con i quali difficilmente non si riuscirà a risolvere l’arcano.
    La formula Layton funziona ancora quindi, e funziona benissimo, pur rimanendo sempre la stessa. Il che implica, al netto dei contenuti aggiuntivi a contorno (manca quello più importante, ci stiamo arrivando), un’identità tra questo e gli altri episodi che potrebbe stancare chi è già avvezzo a dinamiche ormai consolidate. Il genere è soggetto a tale problema, difficilmente se ne vien fuori senza stravolgere la natura del gameplay, ma chi ha già rintracciato precedentemente segni di stanchezza nei titoli già usciti farebbe bene a ponderare un eventuale acquisto: poco infatti fanno per variare l’offerta i tre minigiochi di contorno, che richiedono nei loro livelli più impegnatici un deciso spremere di meningi, ma niente che costituisca una vera alternativa alla portata principale.
    L’avrebbe costituita, eccoci al punto dolentissimo, l’rpg London Life, inserito nelle altre versioni del gioco. Non fosse altro per le ore di gioco promesse, ben cento. La volontà perentoria da parte di Nintendo di far uscire il titolo in questo periodo ne ha impedito la localizzazione, e piuttosto che inserirlo in lingua inglese si è preferito eliminarlo del tutto. Scelta comprensibile tenendo in conto di una certa “coerenza” del pacchetto, del tutto deprecabile per ogni altro verso: una mancanza imperdonabile, per tutte le ragioni esposte, nel momento in cui il vero elemento di novità del pacchetto viene rimosso. Un compendio dei titoli della serie già usciti, un’anteprima dell’attesissimo rpg Fantasy Life, un semplice (se si può chiamare semplice un prodotto a sé stante di 100 ore di gioco) diversivo, un delizioso mondo nel quale vedere riprodotto lo stile della serie secondi canoni artistici diversi, con il pixel in 8-bit protagonista: da qualunque prospettiva lo si voglia vedere, London Life sarebbe valso quasi da solo l’acquisto del gioco. E speriamo che qualcuno dalle parte di Nintendo non legga queste ultime righe.

    Carattere europeo

    Nulla poteva cambiare nell’aspetto del titolo rispetto ai precedenti episodi, dato che uno dei motivi di successo della serie è quello stile da fumetto europeo che dalle parti di Fukuoka, sede di Level 5, sono riusciti così ottimamente a riprodurre. Si sente aria di Francia e Belgio nelle illustrazioni che costituiscono il cuore grafico del gioco, nelle scene così finemente dettagliate, nei personaggi trattati con toni caricaturali, nei colori sapientemente utilizzati, nelle linee morbide. Se la regola stilistica odierna è l’eccesso, qui ci troviamo di fronte al capace dosaggio, e ne vengon fuori quadri di pregevole fattura, che non vediamo l’ora d’ammirare su console più performanti. Lo stesso vale per il doppiaggio, completamente in italiano, ottimo nella recitazione e nella campionatura: un lievissimo timbro metallico però segna i limiti di una compressione che ha fatto sicuramente miracoli per far entrare tutto in una piccola cartuccia, ma che è venuta meno dal punto di vista della limpidezza dell’audio.

    Professor Layton e il Richiamo dello Spettro Professor Layton e il Richiamo dello SpettroVersione Analizzata Nintendo DSIl professor Layton ed il richiamo dello spettro è l’apprezzabile ritorno del gentiluomo col cilindro, identico nella sua natura alle sue precedenti avventure. Quanto ciò possa essere determinante ai fini della valutazione del giocatore è evidentemente soggettivo, da quella analitica innegabilmente è fattore che penalizzante, seppur non in maniera drammatica: la quantità degli enigmi e la loro varietà è tale da garantire un’ottima sfida per ogni giocatore. La mancanza di London Life va invece rilevata eccome, e ci sentiamo di condannarla severamente, vista la mole di contenuti racchiusi.

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