Recensione R-Type Final

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Recensione R-Type Final
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  • PS2
  • L'ultimo assalto

    A diciassette anni di distanza dall'esordio
    nelle sale giochi del capostipite della saga (classe 1987), Irem si accinge a
    scrivere il capitolo conclusivo della serie che l'ha resa celebre in tutto il
    mondo. Inutile sottolineare come R-type, pur non essendo l'inventore del
    genere, sia rimasto nel cuore e nelle menti dei videogiocatori di ogni età, vuoi
    per una meccanica di gioco che ha fatto a tutti gli effetti scuola, vuoi perché
    per molti è stato il primo vero approccio agli shoot'em up di concezione
    moderna. Grazie ad una serie di conversioni pressoché impeccabili per i sistemi
    di gioco più diffusi in Europa ed America (in primis Commodore 64 ed Amiga), il
    titolo Irem è riuscito a divenire in occidente una vera e propria icona degli
    spara tutto a scorrimento. Non c'è quindi da stupirsi che la notizia di una (a
    dire il vero insperata) conversione pal di questo capitolo conclusivo fosse
    attesa con ansia dagli appassionati. Nelle promesse dei produttori questa ultima
    fatica dovrebbe conservare intatto tutto il fascino e la magia che hanno reso
    così famoso il marchio di R-Type, presentando al contempo un titolo fresco,
    dinamico ed al passo coi tempi. False illusioni o spettacolare realtà di un
    pirotecnico gran finale? La verità come sempre sta nel mezzo.

    Un'armata al vostro
    comando

    Ciò che ha da
    sempre reso unico l'approccio di R-Type al genere è un ritmo di gioco
    riflessivo ed estremamente meditato. Lungi dalla frenesia di un Ikaruga o dalla
    velocità di un Gradius, l'esperienza offerta dal titolo Irem è da sempre stata
    molto più tattica, costringendo il giocatore ad attingere con frequenza alle
    peculiari armi messe a sua disposizione e a sforzi mnemonici necessari alla
    sopravvivenza negli intricati e labirintici scenari. Tutti elementi riproposti
    con successo anche in questa ultima incarnazione. Gli appassionati saranno
    felici di costatare come il feeling sia rimasto pressoché immutato, così come
    immutato è l'arsenale con il quale affrontare il malvagio impero Bydo. Torna il
    classico "beam shoot" (in pratica un colpo caricabile tenendo premuto il tasto
    di fuoco), così come torna il "force", quella sfera di energia che ancorata sul
    musetto della nave del giocatore permette di deflettere gli attacchi avversari e
    di potenziare il proprio fuoco. Nessuna rivoluzione, quindi, anzi, una
    trasposizione quasi pedissequamente realizzata dell'originale gameplay che si
    riflette finanche nel design di alcuni livelli, veri e propri tributi ai vecchi
    episodi della serie. L'assalto all'astronave gigante, il verme biomeccanico
    che costringe il giocatore ad evoluzioni millimetriche per essere schivato,
    tutte situazioni familiari che fanno il loro ammiccante ritorno per la gioia dei
    videogiocatori di vecchia data e lo stupore di chi non ha mai avuto la
    possibilità di godere del fascino di R-Type. Ad infondere nuova linfa al gioco,
    garantendone anche una notevole longevità, è stata inserita la possibilità di
    selezionare la propria astronave da una scelta di ben centouno esemplari (da
    sbloccare con il prosieguo del gioco), differenti non solo nell'aspetto, ma,
    come era lecito aspettarsi, anche per caratteristiche peculiari quali velocità e
    potenza di fuoco. La scelta del mezzo si ripercuote quindi direttamente sulla
    tattica da impiegare nell'affrontare il gioco. Esistono veicoli improntati alla
    difesa così come vere e proprie macchine di distruzione dall'elevato impatto
    distruttivo, oppure giusti compromessi tra volume di fuoco e velocità, magari
    dotati di un "beam shoot" particolarmente incisivo. Insomma, cambiando veicolo,
    il giocatore si trova a dover rivoluzionare (in molti casi radicalmente) il
    proprio approccio al gioco. Le astronavi hanno poi tutte una propria ragione di
    essere, o perché prese direttamente dai vecchi capitoli, o perché caratterizzate
    da un design azzeccato (fra tutte le versioni da “ricognizione” e quella da
    “assalto”) oppure perché attinte da altri gloriosi titoli del passato (qualche
    chicca non mancherà di far commuovere i più anziani). A tutto questo si aggiunga
    la possibilità, invero non sfruttata al massimo, di affrontare i livelli in
    percorsi variabili, in base al mezzo guidato (selezionabile anche tra un quadro
    e l'altro di gioco) o in seguito alla distruzione di particolari obiettivi,
    rendendo di fatto ancor più varia l'esperienza di gioco. Oltre alla classica
    esperienza di gioco “arcade” è stata introdotta per l'occasione anche
    un'inedita modalità “versus AI” in cui è possibile istruire un'intelligenza
    artificiale con dettagliati comandi tattici per poi costringerla ad un duello
    con un'altra navicella gestita dalla cpu o precedentemente ammaestrata da un
    amico. Il risultato è uno slide show in cui il giocatore è passivo spettatore
    dell'efficacia delle proprie strategie. Sostanzialmente inutile, ma piacevole.
    Tra gli aspetti positivi del titolo, un plauso va alla cospicua dotazione di
    extra. Dalla completa e dettagliata descrizione di ciascuna delle centouno
    navicelle, alla galleria di immagini renderizzate, fino alla completa
    descrizione di ciascun avversario incontrato nel gioco. Una vera e propria
    enciclopedia ed un tributo al fenomeno di R-Type. Col passare degli anni però il
    gameplay inizia a mostrare delle pecche a cui purtroppo gli sviluppatori non
    hanno saputo porre adeguato rimedio. Al di là dell'estrema varietà di astronavi
    ben poco è stato fatto per infondere un minimo di adrenalina e di vitalità al
    titolo. Certo, i puristi storceranno il naso nel leggere quanto segue, ma al
    giorno d'oggi un gioco che aspiri a divenire un capolavoro nel suo genere non
    può permettersi attimi di “nulla” in cui l'azione è letteralmente sospesa e
    nemmeno costringere il giocatore a memorizzare senza alcun costrutto ondate di
    avversari o schemi di attacco dei boss di fine livello. In altri termini il
    restyling della componente ludica sarebbe dovuto essere più deciso per reggere
    il passo con rivali del calibro di Ikaruga e del prossimo Gradius V, e a poco
    servono le funamboliche evoluzioni di una veste grafica forzatamente
    tridimensionale che riesce solo a disorientare il giocatore senza apportare
    nessuna variazione di rilievo alla meccanica di gioco. Si aggiunga a questo una
    difficoltà a dir poco frustrante e dei cali nel framerate che, dal terzo livello
    in poi, si fanno insopportabili oltre che fastidiosi, e si avrà la visione
    d'insieme di un gioco che ancorché piacevole resta purtroppo afflitto da
    numerose lacune. In definitiva, la sensazione trasmessa da R-Type Final è quella
    di un gioco dalle potenzialità enormi, tarpate dalla comprensibile paura di
    discostarsi troppo dall'idea originale della serie.

    Navicelle avveniristiche

    Pur non
    spingendo l'hardware sony ai suoi limiti, il titolo Irem si presenta con una
    veste grafica di tutto rispetto. Pur mantenendo un'impronta bidimensionale per
    quanto concerne la meccanica di gioco, la grafica è completamente
    tridimensionale, permettendo quindi frequenti cambi di inquadratura che, come
    anticipato, coinvolgono i fondali senza per questo modificare l'azione. Effetti
    di luce e particellari contribuiscono ad impreziosire l'impatto puramente
    estetico. Riuscitissimo e perfettamente in linea con la serie il design
    complessivo (giustamente sottolineato dai numerosi extra) sia per quanto
    riguarda gli sprite principali che per i fondali, evocativi e ricchi di
    particolari. Il look biomeccanico che tanti consensi riscosse nel lontano 1987 è
    tornato in tutta la sua gloria. Segnaliamo nuovamente i cali nel frame rate,
    poco fastidiosi nei primi livelli (in fin dei conti, sono a tutti gli effetti
    anch'essi un marchio di fabbrica della serie), rischiano però di compromettere
    la buona riuscita di una partita negli stage più avanzati. Un particolare che
    denota sicuramente una programmazione poco attenta, considerando che la mole
    poligonale gestita, pur nella sua maestosità, non fa certo gridare al miracolo.
    Luci ed ombre anche per quanto concerne il reparto sonoro. La colonna sonora
    infatti non ha impressionato, composta com'è da brani sinfonici dall'evidente
    ambizione epica, che alla fine risultano fin troppo ripetitivi ed estenuanti.
    Certo, anche questa scelta può essere spiegata col tentativo di rimanere quanto
    più fedeli possibile all'originale, ma i risultati ottenuti sono ben lontani
    dalla maestosità della tracklist dei primi episodi. Di buona resa invece gli
    effetti sonori, convincenti e vari senza cadere nella banalità. Si sente la
    mancanza di un'opzione che permetta di godere di impianti Dolby pro logic.

    The (R-Type) Final
    Showdown

    Nell'esprimere un giudizio su questa ultima fatica Irem si può essere
    estremamente severi, sottolineando l'inadeguatezza di un sistema di gioco ormai
    fin troppo datato e le evidenti lacune del titolo sia per quanto riguarda la
    mera realizzazione tecnica (comunque più che dignitosa) che per la mancata
    rivoluzione che in molti probabilmente si aspettavano. Allo stesso tempo un
    giudizio entusiastico sarebbe più che legittimato da quello che alla fin fine il
    gioco è: un tributo ricchissimo ad una saga storica, ed in una certa misura un
    remake fedele ed impeccabile del feeling dell'originale in chiave moderna. Come
    scritto nel cappello introduttivo, la verità sta probabilmente nel mezzo. R-Type
    Final è un gioco più che onesto, capace di regalare soddisfazione e divertimento
    sia ai fedelissimi della serie che ai novizi dell'ultima ora. Ma è anche un
    titolo che lascia l'amaro in bocca, vuoi per una realizzazione non impeccabile
    (e migliorabilissima) che per tutta una serie di piccole novità che se meglio
    sfruttate (ad esempio la sequenza non lineare degli stage) o se adeguatamente
    introdotte (una maggiore varietà con qualche situazione originale ed inedita non
    avrebbe guastato) avrebbero reso il gioco sicuramente meno monotono e più
    gradevole. Resta un arsenale sconcertante per diversità e realizzazione con
    cento astronavi diverse, ciascuna dotata di caratteristiche peculiari; ma è una
    diversità che in pochi forse riusciranno a godersi fino in fondo, proprio a
    causa dell'eccessiva ripetitività dell'azione di gioco. Chi ha amato
    l'originale adorerà questo capitolo finale (ma siamo poi sicuri che sarà
    l'ultimo?) che rappresenta a tutti gli effetti la summa di quel piccolo
    fenomeno chiamato R-type. Per gli altri rimane uno sparatutto più che valido,
    magari frustrante e forse troppo ripetitivo. Un piccolo - grande rimpianto è il
    prezzo. Mentre infatti nel mercato statunitense il gioco è venduto ad un prezzo
    che si aggira intorno ai 30 dollari, nel nostro bel paese il costo del prodotto
    è “inspiegabilmente” lievitato per allinearsi ai canonici 50-60 euro. Un vero
    peccato dato che il prezzo elevato allontanerà molti potenziali estimatori da un
    titolo meritevole in ogni caso di entrare nella collezione di ogni vero
    appassionato.

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