Raging Justice Recensione: un tributo a Streets of Rage e Final Fight

Sviluppato da un team fondato da ex membri di Rare, Raging Justice è un picchiaduro a scorrimento che omaggia i classici del genere degli anni '80 e '90.

Raging Justice Recensione: un tributo a Streets of Rage e Final Fight
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Switch
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Come nell'evoluzione di qualsiasi mezzo di comunicazione, il videogioco ha dovuto sacrificare sull'altare della crescita alcuni dei capisaldi che ne hanno fatto la storia e la fortuna. Parlando di generi videoludici, il beat'em up rientra certamente in questo discorso. Da protagonista dell'epoca d'oro dei coin-op, presente all'interno di almeno un cabinato di qualsiasi sala giochi rispettabile, il picchiaduro a scorrimento si è allontanato dal centro dei riflettori con l'avvento degli anni Duemila, fino a sfiorire nel corso dell'ultimo decennio. In altre parole: fatta salva qualche eccezione (vedi il nostrano Schiaffi & Fagioli), di produzioni così si è persa quasi ogni traccia. In uno scenario di questo tipo, con la memoria dei vecchi videogiocatori saldamente ancorata a titoli immortali come Streets of Rage, Double Dragon e Final Fight, un prodotto come Raging Justice non può fare altro che piacere, per lo meno scorgendone le intenzioni. Il primogenito del team MakinGames è infatti un incedere sporco e violento tra le vie di una metropoli piena zeppa di brutti ceffi da prendere sistematicamente a randellate sul grugno. Ricorda qualcosa?

    Botte di nostalgia

    La domanda è ovviamente retorica, in quanto Raging Justice, per volontà esplicita, non si discosta affatto dai canoni dei classici degli anni Novanta. La modalità principale consta di nove missioni in cui l'eroe, in buona sostanza, deve salvare il sindaco locale dal giogo di una banda di criminali di ogni rango: teppistelli di bassa tacca, donnacce, energumeni e -immancabili- ciccioni. C'è anche una modalità denominata Rissa, una prova di resistenza che chiede di contrastare ondate progressive di antagonisti, ma è davvero inconsistente e non ci dilungheremo oltre nel descriverla. Oltre a scegliere il livello di difficoltà con cui affrontare il viaggio, il giocatore deve decidere quale dei tre avatar messi a disposizione impersonare. Rick, Ashley e Nikki, questi i loro nomi, rappresentano tre delle consuete tipologie di personaggi di cui il genere tipicamente si serve, dal lottatore più agile al più lento, dal più gracile al più massiccio. Nulla che modifichi l'esperienza di gioco in maniera sostanziale, salvo uno stile di approccio al nemico che cambia leggermente da un caso all'altro.
    Il passo successivo è quello di scendere in strada per menare finalmente le mani. Anche in termini combat system, Raging Justice si rifà agli esponenti della vecchia guardia in modo quasi reverenziale. Si avanza a suon di pugni e calci -sia a terra che in salto-, ma anche di prese, e poi di bottigliate, coltellate, colpi di mazze da baseball, di martello, a seconda degli oggetti di volta in volta lasciati sul percorso dagli oppositori. Non mancano anche le consuete spacconerie da brawler quali il lancio di casse, bidoni e cabine telefoniche in testa ai malcapitati e, chicca delle chicche, la possibilità di guidare un tosaerba al fine di "potare" gli avversari. Se lo scheletro della progressione è a dir poco familiare, va dato atto agli sviluppatori di essersi quantomeno sforzati per mettere del proprio all'interno di una formula altrimenti fin troppo pedissequa. L'impegno trova concretezza innanzitutto nelle svariate prove opzionali proposte in ogni singolo livello, che spaziano dal completare il quadro entro un dato limite di tempo all'ottenere un determinato quantitativo di denaro dai rivali neutralizzati.

    In secondo luogo, i ragazzi di MakinGames hanno implementato un interessante sistema di ricompensa basato sulla nota dicotomia del poliziotto buono e del poliziotto cattivo. A furia di sganassoni capita spesso di stordire i cattivi, i quali, in queste condizioni, possono essere ammanettati oppure mandati una volta per tutte all'altro mondo, a discrezione dell'utente. Graziare o meno il criminale di turno si traduce, rispettivamente, nel recupero di una piccola quantità di salute oppure di un'arma con cui assalire subito i malviventi. Un modo semplice ma efficace per dare una mano al videogiocatore nella sua avanzata incessante e, come vedremo, tutt'altro che agevole.

    Nostalgia presa a botte

    Graditissima l'idea, encomiabile la dedizione al progetto ma, stretto il pad tra le mani, ci si rende subito conto che il risultato ottenuto non è dei migliori. Il sistema di combattimento di Raging Justice, seppur in linea con la genuinità di quello dei suoi mentori, restituisce un feeling decisamente peggiore, piuttosto legnoso e soggetto a dei comandi meno reattivi di quanto dovrebbero essere. Colpire correttamente i nemici non è per altro una passeggiata di salute e richiede anzi un posizionamento del personaggio particolarmente preciso, laddove l'IA avversaria si dimostra invece puntuale come le tasse, mettendo le sue aggressioni a segno sempre a colpo sicuro. Se è poi vero che il gioco concede all'utente un possente attacco speciale per evadere dalle situazioni più caotiche, lo è anche il fatto che tale manovra consumi una considerevole dose di energia vitale, il che ne riduce l'utilizzo all'osso. Tutto questo non fa che acuire di parecchio il grado di sfida, che anche a Normale risulta essere più elevato di quanto sarebbe giusto attendersi. L'impressione, insomma, è che la difficoltà spesso ingiustificata non sia del tutto voluta, bensì sia una conseguenza indiretta di qualche mancanza tecnica di troppo mista a scelte di design non sempre indovinate.

    Nonostante una competizione talvolta fin troppo intransigente, che rischia di esaurire i tentativi pre-game over anzitempo, va dato atto agli sviluppatori di avere quantomeno predisposto un sistema di salvataggio ben studiato. Consumati tutti i "continue?" è difatti possibile riprendere la campagna da una missione a scelta tra quelle già portate a termine, al che il software terrà conto dello stato di salute migliore con cui il giocatore era originariamente giunto a quello stage. Un buon modo per smorzare quel senso di frustrazione che, in base a quanto scritto fino a qui, potrebbe seriamente farsi strada fra i nervi di chi gioca.
    Purtroppo Raging Justice non sbalordisce neppure sotto il profilo artistico. È palese la voglia di puntare su un aspetto visivo più contemporaneo rispetto alla resa bidimensionale di molti congeneri. Ciononostante, il 3D dei modelli e degli ambienti è davvero grossolano, così come pure le animazioni dei personaggi appaiono discontinue e sinceramente sgraziate. Viene da domandarsi, allora, se non fosse meglio optare per una foggia grafica più tradizionale, pur perdendo qualcosa in fatto di originalità.

    Raging Justice Raging JusticeVersione Analizzata PlayStation 4Raging Justice è un beat’em up di fattura modesta, che paga specialmente lo scotto di un combat system spigoloso e di una difficoltà mal bilanciata. Salvo una manciata di meccaniche originali, si tratta comunque di una produzione di genere assolutamente in linea coi canoni del passato, una delle pochissime viste in giro di recente. Il titolo supporta anche la co-op locale, motivo per cui non dubitiamo che, soprattutto in compagnia di un amico, l’esperienza possa riservare quel po’ di divertimento che non guasta, riportando alla mente dei gamer più anzianotti le tante giornate spese tra i cabinati da bar. Raging Justice rimane comunque un prodotto dalle svariate imperfezioni, di fronte alle quali viene spontaneo chiedersi se piuttosto non convenga dedicarsi a qualche ora di sano retrogaming.

    6

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