Red Dead Redemption 2 Recensione: Rockstar ci riporta nel Selvaggio West
A otto anni dal lancio di Red Dead Redemption, Rockstar si presenta con un sequel destinato a diventare una pietra miliare per la storia dei videogiochi.
Red Dead Redemption 2
Recensione: PlayStation 4 Pro
INFORMAZIONI GIOCO
Articolo a cura di
Francesco Fossetti
Disponibile perPc
PS4
Xbox One
Xbox One X
PS4 Pro
Stadia
Sconfinati e avvolgenti, gli spazi di Red Dead Redemption 2 corrono incontro al giocatore e lo catturano senza scampo: un vibrare improvviso di archi, la neve che cede sotto la marcia esausta dei cavalli, e già ti trovi immerso nel selvaggio West; nella frontiera virtuale meticolosamente assemblata da Rockstar Games.
Le prime ore di gioco sono scandite da un moto di costante meraviglia, accompagnate dal gusto della scoperta e dall'esaltazione per un racconto potente e intenso. I due pilastri che sorreggono la mole monumentale della produzione sono proprio questi: la narrazione dirompente da un lato, l'impressionante densità del mondo di gioco dall'altro. E se Red Dead Redemption 2 può essere considerato una pietra miliare del gaming, una lezione di creatività per tutta l'industria e più in generale un grande capolavoro, è soprattutto per la maestria con cui riesce ad intrecciare questi due elementi, a farli convivere e coesistere. La vera magia di Red Dead Redemption 2, in definitiva, va oltre la possibilità di scambiare qualche frase con ogni personaggio, o la bellezza imponderabile dei suoi paesaggi, e sta tutta nella capacità di fondere ambiente, racconto e gameplay.
Il nuovo kolossal di Rockstar, grazie ad una straordinaria alchimia, riesce ad essere un'immensa avventura interattiva, una delle migliori storie mai raccontate in un videogame, e al tempo stesso il più incredibile modello di "mondo aperto" creato finora. Red Dead Redemption 2 è l'intensità narrativa di The Last Of Us che incontra l'estensione di Grand Theft Auto; è un modo tutto nuovo di intendere uno spazio virtuale, e una prova di coraggio sbattuta in faccia alle regole di mercato. Un gioco che lascia un segno indelebile, mette un punto, e forse riesce persino a fare qualcosa in più: a ribadire che il videogioco può trasmettere emozioni e narrare storie in maniera più trascinante ed efficace di qualsiasi altro medium. Red Dead Redemption 2, insomma, non è soltanto un titolo imprescindibile: è una delle migliori pagine del nostro manifesto di videogiocatori.
"The land of the free"
La ferrovia sfreccia lungo le distese di New Hanover come una cicatrice di metallo e di fumo, facendo riecheggiare nella valle il suo messaggio di velocità e progresso. Le locomotive arrivano tronfie e vibranti, mostri metallici nel cui ventre si ammassano i signorotti di Saint Denis con i loro gilet gessati e le bombette sulla testa, e si fermano a Valentine, cittadina di vaccari e allevatori che sorge proprio al centro della vallata. C'è una sola strada, a Valentine, ricoperta di fanghiglia: passa accanto al saloon e all'emporio generale, alla piccola banca di provincia ed all'ufficio dello sceriffo, e poi torna a perdersi nel verde, incontro a praterie interminabili, sorvegliate dal profilo imponente delle montagne.
È qui, proprio al centro della mappa di gioco, che si incontrano Est e Ovest, passato e futuro, frontiera e civiltà. In questo luogo fatto di contrasti si rivela insomma la poetica di Red Dead Redemption 2, impegnato a raccontare la fine di un'epoca e la caduta di un mito. L'anno è il 1899, e mentre il secolo si spegne, con lui muore anche la leggenda del selvaggio west. L'America ha deciso che non c'è più posto per banditi e pistoleri, per i cowboy, i cercatori d'oro ed i nativi americani, ricacciati nelle loro riserve: attraverso le strade ferrate si diffonde un nuovo modello di modernità e sviluppo, pronto a schiacciare per sempre il sogno di una libertà senza compromessi.
Fin dalle prime battute Red Dead Redemption 2 trasmette un profondo senso di scacco esistenziale, una dolorosa consapevolezza della fine. Scacciata da Blackwater dopo un colpo finito male, la banda di Dutch van der Linde si nasconde in una vecchia cittadina mineraria sulle montagne, braccata dagli agenti della Pinkerton e ferita nell'orgoglio. Lo sanno tutti, in fondo, che il loro tempo è finito, che non sarà possibile rimettersi in piedi: quell'improbabile mucchio di fuorilegge è l'ultimo residuo di un'età ormai sfiorita. Eppure Dutch non si arrende; nella sua testa continua a ronzare un piano, una via di fuga fatta "di sogni e rapine".
È un tipo strano, Dutch: un bandito spietato con un imprevedibile senso etico, che usa per stemperare una rabbia quasi furiosa. È bravo a piegare le parole, ad entrare nella testa delle persone, e solo così è riuscito a tenere insieme la banda, convincendo tutti a proseguire in un viaggio verso Est.
Red Dead Redemption 2 è il racconto di questo cammino, la storia di una fuga disperata alla ricerca di un nuovo posto nel mondo. Il giocatore la vive attraverso gli occhi e le azioni di Arthur Morgan, un pistolero temprato dagli anni duri della corsa all'oro e dalla disillusione di una vita selvaggia. Anche se inquadrata da questa prospettiva, quella di Rockstar resta però una trama corale, fatta di personalità che si incontrano e si scontrano, tutte caratterizzate in maniera davvero perfetta. La scrittura di Red Dead Redemption 2, da questo punto di vista, è magnifica: lascia spazio a tutti i personaggi, li rende parte integrante di una storia tumultuosa e indimenticabile. Nel corso delle sessanta ore che servono per portare a termine l'avventura principale, del resto, il giocatore viene messo dinanzi ad una gamma di situazioni semplicemente insuperabile, sia sul fronte emotivo sia su quello squisitamente scenografico. L'arco narrativo è pensato per accompagnare la scoperta del mondo di gioco, rivelando gradualmente la varietà della mappa e delle ambientazioni. Dalle vallate verdeggianti di Valentine la banda si sposta verso sud, raggiungendo i territori dei ricchi possidenti e delle piantagioni di tabacco. Poco a poco la terra diventa rossastra e riarsa, finché non si scoprono le zone paludose del bayou, le distese di fango in cui si affonda fino alla cintola e i fiumi melmosi che inzuppano le radici di mangrovie e cipressi. Ogni zona in cui ci si imbatte ha un suo carattere, una miriade di storie ben celate, uno specifico impasto di colori e prospettive.
Con un impegno produttivo senza precedenti, insomma, Rockstar Games è riuscita ad assemblare la più completa enciclopedia del west. In Red Dead Redemption 2 non c'è soltanto l'immaginario classico e tradizionale del genere, quello che il cinema ha distillato in ottanta anni di kolossal e spaghetti western: oltre alle cittadine minerarie del nord, alle riserve indiane e alle montagne innevate, oltre ai deserti inospitali di Armadillo ed alle praterie di Beecher's Hope, c'è pure la rappresentazione della grande città, incarnazione stessa del progresso. A Saint Denis le strade sono pavimentate e il tram si muove al centro delle vie principali, le palazzine a due piani dal gusto architettonico tipicamente francese si alternano a teatri e mercati sconfinati. La prima volta che si mette piede in città (così ricca e traboccante che potrebbe quasi ospitare un open world a se stante) è inevitabile venire travolti da una sensazione di dolorosa rassegnazione: viene da chiedersi che senso abbia "resistere" a quello splendore, opporsi in maniera illogica e quasi patetica all'ordine ed all'avvenire. Che senso abbia, insomma, rimpiangere l'inferno polveroso di Blackwater, invece di abbandonarsi alla grandezza della nuova civiltà.
Questa sorta di "risonanza emotiva", grazie alla quale gli ambienti sembrano sottolineare e accompagnare gli stati d'animo della banda e del giocatore, è uno dei tanti tocchi di classe di una produzione calcolatissima. A scombussolare tutte le nostre convinzioni in fatto di narrazione basterebbero comunque gli eventi della storia, che mantiene una qualità superba dall'inizio alla fine. Dopo la tensione delle prime ore di gioco, in cui Arthur e gli altri cercano di superare un momento di crisi, c'è una lunga sequenza più distesa, forse meno incisiva sul piano narrativo, in cui il gruppo sembra aver trovato una nuova stabilità, e si lascia andare a nuovi di sogni di rivalsa e ricchezza.
In questa fase, sicuramente meno intensa, a stuzzicare la curiosità dell'utente è proprio la vasta cornice interattiva dell'ambientazione che, come vedremo, rappresenta un'inesauribile fucina di sorprese. Superato questo momento di distensione, la trama torna ad ingranare e cavalca a perdifiato fino alla fine, in un crescendo che non esitiamo a definire epocale. La storia di Red Dead Redemption 2 è costellata da scene di rara epicità e di una violenza sconcertante, che hanno la forza di lasciarti a bocca aperta davanti allo schermo. Sono piccoli capolavori di composizione e game design, resi ancora più superlativi da una colonna sonora poderosa, mai così ben integrata con l'azione.
Il titolo ci delizia con due colpi di scena che non esitiamo a definire enormi e totalmente imprevisti. Mentre il primo apre una inaspettata parentesi avventurosa in un racconto che sembrava inestinguibile, il secondo lascia letteralmente senza respiro, inscenando uno degli snodi narrativi più coraggiosi di sempre. Una rivelazione le cui conseguenze vengono gestite in maniera magistrale, anche per merito di una recitazione stellare: gli attori che hanno dato vita ai personaggi non sono solamente convincenti ed efficaci, ma riescono anche a tratteggiare, con il tono della voce e l'intensità dell'interpretazione, l'evoluzione fisica e psicologia dei protagonisti.
Il finale chiude il quadro di una produzione stupefacente: ti lascia ammutolito, ferito e dolorante, furioso e commosso. Ti induce a pensare al tempo che passa, agli affetti che svaniscono con gli anni, alla futile resistenza che tutti opponiamo di fronte all'ignoto e al nuovo che avanza. Ma anche alle storie scellerate su cui si fondano il mito e la civiltà americana: vicende di violenza e di disuguaglianza sociale, di una lotta iniqua per l'acquisizione di potere e denaro. Se Grand Theft Auto V incarnava una lettura critica della società americana e dei suoi eccessi, non è difficile vedere in Red Dead Redemption 2 un'analisi a tratti spietata dei valori su cui essa è stata edificata. Pure senza addentrarsi in una disamina più approfondita, il racconto assemblato da Rockstar Games resta comunque inarrivabile, fatto di sequenze tesissime, che riflettono sulla futilità della vendetta, sul prezzo della rabbia, sulla paura della morte e sulla rassegnazione. Un vortice di emozioni, un mosaico di scene indelebili, animato da una scrittura senza sbavature e deciso a restare, marchiato a fuoco, nella memoria e nel cuore di ogni giocatore.
The home of the brave
È strano che nella recensione di un open world si spendano così tante parole per descrivere storia, personaggi e sceneggiatura prima ancora di menzionare il gameplay. Ed è strano soprattutto nel caso di Red Dead Redemption 2, in cui la componente ludica è stratificata, complessa e appagante, pensata per riscoprire il valore dell'interazione e garantire un incredibile senso di presenza e partecipazione.
Eppure, come dicevamo in apertura, il titolo Rockstar è speciale anche perché riesce a collocare, all'interno di un mondo aperto e liberamente esplorabile, un racconto con le qualità solitamente associate alle avventure più lineari e inquadrate. Un risultato che diventa davvero miracoloso quando si esaminano i lineamenti del setting e la quantità di stimoli che questo riversa addosso all'utente.
La chiave di volta che sorregge il gameplay di Red Dead Redemption 2 è la sua decisa virata in direzione del realismo. Un cambiamento che riguarda tutte le meccaniche ludiche, pensato per rendere le interazioni con il mondo e con i personaggi più autentiche e verosimili. La struttura di una battuta di caccia, con la possibilità di scuoiare gli animali e ricavarne le pelli, e caricarne poi la carcassa sul dorso del cavallo, è un esempio sicuramente rappresentativo, ma non del tutto esaustivo. Red Dead Redemption 2 concede al giocatore un'infinità di minuziose opportunità, che si manifesta gradualmente durante le lunghe sessioni di gioco.
Possiamo trovarci a frugare in una stanza o tra gli scaffali di un negozio, aprendo ogni singolo cassetto di una scrivania e visualizzando fisicamente gli oggetti che stiamo per raccogliere. Possiamo rimanere coinvolti in una rissa di strada e scoprire che è possibile decidere il ritmo dei colpi, alternando parate e contrattacchi. Possiamo tentare di frugare nella bisaccia di un cavallo, ricevendo per tutta risposta una sonora scalciata, e poi provare a calmare l'animale ed avvicinarlo una seconda volta. Il legame con la propria cavalcatura è un altro aspetto importante. Poco a poco, percorrendo lunghe distanze al galoppo e prendendosi cura del proprio destriero, si instaura un rapporto di fiducia che migliora le prestazioni dell'animale e lo rende più docile, riducendo il rischio che si spaventi e s'impunti durante uno scontro a fuoco. Il cavallo non è più un mezzo di trasporto sacrificabile, ma un compagno d'avventura con cui si crea un'intesa particolare. Alla stessa maniera bisogna gestire attentamente il proprio arsenale, comprando fondine che riducono l'usura delle pistole e pulendo regolarmente fucili e revolver con l'olio per armi. In entrambi i casi queste urgenze "triviali e quotidiane" potrebbero sembrare necessità spicciole, azioni che rallentano il ritmo di gioco, e invece risultano ottime trovate per caratterizzare il contesto, perfettamente coerenti con l'ambientazione, e capaci anzi di creare un rapporto diverso fra il giocatore e i suoi "strumenti".
Red Dead Redemption 2 chiede all'utente di investire la propria attenzione sui suoi meccanismi, lavorando su interazioni minuscole ma - nell'insieme - estremamente significative. L'elenco delle piccole meraviglie che costellano la produzione rischierebbe di essere infinita: dalla possibilità di raccogliere il cappello caduto ad un nemico a quella di saltare su un treno in corsa, attivando in maniera completamente dinamica una rapina; dall'uso di una bandana per tentare di mascherare la propria identità fino al sistema di crafting che consente di creare proiettili e tonici: l'insieme degli elementi che compongono il profilo ludico di Red Dead Redemption 2 è impressionante.
A rendere fondamentali ed espressive tutte queste interazioni contribuisce anche il ventaglio di animazioni, che caratterizza in maniera perfetta ogni movimento, rifiutando in larga parte le semplificazioni e le stilizzazioni del videogioco tradizionale, e massimizzando così il senso di fisicità del protagonista. Se c'è una feature che risulta meno incisiva di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi, è la facoltà di relazionarsi con ogni singolo personaggio che popola il West di Rockstar Games. Le reazioni dei passanti tendono nella maggior parte dei casi ad essere prevedibili, anche se bisogna riconoscere che grazie ai dialoghi dinamici si possono generare a volte situazioni memorabili. Convincere un testimone a tenere la bocca chiusa, o patteggiare con gli sceriffi della città per evitare spargimenti di sangue, o ancora provocare un pistolero fino a fargli perdere la pazienza sono scene che non potrebbero esistere in qualsiasi altro open world, dove il rapporto con gli NPC è completamente passivo e superficiale. Ad essere straordinario è di contro l'impatto che le azioni, l'aspetto e la moralità di Arthur hanno nel mondo di gioco. L'impegno, più che al miglioramento dell'intelligenza artificiale, è legato ad una scrittura adattiva. Gli abitanti di Valentine si ricordano di una scazzottata avvenuta nella strada principale, i membri della banda parlano di una bravata o accennano alla possibilità di organizzare un colpo, e i passanti fanno commenti sull'aspetto di Morgan o sulla sua reputazione. Il sistema di moralità permette del resto di comportarsi come un bandito senza scrupoli così come di interpretare un fuorilegge con un rigoroso codice d'onore, e questo ha un'eco percepibile sulle reazioni dei personaggi. Di tanto in tanto alcune scelte morali compaiono anche durante le missioni, di fatto aprendo interessanti bivi narrativi (che tuttavia non hanno un effetto dirompente sullo sviluppo della storia).
The Gloom of the Grave
Red Dead Redemption 2, lo avrete capito dal fatto che non si sia ancora parlato delle scene d'azione, propone un ritmo di gioco molto particolare. Si tratta di un prodotto sicuramente meno immediato di Grand Theft Auto, meno "ludico" e leggero. Un titolo fatto di lunghe cavalcate e di silenzi, di piccole curiosità e di contemplazione. Non parliamo di un gioco "vuoto", diluito com'era a tratti il primo capitolo: la densità del suo mondo è anzi il pregio migliore dell'opera, che non smette mai di tirare il giocatore per la giacca, condurlo lontano dal percorso prefissato. Potete pure provarci, a segnare la destinazione sulla mappa, ma durante il percorso spunterà fuori qualche sconosciuto, un bandito pronto a rapinarvi, oppure una spedizione punitiva organizzata da una banda rivale.
Le città vi risucchieranno letteralmente, con le loro storie nascoste, con i loro piccoli segreti, gli imbonitori ai margini della strada e le quest opzionali che compariranno dal nulla. Un veterano che chiede un abbraccio, un gentiluomo che cerca il suo compagno di viaggio, perduto chissà dove, una prostituta che ha la spiacevole abitudine di uccidere i clienti. Quello imbastito da Rockstar è insomma un microcosmo brulicante di comparse, meraviglioso anche solo da osservare.
La differenza, rispetto alla saga "pop" di Rockstar, non sta tanto nella quantità, ma nei tempi: se GTA V era un gioco traboccante di cose da fare, di corse e competizioni, di raffiche automatiche ed esplosioni, Red Dead Redemption 2 è invece un'avventura in cui perdersi, guidati dall'odore della libertà, dalla traccia di un predatore leggendario, dalle urla di un poveraccio in pericolo o dal canto delle pistole; dalle sagome dei bisonti o dallo sbuffo di fumo che rivela un accampamento; dalla voglia di ubriacarsi ancora, dalla miraggio di grandi fortune e dalla magia di un tramonto. Non mancano ovviamente le situazioni più movimentate, rappresentate dalle sparatorie e dalle fughe a cavallo, anch'esse condite da un'abbondante dose di piombo.
In questo caso il feeling generale torna ad essere vicino a quello di GTA, facendo largo uso della mira automatica già vista per le strade di San Andreas. Lavorando sulle opzioni è possibile ridurre l'effetto magnete che ogni volta riporta il mirino sul petto dei bersagli, magari scegliendo di conservare gli aiuti quando si è al galoppo (in quel caso molto utili). A dare una mano durante le operazioni di sfoltimento degli avversari torna pure il Dead Eye, che ci dà l'opportunità di rallentare l'azione, mirare ai punti letali dei nemici e far fuoco rapidamente, inscenando situazioni molto spettacolari ma riducendo il già contenuto livello di difficoltà. Red Dead Redemption 2 non è un gioco complesso, e quando si muore lo si fa quasi sempre per un errore grossolano, ad esempio non entrando in copertura durante una situazione di forte inferiorità numerica. Questo non toglie che le sparatorie siano appaganti, con una cadenza tutta particolare: la necessità di innescare il colpo, alzando il cane della Colt oppure ruotando la leva della carabina, chiede al giocatore di adottare qualche accorgimento in più, "ascoltando" i rumori dello scontro e interiorizzando i ritmi di ricarica.
Prima personaCon una rapida pressione del touchpad, la visuale di gioco passa dalla terza alla prima persona. Tutta l'avventura può essere giocata così fin dal principio, e il fatto straordinario è che funziona alla grande. La visuale in soggettiva è un po' complessa da gestire durante le cavalcate, e sicuramente riduce l'impatto scenico di certi scorci, ma quando ci si trova in città o si ispezionano gli accampamenti dei banditi, permette di focalizzarsi su dettagli infinitesimali, sottolineando una volta di più la cura riposta nella creazione del mondo di gioco. Forse non è l'opzione migliore per godersi il viaggio di Red Dead Redemption 2, ma resta una possibilità interessante per spezzare la monotonia o giocare una nuova partita da una prospettiva inusuale.Non è un'aggiunta rivoluzionaria, ma basta sicuramente a caratterizzare in maniera non banale le sparatorie, riuscendo a calarle in un contesto storico diverso da quello delle armi automatiche a cui siamo abituati.
Intense e brutali, le fasi d'azione sono valorizzate non soltanto da una colonna sonora sempre impetuosa, ma anche da una costruzione scenica solitamente molto efferata. Le animazioni dei nemici disarcionati dal cavallo, di quelli che restano impigliati nelle staffe e vengono trascinati ormai senza vita, i cappelli che saltano per un colpo quasi a segno, e gli avversari feriti che si rotolano a terra contribuiscono a mettere in scena la crudezza tipica del western di matrice moderna.
Le sequenze in cui far cantare le armi, in ogni caso, rappresentano la parte più adrenalinica dell'esperienza di gioco, ma non certo quella più sostanziosa. Se dovessimo definire il perno attorno a cui ruota Red Dead Redemption 2, torneremmo inevitabilmente alla sceneggiatura, disseminata con attenzione in tutti gli angoli della mappa, in una tentacolare ragnatela di missioni principali, secondarie e opzionali. Forse è proprio in questo settore che il titolo Rockstar stacca di diverse lunghezze tutto il resto della produzione videoludica, riuscendo nell'impresa di rendere significativa ogni singola attività. Le quest secondarie hanno la stessa intensità di quelle principali, tirano in ballo personaggi curiosi e interessanti, mentre gli incontri occasionali finiscono per riscoprirsi piccole storyline indipendenti, con sconosciuti che rispuntano dopo giorni e settimane, e rivelano informazioni indispensabili per sbloccare rapine e segreti. L'idea è quella di accoppiare la narrazione emergente a quella più regolata, smussando il confine fra questi due poli. Un obiettivo che Rockstar riesce a conseguire con un'eleganza più unica che rara, riscrivendo in un colpo le regole dello storytelling, della partecipazione, dell'interazione, attraverso un ecosistema non soltanto sconfinato, ma anche credibile, eccezionalmente dinamico ed indiscutibilmente vivo.
Then Conquer we Must
Confrontando estensione e dettaglio grafico, qualità delle texture e delle animazioni, distanza di rendering e ottimizzazione, quello di Rockstar Games non fatica ad imporsi come il videogioco tecnicamente più avanzato di questa generazione. Esistono sicuramente altre produzioni che sfoggiano una modellazione poligonale più minuziosa e shader più convincenti, ma lo fanno in ambienti dalle dimensioni molto contenute, e quasi sempre riducendo al minimo le interazioni fisiche con il setting. Il mondo di Red Dead Redemption 2 invece coniuga i suoi orizzonti irraggiungibili con un senso di presenza garantito da molti elementi interattivi, che siano le fronde degli alberi scosse al passaggio di un animale, le pietre che si muovono sotto gli zoccoli del cavallo, i carri che lasciano un solco profondo sulle mulattiere fangose, o le carrozze spaccate dalla forza del tritolo.
Non tutti gli oggetti dello scenario reagiscono alle sollecitazioni, ovviamente, e sarebbe impossibile sperare in una fisica sul modello di The Legend of Zelda Breath of the Wild, efficace anche perché agisce in un contesto fortemente stilizzato e squisitamente fantastico. Accompagnate al lavoro sulle animazioni, sublimi sia per per i personaggi umani che per gli animali, le performance del motore fisico sono sufficienti a rendere pulsante e realistico il mondo di gioco.
Da applausi la gestione delle fonti di luce, che fa esplodere le scene in notturna, quando i raggi della luna filtrano tra le foreste del Nord e si riflettono sulle rocce delle montagne, e la banda si raccoglie attorno al fuoco per ascoltare una canzone improvvisata. A livello stilistico il lavoro sull'illuminazione è impareggiabile, con risultati eccelsi negli ambienti interni.
Rimane qualche elemento che, dalla distanza, compare all'improvviso quando ci si avvicina all'orizzonte, seppur sempre morbidamente e senza strappi. E d'altro canto la grande pulizia visiva garantita dalla massima risoluzione su PlayStation 4 PRO si paga con qualche rarissimo fenomeno di stuttering. Piccolezze che scompaiono di fronte alla vastità di un mondo incontenibile, che travolge l'utente con la bellezza soverchiante dei suoi panorami e la ricchezza dei suoi colori.
Titanica, infine, la soundtrack, attraversata dalle sonorità tipiche del genere, capace di adattarsi alle scene e ai contesti, di sottolineare la tensione di una cavalcata con un battere incessante di tamburi, con note tremule e sospese; e poi pronta a deflagrare in un tris di brani cantati che scandisce le scene più memorabili dell'avventura, oppure grazie alle serpeggianti incursioni elettroniche di matrice esplicitamente tarantiniana. Un lavoro di orchestrazione da Oscar, a cui fa da controcanto l'impresa dei sound designer e degli attori.
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Red Dead Redemption 2Versione Analizzata PlayStation 4 ProRed Dead Redemption 2 arriva con i suoi panorami smisurati e un'ambizione senza precedenti: quella di creare l'open world più immersivo e denso di sempre, intrecciando racconto e interazione, pienezza e senso di libertà. Rockstar Games sceglie di inseguire questa aspirazione sovrumana sfruttando un genere particolare come il western, non certo popolarissimo e per qualcuno difficile da digerire. L'investimento creativo riversato in Red Dead Redemption 2, i sei anni di sviluppo, il monumentale impegno produttivo, sfuggono ad ogni logica commerciale e sovvertono le regole del mercato. È chiaro che Red Dead Redemption 2 esista grazie al successo di GTA V, alle sue vendite inesauribili e ad un comparto online più che fruttuoso dopo cinque anni dal lancio. Ma il coraggio di reinvestire le risorse necessarie a creare un gioco di questo impatto non va sottovalutato, fondamentale per il settore e per i videogiocatori. Quello che fuoriesce dalle fucine di Rockstar è un titolo sostanzialmente perfetto, un prodotto mozzafiato che scuote le fondamenta di un genere e del videogame inteso come forma di narrazione interattiva. Red Dead Redemption 2 è in primo luogo un immenso compendio del west e della sua iconografia, che ragiona con un tono amaro e malinconico sulle origini della società americana e sulla fragilità del mito che la sostiene. Ma il capolavoro di Rockstar va ben oltre. Lo fa perché riesce ad usare il mondo aperto come una cornice, un'immensa scatola in grado di contenere una storia potente e rabbiosa. Sarebbe di per sé impressionante anche solo la forza di questo racconto, che corre per sessanta ore senza l'ombra di un'incertezza. Ancora più incredibile è però il fatto che Red Dead Redemption 2 riesca a superare l'opposizione fra linearità ed estensione, che fino ad oggi sembrava impossibile da scardinare nel mondo videoludico. All'interno del suo open world Rockstar studia elaborate soluzioni di regia, alternando sequenze da sparatutto a momenti che sembrano usciti un'avventura interattiva. Oltre alla forza dei colpi di scena, ad un finale che lascia sconquassati e ammutoliti, c'è poi la pienezza del mondo di gioco: uno spazio narrativo vivo e vibrante, con le sue regole e i suoi segreti, che dà l'idea di esistere indipendentemente dal giocatore. In questo universo siamo attori e spettatori, minuscoli uomini perduti nella meraviglia della natura e furiosi pistoleri scolpiti nella leggenda. Siamo tutto e niente, sempre al centro della scena eppure figure infinitesimali, schiacciate dalla complessità di uno sterminato ecosistema. Costruendo questo mondo concreto e autonomo, inarrivabile per coerenza e partecipazione, Rockstar ribadisce quanto siano potenti, unici e preziosi gli strumenti del videogioco. E inaugura così, senza mezzi termini, l'inizio di un'epoca nuova per il videogame, l'alba meravigliosa di una grande rivoluzione.