Resident Evil 2 Recensione: ritorno a Raccoon City

Il remake di Resident Evil 2 rispetta in pieno la promessa di Capcom, quella di offrire al pubblico un nuovo corpo per incubi vecchi di vent'anni...

Resident Evil 2 Remake (4K/60 fps)
Recensione: PlayStation 4 Pro
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Sono passati appena due mesi dall'incidente di Villa Spencer, dal primissimo scontro col l'orrore biologico scatenato dalla follia dell'Umbrella Corporation. Due mesi sospesi nel tempo, cristallizzati nell'immaginario di tutti quelli che, sulle strade di Raccoon City, hanno accettato con un sorriso stampato in volto la prematura comparsa di qualche accenno di canizie, un trofeo conquistato a suon di colpi al cuore e scariche di piombo. Un retaggio che il remake di Resident Evil 2 torna ad abbracciare appieno, traducendo in angoscia poligonale quella che è, senza ombra di dubbio, una sentita lettera d'amore ai fan. Bastano infatti 10 minuti, il tempo di assistere al primo - spaventoso - incontro tra Leon Scott Kennedy e Claire Redfield, per cogliere i tratti della dichiarazione d'intenti di Capcom per questo capitolo. Nella penombra uggiosa di una stazione di servizio a pochi chilometri dai confini della città, lo sviluppatore comincia sin da subito a calcare i tratti della sua promessa: quella di dare un nuovo corpo a incubi vecchi di vent'anni.

    Raccoon City, vent'anni dopo

    Prima che l'assalto fiammeggiante di un tir fuori controllo arrivi a separare Leon e Claire, segnando l'inizio della loro discesa verso le profondità di Raccoon City, una sequenza introduttiva giocabile mette subito in chiaro quale sia l'obiettivo di Capcom per il suo remake.

    Se gran parte degli eventi raccontati in Resident Evil 2 seguono - almeno nella sostanza - la sceneggiatura originale del gioco, le nuove esigenze narrative dell'utenza hanno offerto alla software house una preziosa opportunità per reinterpretare, con grande rispetto, alcuni dei momenti chiave della trama. Una revisione che si traduce in una messa in scena d'effetto, composta di cutscene che strizzano l'occhio alla cinematografia di genere e traggono forza da una fotografia pregevole: vigorosamente "gore", cruda e avvolgente. Ammiccante, la regia virtuale delizia i sensi del giocatore alternando momenti di grande dinamismo e rimandi alle inquadrature fisse tipiche della serie, assecondando le necessità di un copione che punta chiaramente a ridefinire i tratti dei suoi protagonisti, con una caratterizzazione più approfondita e meno macchiettistica. L'obiettivo - raggiunto - è quello di costruire un racconto più intenso e credibile; eppure talvolta la scrittura cede ad alcuni dei cliché da "action hero" tipici degli anni ‘90, lasciando che i personaggi facciano sfoggio di una sicurezza un po' dissonante, anche se piacevolmente citazionista. D'altronde Resident Evil 2 fa di questa dualità, di questo contemporaneo radicamento del presente e nel passato della saga, il suo vessillo e principale punto di forza, proponendosi come un'esperienza familiare ma al contempo nuova.Ed ecco che primi passi nel minaccioso silenzio della stazione di polizia di Raccoon City diventano le note d'apertura di un concerto di ricordi e sensazioni già conosciute, costante sottofondo di un'avventura che sceglie di non riproporre pedissequamente tragitti già percorsi, senza però abbandonare i ritmi e le caratteristiche del proprio DNA ludico.

    Resident Evil 2 è ancora un survival horror in terza persona che non indugia mai troppo nell'azione pura, declassata a frenetico intercalare tra le maglie di una progressione che rimane votata all'esplorazione e alla risoluzione di un'ampia gamma di enigmi. Enigmi che trovano nel remake una contestualizzazione ben più verosimile di quella di un tempo, dimenticando statue da ricollocare e fiammelle da accendere secondo un ordine preciso.

    Questo approccio, nell'economia di gioco, genera due grandi vantaggi: da una parte impedisce che gli esperti del capitolo originale subiscano il logoramento di un costante "déjà vu", e dall'altra rende più intuitiva la risoluzione dei rompicapo, senza per questo banalizzarli. Quest'ultimo aspetto, tra l'altro, influisce positivamente sul ritmo dell'avanzamento, limitando al minimo i tempi morti generati dall'odiosa domanda "e ora che diamine devo fare?". Un'accelerazione a cui contribuisce anche la totale assenza di sequenze di passaggio (con porte più o meno scricchiolanti) e caricamenti a interrompere il flusso dell'azione.

    Più in generale, tutte le operazioni di "restauro" del gameplay sono pensate per supportare al meglio la "qualità della vita" dei giocatori, come ad esempio le zone della mappa che cambiano colore una volta raccolti tutti gli oggetti nell'area (dinamica presente già nel Rebirth del primo capitolo), o la spunta rossa che appare quando una chiave ha esaurito la sua utilità e può essere tranquillamente essere scartata dall'inventario. Parliamo di modifiche che, nella pratica, non diluiscono in alcun modo le sfumature hardcore dell'esperienza, limitandosi a migliorarne la fruibilità generale e accordandola con gli attuali standard dell'industria. Anche perché l'anima di Resident Evil 2 rimane avvinghiata con inamovibile fermezza a un'interpretazione molto classica del genere di riferimento, che mette gli utenti in bilico tra la necessità di risparmiare risorse preziose e la snervante ostilità del mondo di gioco.

    Sempre a un passo dalla morte

    Mentre i cupi corridoi della centrale di polizia torturano la vista con un mosaico di putrescente degrado, un dipinto fatto di umori putridi e pennellate sanguigne, è il comparto sonoro a esigere dai giocatori il maggiore tributo in termini di serenità psicofisica. La quasi totale assenza di accompagnamento musicale (fatta eccezione per specifici momenti e sequenze) rinvigorisce infatti gli effetti ansiogeni di una sinfonia di sinistri scricchiolii e lamenti gutturali, interrotta di tanto in tanto per fare spazio al forsennato calpestio di un abominio in avvicinamento. Non solo in Resident Evil 2 il suono è un'inesauribile fonte di sgomento, ma gli sviluppatori sono riusciti a integrarlo con astuzia in ogni aspetto del gameplay.

    Quelle scarnificate personificazioni del terrore che rispondono al nome di licker, ad esempio, non attaccano il personaggio se questo si muove tanto lentamente da non emettere alcun rumore percepibile, aprendo la strada ad approcci più stealth. Ma la brillante crudeltà del sound design fa sì che i loro versi disarticolati si facciano improvvisamente più intensi quando il personaggio si trova nelle loro immediate vicinanze, con l'intenzione di spingere il giocatore a calcare bruscamente il pollice dando il via a uno scatto rivelatore. Tremendo è anche l'incedere del possente Tyrant T-103, i cui passi si fanno ben presto una compagnia costante, che anticipa l'arrivo di un pericolo che, credeteci, è meglio non dover affrontare. In questo senso, l'audio binaurale si conferma una delle armi più efficaci in mano agli uomini di Capcom, che sono riusciti a modellare un inferno fatto di atmosfere che, per la gran parte dell'avventura, lasciano con il fiato corto e gli occhi sgranati. Mantenere il sangue freddo diventa quindi un imperativo assoluto, anche perché l'ottimo sistema di shooting messo in piedi dallo studio non ammette cedimenti nervosi.

    La precisione delle armi (modificabili scovando kit nascosti) è fortemente influenzata sia dal tempo speso per inquadrare il bersaglio, sia dalla lentezza dei movimenti della levetta, e capita spesso che una pressione istintiva si traduca in un colpo a vuoto, cui fa immediatamente eco una ragionevole serie di improperi, giustificati anche dal buon numero di proiettili necessari all'abbattimento dei non morti. Da notare che, in linea con la "lore" della saga, quasi tutti i nemici hanno la spiacevole tendenza a rialzarsi nel caso in cui il vostro bacio di piombo non riesca a annientare definitivamente il loro "porta-cervello", quindi sperperare munizioni è un lusso che proprio non potete concedervi.

    Un passo falso particolarmente rischioso durante le boss fight, che in genere richiedono di centrare organuli occhieggianti disgustosamente mal collocati. La qualità di questi scontri, sui quali preferiamo non anticiparvi nulla, si attesta generalmente su buoni livelli, e rappresenta un netto passo avanti rispetto alle controparti del 1998. Un complimento che possiamo estendere senza fatica anche a un level design ispirato e leggibile, nitida rappresentazione delle ambizioni di Capcom per questo remake.

    L'incubo zannuto di questo Resident Evil 2 non solo porta su schermo una rivisitazione interessante della capitale dell'impero Umbrella, ma lo fa assemblando un complesso di ambientazioni di grande impatto scenico, senza mostrare mai tentennamenti sui fronti della navigabilità e della caratterizzazione. Va detto che l'ultima porzione del gioco manca un po' dell'opprimente vigore delle precedenti, ma si tratta di un calo tutto sommato fisiologico, legato tanto al freddo minimalismo dello scenario, quanto alla presenza ridotta delle mostruosità erranti. Anche per queste ragioni, la parte in questione si fa teatro di una strana dissonanza ritmica: da una parte l'avvicinamento ai titoli di coda "racconta" una considerevole intensificazione degli sforzi dei protagonisti, dall'altra il senso d'urgenza connaturato nel gameplay si allevia in maniera avvertibile.

    Novità dal sapore antico

    Non si tratta però di una vera e proprio battuta d'arresto, badate, specialmente se si considera che parliamo di un difetto largamente ereditato dall'originale. Restando in tema di lasciti, abbiamo sentito un po' la mancanza di alcune sequenze secondarie come quella legata, ad esempio, all'arrivo del Tyrant T-103 a Raccoon City o allo schianto dell'elicottero sulla centrale di polizia, ma si tratta di omissioni con un peso marginale nel bilancio della produzione.
    Di contro, la nuova avventura di Capcom garantisce al pubblico un corposo banchetto di dettagli inediti, allargando l'abbraccio della narrazione per dare maggiore consistenza ad eventi e personaggi, compreso quel cumulo di infamia coi baffi del capo Irons.

    Abbiamo inoltre apprezzato il modo in cui il team di sviluppo ha sintetizzato e ridefinito le sequenze di Ada e Sherry, ora dotate di un'identità più riconoscibile. Ognuna delle due sezioni, infatti, si apre a interessanti variazioni sul tema della sopravvivenza horror, focalizzandosi ora sulla risoluzione degli enigmi, ora sullo stealth puro. Quella di Sherry ci porta peraltro nell'unica location totalmente nuova del titolo (tutte le altre, per quanto non totalmente inedite, sono state sensibilmente ampliate): un inquietante orfanotrofio sulla cui storia, di nuovo, preferiamo non soffermarci. Questo spettrale ricettacolo di sogni infranti ci offre un eccellente palcoscenico per svelare che, sì, esistono effettivamente due scenari per ciascun protagonista. Prima di abbandonare ogni parvenza di ritegno e trascendere verso il nirvana dell'hype, lasciateci però precisare che il remake, a differenza dell'originale, non contempla nessuna interazione dinamica tra le campagne di Leon e Claire (Claire 1 e Leon 1, Claire 2 e Leon 2). Optando per un prima run in compagnia dell'audace studentessa, ad esempio, vi troverete a seguire un percorso che, in particolar modo all'inizio e sulle battute conclusive, mette in scena qualche piccola ma significativa differenza rispetto alla medesima campagna giocata in seconda battuta. Questo vuol dire che potreste trovare armi uniche o incappare nella diversa collocazione di un buon numero di oggetti chiave.
    Va sottolineato che, a prescindere da quale avventura si decida di giocare e dall'ordine scelto, le sfide proposte dal gameplay nelle diverse location saranno sempre fondamentalmente le stesse.

    Questo nodo chiave, unito alla necessità di affrontare almeno uno "scenario 2" (sbloccato dopo la prima run) per accedere al vero finale, fa sì che il secondo playthrough perda una fetta notevole della sua potenza, mostrando il fianco con jumpscare diventati ormai prevedibili e facendo sì che l'aumentata soglia di tolleranza dei giocatori indebolisca gli effetti dell'atmosfera asfissiante di Raccoon City. Una sensazione che risulta amplificata scegliendo Claire per il vostro secondo viaggio in città, visto che l'arsenale della donzella tende a facilitare - e non poco - lo smaltimento degli infetti. Seppur con qualche forzatura, in particolar modo nella coerenza temporale tra le due campagne consecutive, questo modus operandi garantisce però un buon livello di rigiocabilità al titolo di Capcom, lasciando inoltre terreno fertile agli "speedrunner" incalliti.

    Come da tradizione, infatti, l'arrivo dei titoli di coda coincide con l'attribuzione di un rango (da E a S) alle imprese degli utenti, che determina lo sblocco di ricompense speciali da leccarsi i baffi. E se questo non bastasse a convincervi del fatto che il Resident Evil 2 ha tutto il potenziale per trasformarsi in un'ossessione a lungo termine, sappiate che l'offerta ludica comprende anche diverse modalità extra, tra cui l'iconica "The 4th Survivor". Si tratta, come intuibile, di una modalità sopravvivenza che spinge i giocatori a ripercorrere tutte le principali tappe della campagna nei panni di Hunk, un agente speciale dell'Umbrella, con risorse limitatissime da centellinare con letale efficienza contro una quantità semplicemente fenomenale di nemici. Ecco, se già il livello di difficoltà standard della campagna riesce a offrire un buon grado di sfida, e quello estremo - con nemici ben più molesti e salvataggi "a nastro" limitati - lo doppia senza sforzo, sappiate che si tratta di solo di un piccolo antipasto rispetto alle prove che si annidano nel menù degli extra. A buon intenditor...

    Il RE Engine parla la lingua dell'orrore

    Se la valanga di parole profuse sulla composizione delle atmosfere del titolo non fosse un'indicazione sufficientemente chiara, permetteteci di precisare che, dopo aver completato (più volte) Resident Evil 2, non possiamo che dirci soddisfatti del ritorno dell'ottimo RE Engine. Per sostenere un framerate che, almeno su PS4 Pro, rimane sempre molto vicino alla soglia dei 60 fps, compie qualche sacrificio sul fronte della risoluzione (1620p upscalati a 4K), pur mantenendo una qualità complessiva più che convincente.

    In questo senso, il nuovo titolo di Capcom eredita parte dei difetti visti in Resident Evil 7, tra texture in bassa definizione e un'immagine non sempre pulitissima, ma mostra miglioramenti consistenti sia per quanto riguarda la gestione degli effetti e del sistema di illuminazione, uno dei punti forti del motore. Ottime anche le animazioni, sebbene sia possibile notare qualche occasionale traccia di rigidità sui volti dei personaggi. C'è qualche spiacevole inciampo, come il dimezzamento del frame rate per gli zombie in lontananza o l'apparizione occasionale di qualche artefatto generato dal filtraggio delle texture, ma il bilancio si mantiene su valori nettamente positivi, complice anche una direzione artistica da urlo (in tutti i sensi). L'unica debolezza dell'eccellente comparto sonoro è rappresentata da un doppiaggio in italiano non sempre stellare, che talvolta perde efficacia anche per colpa di una localizzazione non perfetta dei dialoghi. Piuttosto marginali, invece, le defaillance legate all'intelligenza artificiale degli avversari, generalmente coerente con la loro natura di morti ambulanti, che solo nel caso dei cani zombie, eccessivamente erratici e inefficaci, mostra una concreta debolezza. Controlli reattivi, un'interfaccia estremamente funzionale e meccaniche ludiche raffinate completano il quadro di un titolo che, anche sul versante tecnico, fa grande sfoggio di zanne e artigli.

    Resident Evil 2 Remake Resident Evil 2 RemakeVersione Analizzata PlayStation 4 ProCon Resident Evil 2, Capcom si era prefissata un obiettivo tanto preciso quanto ambizioso: prendere uno dei più grandi classici dell’horror e riportarlo nel presente, con un remake che rispettasse le memorie dei fan e al contempo proponesse soluzioni ludiche attuali. Un obiettivo che, dopo aver completato tutti i possibili scenari in compagnia di Leon e Claire (con una media di circa 8 ore ore ciascuno), possiamo considerare raggiunto in pieno. La revisione dell’intreccio alimenta un racconto capace di conciliare il classico “effetto nostalgia” con un nuovo spessore narrativo, mentre il gameplay, pur chiaramente radicato nel presente dell’industria, rievoca in maniera intelligente i ritmi e le sfumature dei survival horror anni ‘90. Merito anche di un level design ispirato che, con l’efficace contributo di una gestione da infarto del suono, dà vita ad atmosfere inquietanti, in grado di pungolare costantemente la soglia ansiosa dei giocatori. Il senso di tensione tende ad affievolirsi durante la seconda run necessaria per accedere al vero finale, dal momento che i diversi scenari dei personaggi restano sostanzialmente sovrapponibili. Di contro, però, la rigiocabilità complessiva di questo Resident Evil 2 si attesta su livelli eccellenti, tra sfide, bonus da sbloccare e modalità aggiuntive sorprendentemente impegnative. C’è qualche inciampo della localizzazione e del doppiaggio, qualche problema minore sul versante tecnico, ma nel complesso l’esperienza si attesta comunque su livelli eccellenti. Il remake di Resident Evil 2 è quindi ciò che doveva essere, ciò che volevamo che fosse: un titolo capace di offrire un nuovo corpo ad alcune delle nostre migliori memorie videoludiche. Bentornati a Raccoon City.

    9

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