Recensione Rygar: The Battle of Argus

Ritorno in sordina per Rygar: una riedizione con pochi ritocchi

Recensione Rygar: The Battle of Argus
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  • Wii
  • Molti utenti Wii al giorno d’oggi lamentano la fondamentale carenza di action game “puri” nella libreria software della bianca console di Kyoto.
    Per “puri” intendiamo incontaminati da qualsiasi elemento estraneo al semplice incedere e disintegrare malvagie creature o nemici di sorta; quasi dei picchiaduro a scorrimento quindi, nella cui categoria possiamo annoverare -ad ora- “solamente” Mad World, in quanto già No More Heroes inserisce concetti quali free roaming nel suo bagaglio ludico.
    Tecmo, da sempre paladina dell’action nella sua versione più “ignorante”, ha perciò deciso di venire incontro ai cosiddetti “nintendari”, riproponendo un titolo che in un passato non troppo recente aveva soddisfatto l’utenza e la critica.
    Si tratta di Rygar: The Battle of Argus, riedizione del Rygar: The Legendary Adventure uscito su Playstation 2 ben sette anni fa, nel lontano 2002.
    La versione PAL, disponibile sul mercato dal 3 Luglio, dopo innumerevoli vicissitudini, è stata tuttavia affidata a Rising Star Games, responsabile di moltissimi titoli NDS, PSP e Wii per il territorio europeo.
    La software house annovera, in particolare, Bomberman Land Touch!, Harvest Moon DS ed il già citato No More Heroes tra le sue produzioni più conosciute. Dietro Rygar non vi sono tuttavia le eccentriche menti dei game designer di Rising Star, dato che il titolo si profila come una semplice riedizione.

    The Battle of Argus si rivela un porting in tutto e per tutto, cominciando dalla trama, le cui fila, assolutamente identiche all’originale, possono essere riassunte qui in poche righe, senza l’ausilio d’un paragrafo dedicato.
    Ci ritroveremo nei panni di Rygar, un nerboruto gladiatore ai tempi del Sacro Romano Impero all’apice del suo splendore; nell’isoletta di Argus, dove il nostro eroe si trova a praticare, il suo senso di giustizia è costantemente messo alla prova dalle incursioni dei Titani, che si divertono ad incutere terrore nei cuori deboli esseri umani.
    Ad un certo punto però anche gli esseri semi-divini commettono un fatale errore.
    Rapiscono la bella Harmonia (damigella con la quale Rygar ha un legame del tutto particolare) scatenando l’ira del nostro beniamino, prontamente incalzata dagli Dei stufi delle scorribande malvagie dei Titani.
    A Rygar viene così fatto dono del Diskarmor, uno scudo leggendario in grado di fungere da arma devastante ed impenetrabile difesa al tempo stesso.
    Inizia, a questo punto, la nostra avventura.

    Alcune timide idee

    Anche dal punto di vista del gameplay gli sviluppatori hanno preferito non cambiare nulla, adattando semplicemente la struttura ludica alle peculiarità del Wii Motion.
    Ad una mappatura dei tasti piuttosto standard, che delega allo stick analogico il movimento, ad A e B attacchi primari e secondari, a Z il salto e a C la parata, si aggiunge quindi un interessante utilizzo delle funzioni motorie del particolare controller.
    Agitandolo in diverse modalità (prontamente descritteci nel corso del gioco) potremmo chiudere con devastanti mosse finali alcune tra le oltre quaranta combo presenti nel gioco; dalla buona metà in poi, inoltre, verremo in possesso di un rampino -utilizzabile interamente grazie a Nunchuck e WiiMote- tramite il quale raggiungere aree prima inaccessibili.
    Il Diskarmor permette poi, grazie ad una catena che lo lega al braccio del protagonista, d’esser lanciato, sfruttando così il proprio posizionamento per eliminare nemici dalla distanza o far crollare strutture ad essi adiacenti, schiacciandoli sotto di esse.
    La buona varietà del sistema di combattimento, unita alle insospettabili possibilità d’interazione ambientale (grazie alle quali danneggiare gli avversari), sopperisce egregiamente alla mancanza di armi diverse dal già citato Diskarmor.
    Purtroppo la carica entusiastica si esaurisce non appena ci rendiamo conto delle vetuste caratteristiche del sistema di puntamento, di gestione della telecamera e di movimento del protagonista: capaci di stonare, al giorno d’oggi, persino implementandole in una produzione old gen.
    Rygar può muoversi agevolmente in poco più di otto direzioni, il che gli impedisce di affrontare movimenti complessi ed una parte delle diagonali; tale problema si unisce alla mancanza di un qualsivoglia sistema di lock on sui nemici, rendendo molto spesso frustranti i combattimenti.
    Nella difficile impresa di centrare avversari posti ad angolazioni “incompatibili” la telecamera, rigorosamente fissa, gioca a nostro svantaggio: spesso, infatti, specialmente in alcune strette aree al coperto, questa si sposterà continuamente inquadrando l’eroe frontalmente, lateralmente e dall’alto, impedendo al giocatore di fissare dei punti di riferimento.
    Un sistema particolarmente legnoso e scriptato d’animazioni non permette, infine, di schivare, parare o anche solo muoversi una volta iniziata anche solo una parte di una combo, esponendoci completamente agli attacchi ostili.
    Sconfitte le prime ondate di nemici, in ogni caso, ci rendiamo conto delle motivazioni per le quali tutto pare giocare a nostro sfavore.
    L’intelligenza artificiale risulta pressochè assente: gli avversari si muovono ed attaccano quasi tutti alla stessa maniera, mettendo davvero in difficoltà il giocatore solo quando presenti in quantità esorbitante; un difetto già riscontrato nel Rygar originale (ma era il 2002!).
    Quando le condizioni quantitative appena descritte si verificano, ad esempio in alcuni particolari frangenti in cui viene richiesta l’eliminazione di un certo numero di nemici in respawn continuo, le lacune si fanno pesantemente sentire ed il gameplay si tramuta in un frustrante button mashing, nella speranza di eliminare al più presto ogni avversario.
    Nemmeno i boss fight, spesso estremamente statici, riescono ad alleviare il senso di deja vu e la relativa noia presente nella ripetitività e nella linearità di Battle of Argus.
    In questi frangenti si fa sentire, in particolare, la problematica legata alla macchinosità delle animazioni: nonostante anche i boss di fine livello presentino pattern d’attacco predefiniti e ripetitivi, l’impossibilità di interrompere l’attacco di una combo spesso lascerà completamente scoperti, costringendo il giocatore ad un timing fuori da ogni logica.
    Qualche soddisfazione in più, fortunatamente, la si ottiene in fase esplorativa, grazie alla quale potenziare, previo ritrovamento di alcune sfere, la propria arma.
    Ampie le possibilità di backtracking, grazie al recupero del rampino ed all’apprendimento di alcune abilità che permetteranno al nostro eroe di raggiungere anfratti in un primo momento apparentemente irraggiungibili.
    Anche in questa fase, tuttavia, una piccola lacuna rovina, anche se solo parzialmente, qualcosa di ben costruito: a differenza dei “dungeon” interni, dove le mini-mappe aiuteranno l’esplorazione, gli esterni presenteranno la totale assenza di indicazioni, facendoci spesso perdere la bussola complice la loro vasta estensione.
    Accanto allo Story Mode troviamo infine la Modalità Gladiatore, un’arena divisa in trenta livelli dalla difficoltà crescente all’interno dei quali sopravvivere alle orde nemiche.
    Seppur di non elevato spessore ludico questo risulta un piccolo diversivo alla modalità principale, utile a sfogare le frustrazioni di un sistema di gioco incui si evincono sin troppe potenzialità non sfruttate.

    Non è colpa dell’hardware, non stavolta

    Dal punto di vista tecnico Rygar non è all’altezza delle ultime produzioni Wii, specialmente quelle con cui si confronta in maniera più diretta, ovvero No More Heroes e Mad World.
    La modellazione poligonale è discreta dal punto di vista strutturale ma presenta una povertà di particolari che non permette una completa immedesimazione con l’eroe, il cui desing, parzialmente rivisto, non è peraltro allineato con il contesto.
    Il nuovo Rygar presenta infatti una capigliatura “alla Goku” (il protagonista del famoso Dragon Ball) che non ha nulla d’attinente con l’epoca nella quale il gioco stesso è ambientato e dalla quale trae ispirazione.
    Buona la realizzazione dei nemici, la cui varietà lascia tuttavia a desiderare donando quella sensazione di pesantezza e deja vu a cui si faceva riferimento qualche riga più sopra.
Menzione d’onore invece per i boss di fine livello: eccentrici, -almeno- stilisticamente riusciti e, soprattutto, giganteschi.
    Povero il comparto texture che presenta un’eccessiva piattezza soprattutto per quanto riguarda l’ambientazione che, dall’altra parte, mostra invece una buona componente d’interattività in grado di offrire al giocatore diverse possibilità tattiche (ad esempio far crollare -letteralmente- un colonnato in testa ai nemici).
    Di poco spessore anche gli effetti particellari e, più in generale, qualsiasi artefatto grafico a sottolineare la violenza e la crudeltà dell’azione; non male, invece, gli shader superficiali, in particolare l’acqua, resa in maniera decisamente credibile.
    Molto diverso il discorso riguardante le cut-scene adibite alla narrazione, completamente rinnovate, decisamente curate e capaci di rendere sufficientemente apprezzabile anche un intreccio non certo originale come quello di Rygar: The Battle of Argus.
    Del tutto nella norma il comparto sonoro: una soundtrack orecchiabile ed azzeccata scandisce ogni istante di gioco ed il doppiaggio, rigorosamente in inglese, rende abbastanza bene la situazione di ciascuna cut-scene.

    Rygar: The Battle of Argus Rygar: The Battle of ArgusVersione Analizzata Nintendo WiiNon servono giri di parole; Rygar: the Battle of Argus semplicemente non è all’altezza delle più recenti, ma nemmeno delle prime, produzioni Wii. I buoni spunti che emergono dall’introduzione delle peculiari meccaniche legate all’utilizzo del motion sensor palesano ancor più l’assurdità della scelta di mantenere totalmente invariate strutture e meccaniche di gioco che, a conti fatti, limitano con tutta una serie di imperdonabili difetti le possibilità ludiche del titolo. Assolutamente controproducente anche il mancato approfondimento dell’hardware Nintendo che, seppur limitato, ha saputo offrire, specialmente in quest’ultimo periodo, delle vere e proprie perle, anche dal punto di vista grafico e stilistico.

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