Recensione Saint Seiya: la Battaglia del Santuario

Una trasposizione opaca per i mitici Saint

Recensione Saint Seiya: la Battaglia del Santuario
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  • PS3
  • Compagni di tanti pomeriggi passati davanti ai fumetti o alla TV, i Cavalieri dello Zodiaco sono eroi immortali degli anni '80, un vero e proprio mito per i ragazzi “troppo cresciuti” che ancora portano nel cuore il loro ricordo. Assieme a Kenshiro, risplendono gloriosamente come leggende di un'intera generazione. E' dunque comprensibile l'impazienza di moltissimi videogiocatori, che stanno aspettando il primo videogioco Next Gen dedicato a Saint Seiya.
    Buona parte del pubblico sa già cosa aspettarsi da “la Battaglia del Santuario”, un titolo che come molti Tie-In su licenza non ha certo la pretesa di rivelarsi un prodotto rivoluzionario. Aderendo all'abusato genere dei Musou, Saint Seiya dichiara palesemente di voler sacrificare l'ispirazione e la creatività per celebrare invece tutta l'iconografia classica del manga e dell'anime, dedicandosi dunque ad un pubblico di fedelissimi. I risultati complessivi, come spesso accade, oscillano fra una generale povertà concettuale, una realizzazione tecnica sufficiente, ma un sacco di situazioni che faranno letteralmente sciogliere i fan, in preda alla pura esaltazione.

    Votati anima e corpo a Lady Isabel

    Lo Story Mode de La Battaglia del Santuario ripercorre più o meno pedissequamente il cammino dei cavalieri di bronzo fino al tempio del Grande Sacerdote, nelle fatali dodici ore che separano il manipolo di eroi dalla morte di Lady Isabel, reincarnazione di Atena. Gli antefatti della storia vengono introdotti con una breve sequenza narrativa, che presenta a grandi linee i personaggi. La produzione ha tuttavia un fare sbrigativo, quasi superficiale: mancano antefatti importanti, alcuni eventi fondamentali del passato dei protagonisti si accennano solo di sfuggita, e tutta la fase preparatoria del torneo, che serviva ad entrare in sintonia con nostri beniamini, viene saltata completamente. Poco male per i Fan della serie a fumetti o i più “nazionalisti” amanti del cartone animato, dal momento che avranno a disposizione tutti gli elementi (ed i ricordi) necessari per entusiasmarsi comunque fin dal primo incontro.
    C'è da dire però che questo appellarsi solo ed esclusivamente agli affezionati dei Cavalieri dello Zodiaco tarpa le ali alla produzione, soprattutto se si considera che spesso il racconto procede attraverso sintesi e banalizzazioni. Come vedremo il titolo è un picchiaduro a scorrimento piuttosto classico, e gli scontri sono il fulcro della progressione: in questi frangenti La Battaglia del Santuario segue con molta attenzione gli eventi del fumetto, dimostrando un'aderenza quasi totale ai combattimenti che ancora ricordiamo. Quando si tratta però degli intermezzi filmati, che dovrebbero servire da raccordo fra i vari livelli, si trovano troppe imperfezioni per non rimanere abbastanza delusi.
    Anzitutto lo stile globale delle Cut Scene è poverissimo: spesso il racconto procede attraverso primi piani dei cavalieri su sfondi generici, e la voce narrante liquida eventi importantissimi commentandoli con un paio di frasi laconiche. Non si sente il peso delle scelte dei cavalieri, il tormento della scalata, e persino il profilo caratteriale dei difensori delle singole case non emerge, lasciando alla memoria l'oneroso compito di fare il “lavoro sporco”. Non avremmo ovviamente preteso una fedeltà integrale, e sarebbe bastato presentare di volta in volta il nemico da affrontare, spiegando le ragioni della resa del Toro, o declinare meglio la doppia personalità di Gemini, o ancora la profonda malvagità di Cancer. Invece, l'unico elemento che traspare è la fretta dei protagonisti, che corrono affannati quasi non sentissero il profondo legame empatico che invece li avvolge nell'opera originale. Inoltre bisogna mettere in contro alcune “storpiature” della cronologia, che per esigenze di varietà ci fa affrontare alcuni scontri prima del tempo, giusto per metterci nei panni di un nuovo cavaliere. La parte finale dell'avventura non migliora di molto, lasciando però più spazio ai dialoghi fra i cavalieri di Bronzo e gli avversari in armatura d'oro. Dopo aver metabolizzato il fare un po' riduttivo della produzione, si riesce fortunatamente ad entrare in sintonia con il racconto, fino a galvanizzarsi nelle fasi finali, quando tutti i cavalieri si sacrificano, chi prima chi dopo, per spianare la strada di Pegasus. Inaspettatamente, alcune sequenze davvero indimenticabili vengono tradotte ottimamente in “linguaggio videoludico”, ed è persino presente il tormento della “Strada delle Rose”, l'ultima scalinata che dalla casa dei Pesci porta al salone del Gran Sacerdote e poi al tempio di Atena. Questo non toglie che gli strumenti narrativi del videogioco restino abbastanza poveri: spesso, si tratta di semplici linee di dialogo (sottotitolate in un carattere davvero minuscolo, difficili da leggere nella foga dello scontro), altre volte di close-up su modelli poligonali scarni. Per chi non conosce i Cavalieri, innamorarsi grazie a questo prodotto è davvero impossibile, e solo la forza delle nostre memorie d'infanzia determinerà il nostro apprezzamento.

    Chi sara mai?

    Come si diceva in apertura, La Battaglia del Santuario è un picchiaduro 3D, facilmente riconducibile al genere dei Musou, in cui l'obiettivo è semplicemente quello di falciare orde di avversari in ambientazioni abbastanza lineari. Tuttavia l'importanza degli scontri con i boss diventa in questo caso fondamentale, tanto che spesso monopolizza l'attenzione dei giocatori.
    Dal punto di vista del Gameplay, il titolo si presenta con un control scheme abbastanza complesso. Due dei tasti frontali sono deputati agli attacchi di base, leggero e pesante, e permettono di eseguire le combo principali. Un altro dei pulsanti frontali permette invece di eseguire una mossa speciale, a patto che si abbia a disposizione abbastanza “cosmo”, evidenziato da un indicatore posto sotto la barra della vita. Un secondo colpo speciale si effettua grazie al dorsale destro, il terzo premendo in combinazione questi due pulsanti. Il dorsale sinistro permette di entrare in parata o, in combinazione con un modificatore di direzione, di eseguire una rapida schivata. Ci sono infine i due grilletti: uno attiva il settimo senso, una sorta di bullet time indispensabile soprattutto per schivare gli attacchi dei Cavalieri d'Oro, mentre l'altro trasforma i colpi speciali in Attacchi Big Bang. Si tratta di versioni potenziate dei vari Fulmini di Pegaus o Polvere di Diamante, la cui forza può essere scatenata solo in determinate circostanze (dopo un “continue”, una cut scene, o accumulando un grande quantitativo di danno inflietto).
    Metabolizzare un così complesso sistema richiede un'ora abbondante di adattamento, e anche dopo l'intenso training non sempre si sentirà il pieno controllo di tutti i cavalieri. Non sempre le combo appaiono fluide e facili da direzionare, e l'assenza di un Lock on automatico, in combinazione con una telecamera fissa, rende gli scontri molto caotici. Fra tutti i cavalieri, Sirio è quello più maneggevole: le sue mosse speciali si legano con naturalezza alle combo di base, i colpi rapidi permettono di gestire facilmente la direzione. Decisamente ingessato invece Andromeda, che con i suoi attacchi dalla distanza risulta davvero complesso da gestire. A metà Crystal e Pegasus, con colpi speciali dal caricamento molto lento e qualche combo meno fluida del solito. Arrivati alla fine della scalata delle 12 case, tuttavia, le peculiarità dei cavalieri ci saranno ben chiare, e sapremo benissimo quali sono le combinazioni più vantaggiose da utilizzare. Spesso questo “entrare in sintonia” con i propri beniamini non è un bene, in quanto la tendenza a superare interi stage eseguendo sempre la stessa combinazione si farà sentire. D'altro canto, sequenze scomode e poco versatili non possono certo essere utilizzate con gioia, anche se servirebbero per variare l'approccio agli scontri. Uno studio più approfondito dei moveset avrebbe senza dubbio giovato.
    Al di là di questo, la progressione denuncia una generale povertà di contenuti. Prima di raggiungere le case dei Cavalieri d'Oro è necessario attraversare le scalinate che le precedono. Ma i livelli si mostrano davvero troppo lineari, strutturati a comparti stagni in cui si deve semplicemente massacrare una marea di deboli avversari. In questi frangenti non si fa altro che eseguire combo su combo, con la telecamera fissa ad ostacolarci in più di un'occasione. Lo scarso numero di tipologie di nemici e l'uniformità stilistica delle ambientazioni rende il tutto molto monotono, e solo la presenza di qualche Mid Boss (i cavalieri neri) salva la situazione. Nella parte finale dell'avventura la situazione migliora almeno dal punto di vista coreografico: le ambientazioni si fanno più varie, fra i baratri e gli strapiombi che precedono la casa del Capricorno e le grandi vasche d'acqua che,

    "Nella modalità "Sfide" è possibile utilizzare tutti i Cavalieri d'Oro ed approfondire dunque le loro singole mosse. Scagliare cuspidi scarlatte nei panni di Milo dello Scorpione o utilizzare gli Strati di Spirito è un'emozione unica per i fan"

    ormai al tramonto, circondano la casa dell'Acquario. Niente di particolarmente esaltante, comunque, se anche l'interazione ambientale risulta “antica” e stantia, legata solo alla distruttibilità di qualche vaso ed un paio di colonne.
    Le cose migliorano leggermente durante gli scontri con i Cavalieri d'Oro. Per sconfiggerli si devono interpretare le loro routine, schivare o parare i colpi al momento giusto, e poi eseguire una combo rapida, da concludere magari con una mossa speciale o un attacco Big Bang (ma la finestra temporale per colpire il nemico è davvero molto ristretta). Inizialmente stimolanti, questi scontri si rivelano a volte troppo estesi. Le routine dei nemici non evolvono, ed una volta assimilato il loro set di mosse, non si fa altro che ripetere la stessa tiritera. In certi casi lo scontro appare davvero estenuante: ad esempio nei panni di Crystal ci troviamo a dover sconfiggere Cancer per ben quattro volte. Nella casa e nell'Ade, e ancora con il cosmo al massimo e poi senza armatura. Avremmo preferito che i tagli alle vicende fossero stati eseguiti in questi frangenti, rendendo i combattimenti meno estesi (alcuni durano una buona mezz'ora).
    Si segnala infine che la progressione risulta moderatamente difficile: senza i tre continue della modalità normale si dovrebbe ricominciare lo scontro da zero. D'altro canto, per ottenere una buona valutazione bisogna evitare di essere colpiti ed impegnarsi a macinare chain combo dalla lunghezza imbarazzante.
    Al termine di ogni capitolo si guadagnano punti esperienza da spendere per acquistare costose capacità extra che potenziano la durata del settimo senso o la distruttiva potenza degli attacchi, o che si possono in alternativa sfruttare per incrementare le statistiche di base (HP, Cosmo, Attacco e Difesa). In verità le nostre modifiche influiscono ben poco sulla competitività dei Cavalieri, anche se alcune abilità risultano molto utili. Passando di livello, inoltre, gli eroi sbloccano nuove mosse speciali o combo più estese, tutte da scoprire.
    La longevità dell'avventura principale, posto che spesso il team sembra aver voluto allungare il brodo, è più che buona: le dodici ore che passano nella vicenda narrata sono praticamente equiparabili al tempo necessario per terminare l'avventura. Ma, dovessimo giudicare il titolo dalla qualità dello Story Mode, saremmo abbastanza delusi. Fortunatamente è quello che viene dopo, a lasciarci più compiaciuti. Terminata la “Main Quest” si sblocca la possibilità di affrontare una scalata “al contrario” nei panni di Micene, in versione con e senza l'armatura. E dopo questa seconda avventura, ce ne sono altre tre da giocare nei panni di nuovi personaggi, che ci raccontano qualche retroscena abbastanza piacevole. Niente di troppo elaborato, s'intenda, dal momento che queste sequenze si limitano a riproporre boss fight ben noti e ambienti già esplorati. Il fattore sorpresa, però, si fa sentire, e chi si aspettava di aver esaurito il titolo avrà invece qualche altra soddisfazione. Anche le missioni riescono a intrattenere per qualche tempo. Dal punto di vista strutturale non si segnala nulla di entusiasmante: troveremo gli stessi stage combinati secondo i criteri più disparati (ora semplici boss rush, ora inediti miscugli dei percorsi di fronte alle case). Tuttavia, in questa modalità è possibile utilizzare tutti i Cavalieri d'Oro, ed approfondire dunque le loro singole mosse. Scagliare cuspidi scarlatte nei panni di Milo dello Scorpione, o utilizzare gli Strati di Spirito, è un'emozione totale, tanto più che il team ha inserito anche i cavalieri che mai combattono nel corso della trama principale (come Mur dell'Ariete). Insomma, un vero e proprio parco giochi per tutti gli appassionati, che sicuramente potrebbero trovare più stimolante compiere qualche missione ogni tanto, piuttosto che dedicarsi all'estenuante e poco ispirata avventura principale.

    Armature opache

    Dal punto di vista tecnico La Battaglia del Santuario non stupisce. Resta anzi un prodotto abbastanza limitato, anzitutto per la modellazione abbastanza sciatta. I modelli dei protagonisti riescono a cavarsela quando indossano le armature, ma appena si spogliano delle reliquie sacre mostrano tutta la pochezza della struttura poligonale. I rilievi della muscolatura sono composti da texture poco definite, che ci mettono di fronte ad una tecnica in certi aspetti antidiluviana. Letale, nella prima metà del gioco, il riuso di elementi architettonici. Che siano gli stage “preparatori” ambientati fuori dalle Case o le stanze custodite dai Cavalieri d'Oro, o ancora le dimensioni alternative in cui spesso questi ultimi ci precipitano, texture e oggetti vengono riciclati senza alcuna pietà. Pochi i modelli dei nemici, e persino le loro animazioni oscillano sulla corda della sufficienza. Molto fedeli, invece, quelle dei Cavalieri. Il lavoro di caratterizzazione, su questo fronte, si mostra in tutta la sua pienezza proprio quando si gioca nei panni dei 12 cavalieri d'oro.
    La colonna sonora che accompagna l'avventura è quella classica del cartone, ben integrata con le azioni di gioco, ma il numero di brani è veramente ridotto all'osso, e gli stessi temi musicali tornano ossessivamente nei menù di gioco e nelle schermate di caricamento. Il doppiaggio Giapponese farà felici gli amanti del recupero filologico, ma ha forse un pizzico di carisma in meno rispetto all'ottimo lavoro di localizzazione che ancora ricordiamo, probabilmente uno dei migliori per caratterizzazione vocale e inflessione.

    Saint Seiya: Sanctuary Battle Saint Seiya: Sanctuary BattleVersione Analizzata PlayStation 3La Battaglia del Santuario non fa nulla per togliersi di dosso tutti i limiti che da anni vengono imputati agli esponenti del genere, ed anzi quasi senza cura ci mette di fronte ad un'avventura monotona, lenta, ripetitiva, che procede spesso attraverso la pratica non molto lusinghiera del Button Mashing più spinto. Tuttavia, diversamente da altri titoli su licenza riuscirà senza dubbio a convincere i fan, grazie alla quantità di contenuti. Oltre all'avventura principale, che segue non senza inciampi la vicenda della prima serie dei Cavalieri, ci sono infatti interessanti modalità Extra, che permettono di esplorare il mondo di Saint Seiya impersonando tutti gli antagonisti e non solo. Insomma, per una volta il videogioco rappresenta davvero un valore aggiunto, concedendo all'utente la possibilità di curiosare nelle retrovie. Peccato per la pochezza del fronte tecnico e stilistico, che di fatto condanna la produzione e gli impedisce di risultare interessante per chi non conosca l'Anime di riferimento.

    6.5

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