Salt and Sanctuary Recensione: il Metroidvania Soulslike arriva su Switch

Dopo aver riscosso un notevole successo su PlayStation 4, Salt and Sanctuary arriva anche su Nintendo Switch: la recensione.

Salt and Sanctuary Recensione: il Metroidvania Soulslike arriva su Switch
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  • PSVita
  • PS4
  • Switch
  • In pochi possono comprendere quanto possa essere bello, per un appassionato di souls-like, svegliarsi al mattino con un messaggio che recita "Avrei Salt and Sanctuary per Switch, ti andrebbe la recensione?". Non tanto per le sue tetre e ragionate atmosfere, impreziosite da un leggendario sviluppo ad opera di due sole persone, bensì per la magia che l'ultima console di Nintendo è in grado di creare con i titoli del panorama indie. Un effetto particolare, che forse anche voi avrete sperimentato nell'appassionarvi su Switch a produzioni che, altrimenti, non avreste nemmeno considerato. Cosa succede però se l'indie in questione è uno dei migliori tributi al lavoro di Hidetaka Miyazaki?

    Sale sulle ferite

    Il mondo di Salt and Sanctuary è di quelli angoscianti nel loro silenzio innaturale, spezzato solo dai lamenti delle creature disperate che tentano di ostacolare il nostro viaggio ad ogni costo. Un'epopea vissuta dall'altrettanto taciturno protagonista, un guerriero solitario reduce da un tragico incidente in mare che lo costringe ad approdare in un mondo in cui il sale è la principale fonte d'energia verso cui tutti tendono.

    Una risorsa preziosa, tanto semplice da guadagnare, quanto istantanea da perdere qualora si compia un passo falso o si finisca per essere troppo avventati in una situazione sconosciuta. La morte diventa maestra di vita e costringe a ripartire dall'ultimo santuario visitato, nella speranza di raggiungere nuovamente la preziosa valuta che nel frattempo ci è stata sottratta dal demone che ci ha inflitto il colpo letale. Un meccanismo ciclico, che fa apprendere dai propri errori e insegna (nel più duro dei modi) che quella non è la strategia giusta da adottare, rendendoci -di fatto- migliori ad ogni tentativo. Non giriamoci troppo intorno, la dinamica appena descritta non consta più alcun elemento di sorpresa per coloro che hanno avuto modo di seguire il nostro medium negli ultimi anni. A partire da Demon's Souls (ma soprattutto da Dark Souls) l'idea di approcciarsi ad un titolo giustamente punitivo nei confronti dell'arroganza e della sprovvedutezza è diventata sempre più di moda, tanto tra i giocatori, quanto tra gli sviluppatori. Eppure Salt and Sanctuary possiede comunque una dignità e un'identità tutte sue.
    Il lavoro di Ska Studios attinge infatti anche all'universo dei metroidvania per costruire il proprio gameplay, che si caratterizza per una solidissima componente esplorativa, la quale va ad integrare -e a complicare- il già arduo combat system basato su stamina, rotolata e parata. Riuscire a sopravvivere nel cinereo mondo bidimensionale che ci si staglia davanti non è solo questione di tempismo e gestione delle risorse, ma anche di avere un'ottima capacità di orientamento e una solida memoria grazie a cui sapere con esattezza dove si sta andando, ma soprattutto, come tornare indietro. L'assenza di una mappa in-game rende davvero complesso capire dove ci si trovi o se la progressione stia procedendo nel modo giusto, anche se ciò diventa funzionale nel creare momenti di pura sorpresa quando si sbloccano le numerose scorciatoie a disposizione. Il level design infatti, nonostante possa apparire estremamente caotico e volutamente cattivo, è una piccola opera d'arte, capace di sorprendere continuamente il giocatore nei momenti di disperazione. Un lavoro di fino paragonabile, seppur secondo modalità diverse, a quello dell'indimenticabile Lordran di Dark Souls, che non di rado garantiva inconfondibili sensazioni di sollievo all'apertura di una porta o di un cancello.
    La capacità di Salt and Sanctuary di trovare un così delicato equilibrio tra soulslike e metroidvania diventa ancor più tangibile prendendo in considerazione il sistema di crescita del personaggio, che non si limita ad aumentare solo i propri valori statistici, ma può essere costruito in maniera estremamente varia. L'intricato albero delle abilità che ci viene proposto una volta aperto il menu è lo strumento più potente a nostra disposizione, capace di decidere in modo abbastanza netto quali saranno le specializzazioni e i punti di forza dell'eroe che vorremo condurre al trionfo.

    Che si tratti dell'abilità nell'usare un certo tipo di armi o armature, oppure dell'aumento del numero di pozioni, tutto è rimesso nelle mani del giocatore, che non può esimersi dall'effettuare una pianificazione adeguata di ciò che gli servirà maggiormente andando avanti. Una visione punitiva, soprattutto per le limitate possibilità di riattribuire i punti spesi, che potrebbero facilmente spiazzare i meno esperti, conducendoli verso strade poco efficaci e che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbero condurli a ricominciare da capo l'avventura, forti di una maggior consapevolezza. Si tratta sicuramente di un'eventualità remota, vista la natura skill-based di un titolo che può essere portato a termine anche senza potenziarsi in maniera solida, ma che va presa in considerazione qualora si volesse procedere in maniera più sperimentale e casuale nell'albero delle abilità.

    Il fascino della lore

    L'aspetto che rende ancor più misterioso e intrigante Salt and Sanctuary è la storia del suo mondo, che si presenta in modo criptico senza fornire alcuna indicazione iniziale su ciò che è accaduto. Un ritorno della famigerata lore da ricostruire grazie agli infiniti dettagli di ambienti e descrizioni da ricondurre ad unità come se si fosse alle prese con un intricato puzzle. Si tratta di un piacere che non può essere goduto da tutti e allo stesso modo, poiché richiede una grande pazienza, ma soprattutto la volontà di capire quali siano le fondamenta su cui si regge il mondo che ci accingiamo ad esplorare. Va però sottolineato come, seppur nella sua natura indie, il lavoro operato del team di sviluppo sia comunque eccellente da questo punto di vista, tanto sul fronte descrittivo, quanto su quello artistico. Non solo ogni oggetto ha una descrizione che può aiutare nell'impresa, ma anche la caratterizzazione di nemici e ambienti assume una coerenza unica, capace di suscitare la curiosità di voler scoprire di più sulle radici di queste terre maledette.

    Un design malato, tormentato, che spicca con chiarezza nelle numerose boss fight che devono essere affrontate per raggiungere gli agognati titoli di coda. Cavalieri decaduti, alchimisti folli, streghe e amenità infernali sono solo alcuni dei tanti ostacoli capaci di mandare al creatore anche gli avventurieri meglio equipaggiati. Imparare a memoria i pattern d'attacco e le finestre di risposta diventa con il tempo un'attività a cui ci si deve abituare per forza, poiché difficilmente le battaglie consentono di essere portate a termine al primo tentativo. Complice di ciò è anche la struttura "a fasi" degli scontri, che si inaspriscono in modo significativo a circa 1/3 della vita rimanente del boss di turno, che diminuirà in modo tangibile i tempi di recupero ed eseguirà combo più lunghe, esponendo più facilmente il giocatore a mosse azzardate e fatali. Va sottolineato come, almeno nella nostra esperienza, il bilanciamento propendesse in alcuni casi per farci adottare un determinato tipo d'equipaggiamento studiato appositamente per resistere agli attacchi del nemico. Detto altrimenti, non sempre abbiamo avuto la sensazione di poter avanzare agilmente con la build da noi adottata, dovendoci "piegare" a soluzioni più ingegnose per superare determinati scontri. Nella fattispecie, abbiamo abbandonato armi e armature pesanti per diventare più agili e schivare con semplicità attacchi che, altrimenti, non avremmo mai potuto assorbire. Un limite che non inficia la qualità generale della produzione, ma che potrebbe scontentare più di un giocatore, soprattutto alla luce di un albero delle abilità che obbliga a prendere una decisione radicale su come orientare la propria build.

    Morte portatile

    Il motivo per cui siamo qui oggi a parlare di Salt and Sanctuary è però, come si diceva in apertura, il suo approdo sulla piattaforma ibrida di Nintendo, che lentamente, ma inesorabilmente, sta recuperando un ampio catalogo di titoli indie degli ultimi anni in grado di impreziosirne ulteriormente il "fattore portabilità".

    La vendetta dell'italianoChi ha vissuto all'epoca il lancio originale di Salt and Sanctuary (o ha almeno seguito i forum e le opinioni della community) si ricorderà come uno dei principali problemi del titolo fosse legato alla traduzione italiana dei testi di gioco. Essa fu eseguita probabilmente con un traduttore automatico che ne aveva massacrato ogni senso e utilizzo, costringendo tutti gli utenti ad utilizzare la lingua originale inglese. Possiamo confermarvi, con estrema gioia, che il titolo offre ora una traduzione completamente rivista e corretta nel nostro idioma, permettendo a chiunque di godere appieno della storia, dei dialoghi, ma anche delle descrizioni di oggetti e abilità.

    Com'era prevedibile, data la sua natura bidimensionale, il titolo si comporta in maniera più che egregia su Switch, offrendo un'esperienza paragonabile a quella delle altre console, ma arricchita dalla possibilità di essere giocata dove e quando si vuole. Purtroppo dobbiamo segnalare come, in condizioni di grande luminosità ambientale, non sempre sia semplice distinguere gli avversari in modalità portatile, poiché gli ambienti tendono ad essere particolarmente scuri, senza alcuna possibilità di regolare la luminosità in game. Un fattore da prendere in considerazione qualora voleste dedicarvi maggiormente ad un utilizzo outdoor del dispositivo (anche con la luminosità hardware al massimo). La fluidità complessiva è più che buona tanto in modalità docked, quanto in quella portatile, con una frequenza di 60fps che solo in rarissime occasioni ha dimostrato qualche inciampo, ma che non ha compromesso minimamente la nostra esperienza. Un ultimo appunto che ci sentiamo di fare a questa conversione riguarda la leggibilità dei menu, i quali, nel piccolo schermo a disposizione, assumono alle volte dimensioni che costringono ad avvicinare lo sguardo per capire cosa vi sia scritto. Una mancanza che, ovviamente, scompare una volta attaccata la Switch al televisore, ma che limita in parte l'immediatezza che Salt and Sanctuary avrebbe potuto avere nella sua forma rinnovata.
    Possiamo invece ritenerci più soddisfatti dalla giocabilità in modalità handled, che risulta ottima anche con entrambi i joycon attaccati al display e che non affatica neanche dopo lunghe sessioni, grazie ad una sapiente distribuzione dei tasti da utilizzare (quelli più frequenti sono anche quelli più comodi). Persino la precisione dei controlli ci è sembrata buona, al punto da rendere i joycon una soluzione tranquillamente adottabile anche in modalità docked.

    Salt and Sanctuary Salt and SanctuaryVersione Analizzata Nintendo SwitchSalt and Sanctuary approda su Switch a più di due anni dal suo lancio originale, ma il tempo non sembra aver lasciato alcun segno negativo sulla produzione di Ska Studios. Al netto di qualche lievissima incertezza sulla conversione, la console di Nintendo dona nuova linfa vitale ad un prodotto che tutti gli amanti di soulslike, metroidvania, ma anche di videogiochi in generale, dovrebbero recuperare al più presto se già non l’hanno fatto. Un combat system profondo e complesso, una lore intricata da scoprire e un design memorabile fanno di questo piccolo (grande) indie un must have per cui vale la pena di perire sotto gli impietosi colpi degli avversari che si annidano tra queste terre sovrastate dal sale. Nonostante si tratti infatti di un’esperienza a tratti veramente punitiva, soprattutto per quanto riguarda la crescita del personaggio, vi è perennemente lo stimolo a migliorare e a spingersi con coraggio attraverso questo mondo così sapientemente costruito. E sapete qual è la chicca finale? Potete portarvelo a casa con appena 15€. Non so voi, ma io avrei già aperto il Nintendo eShop da un pezzo.

    8.5

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