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Speciale Videogiochi
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Nella prefazione all'edizione francese del suo sconvolgente romanzo Crash, da cui il regista David Cronenberg trasse l'omonimo film, lo scrittore J. G. Ballard scrisse che il libro era "un monito, un avvertimento sul regno brutale, erotico, accecante che ci invita, sempre più pervasivo, dai margini dell'orizzonte tecnologico". Ritrattò nel corso di un'intervista con il giornalista Will Self, affermando che si trattava di una dichiarazione "di cui mi sono sempre pentito... Crash non è un racconto di monito. È un inno psicopatico".
Dopo un percorso di sviluppo durato quasi dieci anni, Scorn è finalmente approdato su PC e console di nuova generazione. E lo ha fatto senza compromessi, sia dal punto di vista tecnico che da quello contenutistico. Perché, esattamente come le opere più crude di Ballard e Cronenberg, Scorn non è un'opera per tutti: eppure, per noi è stato impossibile resistere al canto micidiale del suo orrore, così profondo da lasciare annichiliti, senza parole, in balia della seduzione della tremenda sirena partorita da Ebb Software.
L'avventura si apre con il risveglio del protagonista, un umanoide che non parlerà per l'intera durata del suo percorso. Allo stesso modo, anche i nemici non esprimono mai suoni intelligibili, e non vi è una sola parola scritta in tutto il mondo di gioco. È una scelta radicale - termine che tornerà più volte in questa recensione - ma perfettamente funzionale rispetto alle intenzioni del team di sviluppo.
Perché l'ambientazione, vera protagonista di Scorn (e non lo diciamo tanto per dire), racconta una storia che, sebbene non venga mai chiarita nei suoi dettagli, risulta affascinante, coerente e profondamente conturbante. Scorn parla di una post-umanità in cui l'uomo non è più separato dal suo contesto e dagli oggetti che utilizza: al contrario, l'ambiente "invade" l'essere umano, lo piega, lo modifica, lo evolve. E allora ecco che ogni interazione tra il protagonista e gli enigmi diventa penetrazione di congegni, il tutto tramite manopole installate a sangue nella sua carne, e i parassiti che si innestano sul suo corpo magro - ma non fragile - lo cambiano, certo, ma a loro volta divengono simili a lui.
Un gioco di specchi e di rincorse, dunque, in cui i confini tra noi e l'altro si fanno sempre più sfumati: non è un caso se molti degli enigmi presenti comportano un cambiamento del punto di vista, spostando la visuale in altri punti tramite l'utilizzo di appositi congegni. Ebb Software ci fa presto comprendere che il nostro protagonista non è veicolo di una fantasia di potenza del giocatore, ma anzi deve necessariamente dipendere da utensili di vario genere per proseguire, esattamente come l'uomo contemporaneo, ormai inseparabile da PC e smartphone. Non vi sono spiegazioni sul loro impiego e sulle loro funzionalità: sta al protagonista (e al giocatore che lo controlla) comprendere il modo in cui arnesi dalle forme strane e disturbanti possano aiutarlo a risolvere enigmi, ricaricare la barra della salute e uccidere le misteriose creature che popolano il mondo di gioco.
Manca del tutto una mappa, e gli indicatori di salute e munizioni compaiono soltanto in occasione dei combattimenti, quando si viene colpiti o si impiegano oggetti di cura. La visuale in prima persona di Scorn è quindi pulitissima, e il giocatore prova lo stesso sconforto del protagonista nel navigare in un mondo ostile, ma non per questo privo di punti di riferimento: è necessario prestare attenzione ai dettagli, e solo in un paio di occasioni ci siamo sentiti persi (tuttavia è bastato un attento giro di esplorazione per risolvere il problema).
Non è un mistero che gli sviluppatori di Ebb Software abbiano fatto riferimento all'arte di H. R. Giger, "papà" dello Xenomorfo di Alien (potete recuperare qui il nostro speciale su H.R. Giger e il mondo dei videogiochi), nella creazione del mondo di Scorn. Conclusa l'avventura - durata otto ore - possiamo dire con soddisfazione che l'ispirazione sia stata più tematica che strettamente estetica: in altre parole, seppure i cromatismi di Giger siano perfettamente riconoscibili in Scorn - il massiccio impiego della scala di grigi è particolarmente indicativo - abbiamo visto in azione soprattutto la filosofia gigeriana, quell'attenzione ossessiva per le interazioni (meglio: integrazioni) tra uomo e macchina, l'utilizzo dell'alfabeto universale della sessualità, l'indifferenza dei protagonisti dei suoi quadri nei confronti della violenza sul loro e sull'altrui corpo.
Solo in alcune, limitate, situazioni il protagonista mostra reazioni inconsulte, ed è solo nei casi in cui la violazione della sua carne è improvvisa e intollerabile. Sulle prime, ciò crea un inevitabile scollamento emozionale per il giocatore, che si trova immerso in situazioni di orrore spesso estremo. Con il passare delle ore, tuttavia, Scorn è riuscito a farci sentire quasi a nostro agio in contesti del tutto tabù per l'uomo contemporaneo, "riallineandoci" con l'imperturbabilità dell'umanoide misterioso.
Non mancano situazioni di combattimento, in alcuni casi anche molto frenetiche, in cui bisogna mantenere saldi i nervi per non lasciarsi sopraffare dalle orrende creature - la cui forma è un chiaro rimando agli organi genitali umani - che troveremo sul nostro percorso. Non abbiamo particolarmente apprezzato il feeling della prima arma, una pistola che emette un'asta di lunghezza limitata e costringe a gestire i combattimenti con calma, indietreggiando con attenzione durante i lunghi tempi di ricarica. Eppure, essere costretti ad avvicinarsi ai disturbanti abomini crea una sensazione di disagio e disgusto che raramente abbiamo sperimentato in un videogioco, e si tratta di emozioni probabilmente ricercate da Ebb Software.
Non abbiamo mai visto animazioni di ricarica delle armi più curate di quelle di Scorn: la cura per il realismo dell'esperienza - pur nei suoi toni distopici, a tratti surreali - è visibile in ogni gesto del protagonista nell'inserire i proiettili, simili a piccole uova, all'interno degli appositi fori presenti sui vari tipi di pistola.
Ebb Software è stata radicale e senza compromessi anche in questo, limando ogni dettaglio visivo di Scorn in un mondo in cui è sempre più frequente la pubblicazione di videogiochi mutili, incompleti, che si rifanno ad aggiustamenti successivi.
Il sito degli sviluppatori dichiara che l'obiettivo di Ebb Software con Scorn era quello di creare "a different breed of videogame". Ci sono senz'altro riusciti, tanto che è difficile parlare di Scorn approcciandolo linearmente come un insieme di componenti - grafica, trama, gameplay, sonoro - perché si tratta di un'esperienza survival horror atipica, priva dei classici jumpscare e senza sviluppi narrativi tradizionali.
È strano dirlo per un titolo che fa dell'orrore il suo punto di forza, ma Scorn sembra fondato su un unico intento centrale: ispirare nel giocatore il desiderio di contemplare la sconcertante bellezza del mondo che lo circonda. La magnifica decadenza dei giganteschi edifici richiama le opere dell'artista polacco Zdzislaw Beksinski (ve ne abbiamo parlato nello speciale dedicato all'arte di Zdzislaw Beksinski); le viscere diventano caverne di carne, proprio come in Videodrome di David Cronenberg; ci scopriamo morbosamente affascinati dal sangue e dalle nostre stesse ferite, allo stesso modo dei protagonisti di Crash di J. G. Ballard; la ricerca del postumano e della trasformazione è la stessa visibile nei video e nei testi dei Tool.
In questo percorso radicale di rigetto del quotidiano, è visibile che sono stati i temi scelti a portare alla creazione delle meccaniche di Scorn, e non viceversa: si tratta di un mondo strutturato in un certo modo, in cui il gameplay e le meccaniche che lo compongono vengono di conseguenza.Uomo, tecnologia e parassiti si capovolgono e confondono l'uno nell'altro, all'insegna di contaminazione e mutazione. L'eliminazione fisica dei nemici, in una dimensione in cui non sembrano esservi bene e male, non dà alcuna ricompensa né soddisfazione: il godimento si fa intenso e addirittura oltraggioso quando sono le carni del protagonista a venire turbate e violate, facendoci domandare fino a che punto potrà spingersi la sua evoluzione.
L'uccisione dell'altro è solo un fatto accidentale dell'esplorazione, una necessità in pochi e limitati casi: è il corpo del protagonista a domandare tutta la nostra attenzione, fino a un'apoteosi finale e sconvolgente nell'ultima ora di gioco, in cui veniamo soverchiati da simbolismi sessuali uniti a un misticismo religioso assolutamente sconcertante.
L'esperienza dello "stare nel mondo di Scorn" è esaltata da suoni, quasi sempre diegetici, la cui natura strisciante e mai invadente è meglio esaltata in cuffia. Sono voci di carne turbata e deturpata, schiacciata, mugolante e sofferente, suoni che potrebbero essere emessi dalle creature di Three Studies for Figures at the Base of a Crucifixion, dipinto da Francis Bacon nel 1944: la somiglianza tra i tre esseri vagamente antropomorfi rappresentati da Bacon e le entità ostili di Scorn è davvero impressionante. A fronte di requisiti di sistema su PC non propriamente bassi, Scorn regala un'esperienza visiva sorprendente.
Nonostante la nostra configurazione di prova non fosse ottimale - in particolare sotto il profilo della CPU - e non abbiamo quindi potuto godere di un'elevata risoluzione, l'opera di Ebb Software si è mostrata in una forma smagliante, con un framerate bloccato a 60 FPS e uno spettacolo visivo senza pari. Radicale (come tutto il resto della produzione), ma perfettamente onesta con il pubblico e condivisibile, la scelta di portare Scorn solo su console Xbox di nuova generazione: le vecchie piattaforme non avrebbero mai potuto offrire prestazioni all'altezza della visione di Ebb Software.
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