Recensione Shadow of the Colossus

Nella terra dei colossi

Recensione Shadow of the Colossus
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  • PS2
  • Il gigante silenzioso

    Col tempo l’industria video ludica si è piegata alle leggi del mercato. Quello che una volta era un mondo in cui la fervida immaginazione di talentuosi programmatori faceva sognare migliaia di ragazzi si è trasformato in un business in cui gli effetti speciali e le trovate tecniche contano più del divertimento e dell’originalità. La chiave di volta per conquistare il cuore dei video giocatori è sempre più la realizzazione tecnica piuttosto che la creatività e l’inventiva di un titolo.
    La ricerca della forma (spesso, a tutto discapito del contenuto) non ha però impedito a coraggiosi game designers di sviluppare capolavori capaci di far innamorare di se piccoli gruppi di appassionati. Quattro anni fa, Fumito Ueda scosse l’industria con il suo Ico, un gioco dalla magica atmosfera, in cui un ragazzino imprigionato per la sua diversità in un enorme castello (sulla testa del protagonista troneggiava un paio di corna) accompagnava una misteriosa principessa sulla strada verso la libertà. Controlli semplici, scenari immensi e desolati ed un’atmosfera trasognata ed evocativa rendevano Ico un piccola gemma di ingegno, degna di essere ricordata nell’olimpo dei videogiochi.

    In questi quattro anni, le voci di un possibile seguito sono serpeggiate nella comunità dei video giocatori, alimentate da misteriose immagini di un giovane ragazzo (dalla fronte inequivocabilmente cornuta) che combatteva a cavallo. Era trapelato un nome: Nico, fusione del titolo del predecessore con la particella “ni” traducibile dal giapponese come due. Ma quello che doveva essere un canonico seguito, per ammissione dello stesso Ueda, si è evoluto in una nuova avventura, capace però di conservare, immutati, tutti gli elementi che hanno reso unico il suo illustre antenato.

    La storia narra di un ragazzo che intraprende un lungo viaggio a cavallo nel disperato tentativo di restituire l’anima ad una giovane fanciulla (non è ancora chiaro quale sia il legame che unisce il protagonista e la ragazza). La sequenza introduttiva accompagna la lunga cavalcata attraverso paesaggi tanto desolati quanto meravigliosi. La lunga peregrinazione termina davanti ad un misterioso ed imponente tempio. Una volta entrato, l’eroe depone il corpo esanime della sua compagna su di un altare, quando una voce che sembra scaturire dal nulla gli propone un patto: uccidere i sedici colossi che dimorano nelle lande proibite in cambio della vita della ragazza. Sembra infatti che l’essenza vitale delle enormi creature abbia il potere di rianimare i defunti. Armato solo di un’antica spada, di un semplice arco e accompagnato dal fido cavallo Agro, il giovane inizia la sua disperata avventura.
    Già le prime immagini di gioco riescono a trasmettere la stessa magia che tutti abbiamo assaporato in Ico. Persi in territori sconfinati, di una bellezza poetica, completamente liberi di vagare e di gustare le meraviglie generate dal monolite Sony. Si rischia letteralmente di perdersi in scenari in cui aleggia un atmosfera che sarebbe riduttivo definire epica. La possibilità di spostarsi a cavallo non può che accentuare la sensazione di trasporto che Shadow of the Colossus riesce a trasmettere.

    Ma oltre che un valido elemento scenico, la vastità degli ambienti impegna il giocatore nella ricerca degli enormi mostri che l’eroe ha giurato di sterminare. Per localizzarli, infatti, non c’è altro sistema che sollevare la spada: il bagliore riflesso sulla lama aumenterà d’intensità man mano che ci si avvicina ad uno dei ciclopi. L’esplorazione è quindi una parte fondamentale dell’avventura, se si considera che spesso i vari Colossi dovranno essere risvegliati dal loro torpore. Una volta raggiunta la destinazione indicata dalla spada, il protagonista dovrà scalare montagne, od esplorare antiche rovine per stanare la sua preda. Queste sezioni impegnano in egual misura l’abilità ludica e la capacità cerebrale del giocatore: l’azione ricorda da vicino quella vista nei migliori platform game con salti improbabili e pendii da affrontare, mentre enigmi di varia difficoltà non mancheranno di bloccare il cammino.
    Localizzato il gigante, occorre affrontare la vera sfida di Shadow of the Colossus: abbatterlo. Si resta pietrificati di fronte a tanta magnificenza. Le dimensioni, l’incedere e l’aspetto di ciascun Colosso sono terrificanti, la pesantezza di questi mostri è resa da animazioni tanto fantastiche quanto terrificanti. Superata la paura iniziale non resta che “illuminare” l’avversario con la spada per scovarne il punto debole e poi iniziare l’arrampicata. I Colossi infatti sono talmente enormi da dover essere letteralmente scalati. È bene ricordare che i sedici giganti non differiscono solo per resa grafica ma per caratteristiche fisiche che influiscono sull’approccio stesso con cui devono essere affrontati: lenti esseri antropomorfi si alternano a quadrupedi in grado di raggiungere elevate velocità, mentre mostruosità volanti ed esseri capaci di vivere sott’acqua metteranno a dura prova le abilità dei giocatori. La varietà è quindi assicurata: per affrontare la scalata può essere sufficiente ferire ad un tallone il Colosso, oppure aspettare che questo ci attacchi con la sua spada per correre sulla sua lama e quindi sopra al suo corpo, ma si può essere costretti anche a cavalcare a fianco dell’avversario per saltare su una delle sue ali.
    Ma la vera sfida comincia sul corpo dei giganti. Un indicatore circolare posto sul bordo dello schermo indicherà quanto salda è la presa dell’eroe, mentre il colosso si dimena e cerca in ogni modo di scaraventarlo a terra. Tutto si risolve in una sfida di tempismo cercando la strada migliore per raggiungere il punto debole del gigante. Potrà rendersi necessario colpire i Colossi in svariati punti, per aiutarsi nella scalata (un colpo ben assestato sul fianco può costringere il mostro a chinarsi), ma generalmente la meta ultima è la testa dell’avversario. Raggiunta la cima una drammatica serie di colpi di spada porrà fine alla vita del gigante. Copiosi fiotti di sangue nero sprizzano nell’aria mentre il povero Colosso si accascia maestosamente al suolo.
    È quasi impossibile non provare pietà nell’assister alla morte di questi enormi esseri, così come è inevitabile chiedersi se le motivazioni del protagonista siano giuste. Dopo tanta fatica ci si rende conto che nessuno dei Colossi è direttamente responsabile della morte della fanciulla e che nessuno ci assicura che la loro morte le permetterà di respirare ancora. Dopo l’uccisione di ciascun gigante, ci si sente “sporchi”, tanta è la cura riposta nella realizzazione di queste maestose creature.
    Per quanto ci è dato sapere la trama si evolverà proprio in questo senso, indagando sulla vera natura dei colossi e sul loro legame con lo spirito del tempio.

    Shadow of the Colossus è un gioco che trasuda magia, in ogni suo aspetto. Dalla realizzazione tecnica al game design, nulla sembra essere lasciato al caso. Il gioco è previsto in Europa per i primi mesi del 2006, l'articolo fa riferimento alla versione americana del titolo, disponibile in quel paese dalla fine del mese di Ottobre. Il gioco purtroppo ha mantenuto alcuni problemi di frame rate, che pure erano stati in parte superati nel corso delle varie presentazioni, tenute a Los Angeles prima e recentemente a Tokyo. Va detto che la mancanza di fluidità, se pur vistosa, non influisce in alcun modo sull'esperienza di gioco, che si fonda su di un incedere epico e per questo lento e misurato.

    Approfondimento #2: Ambiente Vivo

    Non è sbagliato affermare che nel precedente lavoro di Ueda, oltre a Yorda e ad Ico, un altro protagonista accompagnava l’azione: il castello in cui il protagonista era stato imprigionato. Scorci di rara bellezza accentuavano l’esperienza di gioco rendendola unica, tanto che non era infrequente interrompere lo svolgere del titolo per ammirare un gioco di luce o un’ardita composizione architettonica.
    Lo scenario riveste anche in Shadow of the Colossus un ruolo di primo piano, ma nella prossima produzione Sony ci si è forse spinti oltre. Banalmente, rispetto ad Ico, il passaggio da un ambiente chiuso alla più completa libertà di movimento di un mondo vastissimo ha giovato sull’impatto visivo. Ponti e costruzioni maestose troneggiano su vallate e canyon, incorniciando paesaggi di amplissimo respiro. Ma sono proprio i Colossi ad aumentare esponenzialmente il rapporto tra utente ed ambientazione e proprio per la loro natura “colossale”. Vederli in movimento richiama alla memoria quanto proposto su grande schermo dal maestro Miyazaki con “Il castello errante di Howl”. Ed in effetti alcuni dei giganti possono essere paragonati ad enormi castelli semoventi, con tanto di stormo di gabbiani che volteggia attorno alle strutture più alte.
    Quello che stupisce è come questo ambiente reagisca alle azioni dell’utente: soffre, si ribella e cerca di colpire il giocatore; ma soprattutto “respira” ad ogni suo passo e si modifica in base alla condotta di chi gioca. Ciascun colosso è di fatto paragonabile ad una sorta di Dungeon di cui occorre trovare la giusta chiave interpretativa per rendere palese la via che conduce alla vittoria. Con l’unica differenza che qui lo scenario è tanto affascinante quanto vivo, tanto interattivo quanto minaccioso.
    Le lande desolate di Shadow of the Colossus non ospitano altri avversari all’infuori dei ciclopici mostri, ma è pur vero che questi sono ben più di un banale ostacolo da superare: sono insieme boss di fine livello e scenografia, copione e meta ultima dell’avventura. Di nuovo, Fumito Ueda si appresta a stupirci, mischiando col suo genio elementi classici del videogioco, creando nuovi modi per intrattenerci e raccontarci storie di incantevole bellezza.

    Approfondimento #1: Rompere gli Schemi


    Una pratica sempre più rischiosa, che spesso non porta i risultati sperati. Ciononostante qualcuno è ancora disposto a scommettere sulle proprie idea, andando oltre i piani di marketing nel tentativo di offrire agli utenti qualcosa che spezzi la monotonia di titoli che celebrano i propri anniversari con ennesime riedizioni. È il caso dei recenti Meteos e Lumines, entrambi prodotti da Q Entertainment, non per niente pubblicati su console portatili: un mercato che non necessita di investimenti miliardari e dotato di un pubblico meglio disposto all’innovazione.
    Lo stesso Ico era un gioco atipico in cui spesso passavano interminabili minuti senza che il giocatore riuscisse a capire cosa dovesse fare per proseguire nell’avventura. L’impianto di gioco era talmente minimalista da dover essere compensato proprio dalla meraviglia di chi giocava, meraviglia per l’ambiente, l’atmosfera, gli scenari mozzafiato e l’intrinseca poesia della storia. Ma non tutti, purtroppo, sono in grado di apprezzare queste doti in un videogioco.
    Una larga fetta di pubblico chiede ai giochi moderni un impatto hollywoodiano che impressioni e travolga e che purtroppo si esaurisce spesso nella mera espressione visiva. Ciononostante anche questa è una parte vitale dell’industria e, in fondo, rispecchia i gusti di chi alla fine fruisce dei suoi prodotti. Banalizzando proprio questa dualità è alla base della distinzione tra hardcore e casual gamer; una dualità figlia del processo che ha portato il video gioco da passatempo di pochi a fenomeno di intrattenimento di massa.
    Resta però il fatto che titoli geniali e minimalisti come Ico, Rez o il recente Katamari Damacy sono alla fine quelli che lasciano il segno, che influenzano ed innovano il resto del movimento video ludico, e questo ben al di là dei dati di vendita.
    In un mondo in cui sembra che tutto sia già stato detto o fatto, è bello che qualcuno continui a dimostrarci che è possibile spezzare le catene della canonicità (re)inventando e innovando un universo che si è sempre distinto per la sua grande libertà espressiva.


    Shadow of the Colossus Shadow of the ColossusVersione Analizzata PlayStation 2Una gemma dell'intrattenimento videoludico. Dalla genialità di Fumito Ueda non potevamo, del resto, aspettarci nulla di meno. Un'opera che non accetta compromessi e che, proprio per questo, non è destinata a tutti. E' facile lasciarsi rapire dalle atmosfere sapientemente sognanti e maestose, ma è altrettanto facile farsi prendere dalla noia nella peregrinazione verso un nuovo colosso. Troppo semplice sarebbe bollare come 'eretico' chiunque non sia in grado di apprezzare il gioco per il capolavoro che è; piuttosto è doveroso sottolineare che, così come era avvenuto con ico, il prodotto finale è particolarissimo nella sua meravigliosa unicità. Così come spesso un buon vino, un quadro d'autore o una magnifica poesia non vengono apprezzati da un pubblico distratto o poco sofisticato, così Shadow of the Colossus trova forza nel suo peggior difetto: quello di essere un gioco criptico, misteriosamente affascinante e visceralmente elitario. Inadatto ad una partita veloce. Gli amanti di Ico non se lo lascino sfuggire. Chi in un videogioco (e nell'intrattenimento in generale) cerca un'anima, un significanto ed un messaggio che sappia coinvolgere e scuotere le corde del proprio cuore dovrebbe acquistarlo ad occhi chiusi. Chi invece dalla propria console chiede solo un'evasione disimpegnata e divertita farebbe decisamente meglio a rivolgere le proprie attenzioni altrove.

    8.5

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