Shenmue 1&2 Recensione: il ritorno di Ryo Hazuki

Il capolavoro di Yu Sukuzi torna a nuova vita con una collection che porta in alta definizione due pietre miliari del passato di SEGA...

Shenmue 1/2 HD
Recensione: PlayStation 4
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • PS4 Pro
  • Recensire un prodotto come questo? Un lavoro facile, facilissimo ed al contempo praticamente impossibile! Del resto Shenmue, come abbiamo detto e ripetuto fin dall'annuncio del terzo capitolo, è figlio del suo tempo: è un'idea letteralmente trapassata, morta nel momento in cui il discorso che ha introdotto è stato portato avanti da altri, che l'hanno ripreso, ampliato, smussato, armonizzato. Come dimostra anche la seria Yakuza, fortunatamente questo è successo un bel po' di volte dal 2001 ad oggi.
    Eppure a Shenmue non toglierà mai nessuno il merito di essere stato il primo. Non c'è dubbio che sia stato un passaggio fondamentale per reinventare gli open world del nuovo millennio, e tutti (davvero tutti!) devono qualcosa al gioco Sega. Che tuttavia, proprio per essere stato un iniziatore, è contemporaneamente ottimo e pessimo esempio di come approcciarsi al design e allo sviluppo di un'esperienza simile. Shenmue è vecchio, visibilmente vecchio, addirittura più vecchio di molti giochi usciti dieci anni prima di lui: lo si nota troppo nei movimenti di camera, nelle animazioni didascaliche che cercano di mimare la potenza di una realtà virtuale soltanto immaginata, nella scarsità di contenuti (e questo è soprattutto un difetto del primo capitolo) che dovrebbero riempire i tantissimi tempi morti. Bisogna allora chiedersi da dove nasce il mito del titolo di Yu Suzuki, e cosa resta oggi di quella grandezza che tanto fece parlare di sé.

    Shenhua

    Shenmue è un capolavoro del passato decisamente atipico. Anche perché questo status, indubitabilmente meritato, oggi non è più così chiaro, e appare sfumato nonché confuso. Come accade ad ogni gioco che finisce suo malgrado a sorreggere sulle proprie spalle il destino di una console, Shenmue è stato sicuramente miticizzato all'eccesso, e guardandolo oggi non bisogna mai dimenticare la sua data di uscita originaria: il primo gioco arriva nei negozi giapponesi nel 1999. Sapete cosa vuol dire? Vuol dire che GTA III non esisteva ancora, e con lui nessun altro gioco simile.

    I possessori di un Nintendo 64 avevano già potuto provare le meraviglie di Zelda Ocarina of Time, è vero, ma Shenmue aveva un altro spessore. Aveva un ambiente di gioco, un gameplay ed un motore grafico pensati per concretizzare un unico obiettivo, decisamente avveniristico: mettere in piedi una sorta di "Pangea dei generi", e creare così l'esperienza videoludica definitiva. Se l'esecuzione tecnica e parte della visione originaria appaiono nel 2018 piuttosto logori (alta definizione o meno non si possono fare miracoli, a meno di non ricostruire da capo il gioco), permangono pressoché intatte alcune peculiarità che rendono Shenmue, malgrado le asperità e l'ingenuità di fondo, quel gioco fondamentale di cui tanto si parla oramai da oltre quindici anni.

    The Great Chai

    La trama è piuttosto semplice, e vede il giovane Ryo Hazuki iniziare un lungo viaggio fisico e spirituale alla ricerca di Lan Di, l'uomo che nell'introduzione del gioco, durante un piovoso 29 novembre, uccide suo padre nel dojo di famiglia per mettere le mani su una misteriosa reliquia denominata "mirror". Il primo Shenmue inizia quattro giorni dopo il drammatico evento, con Ryo che si sveglia nel suo letto con una rovente sete di vendetta, che lo porterà ad investigare tra le strade di Dobuita e il vicino porto.

    Gli eventi che si alterneranno condurranno ben presto il giovane oltre il mare, in Cina, dove è ambientato di conseguenza l'intero Shenmue II. L'originalità dei due titoli, in ogni caso, si percepisce fin da subito nel modo in cui è trattato lo scenario, e nella semplicità di molte delle mansioni che Ryo Hazuki sarà chiamato a svolgere durante la sua avventura. Shenmue è un gioco che spesso funziona proprio in virtù dei suoi incredibili (naturalmente per l'epoca in cui è uscito) dettagli. E' un gioco da guardare e da toccare, il primissimo esponente tridimensionale di quei titoli che ancora oggi fanno impazzire i "turisti virtuali": quelli che t'immergono totalmente in un'ambientazione verosimile, magari non ricca di poligoni, ma colma di tutto ciò che conta e che permette di respirarne l'aria. Ecco, questa sensibilità nel catturare la magia di un momento, il senso più intimo di uno scorcio cittadino, è ancora presente in Shenmue. Ed è decisamente vivida, oltretutto: qui le mattine sanno di mattina, e le sere vengono introdotte da tre note di piano, una lenta carrellata ad alzo zero, e i lampioni s'accendono come d'incanto. A volte, non possiamo negarlo, il colpo d'occhio lascia parecchio a desiderare, ma basta girare l'angolo, entrare in un ristorante della zona nell'orario giusto, o incrociare un gruppo di persone mentre tirano fuori gli ombrelli alla comparsa di una leggera pioggia, per fare in modo che la magia si compia e i tanti anni passati scompaiano insieme ad ogni texture in bassissima risoluzione. Shenmue ti avvolge, e ti chiede ogni attenzione: non c'è una vera mappa in nessuno dei due giochi (tranne un cartello nel primo gioco, e una serie di poco utili foglietti da acquistare a bordo strada nel secondo) e per navigare tra gli scenari dovremo utilizzare gli occhi e l'intuizione.

    Oppure l'aiuto dei diversi personaggi, chiedendo indicazioni che verranno spiegate rigorosamente a voce: e te le devi proprio ricordare. Astrusità che potrebbero infastidire fino alla noia un certo tipo di giocatore, ma che continuano ad ammaliare chi ha voglia di giochi in cui è l'esperienza stessa ad essere in scala 1:1, e non solo la mappa della città di turno. Shenmue e relativo seguito sono anche giochi di volti, personaggi-chiave studiati per lasciare il segno come nei migliori GDR giapponesi del passato. A sottolineare ogni momento c'è poi una colonna sonora che, a parte pochissimi brani, rappresenta forse la sintesi finale delle incredibili qualità compositive dei musicisti Sega di quegli anni. Buttiamola là: il main theme di Shenmue è uno dei brani strumentali più belli nella storia dei videogiochi.
    In Shenmue si parla alle persone per strada, gli si telefona in certi casi e si indaga e si esplora, ma per gli amanti dell'azione c'è anche dell'altro: il combattimento! Ryo Hazuki è cresciuto a strettissimo contatto di un padre rigoroso, nell'allenamento e nell'educazione; per questo appare sicuramente un po' ingenuo alle prese con gli altri, ma quando c'è da menare le mani non è secondo a nessuno. Nel primo gioco i combattimenti sono ridotti al minimo, tanto da fare la loro comparsa solo verso il gran finale, ma nel secondo gioco gli scontri sono destinati a diventare molto più serrati. Il sistema di combattimento di Shenmue è, con le dovute differenze, ispirato a quello di Akira in Virtua Fighter, del resto il progetto prende vita proprio dall'idea di tirar fuori un gioco di ruolo dal famoso gioco di lotta. A differenza della maggior parte degli Yakuza (il gioco in cui Shenmue si è trasformato dopo il fallimento commerciale), qui non si tratta di far volare semplicemente schiaffoni, ma ogni scontro va affrontato con occhio clinico e mano d'acciaio. Perché in fondo Shenmue è un gioco sulle arti marziali, ed è con quello spirito, con quell'incedere da goccia che scava la roccia, che il suo gameplay prende vita e si sviluppa.

    And thus, the saga begins...

    Queste due remastered svolgono dignitosamente il loro lavoro. La parte più difficile per gli sviluppatori è stata tirar fuori dai GD-Rom del Dreamcast il primo gioco: si mormora che non sia stato affatto facile renderlo compatibile con gli hardware moderni. Per il secondo capitolo le cose sono state più facili, visto che Sega lo aveva già convertito in passato per la prima Xbox. Questa versione però era famosa anche per un livello di difficoltà rivisto al ribasso, e questo piccolo grande dettaglio la rende leggermente inferiore a quella Dreamcast.

    Graficamente il passaggio all'alta definizione ha sortito un buon effetto, ma nulla di più si poteva fare per le texture e per le voci, registrate originariamente davvero in bassissima qualità (il GD-Rom utilizzato dai due giochi era soltanto il doppio più capiente di un normale CD-Rom). Oltre al cambio di risoluzione, i due giochi sono stati adattati ai 16:9, ma soltanto durante le fasi di gameplay: durante le cut-scene tornerà in 4:3 (in versione "ma che ne sanno i duemila!"). In un primo momento siamo venuti a contatto con alcuni bug relativi ad alcuni effetti sonori, ma nella prima patch (resa disponibile il 18 agosto) sembra che la maggior parte delle sbavature inizialmente riscontrate siano state risolte.
    Al di là di tutto, se lo avete amato, se volete semplicemente riviverlo, se lo avete perso insieme al Dreamcast, questa doppia remastered è un must-buy immediato; come lo è per tutti quelli che sono interessati al gioco dal punto di vista tecnico, o storico, visto che si tratta a tutti gli effetti di una pietra miliare nell'evoluzione di questo medium. Gli altri si preparino a qualcosa di vecchio e di nuovo contemporaneamente: ad un gioco a tratti dannatamente troppo lento, eppure così magnetico e affascinante, che nasce da una visione di gioco che non ha eguali, e che se nel primo Shenmue è soltanto accennata, prende finalmente e definitivamente forma in Shenmue II. Per questo stesso motivo vi sconsigliamo, una volta iniziato, di fermarvi prima dell'inizio del secondo capitolo, quando le cose si faranno finalmente davvero interessanti nonché molto più in linea con quanto offerto dai titoli più moderni.

    Shenmue 1 e 2 Shenmue 1 e 2Versione Analizzata PlayStation 4Shenmue è Shenmue: un'esperienza di gioco unica nel suo genere, atipica nel gameplay, nei personaggi, nei ritmi, e va obbligatoriamente contestualizzata per essere apprezzata appieno ancora oggi. Le due remastered sono fatte piuttosto bene, funzionano e non stravolgono nulla o quasi degli originali, ma il ritorno di un gioco del genere doveva essere accompagno in un altro modo: con extra, interviste, una documentazione che aiutasse in modo divertente e informativo a capire quello che per molti anni, tra le altre cose, è stato il gioco più costoso di sempre, un grande flop commerciale, ed uno dei titoli più fondamentali per il vidoegioco moderno. Occasione mancata, da questo punto di vista, ma non certo meno ghiotta, per chi vuole riscoprire (con spirito rigorosamente filologico) una coppia di capolavori.

    7.8

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