Shenmue 3 Recensione: un gioco fuori dal tempo

Dopo 18 anni, Ryo Hazuki è pronto a ricominciare il suo viaggio, all'interno di un gioco pensato e sviluppato appositamente per i fan della serie.

Shenmue 3 4K
Recensione: PlayStation 4
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • PS4 Pro
  • Pur avendo una pessima memoria, ricordo ancora perfettamente il giorno in cui mi arrivò la versione giapponese del primo Shenmue. Era il 1999 ed era da poco passato il Natale. L'ultima fatica di Yu Sukuzi, il titolo che avrebbe dovuto risollevare le sorti del Dreamcast, sarebbe uscito in Giappone il 29 dicembre e io stavo organizzando il capodanno con gli amici. Ero emozionato, perché avrei passato l'ultimo dell'anno insieme al gruppo che frequentavo su internet, in una villa poco fuori Roma dove saremmo rimasti per tre giorni e due notti. Per movimentare le serate nerd tra un'abbuffata e l'altra avrei portato il Dreamcast con tutti i giochi multiplayer. Il mio negozio di riferimento, dove facevo arrivare i titoli d'importazione, mi aveva assicurato che avrebbe avuto il gioco la mattina del 30, così tornai a Roma appositamente per completare l'acquisto. Quando arrivai nel luogo della festa, fummo tutti d'accordo nel voler caricare immediatamente Shenmue, per vivere insieme i primi passi dell'avventura di Ryo. Fu amore a prima vista per tutti i presenti. "Con i poligoni dei suoi capelli si potrebbe fare un Final Fantasy". "Prova a parlare con quel passante e vedi se ti risponde". "Puoi prendere i mandarini nel cesto!". "Piove! Vai a vedere come sta il gattino".

    Giocammo tutto il pomeriggio, rapiti dall'esperienza incredibile che ci eravamo trovati di fronte. Anche se era in giapponese, una lingua che capivamo appena, principalmente grazie agli innumerevoli anime scaricati dalla rete, eravamo stati rapiti da un nuovo modo di raccontare una storia, vivendo sulla nostra pelle un assaggio di ciò che ci avrebbe riservato il futuro dei videogiochi. Fu un'esperienza dirompente, sotto ogni punto di vista. Questa lunga introduzione è servita solo per farvi capire il contesto in cui uscì il primo Shenmue e il motivo perché molte persone lo considerano ancora oggi un gioco magico e inimitabile. Purtroppo, sappiamo tutti com'è andata a finire la storia. A causa del numero ridotto di Dreamcast sul mercato e di un reparto marketing di SEGA non proprio impeccabile, le vendite di Shenmue non bastarono a coprire i costi esorbitanti del suo sviluppo. Lo stesso accadde con il secondo episodio, convertito successivamente anche sulla prima Xbox e accompagnato da un breve film realizzato montando le parti salienti del primo capitolo.

    La ripetitività come maestra di vita

    Con Shenmue Yu Suzuki ha creato un'esperienza di vita impossibile da trovare in altri videogiochi, anche attuali. L'idea di base era semplice, ma la sua realizzazione era un inferno, soprattutto con le tecnologie di fine anni '90.

    Il gioco racconta la storia di Ryo Hazuki, un ragazzo come tanti cresciuto in un dojo di arti marziali di una piccola cittadina portuale giapponese, che assiste alla brutale uccisione del padre da parte di un maestro di kung fu alla ricerca di un fantomatico "specchio". La vendetta, che spinge Ryo ad allontanarsi da casa e dai propri affetti, è in realtà il punto di partenza di un lungo percorso di crescita personale e di comprensione del mondo in tutte le sue sfaccettature. Con una simile spina dorsale, il gioco non poteva svilupparsi come le altre avventure uscite fino a quel momento. Era necessario creare un titolo che permettesse al giocatore di condividere in modo intimo l'esperienza di Ryo. Ecco quindi che Suzuki, un maestro creativo come pochi altri, ha dato vita a un gameplay che trasformava la ripetitività del quotidiano in un suo punto di forza. Le aree di gioco, vaste ma non sconfinate, dovevano essere esplorate basandosi solo sui punti di riferimento ambientali, sulle informazioni ottenute dai passanti e sulla propria conoscenza personale.

    In assenza delle innumerevoli icone che oggi siamo abituati a vedere sulla mappa virtuale e sullo schermo, giorno dopo giorno si prendeva sempre più confidenza con Yokosuka, con le sue vie piene di vita, con i suoi abitanti dotati di abitudini e passioni ben precise, che li distinguevano l'uno dall'altro. Non esistevano personaggi duplicati e si potevano passare ore anche solo a osservare le abitudini di vita della popolazione locale.

    In questo mondo vivo e vibrante, Ryo portava avanti le proprie indagini con tutta l'ingenuità di un ragazzino coinvolto all'improvviso in qualcosa di più grande di lui. Durante l'avventura che lo ha portato a imbarcarsi su una nave per Hong Kong, il giovane Hazuki ha imparato a lavorare per guadagnarsi da vivere, ha incontrato nuovi maestri di arti marziali e affinato le proprie tecniche attraverso l'allenamento. Attraverso, appunto, la ripetitività.

    Il peso del tempo

    Dopo una pausa forzata di 18 anni, Ryo può finalmente uscire dalla grotta in cui è rimasto chiuso insieme a Shenhua Ling al termine del quarto disco di Shenmue II. Per loro non è passato un solo giorno dall'emozionante scoperta legata agli specchi antichi e lo stesso sembra valere per Yu Suzuki, che con questo terzo capitolo ha deciso di non scendere minimamente a compromessi con la propria visione originale.

    Il risultato è un titolo che, nonostante gli sforzi compiuti con l'Unreal Engine, non solo appare visivamente datato, ma presenta anche criticità importanti sul fronte ludico. Pur non essendo stato il primo titolo ambientato in un mondo aperto, Shenmue aveva tracciato la rotta per gli open world del futuro, che nel corso degli anni si sono impegnati per selezionare le meccaniche più funzionali, perfezionandole. Shenmue 3, invece, porta con sé tutte le problematiche di un passato lontano, a partire da una regia datata, fino a una gestione delle conversazioni rigida e poco incline ad adattarsi alle scelte del giocatore. In più di un'occasione vi sentirete ripetere la stessa linea di dialogo da un PNG con cui avevate parlato molto tempo prima, cosa che nei giochi moderni accade ormai di rado. La qualità dei modelli poligonali è altalenante e le animazioni sono legnose e innaturali. Perfino la qualità del doppiaggio è rimasta ai livelli di un tempo, soprattutto in lingua inglese, complice la scrittura didascalica di dialoghi quasi sempre frammentati in frasette troppo concise.

    La poesia della quotidianità

    Shenmue 3 è quindi un gioco brutto? Assolutamente no, nonostante i problemi finora elencati. Pur fallendo dal punto di vista tecnico, l'opera di Suzuki ha un'anima e una direzione artistica impossibili da ignorare. La delicatezza narrativa originale, la capacità di raccontare con naturalezza un quotidiano lontano nello spazio e nel tempo e la maniacale attenzione ai dettagli rendono giustizia a ogni minuto passato nelle superbe ambientazioni di Shenmue 3.

    Oggi come nel 1999, questa serie è uno spaccato di vita vissuta e racconta un mondo che ormai non esiste più. Certo, si combatte poco, ma nonostante le origini legate a Virtua Fighter e i punti di contatto con i classici film di arti marziali, i combattimenti hanno sempre avuto un ruolo marginale nell'avventura di Ryo. Nelle prime fasi di gioco la ripetitività e il grinding sono evidenti, ma rispetto ad altri titoli la necessità di eseguire più e più volte le stesse azioni si digerisce meglio, perché parte di un contesto ben preciso.

    Tutto è reso più gestibile da un sistema di controllo ben studiato, che pur rimandando all'originale risolve molte delle problematiche legate al joypad del Dreamcast, dotato di una sola levetta analogica. I minigiochi sono sempre divertenti e i combattimenti, rinnovati per l'occasione, nascondono tutta la profondità che ci si aspetterebbe dal papà di Virtua Fighter.

    Più ci si allena, più le tecniche di Ryo diventano efficaci, più danni si infliggono agli avversari con cui ci si deve confrontare. Dopo ogni sessione di allenamento, però, a crescere non è solo il protagonista del gioco, ma anche il giocatore, la cui consapevolezza dei propri mezzi aumenta regolarmente. Ed è proprio questo l'obiettivo che Yu Suzuki voleva raggiungere con la serie di Shenmue.

    Tutto questo è accompagnato da una colonna sonora eccellente, già segno distintivo dei capitoli precedenti. Ogni momento dell'avventura è scandito da musiche adatte alla situazione, con rilassanti brani d'atmosfera durante le fasi esplorative ed epiche sinfonie ritmate durante le scene d'azione.

    A rendere memorabili le musiche è la commistione di sonorità dell'antica tradizione orientale, con gli elementi più classici delle colonne sonore moderne. Il risultato finale è da applausi e nel gioco non troverete un solo brano al di sotto delle aspettative.

    Shenmue 3 Shenmue 3Versione Analizzata PlayStation 4Shenmue 3 non è un gioco per tutti, così come non lo erano i due capitoli precedenti usciti su Dreamcast. Con questo episodio Yu Suzuki ha voluto omaggiare tutti i fan della serie, senza i quali, è inutile nasconderlo, il terzo tassello del mosaico non avrebbe mai visto la luce. Se provandolo rimarrete delusi per l’aspetto tecnico datato e per le scelte di design ormai vetuste, sappiate che è così che il gioco sarebbe stato se fosse uscito nel 2003/2004, come da programma. Ed è esattamente ciò che i fan si aspettavano. Purtroppo, al termine delle circa 30 ore necessarie a completare il nuovo viaggio di Ryo, questo terzo capitolo non basta per concludere la storia che, a questo punto, con tutta probabilità non raggiungerà mai il suo epilogo. Il fatto che dopo 18 anni Yu Suzuki abbia avuto l’occasione per lavorare di nuovo al suo progetto più ambizioso è un vero miracolo. Ma i miracoli non si ripetono due volte. E forse, in tutta sincerità, i fan pazienti e appassionati che hanno reso possibile la nascita di Shenmue 3 si sarebbero meritati di assistere alla conclusione della loro amata avventura.

    7.5

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