Recensione Silent Hunter 4

20.000 leghe sotto i mari

Recensione Silent Hunter 4
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  • In ambito videoludico, è stato detto ormai tutto e di più sulla seconda Guerra mondiale.
    Abbiamo tonnellate di FPS, di RTS, di action 3d (anche con elementi sthealth), tutti ambientati nel triste lustro che va dal 1940 al 1945. Tuttavia, manca qualcuno all’appello.
    Parliamo di una tipologia diversa di giochi, famosa e brillante qualche anno fa, che con il tempo è stata messa in ombra dall’altra grossa corrente filosofica videoludica, rivelatasi senz’altro più indicata in termini di vendite.
    Stiamo parlando dell’eterna contrapposizione fra Arcade e Simulazione: due approcci totalmente diversi nella creazione un gioco, che delineano produzioni completamente diverse per un utenza totalmente diversa.
    In questi ultimi anni, che hanno visto una massiccia massificazione del videogioco, l’arcade, una strutturazione più incline a prendersi “licenze poetiche” (frontali a 200 all’ora senza danni alla vettura, soldati capaci di assorbire magicamente interi caricatori nemici, magici medikit scacciapensieri), ha senza ombra di dubbio avuto la meglio sull’antagonista, che si è vista venerare solamente da ristrette fasce d’utenza, maniaci di qualche particolare situazione.
    Occorreva del resto una grande dedizione per leggere ed imparare ogni piccolo dettaglio dei mastodontici manuali di gioco che alcuni produzioni simulative vantavano, ma d’altro canto la sensazione di poter governare software molto spesso usati da piloti per allenarsi prima dell’approccio reale, non aveva sicuramente prezzo.

    Per contingenze storiche, dunque, trovare di questi tempi simulazioni di buon livello è un’impresa ardua. Pertanto farà piacere agli appassionati sapere che la saga Silent Hunter è giunta al suo quarto episodio.
    Dopo ben tre capitoli di indubbia qualità, stavolta ci troveremo a prendere i panni di un giovane comandante di sottomarino americano, il cui ruolo è quello di mettere i bastoni nelle ruote alla marina imperiale giapponese, durante le grandi manovre nell’oceano pacifico. Armiamoci di umiltà e pazienza per riuscire a padroneggiare il silenzioso mostro di metallo con cui avremo a che fare, e diamoci dentro!

    Finchè la barca va, lasciala andare

    Silent Hunter 4 (da ora semplicemente SH4) è una seria simulazione di guerra navale, nello specifico sottomarina.
    Diciamo subito che in piena sintonia con l’aspetto simulativo il gioco è strutturato in modo molto diverso rispetto a tanti titoli arcade che sicuramente tutti noi conosciamo.
    Una differenza sostanziale risiede nelle modalità di gioco che incontreremo, e che vale la pena chiarire prima di entrare nella specifica trattazione della bontà simulativa del titolo.
    Il primo aspetto che salta all’occhio è la mancanza di una modalità “storia” nei termini classici che molti di noi conoscono: è presente piuttosto una complessa modalità Carriera, o meglio Campagna Dinamica.
    Se realmente fossimo stati a capo di un sottomarino, sapremmo bene che in guerra le cose non sono affatto scontate: si sa quando si parte, ma non quando si torna, e soprattutto in che condizioni...
    Una volta partiti dal porto per compiere un pattugliamento secondo una certa rotta e per portare a termine particolari obbiettivi affidateci dal comando, potremmo assistere a sviluppi indesiderati o quantomeno inaspettati della situazione, che potrebbero richiedere scelte veloci e dinamiche.
    Un comandante saggio sa benissimo che la priorità, oltre che ai meri obbiettivi, sta anche nel riportare a casa il sottomarino e il proprio equipaggio, pertanto dovrà essere in grado di valutare bene le proprie scelte.
    Al ritorno in porto, dovrà poi affrontare la valutazione del comando: se si è dimostrato coraggioso, efficace ed affidabile sicuramente verrà ricoperto di allori; se piuttosto torna a casa con il sottomarino a pezzi senza esser riuscito a portare a termine gli obbiettivi principali sarà senza dubbio rimosso dall’incarico.
    Ecco riassunta l’essenza della modalità carriera: una serie di pattugliamenti, che ci vedranno alle prese con una situazione variabile in cui dinamicamente dovremmo prendere delle scelte che verranno poi valutate dallo stato maggiore.
    Potenzialmente è una modalità senza fine, totalmente dinamica, a cui soltanto noi potremo porre termine: siamo rimossi dal comando per la nostra inettitudine oppure passati ad un ruolo d’ufficio dopo che la nostra giacca non regge più il peso delle medaglie e dei nastri al merito.
    Questo la dice lunga sull’aria che si respira nel titolo: la simulazione non risiede solo nella semplice “pratica”, ma anche in quello che concerne il nostro comportamento in guerra.
    Oltre che a questa lunga e complessa modalità carriera, ne sono disponibili altre due per soddisfare anche coloro che, pur amando la simulazione, vogliano arrivare ai ferri corti quanto prima.
    La prima delle due è la classica “Missione veloce”, in cui sarete a chiamati a prendere parte in battaglie storicamente e tristemente famose (Midway, Mar dei Coralli, Filippine), portando a termine alcuni obbiettivi prefissati, e non dinamici.
    Questa modalità è piuttosto veloce, pertanto vi troverete subito alle prese con l’azione, senza preoccuparvi di attraccare al molo oppure presentare rapporto al comando.
    L’altra ed ultima modalità, ribattezzata “Pattugliamento Singolo” è una via di mezzo fra la carriera e le missioni veloci.
    Piuttosto che ritrovarvi in mare, partirete da un porto alleato con particolari compiti, traccerete una rotta per avvicinarvi all’obbiettivo.
    Tuttavia questo tipo di missioni presentano dei fattori aleatori che possono dar vita ogni volta a situazioni inedite e complicate, durante le quali dovrete decidere dinamicamente come reagire.
    Tracciate queste linee guida, dovrebbe essere ormai chiara la diversa ispirazione alla base del nuovo titolo Ubisoft rispetto a tanti altri prodotti: stiamo parlando di un titolo complesso e che richiede una certa dedizione per poter essere giocato.
    Questo è tutt’altro che un elemento negativo, in quanto gli amanti della simulazione troveranno in SH4 pane per i loro denti.
    Coloro che cercano da un videogioco solamente un tafferuglio fra poligoni, sono avvertiti: SH4 non va assolutamente giocato in questo modo!
    Ribadito questo passiamo finalmente all’analisi degli aspetti simulativi legati alla navigazione e all’ingaggio armato.

    Ammonito per simulazione

    Stabilita la natura simulativa del titolo, non entreremo troppo in dettaglio ad esempio sul grado di realismo in ambito di manovre e fisica nella guida del mezzo: ovviamente la verosimiglianza con situazioni reali è molto elevata, per tanto non dovremo certo aspettarci di poter fare un 180° a pelo d’acqua, con mare forza dieci, a 20 metri dalla riva.
    Parleremo piuttosto di come il buonissimo motore fisico sia stato integrato nel gioco, e di come questo si traduca in termini di giocabilità.
    SH4 non è una simulazione “senza compromessi”, riservata ad un ristretta cerchia di eletti, unici in grado di padroneggiare il complesso vascello alle nostre dipendenze.
    Il sistema progettato da Ubisoft infatti permette di settare il grado di realismo dell’esperienza di gioco, aprendo quindi anche ai neofiti del genere i boccaporti del vascello.
    Potremo impostare un grado di realismo che meglio calza con la nostra perizia, agendo ad esempio sull’autonomia del vascello, sul grado di robustezza che presenta ai danni, e soprattutto sulle meccaniche di ingaggio che dovremmo effettuare prima di aprire gli sportelli dei siluri.
    Per chiarire meglio questi concetti faremo degli esempi che speriamo essere chiarificatori.
    Un sottomarino si muove grazie a motori a gasolio ed elettrici: nello specifico il vascello adotterà la propulsione ad olio minerale quando è in superficie, mentre si rifarà alle batterie quando è in immersione.
    Tutto ciò e facilmente spiegabile: un motore a gasolio oltre che al combustibile richiede anche ossigeno e soprattutto necessita di emettere nell’aria anidride carbonica e residui dalla combustione.
    Quando il vascello naviga sotto il livello del mare non si può quindi permettere di viaggiare con i motori a gasolio, perché oltre a non poter direttamente emettere gli scarichi andrebbe consumare ossigeno, facendo morire soffocato l’intero equipaggio.
    Inoltre il rumore prodotto dal propulsore renderebbe il vascello ben visibile ai sonar nemici.
    Le batterie vanno ricaricate perché la loro durata è tutt’altro che infinita, quindi dovrete tener costantemente sott’occhio il loro livello, se non vorrete ritrovarvi sul fondo dell’oceano sul più bello, perché privi di propulsione.
    Questo è solo un esempio di un semplice accorgimento che dovrete osservare se vorrete riportare il vascello e la pellaccia a casa, e su cui potrete intervenire per settare il livello di realismo, rendendo le batterie infinite o meno.
    Facciamo un altro esempio parlando del sistema di puntamento dei siluri.
    Sparare un siluro non è una azione che richiede solo sangue freddo e mira, ma piuttosto necessita di una profonda conoscenza della trigonometria, della fisica e del funzionamento del TDC, il calcolatore elettromagnetico che montavano i sottomarini americani della seconda guerra mondiale.
    In base alle più semplici leggi della fisica (delle velocità relative o del cambio di sistema di riferimento), infatti, visto che il vostro sottomarino è un corpo in movimento lungo una certa direzione e con una data velocità, che vuole colpire un altro corpo che si muove in un’altra direzione e con un’altra velocità, dovrete semplicemente calcolare -in base alla distanza fra i due corpi- la direzione in cui indirizzare i siluri per colpire il vostro obbiettivo.
    Per risolvere questo banale problema di dinamica, occorrono essenzialmente dei dati: in SH4 esistono vari modi e varie tecniche per trovare i dati di questo problema, che rendono le procedure di attacco un metodico meccanismo d’ingaggio.
    Senza entrare in ulteriori dettagli, diciamo che tutta questa serie di manovre e di conti possono essere ovviate, riservando all’ufficiale di tiro le valutazioni, quindi abbassando la soglia di realismo, oppure eseguite in prima persona.
    Ovviamente questa semplice decisione cambierà radicalmente il nostro stile di gioco: se nel primo caso ci ritroviamo in una situazione sempre complicata, ma semplificata, in cui dovremo limitarci a muoverci su una buona rotta di ingaggio e fare fuoco, nella seconda, prima di sparare un siluro possono occorrere anche diverse decine di minuti per prendere la mira.
    Per tanto, pur non avendo parlato di tutta una serie di aspetti ancora più tecnici e simulativi per non rischiare di riscrivere semplicemente il manuale di istruzioni, non possiamo che premiare SH4 per la sua molteplicità di opzioni e per la sua capacità di accostarsi alle situazioni realistiche, ma soprattutto per la scalabilità che permette di chiunque di stabilire il livello di sfida con cui cimentarsi.
    Appurato questo, passiamo a parlare di come viene gestita l’interfaccia di comando, aspetto veramente indispensabile e importante per ogni simulatore che si rispetti.

    Come interfacciarsi all’interfaccia

    Avendo un così alto numero di variabili da tenere sotto controllo, occorre necessariamente un’interfaccia semplice ma completa, che consenta velocemente di modificare i parametri a nostro piacimento.
    Dal punto di vista meramente stilistico, in SH4, godremmo direttamente della visuale in prima persona del comandante di vascello, comandandone direttamente i movimenti.
    Non ci sarà riservata la possibilità di muoversi direttamente all’interno del sottomarino, percorrendo ad esempio scalette o ponti, ma piuttosto di spostarsi fra schermate fisse.
    Gli elementi chiave legati alla navigazione, come ad esempio l’indicatore di velocità, di rotta e di profondità rimarranno sempre sotto i nostri occhi, in basso dello schermo, direttamente accessibili e quindi modificabili con il mouse.
    Per avere accesso ad altri dettagli, ad esempio per effettuare mirate azioni sonar, caricare i siluri, gestire i danni e l’equipaggio del sommergibile, o ancora accedere ai periscopi, dovremmo cliccare sulle icone corrispondenti, presenti in qualsiasi momento a schermo.
    Come un sottomenù verranno visualizzati ogni volta gli ordini e le azioni effettuabili in quel determinato frangente, rendendo quindi la navigazione piuttosto ordinata e non troppo dispersiva.
    In questi frangenti non va sottovalutata l’importanza della tastiera e dei così detti “shortcut”, che permettono con la semplice pressione di un tasto di aprire un determinato menù oppure di dare un ordine ben preciso, velocizzando l’azione.
    L’impianto di interfaccia quindi ben studiato e assolutamente gradevole da giocare e usare.

    Affondiamoci fra amici

    Prima di passare alle considerazione tecniche del titolo, spendiamo due parole anche sulla modalità multiplayer, che sicuramente farà la felicità degli appassionati.
    Le meccaniche ricordano quanto visto in altri titoli, come ad esempio Battlestation: Midway: dopo essersi collegato al canale ufficiale Ubisoft, il giocatore è in grado sia di ospitare una partita oppure unirsi ad una creata da un altro utente.
    Una volta creata la partita con tutte le variabili del caso, il giocatore che la ospita entrerà in una sorta di sala virtuale di attesa in cui aspetterà che altri player si aggiungano allo scontro da lui pianificato.
    Una volta che il numero dei giocatori è soddisfatto, si potrà dare il via alle danze.
    Principalmente è possibile sfidarsi in due modalità distinte: quella cooperativa e quella competitiva.
    Nella cooperativa due o più giocatori umani (massimo 4) uniranno i loro sforzi per portare a termine alcuni obbiettivi a danno della flotta comandata dalla CPU che fa da server.
    Nella competitiva invece il giocatore che ospita la partita si troverà al comando dalle flotta imperiale giapponese, per la precisione delle navi scorta ai convogli, con l’obbiettivo di ostacolare gli altri giocatori umani nel portare a termine i loro obbiettivi.
    Per tanto oltre che una sessione single player valida e di indubbio spessore, SH4 offre una modalità online piuttosto interessante che sicuramente non mancherà di strappare qualche soddisfazione agli appassionati.
    Ovviamente le meccaniche di creazione dei server a discrezione degli utenti, per funzionare, prevedono la nascita di una nutrita community, quindi un fatto su cui non è possibile dare un giudizio obbiettivo.
    Sicuramente per il tipo di gioco di cui stiamo parlando non avrebbe senso usare la tipica strutturazione usate nei giochi massively online, come ad esempio FPS del calibro di Counter Strike o Battlefield, costituita da server dedicato e utenti.
    Per tanto, tutto è in mano agli utenti, e quindi non possiamo esprimerci direttamente sull’argomento vista la vicinanza con la data d’uscita del titolo.

    I mille colori del mare

    L’aspetto tecnico della produzione è di buon livello, cosa piuttosto rara per un simulatore.
    La grafica del gioco offre buoni modelli poligonali per quello che concerne navi e la flotta in generale, in certi casi un po’ troppo semplificati, specialmente per quello che riguarda la realizzazione dei velivoli, un po’ troppo approssimata.
    Le texture mediamente si attestano su un buon livello, rendendo i modelli piuttosto verosimili e gradevoli da vedere.
    Il piatto forte è comunque un altro: la realizzazione del mare.
    Pur non gridando al miracolo, come a suo tempo accadde per altri titoli (effetto slogamento mascella con Far Cry) il mare è molto verosimile, specialmente in termini di trasparenza ed effetti.
    Veramente notevole la resa del sottomarino a piena velocità a 30 metri dal pelo dell’acqua, ma ancor più interessante è osservarlo a quota periscopica, in cui si intravedono le forme distorte dall’acqua sovrastante.
    Forse quello che convince meno è la resa delle onde e della schiuma: qualche effetto in più non avrebbe guastato.
    Convincente l’illuminazione: viaggiare a media velocità durante un tramonto è un momento toccante per qualsiasi navigato lupo di mare.
    Buoni anche gli effetti della luce solare in immersione: minore sarà la nostra profondità, maggiore sarà la luce che illuminerà il nostro vascello filtrando dalla superficie, mentre ci ritroveremo totalmente al buio a profondità maggiori.
    Discrete le musiche, che pur non brillando in modo particolare si rivelano epiche quanto basta da alzare il livello di adrenalina nei momenti di massima tensione.

    Silent Hunter 4: Wolves of the Pacific Silent Hunter 4: Wolves of the PacificVersione Analizzata PCSenza dubbio Silent Hunter 4 si rivela essere un simulatore di razza: buona la verosimiglianza fisica, buona la scalabilità del realismo, agevole e veloce l’interfaccia. Quello che colpisce veramente del titolo è comunque l’atmosfera che si respira: il senso di caccia di cui parla il titolo non è un semplice accenno: i metodi di ingaggio e l’azione vera e propria vi faranno sentire veramente nei panni di un silenzioso predatore. Ottima quindi l’immersività e soprattutto il carisma che il prodotto è in grado di emanare, complice sicuramente una campagna dinamica ben fatta, e tutta una serie di sfide di particolare gusto. Se aggiungiamo che il SH4 presenta anche una modalità multiplayer che può incrementare non poco l’interesse verso il gioco, non possiamo che dimostrare ancora una volta apprezzamento nei confronti del titolo Ubisoft. Sicuramente SH4 farà la felicità degli amanti della simulazione, quindi preparatevi a lunghe notti insonni, fra carte nautiche, bussole e soprattutto rottami di nave nemiche.

    8.5

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