Recensione Soldier of Fortune Payback

La violenza della guerra

Recensione Soldier of Fortune Payback
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • (Pay)Back in Action

    Dopo cinque anni di riservato “silenzio stampa”, assistere al ritorno della serie Soldier of Fortune avrebbe potuto essere una di quelle piacevoli “rimpatriate” in grado di rendere felici i giocatori non ancora dimentichi delle glorie di vecchia generazione. La coppia di titoli che vide la luce nel primo lustro di questo secolo (rispettivamente nel 200 e nel 2003) riuscì difatti, all’epoca, a catalizzare l’attenzione di pubblico e critica, sollevando al contempo le ire dei benpensanti. Il fattore che garantì tanto inatteso successo fu una massiccia dose di violenza, in una ricostruzione fin troppo cruda dei conflitti a fuoco, esasperata fino al limite dello splatter.
    Oggi, Payback raggiunge la nuova generazione con lo stesso “marchio di fabbrica”: una violenza senza pari ed una totale adesione al “gore” più esplicito. Eppure il passaggio di testimone dal talentoso team Raven Software al misconosciuto Cauldron ha determinato un evidente mutamento delle strategie di sviluppo, sfociato in una definitiva rottura dell’equilibrio ludico e, quindi, in un titolo di pessima fattura.

    Cadetto Sceneggiatore?

    L’impianto narrativo che fa da sfondo a Payback ricalca i cliché classici dello War Movie di serie B, restando in disparte senza far troppo per catturare il giocatore. Gettato frettolosamente (per mezzo di un rapido Breafing) nei panni di Thomas Mason, mercenario al servizio di una organizzazione segreta denominata “The Shop”, l’utente sarà chiamato ad eseguire sulle prime una normale missione di routine. Purtroppo questa finirà in tragedia, rivelando le trame di un complotto atto a distruggere il mondo, ordito da una banda criminale che non può essere sgominata con gli eserciti tradizionali, bensì con un serrato e continuo lavoro di intelligence. Senza preoccuparsi troppo di condire la sceneggiatura in modo da colorire interpreti e locazioni, Soldier of Fortune: Payback condurrà il giocatore in una linearissima campagna principale, della durata di circa 7 ore, senza rivelare in alcun momento una distinta caratterizzazione. Di fronte alle ultime conquiste nel campo degli shooter militari moderni, Payback resta quindi come un “mercenario senza volto”; incapace di risvegliare l’interesse persino degli appassionati. E’ ironico che proprio un prodotto distribuito dalla stessa Activision (ci riferiamo ovviamente a Call of Duty 4) abbia stroncato sul nascere la carriera militare di Payback.

    Il solito. Ma con più sangue

    Chiudendo un occhio sullo scarsissimo grado di coinvolgimento ed immersività che Payback propone, si potrebbe pensare di riuscire comunque a godere di un buon FPS. Purtroppo i problemi insiti nella struttura del prodotto Cauldron sono molti, e tutti avvertibili fin dal primo impatto.
    Anzitutto, è la spiccata linearità delle missioni che abbatte le aspettative. Ogni livello rivela una struttura costrittiva che è necessario seguire pedissequamente per progredire, attraversando stretti corridoi o lunghi vicoli ricchi di insidie. La progressione è regolata da una serie di checkpoint e script che non fanno niente per nascondersi agli occhi del giocatore, risultando a volte così evidenti da suscitare ilarità. L’apparizione improvvisa di nemici (anche in luoghi già “ripuliti” e persino dietro le spalle del personaggio) è una pratica frequentissima, i luoghi di “spawn” prevedibili e vistosi, gli eventi sono assolutamente precisi nel loro ripetersi innumerevoli volte. Se utilizzata sapientemente, una meticolosa progettazione degli eventi può risultare in un’avventura coreografica e spettacolare (il già citato Cod 4 ne è prova), ma così com’è proposta in Payback serve soltanto ad infastidire l’utente e ricordare titoli di una generazione ormai tramontata.
    A questo si unisce un’intelligenza artificiale tutt’altro che brillante. Gli avversari seguono routine comportamentali discutibilissime, anche a livelli di difficoltà più elevati. Tendono ad assumere sempre le stesse posizioni, fanno scarso uso dei ripari e non temono di esporsi al fuoco, spesso si lanciano in corse disperate cercando di colpire il protagonista con un attacco corpo a corpo, e insomma finiscono irrimediabilmente per essere trucidati senza speranza alcuna. Dietro questo “agire sciagurato” si può forse leggere la volontà di mettere sempre in primo piano la brutalità congenita del prodotto. I colpi delle armi da fuoco, difatti, devastano letteralmente i corpi degli avversari, mutilandoli brutalmente. A decapitazioni ed improbabili perdite degli arti fanno seguito copiosi schizzi di sangue, che imbrattano le strade ed i muri in un tripudio di violenza. Fucilate ben assestate possono produrre una carneficina, cumuli di braccia, gambe e teste che rotolano sull’asfalto. A onor del vero una così esasperata connotazione della brutalità non esclude che, di primo impatto, scaturisca dalle situazioni di gioco una velata ilarità, quasi come se Payback fosse una parodia della guerra, piuttosto che una sua (pur digitale) rappresentazione.
    In qualsiasi caso, l’aspetto appena descritto è l’unico elemento caratterizzante di una produzione altrimenti poco incisiva e ancor meno convincente, su cui gravano problemi insormontabili. Anche la tanto declamata varietà di dotazioni belliche, che avrebbe dovuto sollevare le sorti di un titolo che pare “mutilato” sin dalla sua genesi, si riduce -a conti fatti- in uno scarso valore aggiunto. Sebbene all’inizio di ogni missione sia infatti possibile selezionare le armi da imbracciare, nel corso del gioco è praticamente impossibile trovare i proiettili adatti, cosicché il protagonista debba adattarsi ed utilizzare le bocche da fuoco in dotazione agli avversari. Se già il level design piatto e lineare annullava le prospettive di un approccio sfaccettato, questo difetto impedisce di fatto all’utente di ponderare una strategia personale.

    Sunday Bloody Sunday

    Per i “deboli di cuore”, Payback propone un’opzione per ridurre concretamente il numero di decapitazioni, mutilazioni e affievolire l’altrimenti copioso flusso di sangue che sgorga a seguito di ogni sparatoria. Per i motivi che abbiamo citato nel corso dell’analisi, l’attivazione di questa opzione è consigliata non solo ad un’utenza più sensibile alle brutalità della guerra, ma anche a chi cerchi un FPS meno esagerato nel sottolinearla.

    Dal punto di vista grafico Payback non riesce a risollevarsi del tutto, proponendo una scena visiva appena sufficiente. Le modellazioni poligonali sono solide e ricche di poligoni, la texturizzazione appare abbastanza curata, seppure bump o normal map ricoprano una minima parte delle superfici di gioco. Sfortunatamente non è difficile trovare, in qualche angolo, texture troppo piccole e mal definite.
    L’interattività con i fondali è limitatissima, e la gestione della fisica appena abbozzata e del tutto fuori parametro (i pochi oggetti che si muovo schizzano via a velocità supersoniche, se colpiti da una fucilata ben assestata. Si salva solo il ragdoll dei corpi).
    La gestione delle fonti di luce proietta ombre tutt’altro che definite, e un sostenuto uso del bloom serve a creare un ambiente di gioco quasi etereo, sempre e costantemente pervaso dal torrido caldo di una luce giallastra. Fortunatamente le ambientazioni attraversate nel corso dell’avventura non tradiscono la volontà di offrire una discreta varietà almeno visiva.
    Su console il titolo soffre di qualche problema di ottimizzazione, legato soprattutto ai rallentamenti ed al vistoso “pop-in” di texture e ombre.
    Per concludere, le animazioni degli avversari non riescono a risultare convincenti e realistiche, così come un po’ troppo artificiali appaiono quelle della ricarica delle armi.

    Dal punto di vista sonoro, si deve sottolineare un accompagnamento musicale anonimo e raramente coinvolgente, ed un set di frasi pronunciate dai nemici in maniera quasi ossessiva e poco convincente (il che rende un plusvalore trascurabile l’utilizzo di sistemi audio di codifica digitale a più canali). Le campionature delle varie armi riescono invece a trasmettere un evidente senso di potenza. Il doppiaggio in inglese è ben scandito ma senza particolare enfasi recitativa, riesce però ad accompagnare i briefing con discreto successo.

    Multiplayer

    Il titolo prevede una modalità multiplayer online per un massimo di 12 giocatori. Le mappe proposte sono abbastanza ampie e ben caratterizzate, eppure le modalità classiche e nessuna brillante intuizione, unitamente ad evidenti problemi di Lag e Pop-Up ancora più copiosi che nel Single Player, limitano non poco l’applicabilità del gioco in rete. A testimonianza la cronica latitanza di giocatori nei server dedicati.

    Soldier of Fortune Payback Soldier of Fortune PaybackVersione Analizzata PlayStation 3Soldier of Fortune: Payback è, in definitiva, un prodotto inadeguato a rivaleggiare con i più alti esponenti di questa generazione ludica, così come incapace di rappresentare tutte le innovazioni tecniche e strutturali con cui gli FPS e l'industria del videogioco in generale hanno saputo arricchire il mercato. Un titolo in cui l'esasperazione (a volte parodistica) della violenza è l'unico elemento “di carattere”, afflitto da pesanti difetti quali un'assoluta linearità ed un'IA mal programmata. Anche i patiti della guerra virtuale non faticheranno a trovare di meglio: Payback non riuscirà a resistere per molto nei Tray di alcuna console, anche per la ridotta longevità e il comparto multiplayer assolutamente sotto le aspettative.

    4

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