Song of Iron Recensione: un action adventure intriso di mitologia norrena

Song of Iron è un gioco creato da un solo sviluppatore che, nonostante non riesca a brillare completamente, ci ha lasciato belle sensazioni.

Song of Iron Recensione: un action adventure intriso di mitologia norrena
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Disponibile per
  • Pc
  • Xbox One
  • Xbox One X
  • Xbox Series X
  • In origine Song of Iron era un semplice side project per Joe Winter ma con il tempo si è trasformato in un ambizioso obiettivo da raggiungere. Grazie al sostegno della moglie e forte di una colonna sonora originale realizzata da un talentuoso compositore, Winter ha dato vita a un titolo a base di scenari nordici, sanguinosi combattimenti e fasi platforming, a riconferma del fatto che col duro lavoro, le competenze giuste e... l'Unreal Engine, oggi sia possibile fare grandi cose anche da soli. A proposito di norreni, date uno sguardo anche alla nostra anteprima di God of War: Ragnarock

    Dalle atmosfere indubbiamente azzeccate e i combattimenti basati su di una "pesantezza" cinematografica, ci siamo interessati sin dai primordi a Song of Iron, desiderosi come eravamo di scoprire a quali altezze si sarebbe potuto spingere. Ora che lo abbiamo portato a termine, dopo circa 4 ore e mezza di gioco, siamo pronti a entrare nel merito e a raccontarvi le luci e le ombre di questo progetto "one man army".

    Da viaggio di vendetta a... qualcosa di più

    Song of Iron si apre mettendo in scena il più grande dei dolori. Un uomo o donna, a seconda del sesso selezionato, assiste impassibile al lento consumarsi della salma della persona amata, data alle fiamme su di una pira funeraria poco prima. Responsabile della sua e delle morti di tanti altri innocenti è il clan di Wolfrick, che con furia inaudita si è abbattuto sul villaggio per bruciare le case lunghe e strappare alla vita decine di anime.

    Spinto dalla fame di vendetta e dalle ultime parole della sua amata - che prima di morire gli chiede di portare un medaglione al Grande Tempio degli Dèi per esigere il loro aiuto in battaglia - il guerriero comincia un lungo viaggio attraverso foreste, grotte oscure e cime innevate, con la speranza di estirpare il clan di Wolfrick dalla faccia della Terra.

    Le premesse narrative di Song of Iron non le definiremmo propriamente originali ma se non altro rappresentano la scusa perfetta per lanciarsi in un'avventura piacevole, seppur al netto di alcune criticità non da poco (di cui parleremo a breve). Dai rivali mortali agli esseri "divini" - ma è giusto che siate voi a scoprire a chi ci riferiamo - i personaggi si sono rivelati piuttosto piatti ma in compenso gli sviluppi di trama nella fase conclusiva del viaggio ci hanno genuinamente sorpreso.

    Sarebbe delittuoso spiegarvi di cosa parliamo ma sappiate che Song of Iron, da cui potrebbero scaturire dei sequel, propone un finale audace e inatteso, soprattutto per una produzione così piccola. Purtroppo questa sezione a sorpresa dura abbastanza poco, non si sbottona in quanto a rivelazioni - sebbene si possano unire i puntini per farsi un quadro generale della situazione - e arriva solo dopo alcune fasi che appesantiscono la progressione.

    La lunga e faticosa lotta di un guerriero errante

    Il titolo di Resting Relic è il più classico degli action adventure con elementi platforming, giacché unisce esplorazione (senza percorsi propriamente secondari), scontri all'ultimo sangue e sezioni in cui il nostro combattente barbuto deve superare delle trappole mortali. Purtroppo, nonostante siano caratterizzate da qualche buona idea, le componenti della ricetta ludica non ci hanno convinto pienamente e per motivi differenti.

    Nella nostra anteprima avevamo parlato positivamente della sensazione di "fisicità" restituita dagli attacchi del protagonista, non riferendoci soltanto ai colpi di spada o di ascia ma pure ai suoi calci ben assestati per spingere via i nemici (vista la citazione, vi lasciamo alla nostra anteprima di Iron of Song).

    Chiaramente, pad alla mano le sensazioni possono cambiare e purtroppo in questo caso è stato così. Tanto per cominciare, una volta che i nemici iniziano ad attaccare non si arrestano quando vengono raggiunti dai colpi, da qui il bisogno di eliminarli il più velocemente possibile e le problematiche di utilizzo delle armi a due mani o degli attacchi "caricati".

    Quando ci si ritrova accerchiati dagli avversari - una condizione che impone di utilizzare al meglio sia la parata con lo scudo (ove possibile), sia la capriola/schivata - risulta davvero scomodo e anzi dannoso ricorrere ai colpi pesanti, complice un sistema di controllo dalla responsività non molto affinata. Per lo stesso motivo, l'asciata in salto è bella da ammirare ma poco utile, al pari del tiro con l'arco. Vista la difficoltà con cui si riescono a mettere a segno le frecce e la macchinosità del sistema di mira, ci siamo rapidamente dimenticati dello stile offensivo a distanza, in favore delle armi a una mano. A tal proposito, nel corso del lungo cammino il guerriero trova dei bauli contenenti i pezzi di un'armatura dai prodigiosi poteri, grazie ai quali gli scontri diventano estremamente più facili.

    Non vogliamo parlarvi nello specifico di tutte le abilità, perché si tratta dell'unico elemento di progressione del personaggio ma per spiegarci meglio ne tiriamo in ballo due. Sbloccata la possibilità di velocizzare i propri movimenti - inclusi quelli legati al platforming e gli attacchi veri e propri - sgominare gli sgherri di Wolfrick o i goblin delle caverne non presenta più alcuna difficoltà.

    Se a ciò aggiungiamo il potenziamento dell'arma con l'elemento fuoco o fulmine, diventa palese che Song of Iron avrebbe avuto bisogno di tipologie di nemici capaci di contrastare più efficacemente i nuovi poteri del protagonista. Insomma, se da un lato è stato bello vedere il guerriero trasformarsi in una forza della natura, dall'altro la piattezza degli scontri stava cominciando a pesare: fortuna che la brevità dell'esperienza abbia impedito all'ombra della ripetizione di prendere il sopravvento.

    Tale piattezza purtroppo è riscontrabile anche durante le boss fight, che sfortunatamente abbiamo trovato prive di qualsivoglia guizzo creativo. Escludendo la battaglia finale, che si è rivelata più piacevole delle precedenti, gli scontri con Rathgar, i Troll e gli altri nemici più potenti, non sono riusciti minimamente a entusiasmarci, né a chiamarci ad adottare soluzioni offensive in grado di coinvolgere le armi pesanti o l'ingegno.

    Gioie e dolori di una terra selvaggia

    Quello di Song of Iron è un viaggio estenuante, il tentativo di un uomo di opporsi a un fato apparentemente già scritto per provare a cambiarlo. Considerevole è la distanza che separa il guerriero dal Grande Tempio degli Dèi e numerose sono le ambientazioni che deve attraversare prima di scorgere le mitiche cime innevate che lo ospitano.

    Nel corso di questo viaggio in Unreal Engine siamo rimasti colpiti più volte dalla cura e dalle attenzioni con cui Joe Winter ha costruito il suo mondo, vuoi per le scelte indovinate legate all'uso della palette cromatica, vuoi per l'effettiva realizzazione degli scenari.

    La "naturalezza" dei corsi d'acqua, le folte chiome degli alberi mosse dal vento e le flebili luci dei fuochi che illuminano le buie caverne dei goblin, sono solo alcune delle piccole bellezze di Song of Iron che - pur non brillando per mole poligonale dei personaggi - vanta una qualità complessiva dell'immagine di tutto rispetto. Ad esempio, siamo rimasti di stucco quando siamo giunti nei pressi delle rovine di quella che in tempi antichi era una gloriosa città, perché non è da tutti riuscire a immaginare e a costruire degli scenari di questa imponenza.

    Inoltre, non abbiamo che belle parole da spendere nei confronti dell'accompagnamento musicale, che con le sue sonorità nordiche riesce ad accompagnare con grande efficacia il cammino del combattente. Proprio in relazione al suo itinerario, un'altra componente di discreta importanza nell'economia generale del gameplay è rappresentata dalle fasi di platforming. Anche in questo caso abbiamo dovuto fare i conti con una serie di spigoli non trascurabili, che in alcuni casi hanno messo a dura prova la nostra pazienza. A volte, per motivi a noi sconosciuti, il guerriero non si arrampicava sulle superfici sopraelevate e in alcuni casi - per problematiche legate alle collisioni - è stato sbalzato via pur non essendo stato effettivamente colpito dai massi oscillanti. Data la già menzionata responsività non ottimale del sistema di controllo, inoltre, le fasi in cui bisogna superare più oggetti oscillanti in rapida sequenza potrebbero rivelarsi ostiche per i motivi sbagliati e provocare della genuina frustrazione.

    Song of Iron Song of IronVersione Analizzata Xbox Series XRealizzato in Unreal Engine da un solo uomo, Song of Iron è un prodotto che vive di luci e ombre, un accomplishment certamente notevole che però non è riuscito a soddisfarci pienamente sul fronte ludico. Gli appassionati di avventure intrise di mitologia norrena e di colpi di scena fuori dagli schemi farebbero bene a dargli una chance - soprattutto se in sconto - ma chi si aspettava un’esperienza più articolata e rifinita in materia di platforming e combat system farebbe bene a pesare con attenzione le criticità del gioco. Detto questo, speriamo che Joe Winter e la sua Resting Relic possano dare un seguito a Song of Iron e stavolta con qualche aiutino in più, così da sfruttare appieno il potenziale delle idee alla base del capostipite.

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