Sonic Heroes: recensione della versione PS2

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Sonic Heroes: recensione della versione PS2
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    Ormai non esistono
    più, i platform di una volta. Il genere ludico più prolifico agli albori
    dell’Home Entertainment Televisivo, alla ricerca di una spinta innovativa, ha
    percorso le strade della commerciabilità, ibridandosi troppe volte con generi
    alieni, scivolando lentamente troppo lontano dal cultismo del salto perfetto.
    Tuttavia, pur lontani dal’archè primordiale delle piattaforme, gli ultimi
    prodotti per console hanno riscosso discreto successo, mostrandosi, difatti,
    buoni titoli, una volta catalogati come Action/Shooting Platform. E se in alcune
    sessioni del recente Jak II il morbo per l’esecuzione idealizzata dell’armonica
    esplorazione spaziale tendeva a farsi scorgere, Ratchet & Clank (Fuono a
    Volontà) annullano completamente la poesia acrobatica in favore di una pesante
    dose di proiettili. Dove Sly Racoon aveva tentato, in molti hanno fallito:
    persino Crash Bandicoot abbandona il proposito, relegandosi, assieme alla sua
    banda di comunque indimenticabili eroi, alle delizie (?) dei Kart (Crash Nitro
    Racing). Qualche tempo fa, dimenticando il suo glorioso passato su Master Sistem
    e successori, anche Sonic aveva trascurato, nella sua ultima apparizione (Soni
    Adventures 1 & 2), la ricercatezza strutturale dei livelli, proponendo al
    giocatore una velocità d’azione che doveva essere necessariamente incatenata ad
    una linearità sostanziale. Il fulcro del gioco di piattaforme, anche nel caso
    del porcospino blu, si spostava sulla quantità d’azioni, più che sulla loro
    qualità. La difficoltà giaceva nell’individuare queste azioni, non certo nel
    compierle: ogni salto era programmato affinché potesse riuscire, una volta
    scorto; ogni fotonica corsa lungo una rotaia richiedeva un tempismo risibile. Il
    tutto, era comunque nascosto dagli abbagli degli anelli rotanti, che, tanto
    familiarmente, accoglievano i fan della serie, facendoli sentire a proprio agio.
    Con Sonic Heroes, si fa sentire il tentativo di Sega di far convivere l’antica
    necessità architettonica con la nuova velocità d’esecuzione. Il proposito è
    buono, necessariamente, ma i risultati, per inspiegabile destino dell’odierno
    Game Designer, non elevano il titolo a innovatore salvifico. Sonic Heroes si
    sviluppa attraverso quattro avventure, che il giocatore potrà scegliere di
    vivere attraverso altrettanti gruppi di tre personaggi ciascuno. Assieme agli
    eventi portanti, ai membri dei vari Team, cambiano il coefficiente di difficoltà
    del gioco e le locazioni attraversate. Lungo 14 schemi, il fruitore potrà
    vestire simultaneamente i panni di tre Eroi, spostando attivamente il controllo
    da uno all’altro. Rispetto alla criticabile scelta che in Sonic Adventures
    (Battle, per chi avesse riscoperto il porcospino nella sua versione Game Cube)
    scindeva i singoli in livelli dalla triplice concezione (alcuni dei quali
    frustranti come non mai); la convivenza di tre beniamini in uno stesso livello è
    un notevole miglioramento. Alcune aree delle ambientazioni saranno esplorabili
    solamente da un particolare personaggio, e il termine dello schema potrà essere
    raggiunto, spesso, solamente concatenando le abilità dei tre. Tuttavia,
    offendendo (mi auguro) la dignità di qualunque giocatore, invece di compiere
    completamente il passo in avanti, Sega si arresta ad un attimo dall’appagamento.
    La semplicità di Sonic Heroes è disarmante: appena dopo qualche livello del
    gioco, riconoscere le sessioni in cui utilizzare un particolare eroe è cosa da
    poco. I momenti veramente appaganti, in cui la collaborazione reciproca fra i
    tre alter-ego è veicolo attivo del buon esito, si contano sulle dita. S’aggiunga
    che completare una delle quattro avventure è affare di poche ore. Ripetere il
    gioco con tutti i team disponibili, è necessario solo per apprezzare la trama
    nella sua interezza, visto che, nonostante varino le abilità di ogni esponente
    dei Gruppi, i tre che li compongono orientano le loro capacità principali lungo
    tre direzioni: la velocità, il volo, la forza. Dove Sonic e relativo antagonista
    in nero (Shadow) offrono la possibilità di schizzare rapidamente da un angolo
    all’altro, Tail e Rogue possono librarsi nell’aria, accedendo a piattaforme
    altrimenti inarrivabili, mentre Knucles è in grado di frantumare i muri più
    resistenti. Si aggiunge una mossa speciale in cui tutti i membri collaborano
    all’eliminazione istantanea di ogni nemico su schermo, ma la struttura delle
    quattro ramificazioni rimane, in sostanza, identica. Il comparto grafico è, al
    solito, pulito ma non esente da difetti. Le strutture poligonali, sia ambientali
    che anatomiche, sono di lodevole fattura, incastrate in un mondo definitamente
    colorato. Il senso rilassato di spensieratezza che il gioco comunica ad ogni
    osservatore occasionale e non, è lodevole. Le animazioni fluide di ogni
    personaggio si appoggiano su solide Texture, cromaticamente unite, come lo stile
    cartoon esige. Da questo punto di vista, Sonic Heroes è un viaggio a ritroso,
    verso la pulizia cromatica, e non verso la verosimiglianza. Ogni elemento
    risulta solido e pieno, complice una telecamera che, seppur malvestita in alcuni
    frangenti, non attraversa mai muri di spessore assente. Seppur Sega abbia
    pubblicizzato la colonna sonora del nuovo titolo pubblicando in Giappone una
    doppia compilation, le tracce musicali e melodiche di Sonic Heroes si collocano
    ad un livello qualitativo leggermente più basso di quelle di Sonic Adventure
    Battle. Riescono comunque ad essere fascinose e trascinanti. Di nuovo, regna una
    spensierata allegria: la musica non tenta minimamente di sottolineare momenti
    particolari dell’azione, ma di accompagnarla senza sovrastarla, legando l’idea
    di note ritmate e orecchiabili a quella di un titolo scattante. La noia non
    sopraggiunge acusticamente, solo strutturalmente. Sonic Heroes, in conclusione,
    rimane incatenato nella torma di titoli buoni, ma non di più. Scelte piuttosto
    buone sono affiancate dall’impossibilità evidente (e voluta) di essere una
    produzione impegnativa e memorabile. Ripetitività concettuale e semplicità
    d’esecuzione in primis. Tuttavia, l’ultima fatica (?) di Sega merita l’acquisto
    non solo degli aficionados, ma di chiunque voglia godersi una graficità colorata
    e spensierata, unita alla semplicità lineare, ma piacevole, di un platform
    relativamente più puro degli ultimi proposti alla comunità.

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