Recensione Soul Calibur: Lost Swords

Anche il picchiaduro in punta di spada si vota al Free-to-Play

Recensione Soul Calibur: Lost Swords
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  • PS3
  • Con ogni probabilità, negli uffici ai piani più alti della sede centrale di Bandai Namco, qualcuno non è rimasto troppo entusiasta della rinascita qualitativa alla quale Soul Calibur ha assistito con il suo eccellente quinto capitolo: forse perché rivelatosi ancora troppo tecnico e di nicchia? Forse perché stilisticamente poco 'svecchiato'? Forse perché delusi da vendite ben al di sotto delle proprie stime? Si, forse proprio quest'ultima è la motivazione che fa al caso nostro.
    Cosa fare, quindi, se uno dei propri franchise storici inizia a subire i colpi dell'età e sembra non avere più l'appeal di un tempo sui giocatori? La soluzione escogitata da Namco Bandai è quella di salire su quel carrozzone dal soldo facile che è il mondo dei free-to-play, trasportando tutto l'universo della serie Soul entro i canoni tipici di questo genere di giochi.
    Quello che, ancora una volta, devono aver mal interpretato ai piani alti dello stesso palazzo è il fatto che il giocatore moderno, totalmente assuefatto dall'offerta di giochi pseudo-gratuiti sul mercato, difficilmente è ancora portato ad abboccare al primo grande nome di passaggio che gli propone un client di gioco gratuito; oggi, anche se si intende farlo senza chiedere nulla in cambio, per entrare nell'hard-disk di un giocatore, bisogna proporre qualcosa di solido, qualcosa che sia curato sotto ogni punto di vista e, soprattutto, divertente. Dimenticare questi parametri rischia di far stazionare il proprio gioco entro l'accezione più negativa di 'free-to-play', mandando tutto all'aria: questo, senza mezzi termini, è proprio quello che fa Soul Calibur: Lost Swords. In questa nuova iterazione 'gratuita' del franchise, infatti, l'aggettivo 'Lost' più che indicare tesori e lame perdute sembra adattarsi meglio alla scomparsa di un design intelligente, di uno stile di gioco unico e di una realizzazione tecnica degna di questo nome.

    UN SOUL CALIBUR SENZ'ANIMA...

    La prima cosa a colpire negativamente dopo una fase di download ed installazione piuttosto estesa, è la mancanza nel menù principale di qualsiasi modalità multiplayer: volendo presumibilmente ripercorrere le orme di quei free-to-play che hanno fatto delle loro campagne single player il loro punto di forza, Namco Bandai ha sradicato da Lost Swords anche la più piccola traccia di un'esperienza a più giocatori, dimenticandosi, probabilmente, che quasi nessuno dei suddetti titoli appartiene alla categoria dei beat-em-up uno contro uno. Forse ancora troppo eccitata dall'effetto 'Killer Instinct', Namco compie il primo, madornale, errore ancor prima che il giocatore entri in partita, negandogli persino il sacrosanto e indiscutibile diritto di sfidare il proprio amico presentatosi a casa per una birra.
    L'idea di un Soul Calibur che concentri i propri sforzi su una campagna single-player che ormai da anni è tra le sue modalità più curate fa comunque ben sperare, almeno fin quando non si tenterà di accedere ad uno qualsiasi dei menù per iniziare a prendere dimestichezza con il gioco: ogni nuova selezione porta ad un caricamento tutt'altro che rapido, che a sua volta porta al tentativo da parte di connettersi ai server, sulla tenuta dei quali preferiamo stendere semplicemente un velo pietoso in onore del grande passato del franchise.

    Vi basti sapere che, dopo minuti e minuti di attesa, la probabilità che veniate rispediti al menù di partenza dall'ennesimo errore di connessione è più che alta e, anche dopo un eventuale accesso alla partita, non vi è alcuna sicurezza circa la stabilità tra un caricamento (l'ennesimo) e l'altro. Ammesso che questa situazione quasi surreale non smuova minimamente la vostra pazienza, prima di entrare nella modalità principale (Sfide), Lost Swords vi permetterà di scegliere uno tra i tre combattenti attualmente a disposizione all'inizio del gioco (ma in aumento, come promettono i sedici slot totali): i prescelti rispondono ai ben noti volti di Siegfried, Mitsurugi e Sophitia e, qualsiasi sia la vostra preferenza, ogni componente del trio partirà letteralmente da zero, con una spada che non farebbe paura nemmeno ad uno stuzzicadenti e poco più che la propria biancheria intima come protezione (il che, quantomeno, rende Sophitia una scelta gradita).
    La loro evoluzione passa ovviamente per il superamento di sfide legate tra loro da flebili (e qualitativamente piuttosto scarsi) intrecci narrativi, che ci portano purtroppo ad un altro dei problemi fondamentali di Lost Swords: premesso che, da sempre, Soul Calibur (e Soul Edge ancor prima di lui) ha cercato di offrire una campagna single-player nella quale la diversificazione degli obiettivi e dei limiti imposti al giocatore rendessero ogni scontro interessante e tenessero alta la sua asticella dell'attenzione, risulta incomprensibile la scelta di affidare la crescita del personaggio a quest povere e sempre identiche, nelle quali il solo modificatore sarà il numero di avversari che ci verranno scaraventati contro ad una difficoltà sempre crescente.

    ...NE CUORE

    Quantomeno a livello di combat system Lost Swords preferisce rimanere in larga parte sul sicuro terreno dell'ultimo capitolo della saga, presentandosi in modo sostanzialmente identico ma rendendo la gestione degli scontri più immediata grazie ad alcune novità: la prima è l'introduzione di un semplice sistema elementale negli scontri, grazie al quale sfruttare a proprio vantaggio le debolezze e i punti di forza del rapporto a tre instaurato tra fuoco, acqua e vento. La seconda riguarda le inedite Weapon Arts. Il funzionamento di queste nuove mosse speciali è semplice: ad ogni arma del gioco è abbinata una diversa special (che potrà andare dalla classica guard breaker immediata alla sequenza utile ad estendere le proprie combo), che si attiverà con la semplice pressione di un tasto non appena il proprio indicatore sarà pieno. Tra quest'ultima introduzione e la facilità di utilizzo delle Soul Crushing (mosse che distruggeranno pezzo per pezzo l'armatura nemica), Lost Swords ne esce come una versione più abbordabile delle storiche dinamiche di combattimento della serie, arrivando a togliere anche il tradizionale ring-out (con tutti i contraccolpi strategici del caso) e proponendo scontri dalla durata sensibilmente inferiore a quella tipica della serie.

    L'unica aggiunta veramente degna di nota riguarda il Partner System introdotto dagli sviluppatori: prima di ogni nuova quest ci verrà chiesto di scegliere un partner tra tre dei combattenti online nello stesso momento, per poi utilizzarlo in una sorta di modalità Tag a tempo durante l'incontro; nel caso ci fossimo trovati a nostro agio con un particolare avatar potremo richiedere un'alleanza al suo possessore, in modo da poter utilizzare il suo guerriero per una volta al giorno e guadagnando, nel contempo, punti che metteranno a nostra disposizione ulteriore equipaggiamento. Tolta questa parentesi positiva, la serie di sforzi apprezzabili ma non in grado di rivoluzionare (o anche solo migliorare, se è per questo) la formula di gioco di Lost Sword, continua con l'introduzione di un sistema di crafting che garantirà poteri elementali sempre più efficaci al nostro equipaggiamento, grazie a pietre e oggetti vinti durante gli scontri o acquistabili tramite soldi reali nell'apposito negozio. Arrivati a questo punto, il perché un giocatore in possesso di tutte le proprie facoltà mentali dovrebbe investire cifre che vanno da 1,99€ a 9,99€ tra scrigni di materiali, pozioni che garantiscono l'accesso alle sfide più avanzate (il gioco ne elargisce di gratuite solo dopo il passaggio di un tot numero di ore) e ticket che permettono di continuare immediatamente una quest in caso di K.O., rimane un mistero al quale solamente i colletti bianchi di Namco Bandai potrebbero rispondere. In Lost Swords, infatti, c'è ben poco che possa spingere il giocatore a perseverare tra attese, caricamenti estenuanti e continue cadute dai server di gioco; sia esso anche il più sfegatato fan sella serie, il nostro consiglio è quello di andare a ripescare dalla sua collezione i migliori esponenti del franchise, o attenderne di nuovi, per evitare una cocente delusione.

    Soulcalibur: Lost Swords Soulcalibur: Lost SwordsVersione Analizzata PlayStation 3'Benvenuti in Soul Calibur: Lost Sword: non vi assicuriamo che il viaggio avrà inizio, ma in ogni caso sarà di quelli brevi'. Questa potrebbe non essere la miglior frase con la quale pubblicizzare il nuovo titolo Namco Bandai, ma sarebbe sicuramente la più onesta. Volendo sorvolare sui gravissimi problemi di stabilità dei server e sui tediosi e continui caricamenti innescati da ogni minimo movimento di joypad , Lost Swords offre al giocatore un'esperienza poco innovativa e per nulla intrigante, fatta di un dinamiche di combattimento semplificate e quest che hanno perso l'originalità e la sfida dei tempi migliori. Tecnicamente fermo in tutto e per tutto all'ultimo capitolo della serie principale (datato 2012), l'ultima fatica free-to-play di Namco Bandai aggiunge all'equazione micro-transazioni dai prezzi folli e fuori mercato, con risultati disastrosi. In conclusione, Lost Swords sfrutta nel modo peggiore tanto l'IP dalla quale proviene quanto la concezione stessa di free-to-play e, soprattutto, la fiducia dei propri fan, sacrificata sull'altare del game design nella prospettiva di qualche facile ricavo.

    3.5

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